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Articolo 35 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Reclutamento del personale

Dispositivo dell'art. 35 TUPI

1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:

  1. a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
  2. b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.

2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.

3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:

  1. a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
  2. b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
  3. c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
  4. d) decentramento delle procedure di reclutamento;
  5. e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
  6. e-bis) [facoltà, per ciascuna amministrazione, di limitare nel bando il numero degli eventuali idonei in misura non superiore al venti per cento dei posti messi a concorso, con arrotondamento all'unità superiore, fermo restando quanto previsto dall'articolo 400, comma 15, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59;](1)
  7. e-ter) possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento di alta specializzazione, il possesso del titolo di dottore di ricerca o del master universitario di secondo livello o l'essere stati titolari per almeno due anni di contratti di ricerca di cui all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. In tali casi, nelle procedure sono individuate, tra le aree dei settori scientifico-disciplinari definite ai sensi dell'articolo 17, comma 99, della legge 15 maggio 1997, n. 127, afferenti al titolo di dottore di ricerca o al master universitario di secondo livello o al contratto di ricerca, quelle pertinenti alla tipologia del profilo o livello di inquadramento(2).

3-bis. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, nonché del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui al comma 4, possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico:

  1. a) con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando;
  2. b) per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata dal personale di cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di emanazione del bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di lavoro flessibile nell'amministrazione che emana il bando.

3-ter. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 gennaio 2013, sono dettati modalità e criteri applicativi del comma 3-bis e la disciplina della riserva dei posti di cui alla lettera a) del medesimo comma in rapporto ad altre categorie riservatarie. Le disposizioni normative del comma 3-bis costituiscono principi generali a cui devono conformarsi tutte le amministrazioni pubbliche.

3-quater. [Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro della salute e il Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati i criteri di valutazione del titolo di dottore di ricerca di cui alla lettera e-ter) del comma 3 e degli altri titoli di studio e di abilitazione professionale, anche con riguardo, rispettivamente, alla durata dei relativi corsi e alle modalità di conseguimento, nonché alla loro pertinenza ai fini del concorso.](3)

4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base del piano triennale dei fabbisogni approvato ai sensi dell'articolo 6, comma 4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono autorizzati l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici(4)(10).

4-bis. L'avvio delle procedure concorsuali mediante l'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di cui al comma 4 si applica anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti finanziari, nonché dei criteri previsti dall'articolo 36.

5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, per le amministrazioni di cui al comma 4, le restanti amministrazioni pubbliche, per lo svolgimento delle proprie procedure selettive, possono rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM). Tale Commissione è nominata con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione ed è composta dal Capo del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che la presiede, dall'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze e dal Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno, o loro delegati. La Commissione: a) approva i bandi di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato; b) indice i bandi di concorso e nomina le commissioni esaminatrici; c) valida le graduatorie finali di merito delle procedure concorsuali trasmesse dalle commissioni esaminatrici; d) assegna i vincitori e gli idonei delle procedure concorsuali alle amministrazioni pubbliche interessate; e) adotta ogni ulteriore eventuale atto connesso alle procedure concorsuali, fatte salve le competenze proprie delle commissioni esaminatrici. A tali fini, la Commissione RIPAM si avvale di personale messo a disposizione dall'Associazione Formez PA, che può essere utilizzato anche per la costituzione dei comitati di vigilanza dei concorsi di cui al presente comma(8).

5.1. Nell'ipotesi di cui al comma 5, il bando di concorso può fissare un contributo di ammissione, ai sensi dell'articolo 4, comma 3-septies del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni nella legge 31 ottobre 2013, n. 125.

5.2. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche avvalendosi dell'Associazione Formez PA e della Commissione RIPAM, elabora, previo accordo in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997, linee guida di indirizzo amministrativo sullo svolgimento delle prove concorsuali e sulla valutazione dei titoli, ispirate alle migliori pratiche a livello nazionale e internazionale in materia di reclutamento del personale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente in materia. Le linee guida per le prove concorsuali e la valutazione dei titoli del personale sanitario, tecnico e professionale, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale sono adottate di concerto con il Ministero della salute.

5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni, ad eccezione dei direttori dei servizi generali e amministrativi delle istituzioni scolastiche ed educative che permangono nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a tre anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi(5).

5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato. Nei concorsi pubblici, a esclusione di quelli banditi per il reclutamento del personale sanitario e socio-sanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori, nonché del personale di cui all'articolo 3, sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale dopo l'ultimo candidato vincitore, in numero non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso. In caso di rinuncia all'assunzione, di mancato superamento del periodo di prova o di dimissioni del dipendente intervenute entro sei mesi dall'assunzione, l'amministrazione può procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori entro il limite di cui al quarto periodo. La disposizione del quarto periodo non si applica alle procedure concorsuali bandite dalle regioni, dalle province, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l'effettuazione di assunzioni a tempo determinato. Con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, possono essere stabilite ulteriori modalità applicative delle disposizioni del presente comma(6)(8)(9).

6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni(7).

7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti.

Note

(1) Lettera abrogata dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145.
(2) Tale comma è stato modificato dall'art. 3, comma 8, lettera a), del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113.
La lettera e-ter) è stata modificata dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.
(3) Tale comma è stato abrogato dall'art. 3, comma 8, lettera b), del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113.
(4) Il D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, ha disposto (con l'art. 31, comma 3) che "Al fine dello svolgimento dei nuovi incrementali adempimenti, il Ministero dello sviluppo economico è autorizzato, nei limiti della vigente dotazione organica, ad assumere a tempo indeterminato dieci unità da inquadrare nell'area III, posizione economica F1, selezionate attraverso apposito concorso pubblico, in possesso degli specifici requisiti professionali necessari all'espletamento dei nuovi compiti operativi. Le assunzioni sono effettuate in deroga agli articoli 30, comma 2-bis e 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all'articolo 4, commi 3 e 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125".
La L. 30 dicembre 2018, n. 145, come modificata dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, ha disposto (con l'art. 1, comma 366) che "I commi da 360 a 364 non si applicano alle assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. I commi 360, 361, 363 e 364 non si applicano alle assunzioni del personale educativo degli enti locali".
(5) Tale comma è stato modificato dall'art. 1, comma 957, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.
(6) Comma modificato dall'art. 1 comma 149 della L. 27 dicembre 2019, n. 160.
(7) Comma modificato dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.
(8) Comma modificato dall'art. 1-bis, comma 1, lettera a) del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2023, n. 74.
(9) Il D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla L. 10 agosto 2023, n. 112 ha disposto (con l'art. 28-ter, comma 2) che "Le disposizioni dell'articolo 35, comma 5-ter, quarto e quinto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai concorsi pubblici banditi successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
(10) Il D.L. 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla L. 29 aprile 2024, n. 56, ha disposto (con l'art. 10, comma 3, lettera b)) che "in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e in deroga a quanto previsto dall'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è autorizzato ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel triennio 2024-2026, nei limiti della dotazione organica vigente, una unità dirigenziale di livello non generale, otto unità da inquadrare nel livello iniziale dell'area dei funzionari e sette unità da inquadrare nel livello iniziale dell'area degli assistenti. Le predette unità sono reclutate mediante nuove procedure concorsuali, scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici o attivazione di procedure di mobilità volontaria, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001".

Massime relative all'art. 35 TUPI

Cons. Stato n. 18/2018

In materia di composizione delle sottocommissioni degli esami di abilitazione alla professione forense, deve ritenersi che: a) l'art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 non è ricompreso nel differimento previsto dal successivo art. 49 della legge medesima: esso è pertanto immediatamente operativo e da ciò discende che questa è ratione temporis la disposizione applicabile in materia di nomina e composizione della sottocommissione d'esame; b) consegue da ciò che il bando di esame ed il D.M. di nomina della commissione centrale e delle sottocommissioni, che hanno fatto applicazione dell'art. 47 L. n. 247/2012 (invece che della disposizione di cui all'art. 22, r.d.l. n. 1578/ 1933), sono immuni da qualsivoglia vizio in tal senso; c) dalla immediata applicazione dell'art. 47 della legge n. 247/2012 discende che è venuto meno il principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni forensi in passato applicabile ex art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/ 1933; d) dalla intervenuta abrogazione del suddetto principio di fungibilità dei commissari di esame contenuto sub art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/ 1933 e non riprodotto nel vigente art. 47 della legge n. 247/2012 consegue quindi che è viziato l'operato delle sottocommissioni di esame che procedano alla elaborazione dei subcriteri, alla correzione degli elaborati scritti ed alla celebrazione dell'esame orale in assenza di commissari appartenenti a ciascuna delle categorie professionali indicate sub art. 47 della legge n. 247/2012.

Cons. Stato n. 4078/2018

In linea generale, vige la preferenza per lo scorrimento delle graduatorie sull'indizione di nuovi concorsi, e il dovere di motivazione per la P.A. che vuole discostarsi da questo principio. Tuttavia vi sono alcune fattispecie che consentono la deroga alla preferenza allo scorrimento della graduatoria, giustificando appieno la scelta di copertura del posto mediante pubblico concorso senza necessità di specifica motivazione, per via delle differenze in termini di requisiti di partecipazione, prove di esame, specificità dei profili professionali.

Cons. Stato n. 3329/2017

Rientra nella giurisdizione del G.A. il ricorso proposto da alcuni soggetti, dichiarati idonei in un precedente concorso, con il quale sono state contestate le modalità prescelte dall'Amministrazione per coprire i posti vacanti in organico, indicendo un nuovo concorso piuttosto che utilizzando la graduatoria, atteso che in tal caso i ricorrenti pongono in discussione la legittimità di scelte che sono il frutto di valutazioni discrezionali della P.A., di fronte alle quali non può parlarsi di diritti soggettivi, ma di semplici interessi legittimi.

Nel campo del pubblico impiego, ai fini della copertura dei posti vacanti e disponibili, la preferenza espressa in termini generali dall'ordinamento per lo scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi non è assoluta, ma, al contrario, incontra dei limiti: in particolare, l'Amministrazione legittimamente indice un nuovo concorso, anziché attingere al bacino degli idonei in precedenti selezioni, ove nelle more sia funditus mutato il contenuto professionale delle mansioni proprie del profilo lavorativo alla cui provvista si mira.

Corte cost. n. 248/2016

Va ribadito che la regola costituzionale della necessità del pubblico concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni va rispettata anche da parte di disposizioni che regolano il passaggio da soggetti privati ad enti pubblici.

In relazione all'art. 97, quarto comma, Cost., va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma 2, della legge della Regione Calabria 26 luglio 1999, n. 19 (Disciplina dei servizi di sviluppo agricolo nella Regione Calabria), come sostituito dall'art. 13, comma 1, della legge regionale n. 22 del 2007, il quale prevede che «nel caso di volontario scioglimento di una o di tutte le Associazioni di Divulgazione Agricola il personale, unitamente alle attrezzature delle UDA di competenza, è assegnato ad altra Associazione di Divulgazione Agricola in grado di proseguire l'attività che ne abbia fatto specifica richiesta, oppure rientra nella competenza gestionale della Regione Calabria».

Cass. civ. n. 14397/2015

In tema di lavoro pubblico privatizzato, qualora la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno e abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata a operare giuridicamente l'attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un tale comportamento gli estremi dell'offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l'obbligazione secondo correttezza e buona fede. Il superamento del concorso pertanto consolida nel patrimonio dell'interessato l'acquisizione di una situazione giuridica individuale non disconoscibile alla stregua della natura del bando né espropriabile per effetto di diversa successiva disposizione generale volta, come nella specie, a posticipare la decorrenza giuridica ed economica dell'inquadramento. Ne deriva che non può ravvisarsi alcun profilo di nullità contrattuale nell'art. 19, comma 5, del C.C.N.L. integrativo del 21 settembre 2000, secondo cui, in coerenza con i suddetti principi, "la decorrenza giuridica ed economica del personale riqualificato è da considerarsi la data di pubblicazione del bando", posto altresì che non si verte in ipotesi di nuova assunzione e di conseguente ed eventuale violazione dell'art. 35 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, né, "a fortiori", della disciplina pubblicistica inerente alle assunzioni o agli inquadramenti superiori.

Cons. Stato n. 3284/2015

La preferenza per lo scorrimento delle graduatorie rispetto alla indizione di un nuovo concorso, ai sensi dell'art. 35 comma 5-ter, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, introdotto dall'art. 3 comma 87, L. 24 dicembre 2007, n. 244, ammette eccezioni, tra le quali rientrano le ipotesi in cui speciali disposizioni legislative impongono una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico; in tali casi emerge il dovere primario dell'Amministrazione di bandire una nuova procedura selettiva.

Cass. pen. n. 48036/2014

In tema di abuso d'ufficio, integra l'elemento oggettivo del reato il reclutamento del personale, da parte degli amministratori di una società "in house", senza il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste per gli enti pubblici dagli artt. 35 e 36 D.Lgs. n. 165 del 2001. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l'obbligo di attenersi a tali procedure nell'attività volta all'assunzione del personale deve ritenersi imposto dalle pregnanti connotazioni pubblicistiche della società "in house", intendendosi per tale una società costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo corrispondenti a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici. V. Cass., sez. un. civ. n. 26283 del 2013).

Cons. Stato n. 4119/2014

Lo scorrimento delle graduatorie concorsuali preesistenti ed efficaci è ammesso solo per la copertura di posti istituiti o trasformati prima della loro approvazione; si tratta di principio che, ancorché previsto dall'art. 91 comma 4, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 per gli enti locali, ha carattere generale ed è dunque applicabile a tutte le Amministrazioni pubbliche, ivi comprese le Aziende sanitarie locali.

Corte cost. n. 227/2013

Il concorso pubblico costituisce canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, in linea con il principio di uguaglianza e i canoni di imparzialità e di buon andamento ex artt. 3 e 97 Cost. È pertanto da ritenere ingiustificato il mancato ricorso a detta forma, generale e ordinaria, di reclutamento del personale della pubblica amministrazione in relazione a norme regionali di generale ed automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali che non assicurano il previo espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo concorsuale. E ciò si spiega perché il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97 Cost.

A fini di ritenere legittima la immissione nei ruoli regionali dei dipendenti delle società in house non è sufficiente ipotizzare che vi sia stata una procedura selettiva purchessia, atteso il previo superamento di una qualsiasi "selezione pubblica", presso qualsiasi "ente pubblico", è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché esso non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere.

Corte cost. n. 167/2013

Per la deroga al principio del pubblico concorso ex art. 97 Cost., al fine di valorizzare pregresse esperienze professionali dei lavoratori assunti, un interesse pubblico può ricorrere solo in determinate circostanze: è necessario, infatti, che la legge stabilisca preventivamente le condizioni per l'esercizio del potere di assunzione, subordini la costituzione del rapporto a tempo indeterminato all'accertamento di specifiche necessità funzionali dell'amministrazione e preveda procedure di verifica dell'attività svolta; il che presuppone che i soggetti da assumere abbiano maturato tale esperienza all'interno della pubblica amministrazione, e non alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Inoltre, la deroga al predetto principio deve essere contenuta entro determinati limiti percentuali, per non precludere in modo assoluto la possibilità di accesso della generalità dei cittadini a detti posti pubblici.

Cons. Stato n. 574/2013

Il requisito della comprovata esperienza richiesto ai commissari di concorso dall'art. 35, comma 3, lettera e), del D.Lgs. n. 165/2001 (secondo cui le commissioni dei concorsi debbono essere composte da "esperti di provata competenza nelle materie di concorso,...") non può spingersi fino a richiedere che i membri della commissione siano titolari dello specifico insegnamento oggetto di selezione, essendo sufficiente una competenza specifica ed idonea a valutare i candidati; peraltro, non è necessario che del possesso del requisito venga espressamente dato atto con il provvedimento di nomina del componente della commissione di concorso, in quanto è sufficiente che tale requisito sussista in concreto.

Cons. Stato n. 14/2011

L'ambito temporale di operatività della nuova disciplina sulla vigenza triennale delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche, introdotta ex art. 3, co. 87, L. 244/2007, deve essere riferito alle solo graduatorie che risultino valide ed efficaci a partire dal momento di entrata in vigore della predetta norma. Pertanto, la normativa de qua è applicabile a tutte le procedure concorsuali valide, non rilevando la circostanza che la graduatoria sia stata realizzata nell'ambito di procedimenti iniziati, o anche semplicemente conclusi, prima dell'entrata in vigore della L. 244/2007.

In tema di reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche, ferma la discrezionalità in ordine alla decisione sul "se" della copertura del posto vacante, l'Amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell'indizione del nuovo concorso.

In tema di reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche, la previsione normativa generale dell'utilizzabilità, per un tempo definito, delle preesistenti graduatorie non costituisce affatto una deroga alla regola costituzionale del concorso, né introduce un procedimento alternativo a tale modalità di selezione del personale. Al contrario, si tratta di un sistema di reclutamento che presuppone proprio lo svolgimento di una procedura selettiva concorsuale, compiuta nel rispetto dei principi costituzionali, diretta all'individuazione imparziale dei soggetti più meritevoli. Di conseguenza, non può sussistere alcun sospetto di illegittimità costituzionale delle discipline che hanno introdotto, e poi ampliato, l'istituto dello scorrimento, salvo il caso di norme singolari che prevedano termini irragionevoli di vigenza delle graduatorie, o stabiliscano rigidi divieti di indizione di nuovi concorsi.

In tema di reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l'opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace. Quest'ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico. Tuttavia, la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è assoluta e incondizionata, in quanto sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell'obbligo di motivazione.

Corte cost. n. 41/2011

È incostituzionale l'art. 1, comma 4-ter, D.L. n. 134 del 25.9.2009, aggiunto dalla legge di conversione n. 167 del 24 novembre 2009, perché "utilizzando il semplice dato formale della maggiore anzianità di iscrizione nella singola graduatoria provinciale per attribuire al suo interno la relativa posizione, introduce una disciplina irragionevole che - limitata all'aggiornamento delle graduatorie del biennio 2009-2011 - comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica''. Pertanto, è illegittima la norma per cui i docenti che chiedevano il trasferimento in altra provincia venivano collocati in coda alla relativa graduatoria e non secondo il sistema "a pettine" per cui si tiene conto del pregresso punteggio posseduto dal docente stesso.

Cons. Stato n. 3308/2010

In materia di concorso pubblico per l'accesso al Corpo di polizia municipale, quanto al profilo concernente la formazione della commissione giudicatrice mediante soli superiori del Corpo di polizia municipale, occorre rilevare come l'art. 35 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 preveda al co. 3, lett. e), che la commissione sia composta da "esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime". Dunque, i funzionari delle amministrazioni procedenti, quali i "superiori" del Corpo, sono tra le categorie dei soggetti tra i quali le stesse amministrazioni possono scegliere i commissari.

Corte cost. n. 150/2010

Sono illegittimi gli artt. 1, comma 1, 4 e 18 della L.R. Puglia 23 dicembre del 2008, n. 45, per la violazione degli artt. 97 e 117, comma 3, Cost., in quanto il legislatore regionale ha disatteso la disposizione del comma 7 dell'art. 15 D.Lgs. n. 502 del 1992, la quale impone che l'accesso alla dirigenza sanitaria avvenga mediante concorso pubblico per titoli ed esami.

Corte cost. n. 149/2010

Sono illegittimi gli artt. 7,8 e 9 della L.R. Calabria 15 gennaio 2009, n. 1 che dispongono l'inquadramento in ruolo, con contratti a tempo indeterminato, di diverse categorie di personale sanitario incaricato, prevedendo esclusivamente un giudizio di idoneità. Solo esigenze obiettive, quali la necessità di valorizzare le esperienze lavorative maturate all'interno dell'amministrazione, possono giustificare la validità di procedure di selezione diverse rispetto al concorso pubblico, e a condizione che il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) sia assicurato in via alternativa con adeguati criteri selettivi idonei a garantire la professionalità dei soggetti prescelti.

Cons. Stato n. 397/2010

Nella materia dell'organizzazione dei propri uffici e servizi e del reclutamento del personale, attribuita agli enti locali, il rinvio che il settimo comma dell'art. 35 D.Lgs. n. 165/2001 (specifico per le procedure concorsuali negli enti locali) opera alla disciplina generale contenuta nel comma terzo dello stesso art. 35, rappresenta il limite della potestà regolamentare. Gli enti locali, nell'esercizio della loro autonomia, sono tenuti comunque a conformarsi ai meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire, propri di qualsivoglia procedura concorsuale, statale o locale.

Cons. Stato n. 6872/2009

L'art. 9 del D.P.R. n. 487/1994 e l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001 indicano quale criterio della composizione delle commissioni di concorso la scelta di esperti di provata competenza nella materia oggetto della procedura, senza distinguere, sotto il profilo dell'esperienza e competenza, la figura del presidente da quella degli altri componenti e precisando, per gli enti locali territoriali, che la presidenza delle commissioni di concorsi può essere assunta anche da un dirigente della stessa Amministrazione o di altro ente territoriale. Poiché non può ritenersi che l'art. 9 del detto D.P.R. sia stato abrogato dall'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000 (rispondendo, dette disposizioni, all'obiettivo comune di riportare il reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche nell'alveo dell'organizzazione dei rispettivi enti, e comportando, la diversa formulazione normativa, pari ordinazione e coordinamento fra le disposizioni perché dirette al medesimo fine), in assenza di una disposizione regolamentare o statuaria diretta a stabilire che le presidenze delle commissioni di concorso in un Comune debbano essere assunte dai dirigenti dell'ente e in presenza di una espressa deliberazione di designazione a presidente della Commissione, non può ritenersi viziato (per contrasto con l'art. 107, comma 3 lett. a), D.Lgs. n. 267/2000) l'operato del Comune che ha nominato a presidente della Commissione di concorso per la copertura di un posto di direttore del museo civico, il dirigente dalla Sovrintendenza Archeologica e non un dirigente dell'Amministrazione locale.

Cass. civ. n. 12961/2008

Le assunzioni nella P.A. mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente (art. 16 della legge n. 56 del 1987), per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo (art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001), devono effettuarsi nel rispetto dell'ordine di graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti, avuto riguardo esclusivamente agli iscritti alla prima classe delle liste medesime, secondo quanto precisato dall'art. 10, comma 1, lett. a), della legge n. 56 del 1987 - e cioè lavoratori disoccupati o in cerca di prima occupazione, ovvero ancora lavoratori con occupazione temporanea sia subordinati che autonomi (questi ultimi in forza di quanto affermato dalla Corte Cost. n. 65 del 1999) - non rientrando nelle finalità del collocamento presso le pubbliche amministrazioni quella di procurare lavoro a chi è già occupato, come gli iscritti, ai sensi della lett. b) del medesimo comma 1 dell'art. 10 citato, alla seconda classe delle liste, aspiranti a diversa occupazione.

Cass. civ. n. 21408/2006

L'istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario di amministrazione pubblica (ai sensi dell'art. 132 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, contenente il T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) - presupponendo la decisione discrezionale dell'Amministrazione (volta al soddisfacimento di un interesse pubblico) di coprire il posto rimasto scoperto a seguito delle dimissioni - non fonda il diritto soggettivo alla riammissione in servizio, appunto, a favore del dipendente dimissionario.

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G. U. chiede
mercoledì 24/07/2024
“Buongiorno, nel 2021 decido di fare un concorso Pubblico per l’assunzione come Agente di Polizia Locale categoria C1. Al termine del concorso riesco a posizionarmi in una graduatoria di idonei, ad una posizione praticamente intermedia. Quasi subito vengo contattato da diverse amministrazioni, alle quali l’amministrazione banditrice, tramite stipula di convenzione concedeva l’utilizzo della stessa. Nel breve tempo vengo assunto presso alcune amministrazioni, che si sono succedute per scadenza contratto o perché presentavo le dimissioni per aver accettato altre proposte più vicine alla mia amministrazione. Ad agosto 2022 ricevo la proposta di assunzione a tempo determinato dall’amministrazione che ha bandito il concorso, fra rinnovi di contratto riesco a lavorare, sino a luglio 2023. Intanto la graduatoria ha continuato a scorrere e vi sono state svariate assunzioni a tempo indeterminato, fino ad arrivare a dieci posizioni prima della mia. Si sono venute a concretizzare assunzioni presso altre amministrazioni, che sempre tramite stipula di convenzione tra le stesse hanno scorso la graduatoria per poter assumere con contratti a tempo indeterminato. Questo ha fatto in modo che la graduatoria si sfoltisse ulteriormente. A questo punto mi trovo anch'io a decidere se accettare l’assunzione a tempo indeterminato presso un’amministrazione diversa da quella banditrice, ed accetto la proposta. Questo avviene a undici mesi dalla scadenza della graduatoria. Essendo pubblica la determina con il testo integrale della convenzione stipulata fra le due amministrazioni, vengo al corrente che, cosi viene citato: “all’atto dell’assunzione il candidato perde la posizione in graduatoria e sarebbe stato onere dell’amministrazione che effettua l’assunzione, inserire una clausola nella quale lo stesso rinuncia al mantenimento della posizione in graduatoria”. L'amministrazione banditrice quasi allo scadere della graduatoria decide di fare un ulteriore scorrimento, fino ad assumere una persona, che in graduatoria si trova due posizioni oltre la mia.
Di una cosa sono certo, di non aver firmato alcun atto, se non il contratto di assunzione, nel quale non vi è alcuna clausola precedentemente citata. Nella determina di assunzione di questa persona, posizionata dopo di me, si fa riferimento al motivo dello scorrimento sino a tale posizione; in virtù di varie rinunce, dovute ad assunzioni a tempo indeterminato presso altre amministrazioni, citando nello specifico le posizioni incriminate, fra le quali la mia. Ora vi chiedo, analizzando la situazione, com'è meglio muoversi in questo caso.
Se dovesse esservi utile posso farvi avere la documentazione necessaria.
In attesa di un vostro riscontro, porgo distinti saluti. Grazie.”
Consulenza legale i 09/08/2024
La materia è regolata dall’art. 9, comma 1, della l. n°3/2003, secondo cui “le Amministrazioni dello Stato […] e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto di contrattazione”, secondo le “modalità e i criteri stabiliti [in apposito] regolamento, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della l. n°400/1988, su proposta del Ministro della Funzione Pubblica, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”.

Nel perdurare della mancata adozione del predetto regolamento, l’art. 3, comma 61, della Legge n. 350/2003, ha poi stabilito che, “in attesa dell’emanazione del [menzionato] regolamento, le amministrazioni pubbliche […] possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate”.

Le Amministrazioni Pubbliche possono quindi reclutare le risorse umane attraverso l’utilizzo delle graduatorie vigenti approvate da altre Amministrazioni con un accordo che può avvenire anche ex post rispetto al momento dell’indizione della procedura concorsuale e/o della formale approvazione della graduatoria.

La giurisprudenza amministrativa e contabile è concorde nel ritenere elemento necessario è che il profilo e la categoria professionale del posto che si intende coprire debbano essere del tutto corrispondenti a quelli dei posti per i quali è stato bandito il concorso la cui graduatoria si intende utilizzare (Tar Veneto, sentenza 864/2011).

Secondo quanto riferito, la convenzione impone la perdita della posizione in graduatoria in caso di assunzione da parte di altro ente che utilizzi la medesima graduatoria tramite tale convenzione, salvo poi richiedere che l’ente che effettua l’assunzione faccia firmare una clausola al candidato nella quale lo stesso rinunci alla posizione.

A ben vedere, la rinuncia alla posizione in graduatoria parrebbe scontata, dal momento che i due enti utilizzano la medesima e unica graduatoria. Diversamente, si dovrebbero rimettere in discussione le assunzioni presso il secondo ente ogni volta che l’ente banditore dovesse attingere alla graduatoria.

Non si rinvengono casi giurisprudenziali sull’argomento. La giurisprudenza ammette il mantenimento della posizione in graduatoria solo nel caso di rinuncia del candidato alla proposta di assunzione presso l’altro ente o in caso di assunzione con contratto a tempo determinato.

Pertanto, non vi sarebbe neppure un caso giurisprudenziale a cui fare riferimento per un tentativo di ricorso.

Peraltro, anche volendo appigliarsi al fatto che non sia stata inserita la clausola di rinuncia nel contratto di assunzione, è improbabile che questo porti ad una revisione della graduatoria. Semmai si potrebbe ambire ad un risarcimento del danno, ammesso e non concesso che il ricorso abbia esito positivo.

La giurisdizione per un eventuale ricorso spetterà al Giudice del Lavoro.


R.S. chiede
mercoledì 03/04/2024
“Requisito condotta incensurabile per concorso diplomatico.

Nel 2017 ho avuto un incidente guidando in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5. In seguito, il processo penale avviato è stato sospeso ed il reato estinto per esito positivo della messa alla prova. La mia fedina penale è dunque pulita ed il mio casellario giudiziale vuoto. Il mio dubbio riguarda la possibilità per me di poter partecipare al bando di concorso per la carriera diplomatica, in quanto questo prevede il requisito della "condotta incensurabile ai sensi dell’articolo 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165". In particolare, prendendo ad esempio il Bando 2023 ( https://www.esteri.it/wp-content/uploads/2023/03/Bando-Concorso-Diplomatico-2023.pdf) vorrei confermare il possesso dei requisiti relativi all'Art.3 comma 2 lettere g, h, i, j, k.
Specifico anche che tale evento è un evento isolato all'interno di un percorso personale/professionale di eccellenza, dunque anomalo nel contesto d'insieme.
Allego il documento della prefettura di revoca della patente in cui viene "riassunto" il mio caso relativo all'incidente nella mail associata.”
Consulenza legale i 11/04/2024
I requisiti di accesso ai concorsi per l’assunzione alle dipendenze della Pubblica Amministrazione variano a seconda della specificità del ruolo da assumere.

Il concorso al quale intende partecipare prevede, quale requisito particolare, quello della condotta c.d. incensurabile in quanto richiama, all’art. 3, comma 2, lett. g, l’art. 35, comma 6 del T.U. sul Pubblico Impiego che, a sua volta, opera un rinvio ai requisiti richiesti per l’accesso alla carriera di magistrato.

Per rispondere al suo quesito occorre, quindi, chiarire che cosa si intenda per condotta incensurabile e se rilevi o meno l’aver commesso un reato, poi dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova, ai fini della qualificazione della condotta come incensurabile.

Quanto alla definizione di condotta incensurabile, il concetto attiene ad una valutazione molto ampia e discrezionale, da parte della Pubblica Amministrazione, del profilo del candidato: in altri termini è richiesto al soggetto di possedere elevati standard di qualità morale e comportamentale che lo rendano idoneo al ruolo da assumere una volta superato il concorso.

Venendo quindi, al caso di specie, non può non segnalarsi che, in casi analoghi, ossia in presenza di reati poi dichiarati estinti proprio per la fattispecie della guida in stato di ebrezza, la giurisprudenza ha elaborato due orientamenti contrapposti sullla rilevanza da attribuire, a detto reato, ai fini della sussistenza della condotta incensurabile: da un lato affermando che è irrilevante, per la qualificazione della condotta come incensurabile “l’episodio di guida in stato di ebbrezza avvenuto a distanza di un considerevole periodo di tempo dall'espletamento del concorso (n.d.r. nel caso trattato dalla pronuncia per l’ammissione nel Corpo della Guardia di Finanza ma con principi applicabili anche al suo caso)”, e ciò in quanto “[…] seppur censurabile sotto il profilo morale, non riveste tuttavia ex se valenza tale da sorreggere un giudizio di esclusione dal concorso stesso per mancanza dei requisiti morali e di condotta; … non trattandosi di un comportamento – peraltro unico ed isolato, ancorché risalente nel tempo – da cui si possa evincere, in assenza di ulteriori valutazioni ed elementi di fatto, l’inidoneità, sotto il profilo comportamentale e morale, ad esercitare i compiti propri del Corpo della Guardia di Finanza”; concludendo, quindi, come “in assenza di ulteriori elementi negativi, tale unico episodio riconducibile al ricorrente non può motivare l'assenza delle qualità morali e di condotta irreprensibili, richieste dalla vigente disciplina ai fini dell'ammissione all'arruolamento in un Corpo militare, non risultando quindi la situazione che costituisce l’unico fondamento dell'impugnata esclusione essere stata adeguatamente e compiutamente valutata dall'Amministrazione in relazione all'esigenza di accertare, alla stregua delle vigenti disposizioni, una condotta morale incensurabile” (TAR Lazio – Roma Sez. II, 3 novembre 2015, n. 1239).

Tuttavia, pronunce più recenti hanno, invece, ritenuto che “la tipologia di condotta ascritta all’odierno ricorrente (guida in stato di ebbrezza), siccome concretamente idonea a mettere in pericolo l’incolumità e la vita del soggetto e di altre persone, ben può formare oggetto di valutazione, in sede di screening in ordine al possesso dei necessari requisiti per la partecipazione a selezioni concorsuali della specie, nel quadro di un apprezzamento connotato da ampia latitudine discrezionale” (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 25 febbraio 2021, n. 1628; cfr. anche T.A.R. Lazio, Sez. IV, 31 gennaio 2022, n. 1133).

In conclusione, data l’ampiezza della discrezionalità della valutazione operata dalla Pubblica Amministrazione in sede di esame della sua candidatura, non è possibile affermare, con apprezzabili margini di certezza, se il singolo episodio da lei riportato possa essere ritenuto o meno irrilevante ai fini del requisito indicato dal Bando ossia della condotta incensurabile.




D. P. chiede
martedì 27/02/2024
“Buongiorno,
il 17 gennaio 2024 è stato il mio ultimo giorno di lavoro presso l'ASL: ho dato le dimissioni con diritto alla conservazione del posto.
Il 18 gennaio 2024 ho iniziato a lavorare in comune.
Adesso vorrei rientrare in ASL facendo valere il diritto alla conservazione del posto (che mi era stato accordato).
La mia domanda è:
E' vero che se io esercito il diritto alla conservazione del posto entro la fine del periodo di prova ma l'ASL non riesce a reintegrarmi (per sue lentezze) entro la fine del periodo di prova rimango senza lavoro sia in comune (dove darei le dimissioni) sia in ASL (dove non hanno fatto in tempo a riassumermi)?
Grazie, cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/03/2024
Ai sensi dell’art. 40, comma 9, del CCNL Sanità, “Il dipendente con il quale venga instaurato un nuovo rapporto di lavoro a seguito di concorso pubblico, durante il periodo di prova ha diritto alla conservazione del posto e, in caso di mancato superamento della stessa, è reintegrato nell’area, profilo professionale, differenziale economico di professionalità ed eventuale assegno ad personam in godimento nell’Azienda o ente di provenienza”.
Secondo l’ARAN “L ’art. 40 comma 9 in oggetto ha introdotto, durante il periodo di prova, il diritto del lavoratore alla conservazione del posto in luogo della concessione dell’aspettativa non retribuita precedentemente prevista, disapplicata con il CCNL 2019-2021 vigente. La conservazione del posto deve avere la stessa durata del periodo di prova che dovrà essere necessariamente comunicata dal lavoratore all’Azienda. Il diritto al reintegro verrà eventualmente esercitato dal lavoratore in caso di mancato superamento della prova presentando apposita istanza nella quale addurrà l’esistenza di tutti i relativi presupposti”.

Si tratta, in sostanza, di una riammissione in servizio che ha la caratteristica di essere obbligatoria e non discrezionale; il posto precedentemente ricoperto dal dipendente deve essere considerato vacante, ma non disponibile, per tutto il periodo nel quale è prevista la conservazione.

Di conseguenza, nel proprio atto determinativo, il dirigente dell’area risorse umane o il responsabile di servizio preposto, prenderà atto delle dimissioni volontarie rassegnate dal dipendente, specificando in maniera puntuale la decorrenza e indicando anche l’ultimo giorno di lavoro, precisando che il lavoratore, in applicazione del citato art. 40, comma 9, conserverà il proprio posto di lavoro presso l’Ente, senza retribuzione, per l’arco temporale pari alla durata del periodo di prova previsto dalle disposizioni contrattuali applicate nell’amministrazione di destinazione.

Dal momento che trattasi di un diritto soggettivo non soggetto a discrezionalità da parte della ASL e che non sono previste decadenze temporali, salvo quella di presentare l’istanza di riammissione in servizio entro la fine del periodo di prova presso il Comune, non risulta che ci siano i presupposti per il verificarsi della perdita del posto così come descritta.


M. V. chiede
venerdì 03/03/2023 - Lazio
“Chiedo un parere in merito ad un caso specifico riguardante la riserva dei posti nei concorsi pubblici riservati a militari. Sono un ex carabiniere congedato prima della rafferma a causa di problemi familiari che allora non potevo gestire in altro modo. Il mio percorso è stato il seguente:
- Carabiniere ausiliario (militare di leva) dal 17/09/2004 al 17/09/2005
- Carabiniere in ferma quadriennale effettivo dal 17/09/2005 al 20/07/2007. “Vincitore di concorso”
In data 20/07/2007 mi sono dovuto congedare e mi ritrovo nella posizione di “Congedo illimitato provvisorio”

Il periodo totale nei carabinieri è di 2 anni e 10 mesi. Come carabiniere in ferma quadriennale è di 1 anno e 10 mesi.

Nei vari concorsi esiste una riserva di posti per i volontari delle forze armate facendo riferimento a due articoli: “Ai posti messi a concorso si applica la riserva di n. … posti ai volontari delle Forze Armate, ai sensi dell’art. 1014, commi 1, lett. b), e 3, dell’art. 678, comma 9, del D. Lgs. n. 66/2010.”

L’art 1014 recita:
La norma individua, quali beneficiari della riserva in questione, tutti i volontari in ferma prefissata che hanno completato senza demerito la ferma contratta, e cioè:
a) VFP1 volontari in ferma prefissata di 1 anno;
b) VFP4 volontari in ferma prefissata di 4 anni;
c) VFB volontari in ferma breve triennale;
d) Ufficiali di complemento in ferma biennale o in ferma prefissata (art. 678, comma 9)

Il mio dubbio è che, visto che non ho completato la ferma prefissata, non posso partecipare alla riserva dei posti.”
Consulenza legale i 11/03/2023
La riserva dei posti si applica solo alle categorie di volontari espressamente enunciate agli artt. 1014 e 678 del D.Lgs. 66/2010 e succ.mod. congedati senza demerito o nel corso di ulteriore rafferma. Ha titolo alla riserva il volontario che abbia concluso senza demerito il periodo di ferma iniziale previsto, tempo minimo necessario per una idonea valutazione comportamentale, sia se congedato sia se in corso di rafferma.
Il servizio prestato in qualità di ausiliario nell'Arma dei Carabinieri valido all'assolvimento dell'obbligo di leva, non è utile ai fini della suddetta riserva. Tuttavia potrà essere valutato nei pubblici concorsi come previsto dagli artt. 2050 e 2051 della norma summenzionata, ove ricorrano i presupposti.

A. S. chiede
lunedì 09/01/2023 - Sicilia
“Buongiorno, sono un dipendente di una università assunto a giugno 2022 e ho superato il periodo di prova. Per esigenze familiari, ho mio padre con disabilità grave e sono il suo accompagnatore secondo la legge 104, vorrei chiedere un avvicinamento al luogo di residenza ove egli continua a vivere.
La mia sede di lavoro è in Toscana e mio padre abita in Sicilia.
E' possibile poterlo chiedere prima del vincolo dei cinque anni secondo la legge 104? Qual è la procedura da attuare?

L'ente di destinazione deve essere necessariamente un'università o può essere anche un altro tipo di ente?
Vorrei anche chiedere cosa potrei fare in caso di diniego.”
Consulenza legale i 15/01/2023
L’art. 35 comma 5bis, D. Lgs. 165/2001 prevede che “i vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi”.

La legge 104/1992 - che all’art. 33, comma 5 prevede il diritto all’avvicinamento al luogo di residenza per il familiare del disabile - è una norma speciale. Pertanto, essa è idonea a derogare al limite dei 5 anni di permanenza nella prima sede di assegnazione.

In particolare, l’art. 33, comma 3, l. 104/92 dispone che: "A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa …".
Il successivo comma 5, dispone che "Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".

Peraltro, con l’ordinanza n. 6150 del marzo 2019, la Cassazione ha precisato che il diritto del dipendente di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, in quanto in stato di handicap grave ai sensi della L. 104/1992, sussiste non solo nel momento iniziale di instaurazione del rapporto, ma anche in ipotesi di successiva domanda di trasferimento, come nel caso di specie.

Per ottenere la concessione del beneficio, il richiedente deve dimostrare rigorosamente la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti da individuarsi:
- nel riconoscimento della A.S.L. dell’handicap in situazioni di gravità del familiare del ricorrente è necessario essere in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992);
- nell’insussistenza del ricovero a tempo pieno del portatore di handicap presso strutture ospedaliere o simili;
- nella inesistenza di altri parenti o affini che abbiano usufruito della medesima normativa o che siano comunque in grado di sopperire alle esigenze del portatore di handicap.

Per quanto riguarda il grado di invalidità del familiare, la legge prescrive che lo stesso abbia connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3 della legge 104/1992.

Giova ricordare che, nonostante l’art. 24 della legge 183/2010 abbia eliminato i requisiti della “continuità” e dell’“esclusività” dell’assistenza prima richiesti, secondo l’interpretazione giurisprudenziale consolidata il Giudice è comunque tenuto, anche a seguito della novella legislativa, a valutare con rigore lo specifico caso sottoposto alla sua analisi e ad accertare l’eventuale presenza di altre persone in grado di prestare assistenza, onde salvaguardare due esigenze:
- quella di valutare che il trasferimento sia possibile in relazione alle esigenze organizzative ed operative del datore di lavoro e che dette esigenze non risultino ingiustificatamente pregiudicate in un’ottica di equo bilanciamento degli interessi e della posizione delle parti;
- quella di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa, cosicché il trasferimento possa essere disposto solo laddove sia effettivamente necessario ai fini dell’assistenza del familiare disabile (Cfr. Cons. Stato, sez. III, ordinanza 27 ottobre 2012, n. 4300; T.A.R. Piemonte, Sez. I., 20 marzo 2013, n. 332; T.A.R. Valle d'Aosta, 13 febbraio 2013, n. 7; Consiglio di Stato, 8 aprile 2014, n. 1677; T.A.R. Campania, 24 luglio 2014, n. 4189).

Ed infatti, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, quando risulta che la persona portatrice di handicap abbia altri familiari in loco, il datore di lavoro può legittimamente respingere l’istanza di trasferimento (Cfr. Cons. Stato, parere n. 3297 del 21 novembre 2013).

In un caso si è, ad esempio, ritenuto che il fatto che la madre dell’istante, affetta da handicap grave, risulti assistita da altri familiari, costituisce circostanza assai rilevante e che deve essere massimamente considerata nella complessiva ponderazione degli interessi contrapposti da comporre (Cfr. Cons. Stato 6 agosto 2014, n. 4200).

È importante sottolineare che la richiesta di trasferimento in base alla normativa suindicata non configura un diritto incondizionato del richiedente: la P.A. può legittimamente respingere l’istanza di trasferimento di un proprio dipendente, presentata ai sensi dell’art. 33, quando le condizioni personali e familiari dello stesso recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2014, nr. 1073).

Il c.d. "diritto al trasferimento" è quindi rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione ed è soggetto ad una duplice condizione: che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile e che vi sia l’assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione; ne discende che, quand’anche il requisito della vacanza e della disponibilità risulti soddisfatto, il beneficio può essere negato in considerazione delle esigenze di servizio della struttura di provenienza o di destinazione (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 8 aprile 2014, nr. 1677; Cass. 5 settembre 2011, n. 18223; Cass. 27 maggio 2003, n. 8436; Cons Stato16 settembre 2013, n. 4569.).

L’art. 33, comma 5, l. n. 104 del 1992, deve essere interpretato sempre in termini costituzionalmente orientati, alla luce dell’art. 3 Cost., comma 2, dell’art. 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni del 13.12.2006 sui diritti dei disabili, ratificata con l. n. 18 del 2009, in funzione della tutela della persona disabile.

Queste posizioni giuridiche soggettive di rilievo costituzionale possono essere contemperate esclusivamente con altri valori ed interessi di medesimo rilievo. In altre parole il lavoratore che assiste con continuità un portatore di handicap ha diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, a meno che, alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e per tradursi – soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporto di lavoro pubblico – in un danno per l’interesse della collettiva; ma solo ove tali esigenze siano adeguatamente provate dal datore di lavoro, e non eccepite solo genericamente.

Fatti tale premesse, è possibile presentare un’istanza di trasferimento a cui andrà allegata tutta la documentazione che attesti i presupposti per ottenere il beneficio. Tale richiesta dovrà essere presentata innazitutto all’Università presso cui si presta servizio e, una volta ottenuto il nulla osta, all’ente presso cui si è individuato un posto vacante, che può essere anche diverso dall'Università.

Eventualmente, il trasferimento potrebbe essere attuato anche con la modalità di scambio di dipendenti. Esso può avvenire solo tra dipendenti appartenenti alla stessa categoria o categoria equiparabile.

L’Università o altro ente, al fine di rigettare la richiesta di trasferimento, dovrebbe dimostrare l'assenza di posti vacanti in dotazione organica ovvero l'assenza di specifiche esigenze di assistenza effettive, urgenti e comunque insuscettibili di essere in altro modo soddisfatte da parte del lavoratore del disabile assistito. In caso di mancata risposta ovvero di diniego privo di idonea e dettagliata motivazione, si può procedere con ricorso al tribunale del lavoro.


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