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Articolo 398 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Proposizione della domanda

Dispositivo dell'art. 398 Codice di procedura civile

La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

La citazione deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti.

La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale (1).

La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta (2) (3).

Note

(1) Comma sostituito dalla l. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2) Comma così sostituito dall'art. 68 della l. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dall'1 gennaio 1993. Ai sensi dell'art. 90 l. cit. tale norma si applica anche ai giudizi pendenti alla data dell'1.1.1993. Si riporta di seguito il testo del quarto comma anteriormente vigente: "La proposizione della revocazione sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo, fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione".
(3) La revocazione può concorrere con il ricorso per Cassazione (v. 360): ciò avviene quando oggetto dell'impugnazione in esame è una sentenza di secondo grado oppure inappellabile per legge o per volontà delle parti. In tal caso la nuova disposizione legislativa non prevede più la sospensione automatica del termine per la proposizione del ricorso per cassazione o del relativo procedimento, al fine di impedire un uso distorto del rimedio in esame, quale sarebbe quello sorretto dal solo intento di ritardare il passaggio in giudicato della sentenza. Ne consegue che l'incidenza della revocazione sul ricorso per cassazione è diversa a secondo che intervenga prima o dopo la decisione del ricorso stesso: nell'un caso implica una pronuncia che dichiara la cessazione della materia del contendere; nell'altro caso implica l'inefficacia della pronuncia della Corte.

Ratio Legis

Il quarto comma del presente articolo ha abolito l'automatica sospensione del procedimento (o del ricorso) in cassazione, subordinandola, al contrario, alla valutazione di non manifesta infondatezza della revocazione. Ciò è in linea con il generale intento del legislatore della riforma di ridurre i tempi del processo e di evitare comportamenti defatigatori messi in atto dalle parti.

Spiegazione dell'art. 398 Codice di procedura civile

La competenza in materia di revocazione compete allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza soggetta a revoca, ed ha natura di competenza funzionale ed inderogabile (ovviamente per stesso giudice non si intende la medesima persona fisica, bensì lo stesso ufficio giudiziario).
Nel caso di un ufficio giudiziario con più sezioni, la controversia può essere assegnata ad una sezione diversa da quella che ha emesso la sentenza impugnata.

La domanda di revocazione si propone con atto di citazione, anche nell'ipotesi in cui il giudizio, della cui revocazione si tratta, sia stato introdotto con ricorso e fatto salvo il caso in cui si impugni una sentenza di cassazione, per la quale la forma del ricorso è espressamente prevista dall'art. 391 bis del c.p.c..

L'atto deve essere sottoscritto da difensore munito di apposita procura speciale (non è sufficiente la pregressa procura) e deve essere depositato, a pena di improcedibilità, entro il termine di venti giorni dalla notificazione.

Per quanto concerne i requisiti formali, l'atto di citazione deve contenere, a pena di inammissibilità, rilevabile d'ufficio, oltre ai requisiti propri di tale atto, anche l'indicazione del motivo di revocazione e nei casi di revocazione straordinaria, le prove che dimostrino la sussistenza dei motivi, nonché il giorno in cui la parte ne ha avuto conoscenza al fine di dimostrare la tempestività dell'impugnazione.

L'indicazione del motivo non può essere limitata ad una fattispecie astratta, ma deve essere individuato nella sua dimensione concreta, essendo preclusa ogni possibilità di un successivo ampliamento od integrazione di tali motivi.

Nei casi di revocazione straordinaria, le prove devono essere indicate a pena di inammissibilità, anche senza la formulazione specifica dei singoli capitoli di prova o la stessa indicazione dei testi addotti, ritenendosi sufficiente un'articolazione specifica del mezzo di prova invocato.

Dovranno essere convenuti davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata gli stessi soggetti che parteciparono al processo conclusosi con quella pronuncia e la relativa domanda, se riguarda uno dei diritti previsti dagli artt. 2643, 2684 c.c. in tema di beni immobili e mobili registrati, è soggetta a trascrizione ex art. 2652 del c.c. n. 2 e art. 2690 del c.c..

Si ritiene ammissibile la proposizione della revocazione in via incidentale, mentre si esclude quella differita contro sentenze non definitive.

La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, mentre viene escluso, a seguito della riforma attuata con la Legge n. 353/1990, che la proposizione della revocazione possa sospendere automaticamente il termine per proporre contro la stessa sentenza il ricorso per cassazione, ovvero il relativo procedimento se già pendente.

La sospensione del termine o del giudizio viene, infatti, rimessa alla delibazione discrezionale del giudice, il quale, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga la revocazione non manifestamente infondata (benché la norma faccia menzione solo della “non manifesta infondatezza”, si ritiene che la valutazione del giudice possa andare oltre, investendo così anche la non manifesta inammissibilità e/o improcedibilità della domanda di revocazione).

Da quanto appena detto ne consegue che la proposizione della domanda di revocazione non è sufficiente perché sia sospeso ope legis il termine per esperire ricorso per cassazione ovvero il relativo procedimento a prescindere dalla fondatezza o ammissibilità della domanda medesima, procrastinando così il momento di formazione del giudicato.

Nel silenzio della norma si ritiene che la forma del provvedimento che dispone la sospensione sia l'ordinanza, la quale, essendo a contenuto non decisorio, non è soggetta ad alcuna forma di impugnazione, neppure ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 111 Cost..

Per quanto concerne il termine di operatività della sospensione, si ritiene che la sospensione del termine per proporre il ricorso inizi a decorrere con effetto immediato se l'ordinanza viene pronunciata in udienza, altrimenti, secondo le forme ordinarie, avrà effetto dalla sua comunicazione.
Per la sospensione del giudizio, invece, è necessario il deposito di copia dell'ordinanza nella cancelleria della Corte di Cassazione.

La sospensione cessa di produrre i suoi effetti dal momento della comunicazione della sentenza che pronuncia sulla revocazione, mentre non si ritiene necessario a tal fine il passaggio in giudicato della sentenza stessa.

Inoltre, proprio perché si tratta di sospensione e non di interruzione, il termine per proporre il ricorso per cassazione riprende a decorrere dal momento della comunicazione della sentenza sulla revocazione, solo per la sua parte residua, dal punto cioè, in cui era stato sospeso con la proposizione della revocazione.

Perché il giudizio di cassazione già instaurato e sospeso possa riprendere, non si richiede la formale istanza di cui all'art. 297 del c.p.c., ma è sufficiente la semplice sollecitazione della trattazione del ricorso con la segnalazione che la causa di sospensione è venuta meno a seguito della pronuncia di sentenza sulla istanza di revocazione.

Nell'ipotesi di mancata sospensione, può verificarsi la contemporanea pendenza del giudizio di revocazione e di quello di cassazione, i quali, pur avendo ad oggetto la medesima sentenza, possono svolgersi e giungere alla rispettiva definizione in completa autonomia.
La concorrenza tra le due impugnazioni comporta che esse, se proposte contemporaneamente, possano essere contenute in un unico ricorso.



Massime relative all'art. 398 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9776/2020

Il testo vigente dell'art. 398, comma 4, c.p.c. esclude che l'impugnazione per revocazione sospenda automaticamente il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento, essendo necessario un apposito provvedimento del giudice della revocazione, in mancanza del quale i due giudizi procedono in via autonoma, potendo il ricorso per cassazione essere discusso anche prima che giunga la decisione sull'istanza di sospensione. (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 17/04/2018).

Cass. civ. n. 22739/2019

L'atto di citazione introduttivo del procedimento per revocazione contro le sentenze della corte d'appello deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura speciale, con conseguente inutilizzabilità di quella rilasciata per il precedente giudizio di primo grado.

Cass. civ. n. 21874/2019

L'art. 398, comma 4, secondo inciso, c.p.c. deve interpretarsi nel senso che l'accoglimento, da parte del giudice della revocazione, dell'istanza di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione determina l'effetto sospensivo (come, del resto, l'eventuale sospensione del corso del giudizio di cassazione, se frattanto introdotto) soltanto dal momento della comunicazione del relativo provvedimento, non avendo la proposizione dell'istanza alcun immediato effetto sospensivo sebbene condizionato al provvedimento positivo del giudice.

Cass. civ. n. 10517/2015

In caso di revocazione proposta avverso la sentenza con cui la Suprema Corte abbia dichiarato improcedibile un ricorso per carenza della copia notificata della sentenza impugnata, la prova della sua presenza nel fascicolo di parte può essere fornita dimostrando l'espressa menzione dell'atto nel ricorso originario notificato alla controparte, ovvero sulla base di altri elementi, a condizione che essi non rientrino nella disponibilità materiale della parte che avrebbe interesse a fornire tale dimostrazione e, dunque, diversi dall'indice a suo tempo vistato dalla cancelleria e poi ritirato dalla parte.

Cass. civ. n. 7624/2015

Nel caso di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione, disposta, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, cod. proc. civ., dal giudice davanti al quale è stata proposta domanda di revocazione, il ricorrente ha l'onere, a pena di inammissibilità, di indicare e provare, mediante produzione di idonea documentazione a norma dell'art. 372 cod. proc. civ., l'istanza di sospensione del termine, il provvedimento del giudice della revocazione che concede la sospensione e la comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, nonché le relative date dei suddetti atti, al fine di consentire alla Corte di legittimità di verificare la tempestività dell'impugnazione.

Cass. civ. n. 1554/2015

In tema d'impugnazione per revocazione, l'espressione "stesso giudice", di cui all'art. 398, primo comma, cod. proc. civ., designa lo stesso ufficio giudiziario e non le stesse persone fisiche autrici della sentenza oggetto di revocazione, e neppure la stessa sezione, sicché è ammissibile il giudizio di revocazione che si svolga dinanzi ad altra sezione, diversa da quella che ha emesso la sentenza impugnata, appartenente allo stesso Ufficio.

Cass. civ. n. 10416/2014

In materia di revocazione ordinaria, nessuna disposizione del codice di procedura civile inibisce alla parte, che pure abbia ottenuto la sospensione del termine per la proposizione dell'impugnazione ex art. 398 cod. proc. civ., di svolgere egualmente l'impugnazione, tenuto conto delle circostanze e di ragioni di opportunità difensiva.

Cass. civ. n. 1881/2012

L'art. 398, quarto comma, c.p.c., interpretato alla luce dei principi costituzionali sul processo "giusto" e di "ragionevole durata", al fine di scongiurare condotte processuali dilatorie e di evitare ingiustificati ritardi nella definizione del giudizio, non consente al ricorrente per revocazione di giovarsi della sospensione del termine di ricorso per cassazione, qualora l'impugnazione per revocazione sia "manifestamente infondata".

Cass. civ. n. 23480/2011

L'esercizio del potere del giudice, davanti al quale è proposta la revocazione, di sospendere il termine per proporre il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, c.p.c., presuppone la pendenza di tale termine al momento della decisione sull'istanza di sospensione formulata dalla parte interessata, con la conseguenza che il giudice della revocazione non deve concedere la richiesta sospensione allorché il termine medesimo risulti ormai scaduto, e ciò anche nel caso in cui egli ritenga la domanda di revocazione non manifestamente infondata; pertanto, il provvedimento di sospensione, eventualmente concesso a termine già scaduto, è radicalmente nullo e improduttivo dell'effetto sospensivo, per contrasto con il divieto generale di sospensione o proroga dei termini perentori, quali sono quelli stabiliti dalla legge per l'esercizio del diritto di impugnazione.

Cass. civ. n. 11413/2010

La pendenza del ricorso per revocazione non costituisce motivo di improcedibilità del ricorso per cassazione, né, ove già iniziato, sospende il relativo giudizio, salvo che la sospensione venga disposta, su istanza del ricorrente, dal giudice "a quo", ai sensi dell'art. 398, quarto comma, c.p.c..

Cass. civ. n. 21927/2009

Nel caso di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione, disposta, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, c.p.c., dal giudice davanti al quale è stata proposta domanda di revocazione, è onere del ricorrente, a pena di inammissibilità, indicare e provare, mediante produzione di idonea documentazione a norma dell'art. 372 c.p.c., la data in cui la sentenza sulla revocazione è stata comunicata (ovvero pubblicata, se a tale momento faccia esplicito riferimento - come nella specie - l'ordinanza di sospensione di cui al citato art. 398), al fine di consentire alla Suprema Corte di verificare la tempestività dell'impugnazione di legittimità.

Cass. civ. n. 19041/2006

In tema d'impugnazione per revocazione, l'espressione «stesso giudice» di cui all'art. 398 prima parte, c.p.c., designa lo stesso ufficio giudiziario e non le stesse persone fisiche autrici della sentenza oggetto di revocazione, e neppure la stessa sezione, con la conseguenza che, mutato (ed eventualmente soppresso) per legge l'ufficio, la competenza a revocare viene trasferita all'ufficio successore. (Fattispecie relativa al trasferimento delle funzioni di giudice d'appello nel processo del lavoro dal tribunale alla Corte d'Appello, ai sensi dell'art. 73 D.L.vo N. 51 del 1998)

Cass. civ. n. 4702/2006

In base al testo dell'art. 398, quarto comma, c.p.c., così come novellato dalla legge n. 353 del 1990, la sospensione del procedimento di cassazione, nella pendenza di un giudizio di revocazione, non consegue automaticamente alla proposizione della revocazione, ma può essere disposta, su istanza di parte, dal giudice della revocazione, qualora ritenga tale impugnazione non manifestamente infondata; né la sospensione può essere disposta ai sensi dell'art. 295 c.p.c., mancandone i relativi presupposti di pregiudizialità logica o giuridica tra controversie, dato che nel giudizio di revocazione la fase rescindente ha per oggetto l'accertamento del denunciato vizio della sentenza impugnata e non l'esistenza o il contenuto del rapporto giuridico in ordine al quale la sentenza stessa abbia giudicato, mentre solo l'eventuale fase rescissoria viene a rinnovare il giudizio su tali punti.

Cass. civ. n. 1196/2006

La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale (sia per la parte notificante che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 68 della legge n. 353 del 1990). Tale effetto sospensivo si produce soltanto a seguito del provvedimento del giudice, e non della semplice richiesta della parte (che peraltro può essere contenuta anche in atto distinto dalla citazione per revocazione), e ciò non contrasta, manifestamente, con il diritto di difesa, la cui garanzia costituzionale si attua nelle forme e nei limiti stabiliti dall'ordinamento processuale, salva l'esigenza della effettività della tutela del medesimo diritto, che nella specie appare pienamente rispettata, atteso che la parte dispone comunque per intero del termine di sessanta giorni dalla prima notifica per ricorrere per cassazione, qualunque sia l'esito dell'istanza di sospensione, mentre gli effetti della scelta di attendere il provvedimento del giudice sull'istanza di sospensione non possono che imputarsi alla stessa parte che tale scelta processuale ha ritenuto di compiere.

Cass. civ. n. 22902/2005

Il nuovo testo dell'ultimo comma dell'art. 398 c.p.c., come sostituito dall'art. 68, legge n. 353 del 1990 ha escluso che la proposizione della revocazione possa automaticamente sospendere il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento, richiedendosi allo scopo un apposito provvedimento del giudice innanzi al quale è stata proposta la revocazione. Ne consegue che, in mancanza di tale provvedimento, i due giudizi procedono in via autonoma, potendo il ricorso per cassazione essere discusso anche prima che giunga la decisione sull'istanza di sospensione ex art. 398, ultimo comma c.p.c..

Cass. civ. n. 733/2005

La revocazione delle sentenze del Consiglio di Stato, prevista dall'art. 36 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, deve essere proposta davanti al medesimo organo giurisdizionale, in base al principio, posto dall'art. 398, primo comma, c.p.c., ed avente portata generale, secondo cui la revocazione si propone «davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata» Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione per revocazione di una sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte di cassazione, essendo il ricorso in cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato ammesso solo per motivi inerenti alla giurisdizione.

Cass. civ. n. 3554/2003

Al giudizio di revocazione – che si instaura dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza revocando – sono applicabili le norme stabilite per il procedimento dinanzi a quel giudice, con la conseguenza che, richiesta (come nella specie) la revocazione di un decreto ingiuntivo non opposto emesso dal giudice di pace, la domanda di revocazione va introdotta, ex art. 398 primo comma c.p.c., con atto di citazione e non (come nella specie) con ricorso. Quanto alla valutazione della tempestività della domanda medesima (artt. 325 ss. c.p.c.), deve, poi, aversi riguardo alla data di notificazione della citazione stessa, ovvero del ricorso, ove esistano i presupposti della sua conversione in citazione e sempre che esso risulti notificato unitamente al pedissequo decreto contenente l'indicazione della data di comparizione.

Cass. civ. n. 8883/2000

La notifica del ricorso per revocazione di una sentenza resa in grado di giudizio in cui la controparte non si è costituita, va effettuata personalmente alla medesima, e non già al domicilio del difensore da essa nominato nel precedente grado, tanto più ove questo sia di merito e quello di revocazione di cassazione, ed inoltre sia scaduto il termine massimo di perpetuatio dell'ufficio di difensore e della dichiarazione di domicilio.

Cass. civ. n. 12867/1997

La data del recupero del documento in base al quale viene chiesta la revocazione di una sentenza costituisce un preciso thema probandum che deve risultare ab initio fin dall'istanza di revocazione, affinché la controparte sia messa subito in grado di apprestare le proprie difese in relazione ai motivi d'impugnazione e sia possibile stabilire subito se questa sia stata proposta entro i termini perentori di cui all'art. 396 c.p.c.

Cass. civ. n. 4062/1995

In tema di revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 3, c.p.c. (ritrovamento di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario), il termine di impugnativa stabilito dall'art. 326 dello stesso codice decorre dal giorno in cui la parte abbia avuto notizia dell'esistenza del documento assunto decisivo, e non già dalla data di materiale apprensione del documento stesso. È onere della parte indicare specificatamente (art. 398, comma 2, c.p.c.) e, quindi, dimostrare la data di verificazione dell'evento cui si correla la proposizione del gravame, con una prova che deve essere particolarmente rigorosa quando si tratti di documenti esistenti presso la pubblica amministrazione, a disposizione di chiunque abbia interesse a prenderne visione.

Cass. civ. n. 1022/1993

La disciplina del terzo comma dell'art. 398 c.p.c., secondo cui la citazione, per la proposizione della revocazione, deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale, trova applicazione anche nel caso di revocazione contro sentenze della corte di cassazione, senza che a tal fine possa essere utilizzata la procura speciale rilasciata per il pregresso ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 703/1993

Nel caso in cui la domanda di revocazione sia proposta nei riguardi di sentenze, il cui appello sia stato definito con pronuncia di mero rito, di inammissibilità o improcedibilità, la competenza appartiene, in applicazione dell'art. 396 c.p.c., in via funzionale al giudice di primo grado che ha emesso la sentenza medesima e non anche a quella del giudice del gravame, con la conseguenza che la sua erronea proposizione davanti a quest'ultimo implica la necessità di rilievo, anche di ufficio, da parte del medesimo, della propria incompetenza in favore di quella del primo giudice e non già l'inammissibilità della revocazione.

Cass. civ. n. 5397/1991

In tema d'impugnazione per revocazione, l'espressione «stesso giudice», di cui all'art. 398 prima parte, c.p.c., designa lo stesso ufficio giudiziario, per modo che, se questo è diviso in più sezioni, il giudizio di revocazione può essere ritualmente celebrato davanti ad una sezione diversa da quella che ha emesso la sentenza impugnata.

La designazione del giudice di rinvio, a seguito dell'annullamento della sentenza impugnata, attribuisce una competenza funzionale ratione materiae, come tale inderogabile, la quale è circoscritta al procedimento nel quale è intervenuta, sicché non può operare per la revocazione avverso la sentenza che ha pronunciato in sede di rinvio.

Cass. civ. n. 7203/1990

La domanda di revocazione va proposta, a norma degli artt. 398 e 400 c.p.c., con citazione, anche quando per l'introduzione del giudizio definito con la sentenza revocata sia prevista la forma del ricorso. Resta salva, per altro, la convertibilità del ricorso, con cui sia proposta la domanda di revocazione ove ricorrano i relativi presupposti, per essere stato il ricorso notificato unitamente al pedissequo decreto contenente l'indicazione della data di comparizione.

Cass. civ. n. 1190/1989

La precisazione nell'atto introduttivo, della data in cui venne rilasciato il documento dal quale risulterebbe la prova del dolo, non equivale, ai fini dell'ammissibilità della domanda di revocazione, alla prova che solo in tale data o posteriormente la parte abbia scoperto il dolo medesimo, in quanto, in tal caso, resterebbe da dimostrare che la parte non abbia avuto conoscenza del dolo prima del rilascio del documento.

Cass. civ. n. 172/1989

L'indicazione della prova relativa al giorno del rinvenimento del documento decisivo, necessaria, ai sensi dell'art. 398, secondo comma, c.p.c., ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di revocazione ex art. 395 n. 3 stesso codice, è adempiuta – nel caso in cui l'istante assuma che l'esistenza del documento, da lui prima non conosciuta, gli è stata comunicata da un terzo – con il riferimento al mezzo attuativo di tale comunicazione, attenendo invece ad una fase successiva d'indagine la valutazione della sufficienza degli elementi probatori circa la precedente ignoranza incolpevole del documento. Di tale ignoranza, peraltro, costituendo la stessa un fatto negativo e soggettivo, non può darsi una prova diretta ma soltanto una prova contraria alla presunzione di conoscenza o di ignoranza colpevole eventualmente scaturita dalla provenienza, dalla natura e dalle altre circostanze relative al documento o al contegno delle parti ovvero alle prove positive al riguardo fornite dalla controparte.

Cass. civ. n. 300/1987

Il procedimento di revocazione, che si instaura con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, è soggetto, in difetto di diversa previsione, alle norme del rito ordinario, anche con riguardo agli effetti della mancanza, in detta citazione, dell'indicazione dell'udienza di comparizione, mentre resta esclusa, pure ove si verifichi quella mancanza, la possibilità di ricorrere al rito camerale, con la conseguente nullità della pronuncia che sia stata adottata con tale ultimo rito.

Cass. civ. n. 950/1986

Ai fini dell'indicazione delle prove che, a pena d'inammissibilità, deve essere contenuta nella citazione introduttiva del giudizio di revocazione, non è necessario che si proceda all'articolazione specifica dei singoli capitoli (né che si elenchino nominativamente i testi indotti), essendo sufficiente che si enunci il tipo di prova offerto (non escluse le presunzioni) e si indichino con gli opportuni dettagli le circostanze in cui è avvenuta la scoperta del dolo o della falsità. Inversamente, ove un'articolazione specifica della prova vi sia, il fatto che nei capitoli elencati non trovino riscontro taluni punti essenziali per il giudizio di revocazione, non esime il giudice dal ritenere offerta (e rimessa alla sua diligente assunzione) la prova anche in ordine a tali punti, ove gli stessi risultino comunque dettati e specificati nell'esposizione in fatto della citazione.

Cass. civ. n. 1316/1984

In tema di revocazione per ritrovamento, dopo la sentenza, di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore (art. 395 n. 3 c.p.c.), l'indicazione nell'atto di citazione della data di recupero dei documenti assolve la funzione di consentire di verificare ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione (ancorché proposta entro il termine ordinario decorrente dalla notificazione della sentenza) che detto ritrovamento non sia anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata. Ne consegue che non può essere considerata generica quella indicazione temporale che, correlata ad altri elementi della fattispecie, consenta l'immediato controllo della verificazione dell'evento nonché del suo collocarsi in un momento utile ai fini dell'impugnazione per revocazione. (Nella specie, nell'atto di citazione era stata indicata, quale data di recupero dei documenti facenti parte di un procedimento penale in fase istruttoria, quella della requisitoria del P.M. ed il giudice del merito, considerando che la conoscenza degli atti processuali era necessariamente avvenuta successivamente – e cioè in una data compresa tra quella di detta requisitoria e quella della sentenza di proscioglimento del giudice istruttore – aveva reputato generica l'indicazione della parte ed inammissibile l'impugnazione. La S.C., sulla scorta del principio che precede, ha cassato la relativa pronuncia osservando che il ritrovamento, ancorché in ipotesi successivo alla data indicata dalla parte, era certamente avvenuto dopo la decisione della causa).

Cass. civ. n. 108/1984

L'inammissibilità della domanda di revocazione per carenza delle indicazioni richieste dall'art. 398, secondo comma, c.p.c. è rilevabile d'ufficio, a prescindere da omessa o tardiva eccezione al riguardo da parte del convenuto in revocazione.

Cass. civ. n. 4570/1983

Ai sensi dell'art. 398, secondo comma, c.p.c. – secondo il quale l'istanza di revocazione deve, a pena di inammissibilità, indicare il giorno della scoperta del documento su cui è fondata – detta indicazione deve essere esatta, sicché un'indicazione ambigua o non veritiera equivale a mancata indicazione, non permettendo di accertare in limine litis l'osservanza del termine perentorio di trenta giorni fissato dagli artt. 325 e 326 c.p.c. per la proposizione della suindicata istanza. Tale termine decorre dalla scoperta «oggettiva» del documento, cioè dalla data in cui esso non può più considerarsi smarrito o sconosciuto in quanto rientrato nella disponibilità e conoscibilità degli interessati ad avvalersene, come quando costoro ne facciano uso in altro giudizio.

Cass. civ. n. 1167/1982

Pur nell'assenza di alcuna particolare previsione nella L. 11 agosto 1973, n. 533, il rito speciale del lavoro è applicabile al procedimento di revocazione relativo a sentenze pronunciate nelle controversie in materia di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie, osservandosi davanti al giudice adito — ai sensi della disciplina generale di tale mezzo d'impugnazione — le norme stabilite per il procedimento davanti a lui in quanto non derogate da quelle dettate in tema di revocazione. Con la conseguenza che la domanda di revocazione deve reputarsi proposta nel termine di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. allorché il ricorso introduttivo del relativo procedimento sia depositato, entro quel termine, nella cancelleria del giudice adito, anche se la notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell'udienza avvenga successivamente.

Cass. civ. n. 5405/1981

L'onere della specificazione delle prove sulle quali si fonda l'impugnazione per revocazione, al fine dell'ammissibilità dell'impugnazione medesima a norma dell'art. 398 secondo comma c.p.c., non trova deroga per il caso in cui si tratti di prove già acquisite al processo e non abbisognanti di ulteriore attività istruttoria.

Cass. civ. n. 3654/1980

La proposizione della domanda di revocazione davanti al tribunale in sede ordinaria e non anche davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro che ha pronunciato la sentenza impugnata non costituisce violazione del primo comma dell'art. 398 c.p.c., per il quale la revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, in quanto le funzioni di giudice del lavoro si ricollegano, nell'ambito di un medesimo ufficio giudiziario, ad una mera ripartizione di compiti e non ad una distinzione di autonome sfere di competenza.

Cass. civ. n. 843/1980

In caso di rinvenimento di documenti decisivi, è inammissibile, a norma del secondo comma dell'art. 398 c.p.c., l'istanza di revocazione ove manchi l'indicazione del giorno del rinvenimento dei documenti che si esibiscono; né tale data può essere costituita da quella risultante dalla lettera di trasmissione dei documenti stessi, ove manchi una precisa prova sulla oggettiva scoperta in tale giorno.

Cass. civ. n. 940/1979

Il giudizio di revocazione si cristallizza nell'ambito della relativa richiesta specifica, poiché, a norma dell'art. 398 c.p.c., la citazione introduttiva del giudizio deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo che la sorregge e le prove relative alla dimostrazione dei fatti. Conseguentemente, il ricorso per cassazione contro la sentenza resa in sede di revocazione non può contenere prospettazioni che stravolgono l'originario ambito della controversia, o implichino l'espletamento di nuove indagini, neppure se presentato come denuncia di un asserito vizio di motivazione.

Cass. civ. n. 34/1979

A norma del combinato disposto degli artt. 395 e 398 c.p.c. nel giudizio di revocazione il giudice è soggetto all'iniziativa delle parti solo per quel che attiene all'indicazione dei motivi dedotti, intesi, questi, come fatti posti a fondamento dell'istanza. Pertanto, accertati tali fatti, il giudice ha il potere-dovere di trarne le conseguenze sul piano giuridico, e quindi di stabilire se ed in quale ipotesi dell'art. 395 essi vadano inquadrati, senza essere in ciò vincolato dalla prospettazione della parte, con l'unico limite di non immutare la causa petendi dedotta dall'attore.

Cass. civ. n. 2337/1951

La domanda per revocazione, tempestivamente proposta dinanzi a giudice incompetente, vale ad evitare la decadenza, se il processo viene riassunto entro il nuovo termine stabilito. La domanda per revocazione, a termini dell'art. 396 c.p.c., delle parti non appellate di una sentenza di primo grado, va proposta non già dinanzi al giudice di secondo grado che abbia pronunciato nell'appello contro altre parti della sentenza stessa, ma dinanzi al giudice di primo grado, anche se queste ultime sono dipendenti dalle parti appellate.

Cass. civ. n. 2152/1949

Le disposizioni contenute nell'art. 398 c.p.c., relative alla proposizione della domanda per revocazione, sono limitate ai casi previsti dall'art. 395 c.p.c., e non si riferiscono alle speciali impugnazioni per revocazione da parte del P.M. previste dall'art. 397 c.p.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 398 Codice di procedura civile

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Antonio C. chiede
mercoledì 25/02/2015 - Campania
“E' stato proposto l'atto di citazione per revocazione di sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 395 del C.P.C., senza che la stessa fosse passata in giudicato,né che fosse stato proposto appello in quanto ancora nei termini.Lo stampato utilizzato per il mandato porta la scritta MANDATO SPECIALE per la proposizione di atto di appello davanti la Corte di Appello, mentre è stato utilizzato per la citazione per revocazione ai sensi del succitato articolo 395 del C.P.C., davanti al Tribunale che ha emesso la sentenza oggetto di revocazione . Il convenuto si è costituito ed ha sollevato l'eccezione di inammissibilità della domanda perché errato il mandato.Il Giudice alla prima udienza, ha rinviato la causa concedendo un termine all'attore per note avverse l'eccezione proposta. Cosa bisogna sostenere dal momento che il convenuto si è regolarmente costituito per avversare l'eccezione?”
Consulenza legale i 25/02/2015
Il terzo comma dell'art. 398 del c.p.c. impone che la citazione con la quale si propone la revocazione delle sentenze debba essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale.
La procura si dice speciale quando si conferisce la rappresentanza soltanto per una o più liti, determinate o meno, oppure per un singolo grado di giudizio.
La Corte di Cassazione si è occupata in diverse occasioni di specificare cosa si intenda per procura speciale e quale carattere debba rivestire: in sede di giudizio per cassazione - ma lo stesso ragionamento può valere nel procedimento di revocazione ex art. 395 c.p.c. - la procura speciale, ad esempio, non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso (es. Cass. 8708/2009); si è, poi, sostenuto, che il mandato in calce o margine del ricorso per cassazione è per sua natura speciale, senza che occorra per la sua validità uno specifico riferimento al giudizio in corso (quindi, ad esempio, sarebbe irrilevante l'errore materiale, facilmente riconoscibile, circa gli estremi della sentenza impugnata, cfr. Cass. n. 28227/2005).

La ratio dell'obbligo di conferire procura speciale al difensore per il procedimento di revocazione sta nel fatto che si richiede da parte dell'ordinamento che la persona rilasci una nuova procura, diversa da quella sottoscritta per i precedenti gradi di giudizio. Nel caso di specie, l'atto di citazione per revocazione è stato in effetti munito di una nuova procura. Pur essendo vero che la stessa porta la scritta "mandato speciale per la proposizione di atto di appello davanti la Corte di Appello", se dal tenore dell'atto è assolutamente evidente che la parte abbia in realtà inteso conferire la procura per la revocazione, si ritiene che il giudice potrebbe ritenere superata l'eccezione di inammissibilità, in quanto lo scopo dell'atto è stato comunque raggiunto (ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 156 del c.p.c., cfr. Cassazione 28.11.2007 n. 24743).

Si potrebbe quindi sostenere in giudizio che la procura speciale è stata validamente apposta all'atto di citazione per revocazione, anche se la stessa riporta la dicitura inesatta "corte d'appello".
In tal senso deporrebbe tutto il filone giurisprudenziale in base al quale l'incorporazione della procura all'interno dell'atto che si notifica o deposita (es. ricorso per cassazione) ne determina la specialità, in quanto il riferimento alla causa per cui è conferita si desume dall'atto cui la procura stessa è apposta. Insomma: laddove non sorgano dubbi circa la destinazione della procura all'atto in cui è incorporata, essa dovrebbe essere efficace (vedi, tra le altre, Cass. civ., 11.9.2014, n. 19214: "La procura alle liti è apposta a margine del ricorso, e tanto è da ritenersi sufficiente a ritenere rispettato il requisito di cui all'art. 365 c.p.c., atteso l'orientamento espresso tra le altre nella pronuncia 26504/2009, secondo cui il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicché risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito").