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Articolo 3 Legge 104

(L. 5 febbraio 1992, n. 104)

[Aggiornato al 30/06/2024]

Persona con disabilità avente diritto ai sostegni

Dispositivo dell'art. 3 Legge 104

1. (1)È persona con disabilità chi presenta durature compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri, accertate all'esito della valutazione di base(1).

2. La persona con disabilità ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla necessità di sostegno o di sostegno intensivo, correlata ai domini della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell'Organizzazione mondiale della sanità, individuata all'esito della valutazione di base, anche in relazione alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie. La necessità di sostegno può essere di livello lieve o medio, mentre il sostegno intensivo è sempre di livello elevato o molto elevato(1).

3. Qualora la compromissione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, il sostegno è intensivo e determina priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici(1).

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

Note

(1) I commi 1, 2, 3 e la rubrica del presente articolo sono stati modificati dall'art. 3, comma 1, lettere a) e b) del D. Lgs. 3 maggio 2024, n. 62. Il D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62, ha disposto (con l'art. 40, comma 2) che le presenti modifiche si applicano nei territori interessati dalla sperimentazione di cui all'articolo 33 del suddetto D.Lgs. a decorrere dal 1° gennaio 2025 e, sul restante territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2026.

Massime relative all'art. 3 Legge 104

Cass. civ. n. 4833/2023

In tema di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., l'interesse ad agire per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap grave, di cui all'art. 3, comma 3, L. n. 104 del 1992, sussiste indipendentemente dalla specificazione di un determinato beneficio, in quanto la predetta condizione assume un pieno rilievo giuridico, essendo tutelata dall'ordinamento in funzione del successivo riconoscimento di molteplici misure finalizzate a rimuovere le singole situazioni di discriminazione dalla stessa generate.

Cass. civ. n. 21819/2021

Ai fini del riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori ex art. 337 septies c.c., il giudice di merito è tenuto ad accertare se il figlio che richieda la contribuzione sia portatore di un handicap grave, ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. n. 104 del 1992, richiamato dall'art. 37 bis disp. att. c.c., ossia se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile non a quella dei minori bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni.

Cass. pen. n. 6105/2020

In tema di ordinamento penitenziario, l'autorizzazione alla visita al figlio infermo o affetto da "handicap" grave, di cui all'art. 21-ter, comma 1, ord. pen., può essere concessa più volte e, ai fini del rilascio dell'autorizzazione successiva alla prima, non è richiesto l'aggravamento delle condizioni di salute del medesimo, ma occorre che l'autorità competente effettui, caso per caso, un bilanciamento tra le esigenze del soggetto tutelato e quelle inerenti alla complessiva situazione trattamentale del detenuto, tenendo conto in particolare del numero e della frequenza delle visite già autorizzate e delle condizioni di sicurezza nel rispetto delle quali la visita può trovare esecuzione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 3 Legge 104

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Fabio F. . T. chiede
martedì 10/12/2024
“Buongiorno vorrei sapere se con invalidità 75% dal 26/6/2024, contributi per lavoro dipendente dal 1986 fino a 01/2024, poi dal 20/01/2024 ad oggi Naspi. Mi hanno riconosciuto handicap lieve e collocamento mirato. Visto che ho grosse difficoltà a trovare un occupazione idonea...cosa posso fare? Conviene provare a fare ss3 e domanda x pensione? grazie buona serata”
Consulenza legale i 18/12/2024
Per valutare se può accedere alla pensione e quale opzione sia più conveniente, occorre considerare alcune possibilità legate alla Sua invalidità civile, ai contributi versati e all'appartenenza alle categorie protette.

Da quanto indicato, in linea generale, le soluzioni percorribili potrebbero essere quelle di seguito descritte.

Potrebbe presentare la domanda di Assegno Ordinario di Invalidità ex Lege 222/1984 (non è generalmente previsto per i dipendenti pubblici, tutelati da sistemi previdenziali diversi).

Si tratta di una prestazione temporanea, rinnovabile ogni tre anni, che diventa definitiva al terzo rinnovo.

Per il suddetto riconoscimento la legge richiede un minimo di 5 anni di contributi, di cui almeno 3 negli ultimi 5, ed il riconoscimento della riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo (che sarà valutata dall’Inps a seguito di specifico accertamento successivo alla domanda).

L'assegno è compatibile con un'attività lavorativa e si trasforma in pensione di vecchiaia al raggiungimento dei requisiti di età.

Pertanto, se soddisfa i requisiti necessari, la strada più conveniente potrebbe essere richiedere l'assegno ordinario di invalidità come prima opzione, e successivamente valutare l'accesso alla pensione anticipata per invalidità, o altre opzioni come l'A.P.E. Sociale, quando avrà raggiunto i requisiti di età richiesti.

Tenga però presente che Naspi e Assegno ordinario non sono compatibili; è prevista però la possibilità di scegliere la prestazione più conveniente.

Se poi ha lavorato almeno 12 mesi prima dei 19 anni, visto che rientra tra le categorie protette, potrebbe accedere alla pensione anticipata per precoci, la cosiddetta “Quota 41”; è sufficiente che abbia 41 anni di contributi totali, indipendentemente dall’età anagrafica.

Ciò detto, Le consiglio di farsi fare un estratto contributivo in modo da verificare con precisione la presenza dei contributi utili per le soluzioni prospettate.

Infine, a prescindere dalla contribuzione, potrebbe percepire l’Assegno di invalidità civile, che per il 2024, è pari a 333,33 euro; Esso però è subordinato al limite reddituale personale di 5.725,46 euro.


A. R. R. chiede
lunedì 02/12/2024
“Buongiorno. Vi annoto la mia situazione al fine di ricevere una vostra consulenza on-line. Ho 64 anni compiuti l'8 maggio, sono dipendente industria (quadro) . Al 01/09/2026 (data fine finestra) potrei andare in pensione con l'anticipata 42+10. Al momento potrei andare in pensione con la 103 (2024), di cui il periodo finestra di 7 mesi ha termine a fine febbraio 2025 ed ha avuto inizio dal 01/08/2024. Mi ritrovo nello stesso tempo con due genitori di 89 anni entrambi invalidi (uno al 100%) che abitano a 15 km dalla mia abitazione e si trovano in Lombardia, mentre io abito in Trentino. Sono figlio unico. Per i genitori usufruisco già della legge 104 per entrambi per assentarmi dal lavoro che da luglio usufruisco del part-time 4 ore di assenza nel pomeriggio dal lunedi al venerdi. Mi sembra che potrei usufruire della possibilità di assentarmi per due anni come aspettativa e poter usufruire della paga attuale in questo periodo di assenza che comunque scadrà alla data di pensionamento, sempre che i genitori siano ancora in vita. A questo proposito vi chiedo se è necessaria la residenza con i genitori (che per me comporterebbe però una serie di trasferimenti amministrativi come assistenza sanitaria ecc..)oltre che la distanza dalla mia famiglia e tutte le varie complicazioni o se esistono altre opzioni anche temporanee e cosa significa avere la residenza per non incorrere in problemi legali. Inoltre nel momento in cui dovessi trasferire la dimora, la residenza ecc, cioè nel momento in cui faccio la mia richiesta in comune, mi posso assentare da subito dal lavoro ? Non sò inoltre se nella mia situazione per poter andare in pensione o comunque interrompere il ra esistono altre soluzioni pur di beneficiare della pensione visto che da quanto ho capito la 103(2024) comporta una perdita del 25-30% della retribuzione netta pensionistica...”
Consulenza legale i 10/12/2024
Per rispondere in maniera esaustiva ai Suoi quesiti, prima di tutto occorre chiarire che, per quanto Lei parli di aspettativa, si riferisce in realtà al congedo straordinario (strumento che risponde perfettamente alle Sue esigenze, a differenza dell’aspettativa che non è retribuita).

Il congedo straordinario retribuito è disciplinato dal D.lgs. 151/2001 e dalla Legge 104/1992, che indicano rispettivamente le modalità di concessione ed i requisiti per accedervi.

Il familiare di un soggetto con handicap grave, può assentarti dal lavoro, per un massimo di due anni complessivi, durante l'intero arco della vita lavorativa, per assistere il familiare, senza che questo pregiudichi la retribuzione mensile (che resta uguale all’ultima retribuzione percepita prima del congedo) o i diritti pensionistici (che restano coperti da contribuzione figurativa).

Tra i requisiti previsti per usufruire del congedo straordinario c’è quello della convivenza del lavoratore con la persona assistita; La convivenza potrà essere attestata non solo con la residenza ma anche con la dimora temporanea, (permanenza momentanea del soggetto in un luogo per un certo periodo di tempo) purché sia formalmente registrata.

Per ottenere la dimora temporanea è sufficiente che presenti la richiesta di iscrizione nei registri della popolazione temporanea, all’anagrafe del Comune in cui risiedono i Suoi genitori; Nella richiesta dovrà indicare il motivo per cui fa richiesta di dimora temporanea.

Tenga però presente che la dimora temporanea è valida per un massimo di 12 mesi, trascorsi i quali la dimora non potrà più essere considerata “temporanea” e sarà tenuto a richiedere l’iscrizione all'anagrafe della popolazione residente.

Una volta completata la procedura ed ottenuto l’accoglimento della domanda, potrà assentarsi da lavoro.

Quanto infine all’ultimo quesito, l’attuale quadro normativo in materia di pensioni non offre altre soluzioni o ipotesi di trattamenti pensionistici percorribili, se non quelle da lei prospettate.

M. F. chiede
martedì 19/11/2024
“Classe 1951, portatore di handicap grave e riconosciuto legalmente. stato civile celibe. vivo in propria abitazione con assistenza limitata, ad una operatrice turnista per l'alzata al mattino e allettamento serale con pulizia domestica e personale.
ho nominato, con atto notarile, una persona di fiducia quale mio tutor per tutti gli effetti previsti dalla vigente normativa. seppure quest'ultima non abbia alcun grado di parentela con lo scrivente.
chiedo se le attuali disposizioni della legge 104/92 possono identificare, quale mia "care giver", la stessa e prevederne l'equipollenza per goderne i relativi benefici.
rimango in attesa di vs. cortese riscontro attenendomi di osservare le vostre spettanze.
cordialmente”
Consulenza legale i 26/11/2024
Il profilo del caregiver è stato riconosciuto e delineato normativamente per la prima volta dalla Legge di Bilancio 2018 (articolo 1, commi 254-256, Legge n. 205 del 2017, all’art 1, commi 254-256) che al comma 255 lo definisce come “persona che assiste e si prende cura di specifici soggetti”.

Le agevolazioni di cui può godere il caregiver e i requisiti per ottenerle, sono desumibili solo indirettamente da tutte una seria di norme che stabiliscono specifici benefici rivolti alle persone disabili o invalide.

In sostanza il caregiver viene identificato con un familiare che occupa un ruolo informale di cura e supporto del malato nelle attività quotidiane.

I soggetti che possono essere caregiver familiari includono:
  • Il coniuge o il convivente (partner in unione civile o coppia di fatto);
  • Il familiare o l’affine entro il secondo grado (genitori, figli, fratelli e sorelle);
  • I familiari entro il terzo grado, in alcuni casi specifici, come quello in cui i familiari di grado più vicino non possono occuparsene.

La figura del caregiver familiare va distinta però dal caregiver professionale (o badante), che è un professionista dell’assistenza, è sostanzialmente un assistente familiare che, in forza di uno specifico contratto, accudisce la persona non autosufficiente, sotto la verifica, diretta o indiretta, di un parente.

Ne consegue che, alla persona da Lei nominata come “tutor”, non saranno riconoscibili le agevolazioni cui fa riferimento, non ricorrendo i presupposti necessari per poterla inquadrare e definire normativamente come caregiver familiare.

Tuttavia, se il suddetto “tutor” convivesse con Lei, trasferendo la residenza anagrafica presso il Suo domicilio, potrebbe avere maggiori possibilità di ottenere i benefici, che di regola spettano al caregiver familiare.

Infatti, colui che convive con l’ammalato da almeno 6 mesi, può essere valutato con un ruolo assimilabile a quello di un familiare, se dimostra di essere la persona principale che si occupa dello stesso, ove non ci siano familiari disponibili in grado di prendersene cura.

C. S. chiede
giovedì 14/11/2024
“Buonasera, sono un lavoratore dipendente di 61 anni ed avrei intenzione di richiedere un congedo straordinario biennale per assistere i miei genitori, entrambi ottantanovenni ed entrambi detentori di Verbale di handicap art.3 comma 3 Lg.104/92 non rivedibile. Preciso di essere convivente con loro da più di 10 anni, convivenza documentata su Stato Famiglia.
Il mio dubbio riguarda eventuali controlli da parte di INPS o Datore di lavoro sulla mia effettiva prestazione assistenziale: tali controlli sono possibili h24? Oppure nei canonici orari di controllo ore 10/12 e 17/19?
Oppure ancora durante l'orario di lavoro? Preciso il fatto che lavoro a turni, quindi seguo una turnistica definita ogni mese dal mio responsabile di reparto: in tal caso devo richiedere di essere presente nella turnistica anche nei due anni di congedo?
Il mio timore è che tale congedo biennale si riveli una coercizione in cui non possa ritagliarmi neanche del tempo per dedicarmi allo sport, attività a cui tengo moltissimo... spero di avervi fornito i dati sufficienti per una risposta mirata.Grazie”
Consulenza legale i 25/11/2024
L’istituto del congedo biennale retribuito, previsto dalla Legge n. 104 del 1992 e disciplinato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, prevede alcune regole legate alla presenza del richiedente, che però non sono rigide come quelle previste nel caso della malattia: Ciò che conta è che il beneficiario garantisca al disabile un’assistenza costante ed effettiva.

Premesso ciò, non esiste una norma precisa che elenchi le attività possibili o lecite da fare durante il congedo, piuttosto vige l’orientamento giurisprudenziale che, unito al buon senso, consente di poter affermare che l’assistenza deve essere prestata in modo costante, ma con la flessibilità dovuta anche ai bisogni del lavoratore.

Ne consegue che quando si usufruisce del congedo straordinario, non sussiste l’obbligo di rimanere a casa 24 ore su 24, né ci sono orari specifici come per i controlli durante la malattia.

Sono consentiti gli allontanamenti temporanei dalla casa della persona assistita, ma giustificati da esigenze personali o familiari e che, in ogni caso, non compromettano l’assistenza.

E’ permesso al lavoratore prendersi dei momenti di riposo ma deve trattarsi di un’assenza temporanea durante la quale comunque deve essere garantita la dovuta assistenza al disabile, anche affidandolo temporaneamente ad altra persona.

Il lavoratore non può utilizzare il congedo straordinario per farsi una vacanza personale ma se accompagna il disabile in vacanza, continuando ad assisterlo, non commette alcun illecito.

La Cassazione con sentenza 27232/2014 ha affermato che il lavoratore che beneficia del congedo straordinario per assistere il familiare può farsi aiutare da una terza persona, purché quest’ultima non lo sostituisca del tutto; secondo la giurisprudenza infatti il concetto di assistenza non va interpretato in senso restrittivo e quindi limitatamente alla sola attività di accudimento.

Quanto infine alla questione dei turni, deve tenere presente che durante il congedo straordinario Lei è completamente sospeso dal servizio: Non ha l'obbligo di essere inserito nei turni, e il Suo posto di lavoro rimane "congelato" fino al rientro in servizio.

L. S. chiede
mercoledì 13/11/2024
“Lo scrivente è stato titolare di indennità di accompagnameto per invalidità.. ex legge 104. In data 24 maggio 2024 l'Inps notificava allo scrivente che era stata corrisposta una prestazione di invalidità civile non spettante, nel periodo 01/06/2019 al 31/08/2019, per un importo complessivo di € 1.334,12, vale a dire per un periodo superiore a 29 giorni ed a carico dello Stato.
Invano, chi scrive, tramite un patronato,ha fatto presente che il ricovero di cui sopra è stato pagato interamente con mezzi propri grazie ad una assicurazione malattia fruita e quindi non a carico dello Stato. Nonostante quanto precisato, l'Inps asserisce che il pagamento del ricovero in questione debba essere considerato a titolo gratuito perchè finalizzato ad ottenere un trattamento migliore di quello previsto dal SSNN- Mi sembra assurda tale motivazione in quanto lo scrivente opto per il regime a pagamento non per avere una stanza di lusso, ma per essere operato dal medico professore che dichiarò la sua disponibilità di tentare l'intervento chirurgico per evitare l'amputazione della gamba sinistra, contrariamente a quanto laconicamente asserito da altro operatore chirurgico. Si resta in attesa di un vs.riscontro. Distinti saluti.”
Consulenza legale i 19/11/2024
L’indennità di accompagnamento, disciplinata dalla legge 18/1980 e successivamente modificata dalla legge 508/1988, è una prestazione economica erogata dall’I.N.P.S. alle persone con disabilità totale che necessitano di assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita o per deambulare.

Secondo la citata normativa l'indennità viene sospesa se il beneficiario è ricoverato, per un periodo superiore a 29 giorni, in una struttura ospedaliera pubblica o privata, con retta a carico dello Stato o di un Ente pubblico.

Ciò che rileva, dunque, è se il ricovero sia gratuito oppure oneroso:
L’indennità sarà sospesa se l’invalido viene ricoverato gratuitamente, quindi con retta a totale carico dello Stato o di un Ente pubblico, e sempre che non necessiti di assistenza continua (ove, nonostante il ricovero, abbia comunque bisogno dell’assistenza continua di un familiare o di un infermiere privato per le sue esigenze quotidiane, l’indennità di accompagnamento non potrà essere sospesa).
Se invece il ricovero è a pagamento (tale è considerato il ricovero anche quando l’invalido paga solo una parte della retta ed il resto è a carico dello Stato), l’indennità dovrà continuare ad essere erogata, ma sarà necessario presentare una documentazione idonea che attesti il pagamento da parte dell’interessato.

Ne consegue che se il ricovero è coperto da una polizza assicurativa privata, l'I.N.P.S. non dovrebbe sospendere l'indennità di accompagnamento, perché il ricovero non risulta "a carico dello Stato".

Pertanto, ove non l’abbia ancora fatto, proponga un ricorso amministrativo, chiedendo all'Inps di rivedere la decisione, allegando tutta la documentazione che attesti il pagamento del ricovero, e specifichi in maniera chiara se ha optato per una stanza privata o per un intervento in regime intramoenia e che il ricovero non è avvenuto "a carico dello Stato”, ma interamente a sue spese.

In caso di esito negativo non avrà altra strada se non quella di rivolgersi al Tribunale con l'assistenza di un avvocato.

Tenga però presente che, per quanto abbia buone possibilità di far valere le sue ragioni, non ci sono mai certezze quando si inizia una causa.

S. O. chiede
giovedì 07/11/2024
“Buonasera
scrivo a voi perchè non riesco a comprendere se ho o meno un diritto , e i sindacati ne sanno meno di me .
vi spiego la situazione: sono vincitrice del concorso ordinario per la scuola secondaria di secondo grado DM205 appena espletato
sono riservista e beneficiaria delle legge 104 art.3 comma 1 ( come da verbale inps documentabile ) .
Ora, I miei colleghi vincitori , mi chiedono se io possa avere il diritto di precedenza nella scelta della sede : nè io , nè i sindacati , sappiamo rispondere.
L'articolo guida è questo di orizzonte scuola :
https://www.orizzontescuola.it/legge-104-con-articolo-3-comma-1-quali-agevolazioni-e-diritti/
il quale a un tratto recita :
"La Legge 104 anche se riconosciuta con il comma 1, prevede che l’invalido possa:
fruire del bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche;
rifiutare lavoro notturno;
se dipendente della pubblica amministrazione, con un grado di invalidità maggiore ai due terzi o con minoranze, iscritto alle categorie prima seconda e terza della tabella A, ha priorità di scelta tra le sedi disponibili e ha la precedenza nell’effettuare domanda di trasferimento;"

Ora, io sono affetta da sclerosi multipla , ho una invalidita del 55%,quindi inferiore ai 2/3 MA credo, anzi sono certa , di avere le minoranze riportate alle categorie seconda e terza della TABELLA A ( vedi esempio categoria 2 punto10 )

ecco, io di lesioni all'encefalo e al midollo ne ho in vastissima quantità , come documentabile dalla cartella clinica ricevuta all'atto della diagnosi e tutt'ora sono mensilmente in ospedale con farmaci biologici per la loro gestione.

Alla luce di tutto ciò, sareste cosi gentili da spiegarmi se ho , o meno , diritto a qualche precedenza nella scelta della sede ?
grazie


Consulenza legale i 14/11/2024
Il D.Lgs. 297/1994 e le successive modifiche, garantiscono una priorità nella scelta della sede, ai vincitori di concorso pubblico beneficiari della legge 104/92.

Questo diritto di precedenza è applicabile non solo ai dipendenti con invalidità grave, ma anche a quelli con un'invalidità riconosciuta ai sensi dell'art. 3, comma 1, della stessa legge, qualora il tipo di minorazione rientri in determinate categorie specifiche, come nel suo caso.

Tale diritto alla precedenza nel trasferimento viene previsto ogni anno dal C.C.N.I. sulla mobilità dei docenti scolastici.

Per poter usufruire dello stesso, è necessario che l'ente che gestisce il concorso abbia ricevuto tutta la documentazione necessaria che attesti l'appartenenza alla categoria che le consente di esercitare il diritto; Infatti, presentare la documentazione completa entro i termini richiesti, può essere essenziale per ottenere la priorità nella scelta della sede.

E’ però essenziale sottolineare che, nonostante sia previsto che le minorazioni “de quo” comportino determinate agevolazioni, l’esercizio in concreto di questi diritti incontra delle limitazioni che talvolta finiscono con l’inficiare l’attuazione del diritto stesso, ove consideri, ad esempio, che per quanto goda delle possibilità di scelta prioritaria tra le sedi a disposizione, potrà scegliere la sede di lavoro solo nella stessa amministrazione o ente di appartenenza; analogamente avrà precedenza sul trasferimento ma solo se, nella sede in cui intende andare, c’è a disposizione un posto vacante.

N. C. chiede
giovedì 07/11/2024
“Buongiorno sono un docente e vorrei presentare domanda per congedo straordinario legge 104 per assistere mia suocera.
Risiediamo nello stesso comune, ma in vie diverse.
Devo per forza coabitare con lei?
Devo fare la residenza temporanea e posso continuare a vivere nel mio appartamento?(spostandomi ovviamente ogni giorno da lei)
Grazie mille per l'attenzione.”
Consulenza legale i 13/11/2024
Il congedo straordinario per l'assistenza ai familiari con disabilità è disciplinato dal D.Lgs. 151/2001, in particolare dall'articolo 42, comma 5, secondo il quale il congedo può essere richiesto dai dipendenti che devono assistere un familiare disabile in situazione di gravità (ai sensi della legge 104/1992 articolo 3, com. 3).

La normativa prevede che il congedo possa essere concesso anche al coniuge, ai parenti entro il secondo grado, e, in caso di mancanza (naturale o giuridica) dei soggetti legittimati, ai parenti e affini entro il terzo grado (come il suocero o la suocera), purché sia assolto il requisito della convivenza con la persona assistita; Il requisito della convivenza si intende soddisfatto sia quando il lavoratore fissi la propria residenza presso l'abitazione del disabile, sia quando coabiti con lui (come nel caso in cui il lavoratore e l'assistito abitino nello stesso stabile ma in appartamenti diversi).

La normativa invece non specifica l'obbligo per il lavoratore di trascorrere le notti presso l’abitazione della persona assistita, con la conseguenza che, una volta effettuato il cambio di residenza, avrà la libertà di gestire la presenza presso sua suocera in modo autonomo.

Quanto infine alla questione sulla residenza temporanea, ciascun Comune può subordinare la concessione della stessa a requisiti specifici che, evidentemente, non riguardano situazioni come la sua; pertanto, se il Comune ha già dichiarato che non può assegnarle una residenza temporanea, non avrà altra alternativa che procedere al cambio di residenza.

L. B. chiede
lunedì 28/10/2024
“Buongiorno, sono in procinto di chiedere il congedo per assistere mia nonna che ha la 104, convivente.
Lei ha già una persona che la assiste.
Non ho trovato alcunché in rete che mi chiarisse con che modalità devo restare a casa con lei o fino a che limite posso fare la mia vita, visto che ho anche due figli piccoli.

Al caf sono stati vaghi perché "non ci sono regole precise".
Uno mi ha detto che dovrei stare sempre a casa(?) salvo quando mi sposto con lei (che non si muove mai), un altro che, visto che il mio lavoro è part time, che dovrei assisterla durante le mie ore di lavoro. Io lavoro in negozio 7/7 5 ore al giorno suddivise in turni dalle 9.30 alle 20.30.

Cerco un vademecum chiaro su cui basarmi nei giorni in cui starò a casa, festivi o feriali. E che mi dia la sicurezza di non incorrere in problemi.

Attendo di sapere se voi siete in grado di illuminarmi, anche via videochiamata. Non so come procedete in questi casi.”
Consulenza legale i 05/11/2024
Il beneficiario del congedo straordinario retribuito ex art. 42, d.lgs. 151/2001, è tenuto a garantire al disabile un’assistenza costante ed effettiva.

Non esiste una norma precisa, un elenco di attività possibili o lecite da fare durante il congedo, piuttosto vige l’orientamento giurisprudenziale che, unito al buon senso, consente di poter affermare che l’assistenza deve essere prestata in modo costante, ma con la flessibilità dovuta anche ai bisogni del lavoratore.

Ne consegue che:

Sono consentiti gli allontanamenti temporanei dalla casa della persona assistita, ma giustificati da esigenze personali o familiari e che, in ogni caso, non compromettano l’assistenza.
La giurisprudenza ritiene giustificato l’allontanamento volto a soddisfare contemporaneamente sia l’interesse dell’assistito che del lavoratore.

E’ permesso al lavoratore prendersi dei momenti di riposo ma deve trattarsi di un’assenza temporanea durante la quale comunque deve essere garantita la dovuta assistenza al disabile, anche affidandola temporaneamente ad altra persona.

In merito rilevante la sentenza n. 27232 del 2014 pronunciata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale il lavoratore che beneficia del congedo straordinario per assistere il familiare può farsi aiutare da una terza persona, purché quest’ultima non lo sostituisca del tutto; infatti, secondo la giurisprudenza in genere il concetto di assistenza non va interpretato in senso restrittivo, e quindi limitatamente alla sola attività di accudimento.

Il lavoratore non può utilizzare il congedo straordinario per farsi una vacanza personale ma se accompagna il disabile in vacanza, continuando ad assisterlo, non commette alcun illecito.




G. T. chiede
sabato 19/10/2024
“Sono un'insegnante di scuola secondaria superiore. La prima visita presso la medicina legale si è conclusa con il riconoscimento della gravità dell'handicap (art 3 comma 3) e una invalidità dell'80% per cui fino ad oggi andavo a scuola con un orario ridotto (1 ora in meno al giorno: 13 ore alla settimana) La visita di revisione della 104 mi ha riconosciuto un handicap lieve (art 3 comma 1) e sempre una invalidità all'80% non essendo soggetta a revisione per cui da lunedi tornerò ad orario pieno: 18 ore settimanali (un orario abbastanza pesante visto che due ore mi sono state assegnate in succursale e quindi per raggiungere tale sede il mio orario presente due "ore buche"). Con la presente sono a richiedervi quali sono i diritti di cui godo trovandomi nella situazione descritta. (Il mio è stato un percorso legato ad un tumore alla mammella quindi mastectomia e poi chemioterapia che mi ha lasciato pesanti effetti collaterali; ora sto seguendo una cura preventiva anch'essa non leggera continuando a subire diversi effetti collaterali.”
Consulenza legale i 25/10/2024
L'art. 28 del T.U.S.L. prevede che il datore di lavoro valuti i rischi specifici legati alla disabilità per tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore, inclusa la protezione dei docenti con invalidità.

In qualità di docente, con un'invalidità pari all'80% e con il riconoscimento dell'articolo 3, comma 1, della Legge 104/1992, quindi, ha diritto ad alcune agevolazioni e tutele sul lavoro, che però sono limitate rispetto ai benefici di cui ha goduto prima della revisione.

Se, pertanto, ritiene che il cambiamento nel riconoscimento dell’handicap non rifletta le sue reali condizioni di salute potrebbe valutare l’eventualità di proporre ricorso.

Alla luce della sua attuale condizione, potrebbe chiedere un orario di lavoro flessibile o avere diritto a permessi anche se in misura inferiore a quelli previsti nel caso di riconoscimento dell’art. 3, comma 3, Legge 104/92.
Il datore di lavoro sarà tenuto a valutare la sua situazione, compatibilmente con le esigenze dell'organizzazione scolastica.

Potrebbe anche chiedere di essere esonerata da alcune attività che esulano dall'insegnamento in aula (viaggi d'istruzione, supplenze fuori orario, partecipazione a progetti extrascolastici), se queste risultano incompatibili con la sua condizione di salute.

Una particolare disciplina è prevista dall'art. 21 della legge 104 per i docenti.

Ai Dipendenti della Pubblica Amministrazione, cui è stato riconosciuto un grado di invalidità maggiore ai due terzi (67%) o che siano iscritti alle categorie prima, seconda e terza della tabella A, annessa alla Legge n. 648 del 10 agosto 1950, viene riconosciuta una priorità di scelta tra le sedi disponibili, nonché una precedenza nella domanda di trasferimento. Resta fermo il diritto di rifiutare il trasferimento in una diversa sede.

Infine deve considerare che, ex art. 80, Legge 388/2000, la sua condizione le conferisce il diritto ad ottenere due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di lavoro svolto con tale invalidità, per un massimo di cinque anni, così agevolando il raggiungimento dei requisiti per la pensione.


M. G. M. chiede
giovedì 17/10/2024
“Ho inoltrato domanda di aggravamento dell'invalidità civile. Nella prima visita avevo ottenuto il 60% di invalidità e art. 3 comma 1. In seguito a ricorso ho ottenuto i benefici dell'art. 3 comma terzo. Se in seguito alla nuova visita tale beneficio dovesse essere revocato il riconoscimento del tribunale rimane valido oppure devo presentare nuovo ricorso ? E' possibile fare ricorso anche riguardo la percentuale di invalidità ?”
Consulenza legale i 20/10/2024
Il riconoscimento dell’handicap (L. 104/1992) e dell’invalidità civile (L. 118/1971) sono due procedure simili legate alla disabilità, ma distinte tra loro; I criteri di valutazione infatti, sono differenti e non correlati, con la conseguenza che, ad esempio, una bassa percentuale di invalidità non pregiudica il riconoscimento di un handicap grave, e viceversa.

Il soggetto con handicap è una persona che presenta una menomazione psichica, fisica o sensoriale che rende molto difficile alla persona disabile inserirsi nel contesto sociale, andando oltre la sfera lavorativa (area centrale per il riconoscimento dell’invalidità).

Il soggetto invalido è una persona che ha perso, in parte o del tutto, la possibilità di svolgere un’attività lavorativa, o le normali funzioni della vita quotidiana, a causa di menomazioni o di un deficit psichico, fisico o intellettivo, dell’udito o della vista; l’accertamento quindi indica la limitazione della capacità lavorativa e la percentuale residua.

Venendo al caso in esame, da quanto scrive, si evince che ha presentato ricorso solo al fine di ottenere il riconoscimento della gravità dell’handicap, non anche per ottenere una percentuale di invalidità superiore al 60% .

Sicuramente il verbale con il quale l’Inps le ha riconosciuto il 60% di invalidità, può essere impugnato; tuttavia il ricorso avverso il verbale va proposto entro il termine perentorio di sei mesi dalla notifica dello stesso; decorso il suddetto termine potrà solo presentare una nuova domanda volta ad ottenere un nuovo accertamento sanitario e quindi un nuovo verbale di riconoscimento.

Quanto alla possibile revoca dei benefici ottenuti con il riconoscimento della gravità dell’handicap a seguito della proposizione del ricorso, rileva quanto sancito dall’ultimo decreto attuativo della legge delega in materia di disabilità (L. 227/2021) in vigore dal 30 giugno 2024, che ha introdotto alcune novità per la legge 104 tra cui la semplificazione del sistema di accertamento con l’eliminazione delle visite di rivedibilità.

In ogni caso, in linea generale, il provvedimento del Tribunale resta valido fino a quando non viene modificato da un successivo accertamento sanitario dell’Inps, che sfocia in un nuovo verbale impugnabile nel termine perentorio di sei mesi dalla notifica dello stesso all’interessato.


G. C. I. chiede
mercoledì 18/09/2024
“buon giorno, sono un pensionato di 71 anni, mi è stata riconosciuta invalidità (L.509/88, 124/98) grave 100%
in decorrenza: 31/07/2024.
Chiedo se posso chiedere all' INPS un sussidio per le spese da me sostenute nel tempo, anche durante le sedute di radioterapia, distante dalla mia residenza 64 Km ,oltre alle spese per le medicine.
Oppure avere un indennizzo sulla pensione, visto che prendo intorno a € 730 al mese.
Grazie per la risposta”
Consulenza legale i 25/09/2024
Purtroppo, l'INPS non eroga rimborsi per le spese sostenute per trattamenti già effettuati, come la radioterapia, né per le spese farmaceutiche. Tuttavia, è possibile dedurre le spese per l’assistenza specifica resa ai soggetti invalidi al 100% dal personale medico e sanitario (anche dai terapisti) nella dichiarazione annuale dei redditi, se non ha già beneficiato di altre agevolazioni.

Essendo riconosciuto invalido al 100%, può richiedere l’indennità di accompagnamento, se non ne beneficia già. Questa indennità è di circa 500 euro al mese e non è vincolata al reddito.
Inoltre, dal momento che ha una pensione di circa 730 euro al mese, potrebbe verificare se ha diritto alla pensione di inabilità, che viene concessa a chi ha un reddito inferiore a 15.154,24 euro annui.

Sarebbe, inoltre, opportuno assicurarsi di avere l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario per le prestazioni legate alla specifica condizione di salute. esenzione totale dal pagamento del ticket sui farmaci, sulle prestazioni specialistiche, sugli esami diagnostici e le cure termali (seppure nel limite di due cicli all’anno).


P. G. chiede
lunedì 16/09/2024
“Sono un malato oncologico con invalidità riconosciuta al 100%. Ma lavoro ancora (faccio il bancario). Sono percettore dell'assegno ordinario per circa 500 euro al mese.
Vorrei sapere: quando andrò in pensione perderò l'assegno per invalidità oppure si cumulerà con la pensione?
Grazie anticipatamente.”
Consulenza legale i 23/09/2024
L’assegno ordinario di invalidità, riconosciuto a chi ha perduto almeno due terzi della capacità lavorativa, viene erogato fino al compimento dei 67 anni in presenza dei requisiti sanitari richiesti, dopodiché si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia.

Pertanto, al compimento dei 67 anni l’assegno ordinario di invalidità cessa di essere erogato ed al suo posto viene corrisposta, invece, la pensione di vecchiaia. In entrambi i casi le prestazioni sono calcolate sui contributi versati e sull’età del richiedente e proprio per questo non sempre l’importo della pensione di vecchiaia è uguale a quello dell’assegno ordinario.
Ovviamente nel calcolo della pensione di vecchiaia sarà sicuramente preso in considerazione, per la parte contributiva dell’assegno, il coefficiente di trasformazione riferito all’età di accesso, ovvero 67 anni, maggiormente favorevole. Inoltre, anche la quota retributiva della pensione, che prende in esame gli ultimi 5 o 10 anni di retribuzione, potrebbe subire una modifica se, nel corso degli anni la retribuzione è migliorata.

È possibile trasformare l’assegno ordinario in pensione al raggiungimento dei 67 anni di età (età pensionabile) e 20 anni di contribuzione.

Con questi requisiti, l’INPS procede in automatico con la trasformazione della prestazione in pensione di vecchiaia. Questo vuol dire che non c’è necessità di presentare domanda.
Nel trasformare l’assegno ordinario in pensione l’INPS verifica d’ufficio i requisiti anagrafici e contributivi del titolare della prestazione.

Se sussistono entrambi i requisiti (67 anni e 20 anni di contributi), provvede alla trasformazione dell’assegno.

I periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, si considerano utili ai fini del perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia ma non sono calcolabili ai fini della determinazione della misura della pensione stessa.

Per esempio: se si è ricevuto l’assegno di invalidità con 15 anni di contributi e per 10 anni è stato riscosso senza aver mai prestato attività lavorativa, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia l’INPS accrediterà 25 anni di anzianità contributiva, consentendo di guadagnare la pensione di vecchiaia una volta raggiunti i 67 anni di età.

La pensione di vecchiaia, però, per determinare l’importo dell’assegno mensile, sarà calcolata esclusivamente sui 15 anni effettivamente versati, senza tener conto dei 10 anni in cui non è stata svolta attività lavorativa.

Ai sensi dell’ articolo 1, comma 10, della legge 12 giugno 1984, n. 222, infatti, “Al compimento dell’età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia, l’assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione, in pensione di vecchiaia. A tal fine i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, si considerano utili ai fini del diritto e non anche della misura della pensione stessa. L’importo della pensione non potrà, comunque, essere inferiore a quello dell’assegno di invalidità in godimento al compimento dell’età pensionabile”.

A seguito di quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. SS. UU. 9492/2004) non è possibile, invece, trasformare l’assegno ordinario in pensione anticipata.
Se quindi si sono raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi, non è possibile trasformare l’assegno ordinario in pensione anticipata.

Tuttavia, l’età per la trasformazione in pensione di vecchiaia può essere anticipata, per i soli dipendenti del settore privato, anche all’età di 61 anni e a 56 anni per le donne (più 12 mesi di finestra mobile) portatori o portatrici di un’invalidità pari o superiore all’80%, come stabilito dall’articolo 1, comma 8 del Dlgs 503/1992.


M. D. G. chiede
mercoledì 03/07/2024
“Buongiorno, dal 01.09.2023 sono invalido civile al 70% (NO REVISIONE) + Legge 104 Art.3 comma.1. Nel Feb 2024 ho fatto domanda di aggravamento e sono stato convocato in secondo appuntamento il 27.06.2024. Per mera dimenticanza non mi sono presentato alla seconda convocazione. Ora cosa succederà ? Verrà archiviata solo la domanda di aggravamento ? Oppure pregiudicherà anche la invalidità già attribuita ? Grazie per l'attenzione.”
Consulenza legale i 08/07/2024
Nel caso in cui l’invalido non si presenti alla visita di aggravamento, viene nuovamente convocato.
La mancata presentazione anche alla seconda visita viene considerata a tutti gli effetti come una rinuncia alla domanda di aggravamento, con perdita di efficacia della stessa.
Non è prevista alcuna conseguenza pregiudizievole per l’invalidità già attribuita.
Diverso sarebbe stato il caso dell’assenza alla visita di revisione. In quel caso è prevista la sospensione e successivamente anche la revoca del beneficio

R. B. chiede
mercoledì 22/05/2024
“Buongiorno
in merito alla nuova normativa per invalidità civile e legge 104 chiedo Vs chiarimento:
a mio marito in sede di visita c/o commissine medica effettuata nil 17/01/24 è stata riconosciuta l'invalidità civile e Legge 104 per handicap grave con assegno di accompagnamento con decorrenza ottobre 2023 e con rivedibilità 2025
alla luce delle nuove normative dobbiamo autonomamente richiedere nuova valutazione oppure l'eventuale nuova valutazione avverrà come già programmato?
Grazie e cordiali saluti

Consulenza legale i 31/05/2024
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 77 del 15 aprile 2024, ha approvato, in esame definitivo, il decreto legislativo 62 del 3 maggio 2024 che introduce norme per la Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole e della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato.

Il testo entrerà in vigore il 30 giugno 2024 e prevede che alcune disposizioni, relative ad adempimenti successivi, divengano efficaci e si applichino dal 10 gennaio 2025. Inoltre, ai sensi dell’art. 33 del decreto in parola, per tutto il 2025 sarà messa in atto una fase di sperimentazione: “Dal 1° gennaio 2025, anche al fine di assicurare il progressivo aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento, è avviata una procedura di sperimentazione della durata di dodici mesi, volta all'applicazione provvisoria e a campione, secondo il principio di differenziazione geografica tra Nord, Sud e centro Italia e di differenziazione di dimensioni territoriali, delle disposizioni relative alla valutazione di base disciplinata dal Capo II del presente decreto con l’applicazione a campione delle disposizioni in materia di valutazione di base e di valutazione multidimensionale”.

Altre disposizioni del Decreto rimandano a regolamenti che verranno emanati in futuro.

Pertanto, non è possibile stabilire quale sarà la procedura da seguire.

Attualmente, comunque, non è necessario fare richiesta. Secondo l’art. 25, Legge 114/14 – gli invalidi civili e le persone con handicap conservano tutti i diritti acquisiti in materia di prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura fino alla visita di revisione e relativo iter di verifica. La norma stabilisce, inoltre, che la convocazione a visita, dov’è prevista la rivedibilità, è di competenza dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).


E. C. chiede
sabato 09/03/2024
“Mi è stata riconosciuta una invalidità del 74x100 e la 104 art.3 comma 1.
La 104 a cosa mi dà diritto?
Come faccio ad avere il certificato ufficiale visto che tale invalidità mi è stata riconosciuta con omologa del tribunale di Roma?
Grazie mille”
Consulenza legale i 18/03/2024
Il riconoscimento dell’invalidità di cui all’art. 3, comma 1, L. 104/1992 non dà diritto a provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità per invalidità civile).

L’INPS, infatti, eroga trattamenti economici alle persone invalide con percentuale di invalidità superiore al 74%.
Chi ha una percentuale inferiore a questa soglia ha diritto a richiedere protesi e ausili in maniera gratuita.

I seguenti soggetti hanno diritto ad una serie di agevolazioni fiscali legate all’acquisto di mezzi di trasporto:
  • Sordi e non vedenti;
  • Disabili con handicap psichico e titolari dell’indennità di accompagnamento;
  • Disabili con limitate capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni;
  • Disabili con capacità motorie ridotte.
Possono accedere alle agevolazioni anche i familiari che abbiano fiscalmente a carico i soggetti appena elencati, a patto che i veicoli interessati vengano utilizzati prevalentemente a beneficio del disabile. Si ricorda che per essere considerato “fiscalmente a carico” il disabile deve possedere un reddito annuo ai fini fiscali non superiore ad euro 2.840,51, limite elevato a 4.000,00 euro (dal 1º gennaio 2019) per i figli di età non superiore a 24 anni.

Le misure di favore consistono in:
  • Detrazione IRPEF del 19% sul costo di acquisto di mezzi nuovi o usati calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro (compresi anche gli oneri di riparazione del veicolo);
  • Applicazione di un’IVA ridotta al 4% sul costo di acquisto, in luogo di quella ordinaria del 22%;
  • Esenzione a tempo indeterminato dal pagamento del bollo;
  • Esenzione dal pagamento dell’imposta di trascrizione al Pubblico Registro Automobilistico.
Il disabile o il familiare che l’abbia fiscalmente a carico possono, inoltre, portare in deduzione dal reddito complessivo ai fini fiscali:
  • Le spese mediche generiche (ad esempio quelle sostenute per l’acquisto di medicinali ovvero per prestazioni del medico di base);
  • Le spese di assistenza specifica, tali si intendono le prestazioni di assistenza infermieristica ovvero quelle fornite da assistenti di base o operatori tecnico-assistenziali (a patto che siano dirette esclusivamente alla cura del disabile).
  • Prevista altresì la detrazione IRPEF del 19% sulle prestazioni mediche specialistiche per la parte eccedente euro 129,11.

Le detrazioni al 19% possono essere applicate integralmente per le spese di:
  • Trasporto in ambulanza;
  • Acquisto di arti artificiali per la deambulazione;
  • Costruzione di rampe per eliminare le barriere architettoniche;
  • Adattamento dell’ascensore per l’utilizzo della carrozzella;
  • Acquisto di strumentazioni tecnico / informatiche per facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei disabili (ad esempio modem, pc, tastiera espansa), per i quali è altresì prevista l’IVA agevolata al 4% (a patto che siano funzionali all’invalidità e che ci sia un certificato medico che ne attesti la necessità);
  • Mezzi per deambulare, accompagnare o sollevare il disabile.
La Legge 104 anche se riconosciuta con il comma 1, prevede che l’invalido possa:
  • fruire del bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche;
  • Contrassegni per la circolazione e la sosta;
  • Accesso alle liste del collocamento obbligatorio.
  • Possibilità di rifiutare il lavoro notturno: non sono obbligati a prestare lavoro notturno i lavoratori disabili ex art. 3, comma 1 e i soggetti che abbiano a proprio carico un soggetto disabile. Per lavoro notturno si intende quel periodo di tempo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra mezzanotte e le cinque del mattino.;
  • se dipendente della pubblica amministrazione, con un grado di invalidità maggiore ai due terzi o con minoranze, iscritto alle categorie prima seconda e terza della tabella A, ha priorità di scelta tra le sedi disponibili e ha la precedenza nell’effettuare domanda di trasferimento;
  • Riduzione del 50% sul canone mensile di telefonia fissa;
  • Esenzione dal ticket sanitario per soggetti con invalidità non inferiore al 66%;
  • Contributo ASL pari al 20% della spesa sostenuta per l’adattamento dei dispositivi di guida, nei veicoli intestati a persone con patente speciale;
Per quanto riguarda il decreto di omologa, si fa presente che la sentenza emessa da un giudice sostituisce a tutti gli effetti il contenuto dell’atto impugnato (nel nostro caso l’atto impugnato, con ricorso davanti al giudice, è il verbale di invalidità o handicap o disabilità).
Questo vale anche nel caso dei ricorsi contro i verbali delle Commissioni Mediche Asl/Inps per il riconoscimento dell’invalidità civile, l’handicap (Legge n. 104/1992), nonché per il riconoscimento della disabilità ai fini del collocamento mirato (Legge n. 68/1999). Quindi, il giudice, pronunciandosi su un ricorso (accertamento tecnico preventivo) proposto contro un verbale Inps/Asl, con la sentenza annulla il verbale che di conseguenza non è più valido.
Pertanto, se il cittadino ha proposto ricorso (vincendolo) contro un verbale di invalidità ASL/Inps perché ha ritenuto che il giudizio espresso dalla Commissione medica non fosse giusto, significa che quella sentenza ha annullato il verbale e perciò lo sostituisce a tutti gli effetti. Non deve e non può, dunque, essere emesso un nuovo verbale dall’Asl/Inps.
In sintesi, la sentenza e la consulenza tecnica d’ufficio (che è la perizia fatta dal medico nominato dal tribunale a seguito di proposizione di ricorso giudiziario) sostituiscono a tutti gli effetti i verbali Asl/Inps di invalidità civile, di handicap (legge 104), disabilità.
Pertanto, per ottenere le agevolazioni previste dalla legge è sufficiente esibire la sentenza e la ctu (perizia redatta dal medico nominato dal giudice dopo la presentazione del ricorso).


Anonimo chiede
sabato 06/01/2024
“Mia mamma disabile con accompagnamento, io dipendente privato con Legge 104. La mia ditta concede lo smart working, ma il mio ufficio, non operativo, per decisione aziendale ne è escluso. Lo posso pretendere? È un mio diritto?
Grazie”
Consulenza legale i 13/01/2024
I datori di lavoro, sia pubblici sia privati, a fronte delle richieste di smart working dei dipendenti, per legge devono dare priorità ai genitori con figli fino a 12 anni o disabili, ai dipendenti con disabilità grave e ai caregiver.
La norma è contenuta nell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 105/2022, che ha riscritto completamente il comma 3-bis, dell’art. 18, della Legge n. 81/2017 (ovvero la legge di riferimento per il lavoro agile).
La disposizione prevede, che i datori di lavoro, sia pubblici che privati, devono riconoscere una priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile, qualora queste richieste vengano presentate da lavoratrici e lavoratori che appartengono ad una delle seguenti categorie:
- disabile in situazione di gravità accertata (ai sensi dell'art. 4, comma 1, della L. 104/1992);
- con figli fino a 12 anni di età;
- con figli disabili; qualora il figlio abbia una minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, Legge n. 104/1992).
- assistente familiare (caregiver) di soggetto che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé (ai sensi dell'art. 1, comma 255, della Legge n. 205/2017). Si tratta di assistenza e cura ad uno di questi soggetti: il coniuge, l'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o il convivente di fatto (ai sensi della Legge n. 76/2016), un familiare o un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi di disabilità grave o di titolarità di indennità di accompagnamento, un familiare entro il terzo grado.
Si tratta, tuttavia, di una priorità e non di un diritto potestativo. Ciò sta a significare che se il datore di lavoro non intende stipulare accordi di smart working all’interno della propria azienda, questa priorità non si attiva.
Spetta, infatti, al datore di lavoro valutare se l’introduzione di forme di lavoro agile sia compatibile con la propria organizzazione aziendale. Queste valutazioni possono essere valutate caso per caso, o condivise con le rappresentanze sindacali aziendali, mediante la conclusione di accordi aziendali.
Solo nel caso in cui le regole aziendali fissino un numero limitato di lavoratori che possono accedere allo smart working in un determinato ufficio, allora la legge assegna un ordine di priorità che deve essere rispettato dal datore di lavoro.
Secondo quanto riferito, nel caso di specie, il regolamento aziendale ha escluso esplicitamente lo smart working per l’ufficio per il quale si lavora. Pertanto, non è possibile far valere la priorità prevista dalla legge in quanto non è possibile imporre lo smart working al datore di lavoro.


G. S. . chiede
domenica 02/04/2023
“Buonasera vorrei sapere informazioni in dettaglio riguardo le limitazioni, le condizioni e i vincoli durante il congedo straordinario per legge 104 di dipendente pubblica amministrazione con qualifica di dirigente medico.
Pongo in proposito alcuni quesiti.
Può effettuare perizie e CTU per cui il giudice ha dato nomina?
Può effettuare consulenze e/o visite saltuariamente
Può spostarsi con la persona disabile in altre regioni o luoghi per brevi periodi?
Durante i mesi del periodo di congedo la persona disabile può trascorrere un qualche giorno con altre persone o chi ha il congedo straordinario deve ininterrottamente stare con la persona disabile?
In caso negativo in cosa si incorre?
Grazie”
Consulenza legale i 11/04/2023
Durante la fruizione del congedo per legge 104 non è possibile svolgere alcuna attività lavorativa, nemmeno di tipo libero professionale.
I permessi retribuiti e il congedo straordinario, infatti, interrompono l’attività lavorativa, in funzione del diritto del disabile ad essere assistito.

Neppure durante i periodi di aspettativa non retribuita è possibile svolgere altri lavori. A maggior ragione, nel caso del congedo straordinario per legge 104 in cui è addirittura prevista un’indennità rapportata all’ultima retribuzione e con contributi figurativi.

Qualche dubbio potrebbe sorgere per le perizie e CTU per cui il giudice ha dato nomina.
Infatti, il Consiglio di Stato con sentenza n. 3513/2017, pronunciandosi in merito ad altra casistica (incompatibilità ex art. 53 D. Lgs. 165/2001 e necessità della richiesta di autorizzazione alla propria amministrazione per svolgere CTU) ha affermato che l'attività di consulente tecnico d'ufficio dell'autorità giudiziaria sia ricollegabile non ad un rapporto contrattuale di qualche genere, ma all'adempimento di una funzione pubblica nell'interesse dell'amministrazione della giustizia.
Non si tratterebbe di attività lavorativa, ma di svolgimento di una funzione pubblica.
In questo caso, quindi, bisognerebbe soppesare i due interessi e stabilire se, in tal caso, l’interesse dell’amministrazione della giustizia possa prevalere sull’interesse del disabile ad essere assistito.
Purtroppo, sul punto non è intervenuta giurisprudenza, né tantomeno vi sono normative specifiche.
A parere di chi scrive, non dovrebbe essere permesso neppure lo svolgimento di incarichi come CTU nel caso in cui tali incarichi impediscano per un periodo consistente di prendersi cura del disabile.

Durante l’utilizzo dei permessi e dl congedo straordinario non è possibile abbandonare il disabile.
Per esempio, non è possibile andare in vacanza usufruendo di tali misure. Farlo costituirebbe una truffa.

Il discorso è, invece, diverso se è il disabile che necessita di andare in vacanza.
Anche in questo caso, non c’è una specifica norma che risolva il dubbio, ma bisogna analizzare la finalità dei permessi e dei congedi previsti dalla legge 104. Se, infatti, lo scopo è quello di garantire supporto al disabile, allora si potrebbe continuare ad assisterlo anche in vacanza.
In base a questo, chiedere il congedo o i permessi Legge 104 per accompagnare il disabile in vacanza non è illecito e sanzionabile.
Pertanto, per rispondere al quesito circa spostamenti in altre regioni e luoghi, si può affermare che, nel caso in cui tali spostamenti siano effettuati con il disabile e per accompagnare lo stesso in vacanza o comunque nel suo interesse, tali spostamenti sarebbero legittimi.

Non è necessario prestare assistenza 24 ore su 24.
Assistere non vuol dire solo essere presente fisicamente, ma anche compiere attività che siano da ausilio, come, ad esempio, l’acquisto di medicinali o lo svolgimento delle faccende quotidiane (come pagare le bollette). È possibile, dunque, assentarsi momentaneamente per svolgere tali commissioni.
Nel 2016 la Corte di Cassazione si era espressa in materia di gestione del tempo, affermando che il lavoratore che chiede i permessi della legge 104 “è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze dell’handicappato; il che significa che nei giorni di permesso l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell’handicappato” (Cass. sent. n. 4106/2016).
L’assistenza al disabile non deve, inoltre, essere intesa in senso restrittivo ma può comprendere anche commissioni di vario genere purché svolte nell’interesse dell’assistito (Cassazione, sentenza n. 23891/2018).
Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30676 del 27 novembre 2018, ha affermato che non è possibile licenziare un lavoratore che intende fruire dei permessi 104 per riposarsi o per dedicare parte delle ore per il ristoro psico-fisico. E questo perché gli ermellini hanno inteso estendere il concetto di assistenza familiare. Infatti, le giornate di esonero possono essere utilizzate per svolgere attività legate all’assistenza anche in senso lato. Si legge nella sentenza: “la Corte territoriale ha valutato in concreto la riferibilità delle attività svolte dalla lavoratrice, come accertate nel giudizio, alla cure ed assistenza della madre disabile anche considerando ed escludendo l’utilizzo dei permessi e congedi ”in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza”.
Anche nei giorni di permesso o di congedo, quindi, il lavoratore può rilassarsi.

La giurisprudenza disponibile sull’argomento si riferisce quasi sempre all’istituto dei permessi. Tuttavia, il medesimo ragionamento può essere applicato anche all’istituto del congedo straordinario.
Pertanto, a parere di chi scrive, non è illegittimo lasciare per brevi periodi il disabile alle cure di un'altra persona.
Tuttavia, le sentenze richiamate parlano di qualche ora, non di giorni.
Come già evidenziato, andare in vacanza durante il congedo non sarebbe ritenuto legittimo.

L’uso improprio dei permessi e congedi ex lege 104 comportano innanzitutto delle conseguenze dal punto di vista lavorativo.
Si avvierebbe un procedimento disciplinare che, a seconda dei casi, potrebbe comportare anche il licenziamento per giusta causa.
In secondo luogo, si rischia di essere denunciati per truffa ai danni dello Stato.

M. G. chiede
lunedì 14/02/2022 - Campania
“Buongiorno, sono un medico ospedaliero dipendente a tempo indeterminato dell' ASL, mia madre (vedova che convive con me in quanto figlio unico) quasi ottantenne è invalida al 100% e le è stato riconosciuto l' art 3 comma 1 della legge 104. Premesso che a breve chiederò una visita di revisione per aggravamento poichè da poco ha scoperto una neoplasia; con la documentazione medico legale in mio possesso (verbale della commissione dell' ASL di stato di invalidità al 100% e legge 104 art 3 comma 1, recente referto di struttura pubblica di essere affetta da malattia neoplastica) posso chiedere l' esenzione dal prestare servizio in turni di lavoro in orario notturno e nei giorni festivi? A chi mi devo rivolgere? Grazie.”
Consulenza legale i 21/02/2022
Il decreto legislativo 66 dell’8 aprile 2003 all’articolo 11 (completando il quadro della normativa che regolamenta il lavoro notturno) prevede che il lavoro notturno “non deve essere obbligatoriamente prestato […] dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni”.
Per lavoro notturno si intende il lavoro svolto per 7 ore consecutive che comprendono il periodo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

Circa la locuzione "a carico" il Ministero del lavoro, con la Risoluzione n. 4 del 6 febbraio 2009, ha fornito alcune precisazioni.
Il Ministero si rifà alle indicazioni della Legge 104/1992 (che pur non tratta di lavoro notturno), sostenendo che la definizione "a carico" vada ricollegata e resa omogenea a quanto disposto dalla quella norma a proposito della concessione dei permessi lavorativi.
In particolare, il Ministero ha precisato che “solo il soggetto che risulti già godere dei benefici della L. n. 104/1992 – o possederne i requisiti per goderne – secondo gli attuali criteri normativi e giurisprudenziali richiamati potrà richiedere l’esonero dalla prestazione dal lavoro notturno”.
Ai sensi dell’art. 33 della Legge 104/92 i benefici (nella specie, i permessi lavorativi), spettano esclusivamente ai lavoratori che assistono persone con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, Legge 104/92.

Pertanto, se, come riferito, nel caso di specie, la madre non è in possesso di un verbale di handicap con connotazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, Legge 104/92, il figlio non potrà richiedere l’esonero dal lavoro notturno.
Diversamente, per essere esonerati dal lavoro notturno i beneficiari di permessi 104 devono presentare specifica richiesta al proprio datore di lavoro che, appunto, deve essere messo al corrente della situazione del dipendente.

Per quanto riguarda invece l’esonero dal lavoro festivo, esso è previsto solo per i lavoratori disabili portatori di handicap grave ma non per i lavoratori che fruiscono dei permessi legge 104 per assistere un familiare disabile (per i quali la legge non dispone nulla al riguardo delegando l’esonero ai contratti collettivi nazionali).

Non ci risulta che il CCNL dell’Area Sanità preveda tale esonero.


Lidia chiede
giovedì 24/01/2019 - Lombardia
“Recentemente mio marito e le mie due figlie hanno ereditato da un fratello di mio marito quote di una nuda proprietà immobiliare. Le rimanenti quote sono state eredìtate da associazioni religiose e laiche , che operano nel settore della beneficenza.
La minore delle mie figlie è affetta da grave disabilità di cui all'art. 3 , comma3 della Legge 5 febbraio 1992, n.°104. Per tale grave disabilità all'ultima revisione,settembre 2018 INPS Milano,non sono stati neppure disposti ulteriori accertamenti periodici. In conseguenza di tale disabilità a mia figlia , sin dal 2008 viene corrisposta pensione di invalidità. Il tutto documentato da verbali Commissioni ASL e INPS, l'ultimo dei quali , consegnato al notaio , risalente al settembre 2018.
POSTO CHE- la Legge 22 giugno 2016 n.°112 prevede espressamente misure atte ad agevolare erogazioni da parte di privati a favore di disabili ed associazioni che operano nel settore della beneficenza;-il Decreto Legge 3 ottobre 2006 n°262 , recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria , convertito nella Legge 24 novembre 2006 n.°286, prevede espressamente all'art. 49/bis che , per i soggetti portatori di handicap beneficiari di trasferimenti di beni e diritti per causa di morte (art.48) e comunque per donazioni e trasferimenti di beni e diritti a titolo gratuito (art. 49) , l'imposta sulle successioni e sulle donazioni si applichi esclusivamente sulla parte di valore eccedente l'ammontare di 1.500.000 ( un milione e cinquecentomila ) euro, e qui parliamo del 35% di una proprietà del valore complessivo di € 27.375.
-Considerato infine che la medesima Agenzia delle Entrate con circolare in data 29 maggio 2013 , avente per oggetto " la tassazione degli atti notarili- Guida Operativa - testo Unico dell'imposta di registro etc. , pare recepire le precedenti citate disposizioni di legge e nella parte V "le donazioni ed altri atti a titolo gratuito" e precisamente nella tabella al punto 5.1 , viene riconfermata la franchigia di € 1.500.000, SI E' QUINDI RITENUTO CHE MIA FIGLIA E GLI ENTI FOSSERO ESENTI DA TASSAZIONE. Invece , quando nel dicembre u.s. è stata presentata all'Agenzia delle Entrate la denuncia di successione , è stata applicata la tassa di registrazione anche a disabile ed Enti , nonostante la documentazione presentata dal notaio , perchè per l'Agenzia delle Entrate la tassa andava pagata anche da tali soggetti.
Tutto ciò posto ed evidenziato, si chiede cortesemente di sapere , entro i cinque giorni da voi posti , se il comportamento dell'agenzia delle entrate sia corretto ed in quali norme di legge trovi riscontri.
Qualora , invece , tale comportamento risulti , a parere di codesto ufficio legale , arbitrario e soggetto a revisione , si chiede di sapere se sia possibile , mediante una semplice istanza , ottenere la restituzione di quanto indebitamente corrisposto.
In attesa di cortese riscontro , entro i previsti cinque giorni , si porgono distinti saluti.”
Consulenza legale i 03/02/2019
I trasferimenti di beni e diritti per causa di morte sono soggetti alle aliquote e alle franchigie stabilite per l’imposta sulle successioni dall’articolo 2, comma 48, del D.L. n. 262 del 2006 e, per ciò che riguarda le donazioni, dal comma 49 del medesimo articolo.

A norma del comma 48, si applicano le seguenti aliquote sul valore complessivo netto dei beni:
  1. devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;
  2. a-bis) devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento;
  3. devoluti a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento;
  4. devoluti a favore di altri soggetti: 8 per cento.

Il successivo comma 49-bis dispone che “se il beneficiario dei trasferimenti di cui ai commi 48 e 49 è una persona portatrice di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l'imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l'ammontare di 1.500.000 euro”.
Detta franchigia opera a prescindere dal grado di parentela che intercorre tra chi dispone il lascito ed il beneficiario del trasferimento e non è cumulabile con altre franchigie, nel senso che, ad esempio, laddove il figlio del defunto sia anche affetto da handicap grave, egli beneficerà solo della franchigia di 1,5 milioni di euro, non potendo sommare ad essa altresì la franchigia di 1 milione di euro, prevista, come precisato, per i trasferimenti disposti in favore di discendenti.

Ciò, come già riscontrato, trova conferma anche alla pagina 170 della Circolare citata nel quesito, Circolare n. 18/E del 29.05.2013, in cui espressamente si dice che “Se il beneficiario dell’atto dispositivo è una persona portatrice di handicap, riconosciuto grave, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di 1.500.000,00 euro”.
Alla tabella che precede, si conferma che detta franchigia spetta, effettivamente, indipendentemente dal grado di parentela, dal momento che è prevista in riferimento a tutte le aliquote (4%, 6% e 8%), con la sola esclusione della cumulabilità con altre franchigie previste dalla medesima disposizione di cui si è già detto in riferimento al precedente esempio.

Riguardo al rimborso dell’imposta indebitamente versata, la norma di riferimento è l’art. 42 del Testo Unico sull’imposta di Successione, TUS, approvato con D. Lgs. n. 346/90. Tale norma, alla lettera f) del comma 1, prevede espressamente che “Deve essere rimborsata, unitamente agli interessi, alle soprattasse e pene pecuniarie eventualmente pagati, l'imposta (…) risultante pagata in più a seguito di accertamento, successivamente alla liquidazione, dell'esistenza di passività o della spettanza di riduzioni e detrazioni; (…)”.

In base ai successivi commi 2, 3 e 4 il rimborso deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.
La domanda deve essere presentata all'ufficio competente, che deve rilasciarne ricevuta, ovvero essere spedita mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.
Dalla data di presentazione della domanda di rimborso decorrono gli interessi di mora di cui all'articolo 37, comma 2 della medesima disposizione di legge.

Anche in questo caso, in ipotesi di silenzio da parte dell’amministrazione, lo stesso equivale a rifiuto del rimborso e, conseguentemente, in tale ipotesi, occorrerà far valere le proprie ragioni dinanzi alla competente Commissione Tributaria provinciale, impugnando il silenzio-rifiuto ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. g) del D. Lgs. n. 546/1992.

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