Cass. pen. n. 44909/2017
Ai fini della previsione di cui all'art. 405 cod. proc. pen., il termine delle indagini preliminari decorre dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero dispone l'iscrizione della notizia di reato e non da quella in cui l'iscrizione viene materialmente eseguita dal personale di segreteria.
Cass. pen. n. 69/2014
L'attribuzione dei procedimenti alla cognizione del giudice collegiale, determinata da ragioni di connessione, diviene definitiva ed irrevocabile per effetto dell'esercizio dell'azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio nella cancelleria del giudice, in applicazione del principio di "perpetuatio iurisdictionis". (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato la competenza del tribunale in composizione collegiale in riferimento a reato di per sé attribuito alla cognizione del medesimo ufficio in composizione monocratica ritenendo irrilevante che per il reato commesso, rientrante nelle attribuzioni del giudice collegiale, fosse stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere).
Cass. pen. n. 150/2013
Ai fini del computo della durata massima delle indagini preliminari, l'iscrizione per un nuovo reato a carico del medesimo indagato, individua il "dies a quo" da cui decorre il termine, ferma restando l'utilizzabilità degli elementi emersi prima della nuova iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti, attesa l'assenza di preclusioni derivanti dall'art. 407 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 13258/2010
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la pronuncia di incostituzionalità dell'art. 405, comma primo bis c.p.p. emessa dalla Corte costituzionalità con sentenza n. 129 del 2009, non ha fatto venir meno il presupposto dell'istanza di equa riparazione basata su un provvedimento di archiviazione adottato in base a quella norma.
Cass. pen. n. 9479/2010
A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 405, comma primo - bis, c.p.p. (per effetto della pronuncia Corte costituzionale n. 121 del 2009), non sussiste l'interesse dell'indagato a ricorrere per l'annullamento di provvedimenti cautelari interdittivi che nelle more del giudizio d'impugnazione siano stati revocati o siano divenuti inefficaci, atteso che alle misure interdittive non si estende l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione di cui all'art. 314 c.p.p., il quale giustifica la persistenza di uno specifico e concreto interesse all'impugnazione in caso di cessazione dell'operatività della misura. (Fattispecie in cui era stata revocata la misura della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio).
Cass. pen. n. 38865/2008
La natura permanente del reato autorizza l'esecuzione delle indagini preliminari per tutta la sua durata. (Fattispecie, relativa ad associazione di stampo mafioso, nella quale la Corte ha rigettato l'eccezione di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, secondo il ricorrente compiute dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall'art. 405 cod.proc.pen., perché al momento del loro svolgimento il reato associativo era ancora in atto).
Cass. pen. n. 34605/2008
Nel caso in cui la misura cautelare personale sia revocata nelle more del procedimento incidentale di impugnazione, l'interesse al gravame non può radicarsi in funzione del conseguimento della pronuncia della Corte di Cassazione sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza ex art. 405 comma primo bis, c.p.p., in quanto il giudice di legittimità non si pronuncia sulla mancanza di indizi, bensì il suo sindacato riguarda di regola il difetto di motivazione sul fumus commissi delicti con la conseguenza che la disposizione citata, meccanicamente interpretata, determinerebbe un rapporto di dipendenza del procedimento principale da quello incidentale. (Nella fattispecie la Corte ha peraltro ritenuto meramente teorico il presupposto applicativo della norma circa l'esclusione dell'acquisizione di ulteriori elementi a carico dell'indagato ).
Cass. pen. n. 4222/2008
Nel caso in cui la misura cautelare personale sia revocata nelle more del procedimento incidentale di impugnazione, non può presumersi l'interesse alla impugnazione in funzione del conseguimento della pronuncia della Cassazione sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza ex art. 405 comma primo bis, c.p.p., in quanto il giudice di legittimità non si pronuncia sulla mancanza di indizi, bensì il suo sindacato riguarda di regola il difetto di motivazione sul fumus commissi delicti. Pertanto, è necessario che sia dedotto dall'indagato un interesse concreto ed attuale, anche in funzione della futura richiesta di equa riparazione per ingiusta detenzione per l'ingiusta detenzione ai sensi dell'art. 314 comma secondo c.p.p.
Cass. pen. n. 2210/2008
L'interesse dell'indagato a coltivare il ricorso per cassazione, nonostante la misura cautelare personale impugnata sia stata revocata o abbia perso efficacia, può permanere in concreto, in relazione alla disposizione dell'art. 405, comma primo bis, c.p.p., in quanto la decisione della Corte di cassazione in ordine all'insussistenza del quadro indiziario condiziona, se non seguita da un'ulteriore attività di acquisizione probatoria, la scelta del P.M. di iniziare o meno l'azione penale. (In motivazione la S.C. ha osservato che al di fuori dei casi in cui la verifica investa direttamente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza — ad es., nelle ipotesi della pronuncia che rigetti il ricorso del P.M. avverso l'ordinanza del tribunale in sede di riesame o di appello cautelare, che abbia revocato la misura coercitiva applicata dal G.i.p., ovvero della sentenza di annullamento senza rinvio dell'ordinanza coercitiva impugnata con ricorso per saltum in cassazione — deve escludersi l'operatività del meccanismo di cui all'art. 405, comma primo bis, c.p.p., in quanto la Cassazione non interviene sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza).
Cass. pen. n. 30534/2007
Ai fini dell'esercizio dell'azione penale, la norma di cui all'art. 405, comma primo bis, c.p.p., trova applicazione nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione conosca direttamente dell'indizio di colpevolezza e pervenga, in ragione dell'assenza o dell'inidoneità degli elementi di prova raccolti, ad una decisione di annullamento senza rinvio del provvedimento oggetto di controllo (annullamento destinato a precludere l'esercizio dell'azione penale), non invece allorquando il sindacato di legittimità verta sulla sufficienza o sulla congruità logica dell'argomentazione in materia di indizi.
Cass. pen. n. 31355/2005
La fissazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, nel provvedimento di autorizzazione alla prosecuzione delle indagini contro ignoti oltre il termine di sei mesi, di un nuovo termine per il completamento di dette indagini, è da considerare illegittima, senza che ciò possa tuttavia valere a rendere abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il medesimo provvedimento, dovendosi invece ritenere che il nuovo termine sia da considerare tamquam non esset e non pregiudichi, quindi, il potere-dovere del pubblico ministero di proseguire le indagini anche dopo la sua scadenza.
Cass. pen. n. 3191/2000
I termini indicati dagli artt. 405 e 407 c.p.p. (rispettivamente per l'esercizio dell'azione penale e per la durata delle indagini preliminari) attengono soltanto al compimento delle indagini autonomamente svolte dal pubblico ministero e non anche al compimento delle ulteriori indagini da svolgere, ai sensi dell'art. 409, comma 4, c.p.p., su indicazione del giudice per le indagini preliminari. Questi può quindi provvedere a tale indicazione pur quando i suddetti termini siano scaduti e la scadenza abbia preceduto la stessa richiesta di archiviazione. Ciò anche in adesione a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 436 del 1991, secondo cui il decorso del termine per le indagini preliminari non comporta la decadenza del pubblico ministero dal potere di formulare le sue richieste, a seguito delle quali la disciplina stabilita in materia di termini dagli artt. 405, 406 e 407 c.p.p. non ha più modo di operare, poiché al rigoroso meccanismo legale che predetermina la durata delle indagini preliminari viene a sostituirsi una «flessibile» delibazione giurisdizionale, volta a calibrare il termine in funzione delle ulteriori indagini indicate come necessarie dal giudice.
Cass. pen. n. 1840/1998
Il meccanismo di controllo di cui all'art. 415 c.p.p. appare preordinato solo ad assicurare il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale — tant'è vero che, a norma del secondo comma, il giudice investito della richiesta di archiviazione o di autorizzazione a proseguire le indagini esplorative, se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata, deve ordinare che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato — e non a garantire il potenziale indagato da tentativi di aggiramento delle norme che prevedono i termini massimi entro i quali deve svolgersi l'attività investigativa. Qualora le indagini superino il termine massimo stabilito dalla legge, non tutti gli atti sono inutilizzabili, ma solo quelli compiuti oltre quel termine, decorrente dal momento, che è compito del giudice individuare, in cui poteva e doveva avvenire l'iscrizione prescritta dall'art. 405, comma secondo, c.p.p.
Cass. pen. n. 12591/1995
La norma dell'art. 335 c.p.p., che impone al P.M. le annotazioni sul registro a scopo ricognitivo, pur essendo correlata ai termini per richiedere il rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 405 c.p.p., è sfornita per sé stessa di sanzione. Pertanto, il ritardo del pubblico ministero nell'iscrizione della notizia di reato, se censurabile sotto altri profili, non può pregiudicarne in alcuna misura le attività di indagine nel frattempo ritualmente compiute e l'adempimento tardivo non incide sull'individuazione del giudice competente, già correttamente designato al momento dell'inizio delle indagini stesse. (Fattispecie nella quale le indagini per il delitto di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309/1990 erano state iniziate dal procuratore della Repubblica del circondario di Trento prima dell'entrata in vigore dell'art. 51, terzo comma bis c.p.p. e dell'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro).
Cass. pen. n. 2281/1995
L'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona alla quale questo è attribuito, per gli effetti che ne derivano ai fini del computo del termine di durata delle indagini e della utilizzabilità degli atti compiuti, postula la completa identificazione della stessa, non essendo sufficiente al riguardo la semplice indicazione del nome e del cognome. Ciò si ricava, tra l'altro, dal chiaro disposto dell'art. 417 c.p.p. che, tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio, indica, alla lettera a), «le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo». Ne consegue che la semplice iscrizione nel registro delle persone indagate del nome e del cognome di un soggetto non ben generalizzato fa sì decorrere il termine di durata delle indagini, ma contro persona ignota; mentre è dalla iscrizione del nome della persona già individuata, eseguita a norma dell'art. 415, comma 2, ultima parte, c.p.p., che decorrono nei confronti della stessa gli effetti di legge.
Cass. pen. n. 5723/1994
Ai sensi dell'art. 405 c.p.p. la richiesta di giudizio immediato, con correlativa formulazione dell'imputazione costituisce, così come gli altri casi enunciati nel medesimo articolo, nel contempo esercizio dell'azione penale disposto di legge e chiusura della fase delle indagini preliminari con conseguente inizio della fase processuale ineludibilmente sfociante nella pronuncia giurisdizionale.
Cass. pen. n. 3356/1994
Prima della formulazione dell'imputazione da parte del pubblico ministero ai sensi dell'art. 405 c.p.p., l'indagato non assume la qualità di «imputato» (art. 60 c.p.p.), né esiste un giudice avanti al quale si proceda, che possa essere ricusato. Non è possibile, pertanto il ricorso all'istituto della remissione, previsto dall'art. 45 c.p.p., nella fase delle indagini preliminari e la relativa richiesta deve essere dichiarata inammissibile. (Nella specie il ricorrente lamentava che il giudice destinato a presiedere l'udienza preliminare avesse, in un precedente giudizio contro altri imputati, manifestato il proprio convincimento anche in ordine alla sua posizione processuale e che la stampa avesse nel contempo posto in essere una durissima campagna in suo danno, da ciò deducendo che tale situazione fosse idonea ad escludere la necessaria serenità di valutazione nei suoi confronti).
Cass. pen. n. 2193/1994
L'obbligo del pubblico ministero di provvedere «immediatamente» alle iscrizioni previste dall'art. 335, comma 1, c.p.p. può ritenersi ritualmente adempiuto, posto che il concetto di «immediatezza» non implica la rigidità di un termine correlato a ore o a giorni, pur quando l'iscrizione, anche per la presenza di giorni festivi, sia differita di un giorno rispetto alla data di effettiva conosenza dei fatti da parte dello stesso pubblico ministero. Solo abnormi e ingiustificati ritardi nell'effettuazione delle iscrizioni in questione potrebbero (al di là di profili di responsabilità interna dell'ufficio), dar luogo ad illegittimità delle iscrizioni stesse, con riferimento alla loro data. (Principi affermati in relazione alla verifica dell'avvenuta scadenza o meno del termine per le indagini preliminari fissato dall'art. 405 c.p.p.)
Cass. pen. n. 532/1993
In materia edilizia, la presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria non determina la sospensione delle indagini preliminari, poiché l'art. 22 L. n. 47 del 1985, nel prevedere detta sospensione, si riferisce all'azione penale. Quest'ultima viene esercitata o con la richiesta di rinvio a giudizio o con la formulazione dell'imputazione nei riti differenziati. (Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso avverso l'ordinanza di conferma di un decreto di sequestro preventivo emessa dal tribunale del riesame durante il termine di sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza, ma quando erano ancora in corso le indagini).
Cass. pen. n. 3249/1992
L'omessa annotazione della notitia criminis sul registro previsto dall'art. 335 c.p.p. non determina la inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine compiuti; invero, in presenza di una siffatta omissione il giudice deve individuare il termine iniziale del tempo utile entro il quale il P.M. poteva svolgere le indagini — ossia il momento in cui la notizia di reato poteva e doveva essere annotata sul registro — e ritenere l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il tempo stabilito. (La Cassazione ha altresì precisato che non incidono, invece, sulla determinazione dei termini per lo svolgimento delle indagini preliminari gli eventuali ritardi nella comunicazione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria o degli altri soggetti cui la legge impone tale obbligo).
Cass. pen. n. 3079/1992
I termini stabiliti per la chiusura delle indagini preliminari concernono esclusivamente i procedimenti che, con la iscrizione nel registro delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.), si trovano nella fase delle indagini preliminari e non riguardano gli atti non costituenti notizie di reato iscritte in altro registro (Mod. 45). Spetta al pubblico ministero il potere di selezionare i fatti di rilevanza penale a sua conoscenza, con la conseguenza che la decorrenza del termine per la chiusura delle indagini preliminari può configurarsi soltanto per quei fatti nei quali egli abbia ritenuto di ravvisare un'ipotesi di reato, iscrivendola nel relativo registro.
Cass. pen. n. 1152/1992
Nel caso in cui, dopo nuove indagini ed emergenze, si sia proceduto legittimamente a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, è dalla data relativa a quest'ultima che decorre il termine semestrale per il compimento delle indagini preliminari, previsto dall'art. 405, secondo comma, c.p.p., e, conseguentemente, è a tale data che occorre fare riferimento al fine di valutare la tempestività (o non) dell'eventuale richiesta di proroga del suddetto termine ex art. 406, primo comma, stesso codice, essendo la precedente iscrizione superata dalle successive vicende processuali.
Cass. pen. n. 787/1992
Il numero d'ordine del registro delle notizie di reato istituito dall'art. 335 c.p.p. costituisce un dato estrinseco dell'iscrizione sicché, per determinare il dies a quo ai fini della decorrenza dei termini di durata massima delle indagini preliminari di cui all'art. 407 stesso codice relativi a diversi fatti iscritti sotto lo stesso numero in momenti differenti, l'unico criterio è quello di ordine sostanziale desumibile dal secondo comma del predetto art. 335, secondo cui, quando non si tratti di mutamento della qualificazione giuridica del fatto né di diverse circostanze del medesimo fatto, non può parlarsi di aggiornamento di iscrizioni ma di iscrizione autonoma.
Cass. pen. n. 1117/1992
Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero deve procedere a nuove iscrizioni nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. in tutti i casi diversi dal mutamento della qualificazione giuridica o dall'accertamento di circostanza aggravante, sia che si tratti di nuove emergenze a carico della stessa persona sia che si tratti dei medesimi fatti a carico di persone diverse dall'originario indagato. Il termine per le indagini preliminari previsto dall'art. 405 c.p.p. decorre in modo autonomo per ciascun indagato dal momento in cui risulti iscritto il relativo nome e per l'indagato originariamente iscritto da ciascuna successiva iscrizione di notitia criminis. (Fattispecie di ricorso avverso provvedimento di sequestro in cui un coindagato deduceva l'illegittimità dell'atto, compiuto successivamente alla proroga delle indagini preliminari, richiesta e disposta dopo la scadenza del termine ex art. 405 c.p.p. relativo all'originario indagato).
Cass. pen. n. 2591/1990
Una volta che abbia chiesto il rinvio a giudizio, il P.M. nell'udienza preliminare, non può più chiedere l'archiviazione, ed il giudice di detta udienza, se non ritenga di disporre il giudizio, non può che emettere sentenza di non luogo a procedere.