L'istituto della compensazione è disciplinato dagli articoli 1241 e ss. del Codice civile, e ricorre nel caso in cui tra due soggetti esistano rapporti incrociati di
credito e di
debito per una quantità di cose fungibili, tali da comportare la reciproca estinzione per le quantità corrispondenti.
Tre sono i possibili
tipi di compensazione, ossia:
a)
legale, nell’ipotesi di crediti omogenei, liquidi ed esigibili;
b)
giudiziale, relativa a crediti che, pur non essendo determinati nel loro ammontare, risultano di facile e pronta liquidazione;
c)
volontaria, ossia rimessa soltanto alla volontà delle parti, la quale non rientra nel campo di applicazione della norma in esame.
La connessione per compensazione si definisce bilaterale, nel senso che l'esistenza di un diritto costituisce fatto estintivo dell'altro.
L'esistenza di tale controdiritto, all'interno del processo in cui sia dedotta l'
eccezione di compensazione, costituisce una
questione pregiudiziale in senso tecnico, la quale, soltanto in seguito alla contestazione dell'
attore, diviene oggetto di accertamento incidentale
ex lege da parte del giudice.
Con ciò vuol dirsi che l'eccezione di compensazione di per sé non estende l'oggetto del processo, ma l’estensione consegue soltanto alla contestazione da parte dell’attore della esistenza di tale controcredito, imponendo che sul diritto del convenuto si decida con piena efficacia di
giudicato.
Non è da escludere che il controcredito del convenuto possa essere dedotto, nel medesimo processo, a mezzo di domanda giudiziale (c.d.
riconvenzionale compensativa), e ciò nel caso in cui esso sia di ammontare superiore rispetto al credito principale vantato dall'attore, e il
convenuto intenda ottenere da quest'ultimo il pagamento della differenza.
L'eccezione di compensazione non necessita di apposita istanza, essendo sufficiente che dal comportamento difensivo della parte risulti inequivocabilmente la volontà di far dichiarare estinto il proprio credito a causa della contemporanea esistenza di un proprio contrapposto debito.
La finalità della norma in esame, dunque, è quella di consentire al medesimo giudice di accertare entrambi i crediti e di pronunciare, nello stesso processo, anche sull'eccezione di compensazione dedotta dal convenuto.
Così si avrà che se il convenuto eccepisce il controcredito e l'attore non lo contesta, la parte costituente il residuo non sarà oggetto di giudicato (ovviamente non si pongono neppure problemi di
competenza per il giudice adito).
Qualora, invece, l'attore contesti l'esistenza del controcredito (maggiore del credito originario) opposto in compensazione, il giudice dovrà decidere con efficacia di giudicato l'intero controcredito.
Potrebbe accadere che il giudice adito non sia competente per l'intero ammontare, per questo l'articolo in esame detta della regole sulla competenza: se il giudice è competente per valore e materia a giudicare anche sulla seconda causa, ambedue rimangono a questo.
Se invece non lo è, la causa sulla compensazione attrae nel suo foro competente la causa principale.
Il sistema delle deroghe agli ordinari criteri di competenza previsto per il caso dell'eccezione di compensazione, deve essere ricavato dal combinato disposto dell'art. 35 c.p.c. e dell'
art. 40 del c.p.c., commi 6 e 7.
L'art. 40 c.p.c., 6° e 7° co. ha generalizzato il meccanismo della
rimessione al giudice superiore, ossia al Tribunale, di entrambe le cause, sia quella relativa al credito principale, sia quella relativa al controcredito dedotto dal convenuto in via di eccezione di compensazione
Un’alternativa al processo simultaneo è la condanna con riserva; infatti, l'art. 35, per il caso in cui sia eccepito e successivamente contestato un controcredito di ammontare superiore rispetto al credito principale vantato dall'attore, pone in capo al giudice l'alternativa, rimessa in larga parte alla sua valutazione discrezionale, tra la rimessione totale dell'intera controversia al giudice superiore o la condanna con riserva a favore dell'attore (il cui titolo del credito sia a sua volta non contestato o facilmente accertabile), con rimessione della sola eccezione di compensazione al giudice superiore (salvo il caso in cui, da una valutazione complessiva della situazione processuale, l'eccezione del convenuto appaia pretestuosa e infondata).
In caso di mancata riassunzione nel
termine perentorio stabilito dal giudice, la riserva perde efficacia e la sentenza di condanna sul credito principale diviene definitiva
In giurisprudenza è stata anche prospettata l'eventuale
sospensione ex
art. 295 del c.p.c. della causa relativa al credito principale vantata dall'attore.