L’articolo 3 della Legge 104/1992 definisce in termini giuridici la
condizione di disabilità che legittima l’accesso ai benefici, ai diritti e alle misure previste dalla legge. Si tratta di una disposizione centrale, in quanto individua i
criteri soggettivi per il riconoscimento dello stato di handicap, distinguendo anche tra
handicap in situazione di gravità e
handicap meno grave.
Al primo comma, la norma qualifica come persona con handicap come colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che determina una difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione
lavorativa tale da comportare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Tale definizione si pone in continuità con la nozione di
disabilità recepita anche a livello internazionale, come nella
Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18).
Inoltre, nell'ultima parte del primo comma, viene fatto riferimento alla
condizione per accedere alle tutele elencate nel testo normativo: è necessario che la disabilità sia
accertata con valutazione di base. Essa consiste in un procedimento introdotto dal d. lgs. n. 62/2024, quale "procedimento unitario volto al riconoscimento della condizione di disabilità", applicabile anche ai minori e alle persone anziane. Tale valutazione è affidata, a partire dal 1° gennaio 2026, all'INPS. Il procedimento finalizzato ad ottenere la valutazione di base si attiva su richiesta: dell'
interessato; dell'esercente la
responsabilità genitoriale sul
minore con disabilità; oppure del
tutore o amministratore di sostegno (se quest'ultimo è investito del potere di attivare una simile procedura) dell'
avente diritto.
Il secondo comma introduce poi la nozione una distinzione tra le
situazioni di lieve o media gravità, sino ad arrivare ad una condizione di necessità di sostegno intensivo.
Il terzo comma è quindi dedicato ai casi di
disabilità grave, che si manifesta quando le minorazioni del soggetto siano tali da ridurre la sua autonomia personale e rendere necessaria un’
assistenza permanente, continuativa e globale. Questa distinzione è essenziale, poiché molti dei benefici più incisivi, come i permessi lavorativi retribuiti di cui all’articolo 33 della Legge 104/1992, sono riservati ai casi riconosciuti come “gravi”. Inoltre, lo stesso comma sancisce il diritto delle persone con disabilità di questa gravità a ricevere assistenza e sostegno
in via intensiva e prioritaria rispetto a tutti gli altri.
Infine, il quarto comma dispone che la legge in discorso debba applicarsi anche agli stranieri o apolidi che siano residenti o abbiano stabile
dimora nel territorio nazionale.
L’articolo 3 svolge dunque la funzione di
filtro applicativo per l’intero impianto della legge, in quanto dispone quali siano i requisiti per l'accesso ai diritti, ai servizi e alle agevolazioni contemplate dalla normativa. Inoltre, opera alcune differenze in considerazione del livello di gravità dei singoli casi, sì da evitare che la finalità della norma venga raggiunta. La norma, infatti, è volta a garantire sì l'
uguaglianza tra i consociati, ma l'uguaglianza resta meramente teorica quando non assicuri la giusta tutela ad ognuna delle molteplici necessità della società.
Ebbene, la distinzione in livelli di gravità e la priorità data alle esigenze delle persone con disabilità gravi, sono un segnale di attenzione rispetto alle necessità di tutela e protezione dei singoli consociati.