Cass. civ. n. 4712/2021
In tema di fallimento, l'art. 147, comma 5, l.fall. trova applicazione anche qualora il socio già fallito sia una società partecipe con altre società o persone fisiche ad una società di persone (cd. "supersocietà di fatto"), nel qual caso, in deroga all'art. 9 l.fall., la competenza alla dichiarazione di fallimento in estensione si radica presso il tribunale ove risulta già pendente la procedura concorsuale riguardante il socio, venendo in rilievo il principio di prevenzione sancito dai commi 4 e 5 dell'art. 9 anzidetto e dall'art. 40 c.p.c. e costituendo il fallimento della società, che sia socia illimitatamente responsabile, l'occasione per accertare anche la distinta insolvenza della supersocietà di fatto. (Regola competenza).
Cass. civ. n. 28456/2020
Per dar luogo alla competenza per connessione ai sensi dell'art. 40 c.p.c. non è sufficiente una qualsiasi relazione di interdipendenza fra due cause pendenti davanti a giudici diversi, ma è necessario che tra esse intercorra uno dei rapporti previsti dagli artt. 31 e segg. c.p.c. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso l'applicabilità dell'art. 40 cit. tra un processo avente ad oggetto il pagamento di una somma in via di surroga ed un altro di opposizione a decreto ingiuntivo concernente la medesima somma, ma il cui diritto apparteneva a soggetti differenti ed a diverso titolo). (Regola competenza).
Cass. civ. n. 14224/2017
La questione di incompetenza per connessione, ai sensi dell’art. 40 c.p.c., deve essere eccepita o rilevata d’ufficio dal giudice entro la prima udienza e non può intendersi implicitamente contenuta nell’eccezione di litispendenza e/o di continenza, ovvero in quella di sospensione per pregiudizialità, e neppure nella generica richiesta di riunione di due procedimenti, sicchè il suo rilievo nel corso del giudizio presuppone che la stessa sia stata tempestivamente posta, dalle parti o dallo stesso giudice, con espresso richiamo alla specifica fattispecie ritenuta sussistente, i cui presupposti non possono essere rinvenuti nei fatti dedotti a fondamento della domanda di merito o di una diversa eccezione processuale eventualmente proposta.
Cass. civ. n. 19053/2016
In tema di danni da circolazione stradale, ove due soggetti, rimasti danneggiati nello stesso sinistro, introducano distinte domande risarcitorie, l'una davanti al giudice di pace (in quanto rientrante nella sua competenza per materia con limite di valore, ai sensi dell'art. 7, comma 2, c.p.c.), e l'altra davanti al tribunale (giacchè riconducibile alla sua competenza per materia perchè eccedente quel limite), la connessione per il titolo esistente fra le due domande non consente al giudice di pace di rimettere al tribunale la causa pendente innanzi a lui, ex art. 40, comma 1, c.p.c., operando tale norma solo se per le ragioni di connessione indicate dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c., oppure, ricorrendo ragioni diverse, se entrambe le cause potevano essere proposte dinanzi allo stesso giudice. Ne deriva che il tribunale, davanti al quale sia stata riassunta la causa a seguito di pronuncia del giudice di pace declinatoria della propria competenza, può sollevare il conflitto ai sensi dell'art. 45 c.p.c..
Cass. civ. n. 24917/2014
Qualora il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa venga risolto per motivi riguardanti la violazione degli obblighi statutari e per l'asserita necessità di esternalizzare parte dell'attività di impresa, l'impugnativa della delibera e del concorrente atto di licenziamento configura un'ipotesi di connessione di cause, aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e quello lavorativo, sicché, in tale caso, in forza dell'art. 40, terzo comma, cod. proc. civ., è competente il giudice del lavoro.
Cass. civ. n. 23937/2010
In tema di competenza, ove il giudice di pace, adito con domanda rientrante nella sua competenza per materia (nella specie, relativa al rispetto delle distanze legali nella piantagione di alberi), sia investito, in via riconvenzionale, di una domanda eccedente la sua competenza per valore o per materia (nella specie, di accertamento di usucapione), egli è tenuto, non operando la "translatio iudicii" a norma dell'art. 36 c.p.c., a trattenere la causa principale, separando la causa riconvenzionale per la quale non è competente; né possono assumere rilevanza, in contrario, le disposizioni del sesto e del settimo comma del novellato art. 40 c.p.c., poiché esse non prevedono l'ipotesi in cui le predette domande siano proposte sin dall'inizio davanti al giudice di pace, nel qual caso rimane ferma la competenza funzionale e inderogabile del medesimo per la causa principale.
Cass. civ. n. 16355/2010
Qualora nei confronti della stessa parte siano proposte più domande, anche solo soggettivamente connesse, alcune rientranti nella competenza per valore del giudice di pace, altre in quella per materia del tribunale, l'organo giudiziario superiore è competente a conoscere dell'intera controversia. ( In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che nel caso di cumulo soggettivo tra una opposizione agli atti esecutivi, di competenza, "ratione materiae", del tribunale, ed una opposizione all'esecuzione di competenza, "ratione valoris", del giudice di pace, sussiste la competenza del tribunale su tutte le domande, in applicazione delle norme di cui all'art. 10, secondo comma, e all'art. 104, c.p.c., sempre che l'ufficio del giudice di pace competente per valore ricada nel circondario del tribunale del giudice dell'esecuzione).
Cass. civ. n. 29580/2008
In tema di scontro fra veicoli, la relazione fra le controversie che due soggetti, rimasti danneggiati nella qualità di proprietari o trasportati dei veicoli coinvolti, introducano avanti a diversi giudici - ognuno nei confronti degli altri ed eventualmente dei rispettivi assicuratori, addebitandosi a vicenda la responsabilità esclusiva della causazione del sinistro stesso - non si pone in termini di continenza, bensì di connessione da ricondurre nell'ambito del c.d. nesso di pregiudizialità reciproca per incompatibilità; ne consegue che, indipendentemente dai limiti posti dall'art. 40 c.p.c. attraverso il richiamo agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 del medesimo codice, ricorrono le condizioni per lo spostamento delle cause davanti al giudice preventivamente adito, allo scopo di evitare il possibile contrasto di giudicati (nella specie, la S.C., adita con regolamento di competenza, ha dichiarato la connessione tra due cause relative al medesimo sinistro stradale, proposte davanti a giudici diversi e con parti non del tutto identiche, evidenziando in motivazione l'errore in cui era incorso il tribunale che aveva ravvisato, invece, un caso di continenza).
Cass. civ. n. 2655/2008
L'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva — data l'estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia — ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l'obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell'obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione (nella specie, la S.C. — dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario — ha rigettato il ricorso contro la sentenza d'appello che, in una controversia promossa dall'Agenzia delle entrate nei confronti del fideiussore di una società dichiarata decaduta dal contributo per la realizzazione di uno stabilimento industriale, aveva dichiarato l'estraneità del rapporto dedotto in giudizio rispetto a quello di finanziamento).
Cass. civ. n. 6520/2007
Al giudice di pace non è consentita l'applicazione dell'art. 36 c.p.c., e cioè separare una domanda riconvenzionale eccedente la sua competenza per valore e rimettere le parti per la decisione soltanto su di essa dinanzi al giudice superiore perché l'art. 40, settimo comma, c.p.c. lo obbliga, in caso di connessione, a rimettere a quest'ultimo tutta la causa, e perciò sia la domanda principale sia la domanda riconvenzionale.
Cass. civ. n. 16945/2006
Nell'ipotesi in cui siano proposte al giudice di pace una domanda principale da decidere secondo equità e una domanda riconvenzionale da decidere secondo diritto, ove tra le stesse esista connessione, nel senso che i fatti all'origine delle due domande siano sostanzialmente gli stessi, l'intera causa deve essere decisa secondo diritto, in quanto l'art. 40, settimo comma, c.p.c., fissa non solo un principio in tema di competenza per connessione, ma anche il principio di unitarietà della decisione, inteso sia come simultaneità del processo che come unicità della regola decisionale; ne consegue che la relativa pronuncia, ancorché emessa, come nella specie, secondo equità, deve essere impugnata con l'appello, ed il ricorso in cassazione, ove proposto, deve essere dichiarato inammissibile.
Cass. civ. n. 17404/2004
L'art. 40 c.p.c., come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre nello stesso giudizio più domande, connesse soggettivamente ai sensi dell'art. 33 e dell'art. 133 c.p.c., ma soggette a riti diversi. Nessun rapporto di conseguenzialità è — ad un tal riguardo — ravvisabile fra la domanda di riconoscimento del diritto alla percezione di un assegno divorzile, soggetta al rito camerale previsto dalla legge 1 dicembre 1970, n. 898, e la domanda di riconoscimento del diritto a una quota del trattamento di fine rapporto proposta sulla base di una scrittura privata sottoscritta dalle parti prima del divorzio, non essendo questa connessa con la domanda di liquidazione dell'assegno divorzile, la cui percezione costituisce una condizione necessaria solo se il diritto al pagamento di parte del t.f.r. dell'ex coniuge sia fondato sull'art. 12 bis della legge n. 898 del 1970.
Cass. civ. n. 7621/2003
Salvo deroghe normative espresse, vige nell'ordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato.
Cass. civ. n. 15779/2000
Una causa connessa per una delle ipotesi previste dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. con una causa di opposizione allo stato passivo può trasmigrare dinanzi al giudice competente a decidere quest'ultima sia perché in tali casi la diversità del rito, ai sensi dell'art. 40, comma terzo, c.p.c., non ostacola il simultaneus processus, sia perché comunque, ai sensi dell'art. 99 L. fall., il giudice delegato, dopo l'istruttoria, rimette la predetta opposizione per la decisione ai sensi dell'art. 189 c.p.c., sì che la medesima non è soggetta al rito speciale.
Cass. civ. n. 15366/2000
Il procedimento camerale, promosso in unico grado, davanti al Tribunale od alla Corte d'appello, da un avvocato, per la liquidazione di diritti ed onorari nei confronti del cliente, non si sottrae alla disciplina dell'art. 40 c.p.c., e, pertanto, ove si ponga in rapporto di connessione con altra causa instaurata da detto cliente con il rito ordinario, deve trasmigrare davanti al giudice di tale altra causa, in considerazione della maggiore garanzia che offre tale rito.
Cass. civ. n. 6322/2000
Per dar luogo alla competenza per connessione ai sensi dell'art. 40 c.p.c. non è sufficiente una qualsiasi relazione di interdipendenza fra due cause pendenti davanti a giudici diversi, ma è necessario che tra esse intercorra uno dei rapporti previsti dagli artt. 31 e ss. c.p.c. (In base al suddetto principio la S.C. ha escluso l'applicabilità dell'art. 40 cit. nel caso di una controversia intentata nei confronti di un curatore fallimentare in proprio avente il medesimo petitum di un precedente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente dinanzi a un giudice diverso instaurato dallo stesso attore nei confronti della curatela fallimentare in persona del curatore medesimo).
Cass. civ. n. 347/2000
La proposizione cumulativa di cause contro più soggetti non è sufficiente a costituire un vincolo di connessione tra le stesse — né rileva che vi sia una mera connessione probatoria tra i comportamenti agli stessi attribuiti — a tal fine essendo invece necessario che le cause siano connesse per l'oggetto o per il titolo. Pertanto, in caso di azioni risarcitorie proposte da uno stesso soggetto contro lo Stato ai sensi dell'art. 2 legge 13 aprile 1988, n. 117 e contro il magistrato ai sensi dell'art. 13 della stessa legge, poiché la prima è fondata sul comportamento doloso o gravemente colposo posto in essere dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, e la seconda sulla commissione, da parte del medesimo e nell'esercizio delle sue funzioni, di un fatto costituente reato, le relative cause non sono connesse e il giudice, inderogabilmente competente per territorio, ai sensi dell'art. 4 della suddetta legge, per la prima azione, può legittimamente separarla dalla seconda per deciderla e rimettere la decisione su quest'ultima al giudice competente per territorio, secondo le regole ordinarie.
Cass. civ. n. 266/2000
La trattazione congiunta di cause soggette a riti differenti può attuarsi, secondo le regole di cui all'art. 40 c.p.c. (nel testo modificato dalla legge n. 353 del 1990), soltanto laddove tali cause siano connesse ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.; conseguentemente non è possibile il cumulo in un unico processo della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, soggetta al rito della camera di consiglio, e di quella di scioglimento della comunione su un bene comune dei coniugi, soggetta a rito ordinario, trattandosi di domande non legate da vincoli di connessione ma in tutto autonome e distinte. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di improponibilità in sede di divorzio della domanda di divisione perché incompatibile col rito camerale).
Cass. civ. n. 10153/1999
Il giudice chiamato a pronunciare su questioni di competenza per connessione, continenza di cause o litispendenza deve avere riguardo alla situazione processuale del momento in cui decide, tenendo conto delle circostanze sopravvenute implicanti la cessazione della connessione, della continenza o della litispendenza e, come tali, preclusive dell'applicazione delle relative norme, intese, nelle ipotesi degli artt. 39 e 40 c.p.c., alla determinazione del giudice competente.
Cass. civ. n. 11297/1998
In tema di competenza per connessione l'art. 40 terzo comma c.p.c. — introdotto dall'art. 5 della L. 26 novembre 1990 n. 353 — si riferisce alle regole di modificazione della competenza cosiddetto per subordinazione, mentre non richiama i casi che dipendono dal cumulo soggettivo (art. 33 c.p.c.). Pertanto, la diversità del rito costituisce ostacolo al simultaneus processus soltanto in queste ultime ipotesi, mentre negli altri casi (artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.) la regola generale che la norma ha ribadito è quella del simultaneus processus anche nel caso di diversità del rito. (Fattispecie in cui la S.C., in riforma della sentenza impugnata, ha affermato la competenza del Tribunale fallimentare sia in ordine alla domanda proposta dall'imprenditore prima della dichiarazione di fallimento e proseguita dal curatore di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale, sia per la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto).
Cass. civ. n. 7352/1994
Quando due cause si presentano a tesi e richieste contrapposte, sicché l'accoglimento totale delle domande proposte da chi si è fatto attore in una causa sia incompatibile, sul piano logico-giuridico, con la condanna totale del medesimo nell'altra causa in cui è convenuto, non può dirsi sussistente tra le due cause un rapporto di litispendenza (poiché i fatti posti a fondamento delle domande sono diversi), né un rapporto di continenza (in quanto la continenza presuppone un ambito di identità per lo meno parziale), bensì un rapporto di connessione, diverso da quello di accessorietà. Ne consegue che, ai sensi dell'art. 40, comma 1, c.p.c., deve ritenersi competente il giudice preventivamente adito e che la prevenzione deve determinarsi in base alla data di notifica della citazione, come imposto dall'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c., applicabile non soltanto in tema di litispendenza e di continenza, ma anche di connessione. (Nella specie entrambe le parti di un contratto preliminare di compravendita avevano chiesto la condanna al risarcimento dei danni dell'altra per grave inadempimento, adendo però tribunali diversi).
Cass. civ. n. 9365/1992
La semplice indicazione della causa connessa contenuta nella comparsa di risposta non è sufficiente ad integrare gli estremi di una eccezione di incompetenza per connessione, questa presupponendo a norma dell'art. 40 c.p.c. la precisa volontà di provocare lo spostamento della competenza.
Cass. civ. n. 513/1991
Il criterio della prevenzione, di cui debba farsi applicazione per provocare il simultaneus processus in ipotesi di connessione ex art. 40 c.p.c., opera, con riguardo ai procedimenti introdotti con ricorso — come quelli di opposizione ad ingiunzioni amministrative, ai sensi della L. n. 689 del 1981 — in riferimento alla data di deposito di quest'atto presso la cancelleria del giudice adito a differenza di quelli introdotti con citazione, per cui va fatto riferimento alla data di notificazione della stessa, ed in caso di identità del giorno del deposito con riguardo alla data dell'udienza fissata.
Cass. civ. n. 2571/1990
Qualora, con riferimento all'attività svolta da alcuni lavoratori, venga irrogata nei confronti della titolare dell'impresa sanzione amministrativa per l'omessa istituzione dei libri paga e matricola e per l'omessa consegna dei modelli 101/M, non può verificarsi attrazione per accessorietà (art. 40 c.p.c.) tra l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione irrogativa della suddetta sanzione proposta davanti al pretore del luogo in cui si trova l'azienda, a norma dell'art. 413 c.p.c., ed altra opposizione, proposta dallo stesso imprenditore, contro altra ordinanza-ingiunzione riguardante violazione in tema di rapporto assicurativo obbligatorio, al diverso pretore del capoluogo della circoscrizione del tribunale nella quale risiede l'attore a norma dell'art. 444 c.p.c.; atteso che le due controversie — pur se concernenti gli stessi rapporti di lavoro e riferentisi ad un medesimo presupposto (trattandosi in entrambe di accertare la natura, agricola od industriale, dell'attività svolta dall'opponente) — risultano attribuite dalla legge, secondo criteri di competenza funzionale inderogabile, senza che sia configurabile la sospensione necessaria a norma dell'art. 295 c.p.c. trattandosi di giudizi instaurati nei confronti di soggetti diversi: la prima nei riguardi dell'ispettorato del lavoro e la seconda dell'Inps.
Cass. civ. n. 1681/1984
Nell'ipotesi che due domande, appartenenti alla competenza per materia di due diversi giudici (nella specie, tribunale in sede ordinaria e tribunale regionale delle acque pubbliche), siano proposte l'una in via principale e l'altra solo subordinatamente al rigetto della prima, non sorge tra di esse alcun problema di connessione, né i processi relativi alle due domande debbono essere separati in applicazione del principio che la competenza per connessione non opera in presenza di due diverse competenze per materia, finché non si renda necessario procedere all'esame della domanda subordinata, in quanto il volontario condizionamento voluto dalla parte esclude di per sé che rispetto alla domanda subordinata possa porsi alcuna questione di competenza per materia, allorché, accolta dal giudice competente la domanda principale, si verifica l'assorbimento di quella subordinata che, quindi, non viene sottoposta all'esame del giudice.
Cass. civ. n. 686/1984
L'eccezione di incompetenza per connessione, ai sensi dell'art. 40 c.p.c., deve essere proposta, a pena di decadenza, nella prima udienza e non può intendersi implicitamente contenuta nella richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., avanzata dalla parte.
Cass. civ. n. 6453/1983
La riunione di due o più cause pendenti davanti allo stesso giudice può essere disposta non solo se ricorra una vera e propria ipotesi di connessione di cui all'art. 40 c.p.c., ma anche per ragioni di opportunità ed il relativo provvedimento, in quanto di natura ordinatoria e non produttivo di effetti sulla decisione, non è censurabile in cassazione.
Cass. civ. n. 5424/1981
La riunione o meno di cause connesse costituisce oggetto di una valutazione rimessa al potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile, in quanto tale, in sede di legittimità.