Secondo il Giudice di merito, si era configurata un’ipotesi di offerta al pubblico, che deve essere chiara e specificare i suoi termini; ciò al fine di permettere all’utente di operare una scelta assolutamente consapevole.
Tali elementi, ad avviso della Corte territoriale, erano sussistiti nel caso concreto, atteso l’avviso affisso dal quale risultava che l’ATM non rispondesse del furto dei veicoli. L’avviso integrava, in quest’ottica, l’oggetto della proposta contrattuale, non potendo richiamarsi la disciplina di cui all’art. 1341 del c.c. e sussistendo, peraltro, “adeguato sinallagma tra le rispettive prestazioni […]”.
Avverso tale determinazione, il proprietario dell’auto ricorreva per Cassazione, lamentando, tra l’altro, che il caso di specie costituirebbe (come già prospettato dal Giudice del merito) un contratto atipico di parcheggio, implicando, tuttavia, l’applicazione degli artt. 1766 e seguenti del Codice Civile, con particolare riferimento al deposito oneroso. Ciò poiché la consegna dell’autovettura al gestore del parcheggio avvenne mediante immissione nell’area a ciò destinata, delimitata dal superamento di una sbarra, accessibile dopo il rilascio di scheda magnetica, e l’uscita dal parcheggio poteva avvenire solo previo pagamento (con introduzione della scheda e della somma di denaro). Non vi sarebbe stato, inoltre, secondo il ricorrente, alcun avviso dal quale risultava che l’ATM non rispondesse del furto dei veicoli. Ancora, ricorrendo, sulla base di tale impostazione, l’ipotesi di cui all’art. 1341, co. 2, c.c. (condizioni generali di contratto con limitazione di responsabilità), stante l’assimilabilità del suddetto avviso all’offerta pubblica di cui all’art. 1336 del c.c., la limitazione di responsabilità sarebbe stata comunque inefficace se non approvata specificamente per iscritto.
Il Supremo Consesso ha ritenuto tali doglianze infondate. È stato, innanzitutto, richiamato il principio di diritto di cui alle Sez. Un. n. 14319/2019: “L’istituzione da parte dei Comuni […] di aree di sosta a pagamento […] non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso “parcheggio incustodito” è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, co. 1, e 1327 c.c.), perché l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art. 1341, co.2, c.c. non potendo presumersene la vessatorietà) e l’univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta”.
Tale principio è stato più volte ribadito dai successivi arresti di legittimità.
Posto, dunque, l’accertamento della Corte territoriale, sulla base delle evidenze istruttorie, circa la presenza del citato avviso, e che, come anticipato, l’obbligo di custodia non possa discendere dalle modalità organizzative della sosta, la Cassazione ha concluso per l’esclusione della responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli.