Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume [2728] che la forma sia stata voluta per la validità [1350, 1418, 1421] di questo(1).
Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume [2728] che la forma sia stata voluta per la validità [1350, 1418, 1421] di questo(1).
(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)
Cass. civ. n. 7804/2023
In tema di contratti bancari, il patto di riempimento del modulo fideiussorio (nella specie sottoscritto in bianco) non deve essere stipulato in forma scritta, non essendo per esso applicabile l'art. 117 TUB, siccome inserito nel Titolo VI, Capo I, riguardante le attività svolte nel territorio della Repubblica dalle "banche e dagli intermediari finanziari", senza estendersi alla fideiussione, quand'anche rilasciata in favore di una banca, mentre, ai sensi dell'art. 1352 c.c., la previsione convenzionale di tale requisito deve essere provata per iscritto.Cass. civ. n. 18971/2022
La presunzione di cui all'art. 1352 c.c., in base alla quale le forme convenzionalmente stabilite anche per singole clausole contrattuali si intendono volute per la validità delle stesse, si applica al recesso per il quale le parti abbiano convenuto la forma scritta, in quanto atto negoziale unilaterale di contenuto negativo, che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica.Cass. civ. n. 3542/2021
Il principio di libertà della forma si applica anche all'accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, che pertanto - salvo diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell'art. 1352 c.c. dalle medesime parti stipulanti - ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti; la medesima libertà va quindi ritenuta anche rispetto ai negozi risolutori di detti accordi, come il recesso unilaterale ex art. 1373, comma 2, c.c., la cui prova può essere offerta anche per testimoni.Cass. civ. n. 7108/2020
La previsione, nello statuto di un'associazione, dell'adozione di una forma convenzionale, atteso l'univoco disposto di cui all'art. 1352 c.c., importa la presunzione che essa sia stata voluta per la validità del contratto senza che rilevi l'assenza di un'espressa e specifica previsione di nullità convenzionale dei contratti conclusi in violazione di tale requisito di forma, da considerarsi come inserita anche nell'interesse di tutti gli associati con la conseguenza che l'eventuale nullità, ben può essere fatta valere da ciascun interessato.Cass. civ. n. 18414/2019
La presunzione di cui all'art. 1352 c.c. si applica al recesso per il quale le parti abbiano convenuto la forma scritta, in quanto atto negoziale unilaterale di contenuto negativo che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica.Cass. civ. n. 10845/2019
Qualora il regolamento di condominio contempli, in caso di trasferimento della proprietà da parte dei condòmini, il ricorso a forme convenzionali ex art. 1352 c.c., anche di particolare rigore, finalizzate a rendere note ed accettate determinate condizioni (quali la cessione di quote, il subentro di altro proprietario e la conoscenza ed accettazione del regolamento medesimo), non è possibile il ricorso a forme equivalenti di comunicazione. (Nella specie, veniva in rilievo il trasferimento della titolarità di quote di godimento di una multiproprietà).Cass. civ. n. 4539/2019
Le parti che abbiano convenuto l'adozione della forma scritta per un determinato atto, nella loro autonomia negoziale possono successivamente rinunciarvi, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento, costituendo la valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una rinuncia tacita un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congruente. (In applicazione del predetto principio, la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che, pur a fronte di una clausola di rinnovo espresso di un contratto di affitto di azienda, la prosecuzione di fatto del contratto alle medesime condizioni palesasse "per fatti concludenti" la volontà delle parti di rinunciare alla forma scritta per il rinnovo e di proseguire il rapporto alle medesime condizioni).Cass. civ. n. 19231/2018
Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può essere risolto dal lavoratore con una dichiarazione di volontà unilaterale e recettizia (dimissioni), per la quale vige il principio della libertà di forma, a meno che le parti non abbiano espressamente previsto nel contratto, collettivo o individuale, una forma convenzionale, quale la forma scritta; in tal caso, quest'ultima si presume voluta per la validità dell'atto di dimissioni, a norma dell'art. 1352 cod. civ., applicabile anche agli atti unilaterali, con la conseguenza che le dimissioni rassegnate oralmente, anziché per iscritto come richiesto dalla contrattazione collettiva applicabile, sono invalide per difetto della forma "ad substantiam".Cass. civ. n. 11643/2018
In tema di trasferimento del lavoratore, l'art. 1352 c.c., che prescrive che la forma stabilita convenzionalmente dalle parti in vista della conclusione di un contratto si presume voluta per la validità dello stesso, è applicabile anche nel caso in cui la forma scritta sia stata stabilita, in sede di contrattazione collettiva, non solo per la comunicazione, ma anche per la motivazione del trasferimento stesso, con previsione posta a tutela del lavoratore, il quale deve essere posto in condizione di essere pienamente edotto delle ragioni organizzative per effetto delle quali il suo rapporto di lavoro viene modificato.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva ritenuto illegittimo il trasferimento di una lavoratrice perché non motivato per iscritto, in violazione dell'onere di forma "ad substantiam" prescritto dall'art. 37 del c.c.n.l. Poste dell'11 luglio 2003).Cass. civ. n. 18757/2013
Allorché un contratto non richieda la forma scritta "ad substantiam", la clausola negoziale che imponga alle parti l'adozione della forma scritta per la modificazione del contratto non preclude - salvo patto contrario - la risoluzione per mutuo consenso tacito, riprendendo a riguardo vigore il principio della libertà delle forme.Cass. civ. n. 4541/2012
Il patto di adottare la forma scritta per un determinato atto può essere revocato anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili col suo mantenimento, in quanto nel sistema contrattuale vige la libertà della forma, per cui, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma e poi rinunciarvi. (Principio affermato in ordine alla clausola di "preventivo consenso scritto" del locatore per le addizioni e innovazioni eseguite dal conduttore, requisito formale tacitamente abbandonato dalle parti, accordatesi per compensare il valore dei lavori, non autorizzati per iscritto, e i canoni insoluti).Cass. civ. n. 15959/2004
Data la sostanziale diversità tra il recesso e la risoluzione consensuale del contratto, la prescrizione dell'uso della forma scritta pattuita per l'esercizio del recesso dal rapporto di agenzia non è estensibile — in mancanza di un'espressa previsione contrattuale — all'ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, che può quindi desumersi anche implicitamente dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche.Cass. civ. n. 13277/2000
Le parti che abbiano convenuto l'adozione della forma scritta per un determinato atto ben possono, nella loro autonomia negoziale, rinunziare al formalismo convenzionale, anche tacitamente; la revoca tacita del patto di forma, tuttavia, comporta la necessità di provare la sussistenza di atti inconciliabili con la volontà di mantenere il suddetto patto.Cass. civ. n. 4861/2000
La convenzione sulla forma scritta ad substantiam da adottare per un futuro contratto deve rivestire, ai sensi dell'articolo 1352 c.c., la forma scritta e pertanto lo scioglimento della medesima per mutuo consenso (o la rinunzia bilaterale alla forma convenzionale) può avvenire solo per iscritto e non verbalmente o tacitamente; ne consegue che la clausola contrattuale, redatta per iscritto, la quale preveda l'adozione della forma scritta ad substantiam per regolamentare future vicende del contratto, non può essere revocata verbalmente o tacitamente dalle parti stesse. (Nella specie, in applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la configurabilità di una rinuncia tacita alla clausola del contratto di locazione redatta per iscritto, che prevedeva il consenso scritto del locatore per opere da eseguirsi sull'immobile da parte del conduttore).Cass. civ. n. 10121/1994
La presunzione prevista dall'art. 1352 c.c. a norma del quale se le parti hanno convenuto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che essa sia stata voluta per la validità del contratto stesso può essere superata soltanto nel caso in cui si pervenga, sulla base dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c., ed in particolare a seguito di una corretta e motivata ricostruzione della volontà delle parti, ad una interpretazione certa di segno contrario rispetto alla previsione normativa.Cass. civ. n. 100/1991
Il patto che concerne l'adozione di una determinata forma per la futura conclusione di un contratto (o anche per porre validamente in essere un negozio unilaterale) non può estendersi in via analogica ad altre convenzioni non specificamente previste, come la risoluzione consensuale del rapporto, la quale non soggiace ai limiti di prova testimoniale previsti dall'art. 2723 c.c. con riguardo ai «patti posteriori alla formazione del documento», dovendosi considerare tali solo quelli che apportano alle clausole contrattuali, stipulate in forma scritta, aggiunte o modifiche destinate a regolare diversamente per il futuro particolari aspetti dei rapporto tra le parti, nel presupposto della persistenza e prosecuzione del medesimo. In tema di contratto di agenzia, la sostanziale diversità, per natura ed effetti, fra il recesso il quale consiste in una dichiarazione unilaterale ricettizia, volta a far cessare il rapporto a tempo indeterminato, che non richiede accettazione della controparte e produce effetto solo che quest'ultima ne abbia avuto conoscenza (salvo, ex art. 1350 c.c., l'obbligo della parte recedente di dare il prescritto preavviso o di corrispondere l'indennità sostitutiva) e la risoluzione consensuale, che è invece un negozio bilaterale volto a porre fine al vincolo contrattuale (art. 1372 c.c.) comporta che la prescrizione dell'uso della forma scritta (nella specie, raccomandata con ricevuta di ritorno e preavviso di trenta giorni), pattuita per l'esercizio del recesso, non è estensibile all'ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, la cui manifestazione di volontà non solo non è soggetta ad alcuna prescrizione di forma, che non risulti previamente pattuita con specifico riferimento al negozio in questione, ma può anche implicitamente desumersi dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche.Cass. civ. n. 5731/1990
In materia di lavoro subordinato è giuridicamente configurabile l'assoggettabilità, in forza di specifica previsione in tal senso espressa dal contratto collettivo applicabile al rapporto, della stipulazione dei contratti individuali alla formalità essenziale dell'atto scritto, nonostante che, per diritto comune, il principio che opera sia quello dell'informalità.Cass. civ. n. 1306/1990
La rinuncia convenzionale alla forma scritta ad substantiam, in precedenza pattuita per un determinato accordo, consente la conclusione in forma libera di detto accordo soltanto se il medesimo non sia per legge soggetto alla stipulazione per iscritto, a pena di nullità. Pertanto, con riguardo a «specifica tecnica» accessiva al contratto di costruzione di nave, l'ammissibilità ed operatività della suddetta rinuncia postulano che tale «specifica» non sia inerente all'individuazione dell'oggetto di quel contratto, perché, in caso contrario, la stessa non si sottrae all'obbligo della forma scritta, fissato per detto contratto dall'art. 237 cod. nav.Cass. civ. n. 2211/1989
Le modalità della disdetta del contratto di locazione, che siano indicate nel contratto medesimo (nella specie, lettera raccomandata con ricevuta di ritorno), non possono integrare una forma convenzionale ad substantiam, e, pertanto, non ostano a che l'atto possa giungere all'indirizzo del destinatario con mezzi equipollenti (nella specie, raccomandata semplice), ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 1335 c.c.Cass. civ. n. 766/1982
La revoca della clausola originaria prescrivente la forma scritta per il consenso di uno dei contraenti relativo a possibili vicende future del rapporto negoziale (nella specie: consenso del locatore per le modifiche dell'immobile locato) può derivare anche da atti diversi dallo scritto, inconciliabili con la volontà di mantenere in vita il vincolo convenzionale di forma posto in essere precedentemente.
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