Cass. civ. n. 12322/2025
Il comportamento del lavoratore che utilizza i permessi ex art. 33 della legge n. 104/1992 non per l'assistenza al familiare disabile, ma per attendere ad attività personali, integra l'ipotesi di abuso del diritto. Tale condotta viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa, sia nei confronti dell'ente previdenziale, comportando un'indebita percezione dell'indennità e uno sviamento dell'intervento assistenziale, con rilevanza anche ai fini disciplinari.
Cass. civ. n. 5611/2025
Il lavoratore che usufruisce dei permessi ex legge 104/92 è tenuto a comunicare al datore di lavoro la propria assenza, anche se non è necessario ottenere una previa autorizzazione. Tale comunicazione, seppur non formalmente disciplinata né dalla legge né dal contratto collettivo applicabile, è dovuta in base ai generali doveri di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro. L'assenza di un'espressa disposizione contrattuale o legale che preveda l'equiparazione tra mancata comunicazione e assenza ingiustificata rende il licenziamento per tale motivazione illegittimo
Cass. civ. n. 2619/2025
Costituisce giusta causa di licenziamento l'abuso dei permessi retribuiti previsti dall'art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, qualora il dipendente utilizzi tali permessi non per l'assistenza del familiare disabile, ma per finalità personali, come la partecipazione a competizioni sportive.
Cass. civ. n. 2157/2025
L'utilizzo dei permessi di cui all'art. 33 della l. n. 104 del 1992 in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, tali da violare le finalità per le quali il beneficio è concesso e da far venir meno il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al soggetto in condizione di handicap, è comportamento idoneo a fondare il licenziamento per giusta causa ed accertabile dal datore anche attraverso agenzie investigative, cui può essere demandato il compito di verifica di condotte del prestatore fraudolente o integranti ipotesi di reato. (In applicazione del principio, la S.C. ha affermato che legittimamente il datore si era avvalso di un'agenzia investigativa per la verifica dell'uso fraudolento dei permessi, nella specie sistematicamente adoperati dal dipendente per praticare sport).
Cass. civ. n. 1227/2025
In tema di diritto ai permessi ex art. 33, comma 3, l. n. 104 del 1992, l'accertamento dell'abuso del diritto comporta la verifica dell'elisione del nesso causale fra l'assenza dal lavoro e l'assistenza del disabile, da valutarsi non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, tenendo conto, quindi, di tutte le circostanze del caso concreto, sicché tale abuso può configurarsi solo quando l'assistenza è mancata del tutto, oppure è avvenuta per tempi così irrisori, o con modalità talmente insignificanti, da far ritenere vanificate la salvaguardia degli interessi dell'assistito e le finalità primarie dell'intervento assistenziale voluto dal legislatore, in vista delle quali viene sacrificato il diritto del datore di lavoro all'adempimento della prestazione lavorativa.
Cass. civ. n. 33155/2024
In tema di licenziamento per giusta causa, è legittimo il recesso del datore di lavoro quando il lavoratore, benché riconosciuto cieco parziale e beneficiario dei permessi ex art. 33 della L. n. 104 del 1992, risulti essere in grado di compiere autonomamente attività complesse al di fuori dell'ambiente lavorativo in contrasto con l'apparenza di completa dipendenza manifestata sul lavoro. Tale circostanza lede irrimediabilmente il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.
Cass. civ. n. 32536/2024
Il trasferimento, anche all'interno dello stesso comprensorio territoriale, può configurarsi se comporta una lesione delle possibilità di assistenza al familiare disabile convivente.
Cass. civ. n. 30628/2024
Il diritto ai permessi mensili retribuiti previsti dall'art. 33 della l. n. 104 del 1992 sorge a seguito della domanda amministrativa e della verifica delle condizioni richieste dalla legge, sicché il suo riconoscimento da parte dell'ente assicuratore dà luogo ad un'obbligazione di durata, la quale permane sino all'accertamento di un'eventuale sopravvenuta modifica delle predette condizioni.
Cass. civ. n. 26429/2024
L'assistenza a persona con disabilità in situazione di gravità che legittima il diritto del lavoratore dipendente, pubblico o privato, ai permessi mensili retribuiti ex art. 33, comma 3, legge n. 104/1992 non va intesa riduttivamente come mera assistenza personale al soggetto disabile presso la sua abitazione. Non integra abuso la prestazione di assistenza al familiare disabile in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, in quanto si tratta di permessi giornalieri su base mensile, e non su base oraria.
Cass. civ. n. 26417/2024
Il diritto del lavoratore ai permessi di cui all'art. 33, comma 6, della l. n. 104 del 1992 si pone in relazione diretta con le esigenze di assistenza alla persona disabile, per lo svolgimento di tutte le attività che essa non è in condizioni di compiere autonomamente, senza che il datore di lavoro, salvo diverso accordo tra le parti sociali, possa sindacare la scelta dei giorni in cui fruire di tali permessi, rimessa esclusivamente al lavoratore e soggetta solo ad obbligo di comunicazione, o contestare la prestazione dell'assistenza in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, la quale pertanto non costituisce abuso del diritto.
Cass. civ. n. 24130/2024
L'utilizzo dei permessi concessi ai sensi dell'art. 33, comma 3, L. n. 104 del 1992 deve porsi in relazione diretta con l'esigenza di assistenza al familiare disabile. È illegittimo il licenziamento del lavoratore per abuso dei permessi assistenziali se risulta che tali permessi sono stati utilizzati conformemente alla finalità di assistenza, purché vi sia un nesso causale tra la fruizione del permesso e l'attività di assistenza, anche se svolta non necessariamente presso la residenza del disabile né nelle stesse ore dell'attività lavorativa.
Cass. civ. n. 22643/2024
L'uso di permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 per finalità diverse dall'assistenza al familiare disabile costituisce abuso del diritto e giustifica il licenziamento per giusta causa. Tuttavia, nel caso in cui il lavoratore svolga attività funzionali alle necessità del soggetto assistito nelle giornate di permesso, tale condotta non può essere considerata un illecito disciplinare.
Cass. civ. n. 21856/2024
I permessi ex art. 33 della L. n. 104/1992 sono riconosciuti esclusivamente in ragione dell'assistenza al disabile specificato. L'uso dei permessi per assistere persone diverse da quelle indicate e riconosciute dalla legge nega la corretta destinazione del beneficio, rendendo inammissibile la giustificazione basata su bisogni di assistenza di altri familiari, anche se disabili.
Cass. civ. n. 17004/2024
Il datore di lavoro può controllare direttamente, o mediante l'organizzazione gerarchica che a lui fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, l'adempimento delle prestazioni cui questi sono tenuti, accertando eventuali loro mancanze specifiche, già commesse o in corso di esecuzione. Tale controllo può avvenire a distanza o anche occultamente, senza che ciò costituisca una violazione dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto. Al contrario, i terzi esterni all'organizzazione aziendale e di cui può avvalersi il datore, come guardie giurate o addetti di agenzie investigative, non possono, in nessun caso, verificare l'adempimento o meno dell'obbligazione contrattuale del lavoratore. La loro attività di controllo è limitata solo alla verifica del compimento (anche solo sospettato) di "atti illeciti" da parte lavoratore stesso, che non siano riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale. Conseguentemente, è legittimo il controllo tramite investigatori che abbia ad oggetto comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, come ad esempio il caso del controllo finalizzato all'accertamento dell'utilizzo improprio da parte dei dipendenti dei permessi ex art. 33, L. n. 104/1992.
Cass. civ. n. 16322/2024
Il diritto ai permessi per assistenza al familiare disabile previsto dall'art. 33 della L. n. 104/1992 non dà luogo ad un diritto assoluto e incondizionato alla inamovibilità territoriale o all'assegnazione di una sede il più possibile vicina a quella di residenza del familiare portatore di handicap assistito, ma deve essere garantito solo "ove possibile" e può essere escluso laddove sussistano esigenze aziendali effettive ed urgenti.
Cass. civ. n. 12679/2024
L'assistenza che legittima il beneficio in favore del lavoratore, pur non potendo intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, deve comunque garantire al familiare disabile in situazione di gravità di cui all'art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992 un intervento assistenziale di carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione; pertanto, ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell'ente assicurativo.
Cass. civ. n. 11999/2024
In tema di permessi ex art. 33 della L. n. 104 del 1992, grava sul lavoratore la prova di aver eseguito la prestazione di assistenza in un luogo diverso da quello di residenza della persona protetta. Infatti, il permesso ex art. 33 della L. n. 104 del 1992 è riconosciuto al lavoratore in ragione dell'assistenza da prestare al disabile ed è rispetto ad essa che l'assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta, senza che il dato testuale e la "ratio" della norma ne consentano l'utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza. Ne consegue che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.
Cass. civ. n. 47/2024
In tema di diritto del lavoratore che assiste un familiare portatore di handicap a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio del familiare e a non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, ai sensi dell'art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, è posto a carico del datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza di ragioni organizzative, tecniche e produttive che impediscono l'accoglimento delle richieste del lavoratore, spettando al giudice procedere al necessario bilanciamento, imposto dal quadro normativo nazionale e sovranazionale, tra gli interessi e i diritti del medesimo e del datore di lavoro, ciascuno meritevole di tutela, valorizzando le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile ogni volta che le ragioni tecniche, organizzative e produttive prospettate non risultino effettive e comunque insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.
Cass. civ. n. 35105/2022
Nelle operazioni di trasferimento del personale scolastico che coinvolgano una pluralità di dipendenti fra i quali anche i soggetti titolari del diritto di precedenza di cui all'art. 33L. 05/02/1992, n. 104, Art. 33 - (Agevolazioni), comma 5, della l. n. 104 del 1992, l'Amministrazione - nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e trasparenza, nonché dei canoni generali di correttezza e buona fede - è tenuta ad adottare criteri predeterminati e trasparenti, che ben possono essere oggetto di contrattazione collettiva, al fine di bilanciare gli interessi, tutti egualmente meritevoli di tutela, degli aspiranti alla mobilità.
Cass. civ. n. 22885/2021
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, si deve negare che il diritto al trasferimento riconosciuto dall'art. 33, quinto comma, della l. n. 104 del 1992, possa assumere a suo esclusivo presupposto la vacanza del posto a cui il lavoratore richiedente, familiare dell'handicappato, aspira, poiché tale condizione esprime una mera potenzialità, che assurge ad attualità soltanto con la decisione organizzativa dell'amministrazione di coprire talune vacanze; sicché, ai fini del riconoscimento del suddetto diritto - il quale non si configura come assoluto ed illimitato, in quanto l'inciso "ove possibile" contenuto nel citato articolo postula un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto -, non basta la mera scopertura di organico, profilandosi invece necessario che i posti, oltre che vacanti, siano anche resi "disponibili" dall'amministrazione stessa, le cui determinazioni devono sempre rispettare i principi costituzionali d'imparzialità e di buon andamento, tenuto conto di finalità ed esigenze commisurate anche all'interesse alla corretta gestione della finanza pubblica.