L'art. 33 c.p.c. consente di
derogare alla competenza territoriale al fine di realizzare il
simultaneus processus tra più cause intercorrenti tra soggetti diversi, connesse per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, realizzandosi il c.d. litisconsorzio facoltativo semplice.
Si ha
connessione per titolo quando diverse cause hanno in comune la
causa petendi, ossia la fattispecie costitutiva; tale identità di
causa petendi può essere totale o parziale, anche se in realtà è ben difficile trovarsi di fronte alla totale identità dell'intero complesso dei fatti costitutivi di ciascun autonomo diritto (un esempio è quello delle azioni proposte dal creditore nei confronti di tutti gli eredi del debitore).
Ricorre invece identità di oggetto, ossia connessione obiettiva fra le domande proposte contro più convenuti litisconsorti passivi, nel caso, ad esempio, dell'
azione di rivendica di una medesima cosa mobile proposta contro più compossessori, ovvero delle azioni dirette al pagamento del premio promosse contro l'assicurazione e la ditta riassicuratrice
Alle ipotesi previste dall'art. 33 c.p.c., qualificabili come ipotesi di connessione per mera coordinazione, non si applica il disposto di cui ai commi 6 e 7 dell’
art. 40 del c.p.c. (ove viene prevista la deroga della competenza del
giudice di pace in favore di quella del
Tribunale), né il 3° co. del medesimo articolo (che consente la deroga al rito applicabile per alcune delle cause connesse).
La connessione disciplinata da questa norma può influire soltanto sulla determinazione della competenza per territorio, in quanto nel caso della competenza per materia è abbastanza raro che più cause connesse per titolo o per identità di oggetto possano essere assegnate, dalla legge, a giudici diversi
ratione materiae, mentre per quanto concerne la competenza per valore, poichè la disposizione in esame non dice nulla, si ritiene che la disciplina delle deroghe ai criteri ordinari di competenza debba essere integrata con quanto previsto dall'
103.
Quest'ultima norma, consentendo la separazione delle cause e la possibilità di rimettere al giudice inferiore la causa di sua competenza, prevede, implicitamente, la possibilità di derogare anche alla competenza per valore e rende ammissibile la regola della competenza del giudice superiore per la trattazione simultanea delle cause connesse per titolo od oggetto.
Per la realizzazione del cumulo processuale (litisconsorzio passivo), l’art. 33 c.p.c. consente che tutte le controversie connesse per l'oggetto o per il titolo vengano proposte innanzi al giudice del luogo di
residenza o
domicilio di uno dei convenuti in base ad uno dei fori generali previsti dall'
art. 18 del c.p.c. e dall'
art. 19 del c.p.c. (è controverso se tale
vis actractiva possa operare anche in favore di un giudice competente in forza di un criterio alternativo rispetto a quelli previsti dai suddetti artt. 18, 19).
Secondo la giurisprudenza, la deroga può operare solo in favore del giudice del luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti, senza che possano operare i criteri sussidiari stabiliti dall'art. 18 c.p.c. (esempio, il foro di residenza dell'attore, per il caso in cui uno dei convenuti non abbia residenza, domicilio o dimora nel territorio della Repubblica, ovvero nel caso di dimora sconosciuta).
Nella particolare ipotesi in cui sia convenuta un'
amministrazione dello Stato, il cumulo delle cause deve essere realizzato in favore del c.d. foro erariale, mentre nel caso in cui siano sconosciuti la residenza ed il domicilio di tutti i convenuti, rimane comunque applicabile, anche ai fini della norma in esame, il criterio residuale della dimora conosciuta di uno dei convenuti.
Si ritiene in dottrina che, ai fini della disposizione in esame, la deroga della competenza per ragioni di connessione non operi a favore del foro facoltativo previsto dall'
art. 20 del c.p.c. (foro del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio), né a favore del foro determinato per accettazione tacita, argomentando dal rilievo che le disposizioni in materia di deroga alla competenza per ragioni di connessioni non sono suscettibili di interpretazione estensiva o analogica.
Non è possibile derogare in forza di questa norma alla competenza determinata in ragione di un foro territoriale inderogabile (è questo il caso, ad esempio, della competenza territoriale funzionale del giudice dell'
espropriazione forzata) ovvero in ragione di un foro speciale esclusivo derogabile (artt. 21, 22, 23, 24 c.p.c.), rimanendo ammissibile soltanto una deroga in danno di un foro generale derogabile previsto ai sensi degli artt. 18 e 19 c.p.c., nonché, almeno secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, in danno di una competenza dettata in ragione di un foro convenzionale esclusivo (artt. 28 e 29 c.p.c.).
La giurisprudenza, poi, è stata chiamata ad occuparsi del caso in cui vengano citati in giudizio più convenuti al solo fine di ottenere lo spostamento di competenza previsto dalla disposizione in commento, e si è affermata la tesi unanime secondo cui, risultando per tale ragione
prima facie una delle domande pretestuosa ed infondata, non può ritenersi consentita la deroga a favore della competenza del giudice del luogo in cui uno dei convenuti ha la residenza o il domicilio (a tale scopo, tuttavia, è richiesto da un lato che risulti manifesta la pretestuosità della domanda giudiziale avverso il convenuto fittizio e, dall'altro, che vi sia stata l'
eccezione tempestiva da parte del convenuto, salvo che si versi nell'ipotesi di competenza territoriale inderogabile).
Tale tesi giurisprudenziale costituisce, del resto, manifestazione di quel principio generale secondo cui le affermazioni contenute nella domanda giudiziale non valgono, eccezionalmente, a fondare la competenza del giudice adito, allorchè si possano rivelare strumentali a sottrarre la controversia al suo giudice naturale.
Contraria all’applicazione di tale istituto definito del c.d. convenuto fittizio è la dottrina, la quale ribadisce che la competenza va determinata sulla base delle affermazioni contenute nella domanda giudiziale, a prescindere del tutto dalla fondatezza delle stesse nel merito.
La giurisprudenza di merito ha ritenuto debba escludersi la proposizione di domande connesse soggettivamente ex art. 33 c.p.c. o ai sensi dell'
art. 103 del c.p.c. e dell'
art. 104 del c.p.c. qualora siano soggette a riti diversi; di conseguenza, è stata esclusa la possibilità di un
simultaneus processus nel caso dell'azione di separazione (soggetta al rito speciale) con quella di scioglimento della comunione, restituzione di beni, pagamento di somme o risarcimento del danno (soggetta al rito ordinario), trattandosi di domande non legate dal vincolo della connessione, ma del tutto autonome e distinte dalla domanda principale.
Il medesimo ragionamento è stato seguito nell'ambito dell'azione di divorzio, soggetta al rito della
camera di consiglio, con quella di scioglimento della comunione di beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme, soggette al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo di connessione ma in tutto autonome e distinte dalla domanda di divorzio.