(massima n. 1)
L'art. 40 c.p.c., come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre nello stesso giudizio più domande, connesse soggettivamente ai sensi dell'art. 33 e dell'art. 133 c.p.c., ma soggette a riti diversi. Nessun rapporto di conseguenzialità è — ad un tal riguardo — ravvisabile fra la domanda di riconoscimento del diritto alla percezione di un assegno divorzile, soggetta al rito camerale previsto dalla legge 1 dicembre 1970, n. 898, e la domanda di riconoscimento del diritto a una quota del trattamento di fine rapporto proposta sulla base di una scrittura privata sottoscritta dalle parti prima del divorzio, non essendo questa connessa con la domanda di liquidazione dell'assegno divorzile, la cui percezione costituisce una condizione necessaria solo se il diritto al pagamento di parte del t.f.r. dell'ex coniuge sia fondato sull'art. 12 bis della legge n. 898 del 1970.