Cass. pen. n. 44147/2018
Gli elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari possono essere utilizzati ai fini cautelari solo se acquisiti "aliunde" nel corso di indagini estranee ai fatti oggetto del procedimento i cui termini siano scaduti, ovvero se provenienti da altri procedimenti relativi a fatti di reato oggettivamente e soggettivamente diversi, essendo comunque necessario che tali risultanze non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica e all'approfondimento degli elementi emersi nel corso del procedimento penale i cui termini sono scaduti. (Fattispecie relativa all'acquisizione ed utilizzo, a fini cautelari, di dichiarazioni di collaboratori di giustizia assunte in autonomi procedimenti, riguardanti altri fatti di reato).
Cass. pen. n. 9386/2018
In tema di misure cautelari, sono inutilizzabili le informative di P.G. depositate dopo la scadenza del termine di durata delle indagini che non siano meramente ricognitive di atti già acquisiti, bensì contengano la rielaborazione di atti tempestivamente inseriti nel fascicolo del pubblico ministero sulla base di altri atti e materiale probatorio acquisito successivamente, in modo da assumere autonoma attitudine probatoria.
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Gli elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari possono essere utilizzati ai fini cautelari solo se acquisiti nel corso di indagini estranee ai fatti oggetto del procedimento i cui termini siano scaduti, ovvero se provenienti da altri procedimenti relativi a fatti di reato oggettivamente e soggettivamente diversi, essendo comunque necessario che tali risultanze non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica e all'approfondimento degli elementi emersi nel corso del procedimento penale i cui termini sono scaduti. (Fattispecie relativa all'acquisizione ed utilizzo, a fini cautelari, di dichiarazioni di un collaboratore di giustizia assunte formalmente in un separato procedimento, ma espressamente dirette ad approfondire fatti posti a fondamento della misura cautelare richiesta nel procedimento in cui era già intervenuta la scadenza dei termini di durata delle indagini).
Cass. pen. n. 29151/2017
Qualora il pubblico ministero, dopo l'iniziale iscrizione del registro delle notizie di reato, provveda ad una successiva iscrizione relativa al medesimo fatto, sia pur diversamente circostanziato, sono inutilizzabili le prove acquisite oltre il termine di durata delle indagini preliminari decorrente dalla data della prima iscrizione.
Cass. pen. n. 20064/2014
La previsione normativa di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata, ed in assenza di proroga, non trova applicazione nei procedimenti contro ignoti.
Cass. pen. n. 15844/2013
La sanzione dell'inutilizzabilità per le acquisizioni tardive - le quali devono costituire oggetto di specifica deduzione e documentazione - riguarda solo gli atti di indagine del P.M. e non gli elementi di prova acquisibili indipendentemente da qualsivoglia impulso della pubblica accusa. Ne consegue che detta sanzione non riguarda l'incidente probatorio, il quale non è atto di indagine ma mezzo di acquisizione anticipata della prova, il cui espletamento non è correlato a termini perentori, trattandosi dell'assunzione anticipata di prove non rinviabili al dibattimento, indispensabili per l'accertamento dei fatti e preordinati a garantire l'effettività del diritto alla prova, altrimenti irrimediabilmente perduto.
Cass. pen. n. 9097/2013
Il termine di durata delle indagini è di sei mesi anche in relazione al reato di associazione per delinquere, salvo che nei casi in cui questa sia diretta alla commissione dei reati previsti dall'art. 380, comma secondo, lett. a), b), c), d), f), g) ed i) cod. proc. pen., e sia quindi obbligatorio l'arresto in flagranza. (In applicazione del principio, la Corte ha rilevato l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il sesto mese dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato relativamente ad un'associazione per delinquere dedita all'organizzazione di furti in istituti di credito).
Cass. pen. n. 4089/2012
Non rientrano, tra gli atti di indagine inutilizzabili se compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, quelli costituenti mera rielaborazione di attività precedentemente svolte, come ad esempio le note riassuntive o conclusive della P.G., e quelli meramente ricognitivi giacché finalizzati a documentare la permanenza ed attualità di situazioni già in precedenza compiutamente accertate.
Cass. pen. n. 34643/2008
Allo scopo di stabilire se, ai fini dell'applicazione degli artt. 407, comma terzo, e 414 c.p.p., le indagini svolte nell'ambito di un procedimento siano da considerarsi compiute in prosecuzione d'altro procedimento precedentemente iscritto per il quale siano scaduti i termini di durata massima ovvero sia intervenuta archiviazione, deve essere verificata esclusivamente l'identità o meno del fatto-reato oggetto dei due procedimenti.
Cass. pen. n. 23381/2007
La sospensione per particolare complessità del dibattimento dei termini di custodia cautelare pera anche per il coimputato nei cui confronti non sia contestato uno dei reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., essendo sufficiente che il provvedimento di sospensione sia adottato in un giudizio che tratti di tali reati ed il cui dibattimento sia caratterizzato da particolare complessità. (Mass. redaz.)
Cass. pen. n. 5437/2005
Nei confronti del tossicodipendente in custodia cautelare in carcere per uno dei delitti previsti dall'art. 407 comma secondo c.p.p. che abbia scelto di sottoporsi ad un programma di recupero, la concedibilità di misure alternative alla detenzione non è vietata ma è sempre subordinata alla valutazione dell'esistenza delle ordinarie esigenze cautelari secondo i criteri fissati dagli artt. 273, 274 e 275 c.p.p. ed all'accertamento che tali esigenze non possano che essere soddisfatte solo con la misura della custodia in carcere.
Cass. pen. n. 24564/2004
La sanzione di inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine previsto per le indagini preliminari non opera quando l'atto sia stato assunto nell'ambito di indagini diverse volte ad individuare i soggetti responsabili di altri reati, in quanto la sanzione è geneticamente connessa alle indagini endoprocessuali.
Cass. pen. n. 21367/2003
Gli atti di indagine assunti nell'ambito di un altro procedimento ed acquisiti ai sensi dell'art. 238 c.p.p. sono utilizzabili, ai fini dell'emissione di una misura cautelare personale, anche se intervenuti dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari.
Cass. pen. n. 34119/2001
Il numero 3 bis dell'art. 303, comma 1, lett. b), c.p.p. (inserito dall'art. 2, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000 n. 341, convertito, con modifiche, in legge 19 gennaio 2001 n. 4), nel disporre - dopo aver stabilito l'aumento fino a sei mesi dei termini di durata della custodia cautelare previsti dai precedenti nn. 1, 2 e 3, qualora si proceda per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. - che «tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lett. d) per la parte eventualmente residua» e che «in quest'ultimo caso i termini di cui alla lett. d) sono proporzionalmente ridotti», lascia chiaramente intendere come comunque i termini delle fasi ordinarie di custodia cautelare, complessivamente calcolati, non possano essere superati
Cass. pen. n. 34114/2001
L'art. 407 c.p.p., nella parte in cui indica, al n. 5 della lett. a) del comma 2, tra i reati per i quali la durata massima delle indagini preliminari è fissata a due anni, quelli di «detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra», va interpretato nel senso che esso trova applicazione anche nel caso in cui ricorra soltanto l'ipotesi della detenzione o quella del porto, dovendosi escludere (anche sulla base del raffronto con le altre previsioni contenute nel medesimo articolo) che il legislatore abbia inteso affermare la necessità della contemporanea presenza di entrambe le suddette ipotesi.
Cass. pen. n. 32285/2001
In tema di riesame della misura cautelare, l'obbligo per il pubblico ministero di trasmettere al tribunale tutti gli atti rilevanti non si estende alla certificazione della data di iscrizione del procedimento, salvo che sussistano elementi che fanno sorgere dubbi sulla inutilizzabilità degli atti stessi per violazione dei termini di durata massima delle indagini ex art. 407, comma 3 del c.p.p., atteso che gli istituti di decadenza, inutilizzabilità e inefficacia non sono suscettibili di interpretazione estensiva, e nessuna disposizione di legge prevede che quella certificazione debba essere acclusa ai documenti trasmessi al giudice per le indagini preliminari e al tribunale del riesame, ferma restando la possibilità per la difesa di richiedere alla cancelleria una specifica attestazione.
Cass. pen. n. 736/1999
In tema di inutilizzabilità degli atti conseguenti ad indagini espletate prima che sia intervenuta la formale autorizzazione del Gip alla riapertura delle indagini, deve essere precisato che tale sanzione non colpisce quegli atti che, sia pure prima della predetta autorizzazione, siano stati regolarmente raccolti nell'ambito di un diverso procedimento, in quanto essi sono stati assunti nel corso di separate indagini, volte ad individuare la sussistenza di altri reati. (Fattispecie nella quale, archiviato il procedimento di competenza del tribunale, il P.M. presso la pretura, ottenuta dal Gip la riapertura delle indagini, aveva utilizzato, per la emissione di un provvedimento cautelare reale di urgenza, atti di indagine anteriormente compiuti dal P.M. presso il tribunale).
Cass. pen. n. 3777/1998
L'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo l'archiviazione e senza autorizzazione alla riapertura da parte del giudice per le indagini preliminari non è rilevabile di ufficio, ma solo su eccezione di parte, giacché quest'ultima potrebbe avere anche un interesse opposto all'inutilizzabilità.
Cass. pen. n. 3288/1998
Il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall'art. 407 c.p.p., al cui scadere consegue l'inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre in modo autonomo per ciascun indagato, dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato e non da quella in cui la notizia di reato è iscritta con riferimento ad un atto di indagine senza la contestuale indicazione dell'indagato.
Cass. pen. n. 2687/1998
In materia di termini di durata massima delle indagini preliminari, la sanzione di inutilizzabilità degli atti ai sensi del terzo comma dell'art. 407 c.p.p., riguarda unicamente il compimento di indagini svolte dal P.M. nel periodo compreso tra la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio. La sua ratio infatti è di impedire al P.M. che non abbia esercitato l'azione penale nei termini fissati di proseguire indagini utili ai fini dell'azione stessa, avendo egli viceversa il dovere di trasmettere gli atti al Gip con richiesta di archiviazione o di decreto penale, ovvero di emissione del decreto di citazione a giudizio. Ma tale inutilizzabilità non si estende all'ulteriore attività di indagine eventualmente svolta dal P.M. dopo la richiesta di rinvio a giudizio o dopo l'emissione del relativo decreto. L'ulteriore svolgimento di tale attività è infatti espressamente previsto da norme del codice di rito, come l'art. 419, terzo comma e l'art. 430, che resterebbero prive di concreta applicabilità se il divieto investisse qualsiasi attività di indagine svolta successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio o al decreto di citazione.
Cass. pen. n. 3638/1997
L'art. 89, comma 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel prevedere la inapplicabilità delle disposizioni di favore di cui ai precedenti commi 1 e 2 (divieto di custodia cautelare ed obbligo di revoca della medesima nei confronti di tossicodipendenti), quando «si procede per uno dei delitti previsti dall'art. 407, comma 2, lett. a), nn. da 1 a 6, c.p.p.», postula non soltanto che il procedimento abbia ad oggetto uno di tali delitti, ma che esso rientri fra quelli per i quali la custodia cautelare deve essere o è stata disposta
Cass. pen. n. 4478/1997
È utilizzabile sia ai fini della riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p. sia ai fini cautelari l'atto che, successivamente alla scadenza del termine per le indagini preliminari, sia stato raccolto in un diverso procedimento: l'inutilizzabilità che colpisce gli atti compiuti dopo il predetto termine, infatti, è geneticamente connessa al tema delle indagini svolte, sicché la sanzione processuale non opera quando l'atto sia stato assunto nell'ambito delle indagini diverse, volte ad individuare gli autori di altri reati.
Cass. pen. n. 2463/1996
La sanzione di inutilizzabilità delle indagini svolte dal P.M. di sua iniziativa oltre il termine di durata delle indagini preliminari non preclude al Gip, anche se richiesto di archiviazione fuori termine, di indicare le ulteriori indagini necessarie fissando un nuovo termine per il loro compimento. Invero una volta formulate le richieste del P.M. la disciplina di durata delle indagini preliminari diviene inoperante ed inizia una fase diversa affidata alla direzione del Gip, con termini suoi propri, analogamente a quanto accade nell'ipotesi di avocazione.
Cass. pen. n. 10664/1995
La sanzione della inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall'art. 405 c.p.p., non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla sua scadenza. (Nel caso di specie la corte ha ritenuto che bene avesse fatto il pretore prima e la corte d'appello poi a ritenere pienamente utilizzabili gli esiti di una analisi di revisione in tema di sofisticazioni alimentari compiuta prima della scadenza del termine e depositato dopo).
Cass. pen. n. 2691/1995
Nel caso in cui il pubblico ministero non abbia ancora esercitato l'azione penale e il procuratore generale non abbia esercitato il suo potere di avocazione il pubblico ministero procedente, anche dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, può richiedere il sequestro preventivo e il giudice per le indagini preliminari è competente a provvedere sulla richiesta.
Cass. pen. n. 2631/1995
L'art. 335, comma primo, c.p.p. impone al pubblico ministero l'obbligo di iscrizione immediata della notizia di reato nell'apposito registro. Quanto, invece, all'iscrizione del nome dell'indagato, poiché questa, in base alla stessa disposizione normativa, deve avvenire o «contestualmente» ovvero «dal momento in cui risulta», ne deriva che, verificandosi detta seconda ipotesi, il pubblico ministero viene a fruire di un ambito di valutazione discrezionale la cui esclusività comporta l'insindacabilità da parte del giudice. Non può quindi porsi alcun problema di inutilizzabilità degli atti d'indagine, ai sensi dell'art. 407, comma terzo, c.p.p., per inosservanza dei termini di durata massima delle indagini preliminari, se non con riferimento alla data in cui il nome dell'indagato è stato effettivamente iscritto nel registro in questione. (Nella specie la Corte, pur annullando, poi, per altra ragione, l'ordinanza impugnata con la quale il tribunale del riesame aveva confermato un provvedimento cautelare, ha ritenuto infondata, sulla base dei principi dianzi enunciati, la tesi secondo la quale il preteso ritardo con il quale il pubblico ministero aveva provveduto alla iscrizione del nome dell'indagato avrebbe potuto legittimare la fittizia retrodatazione di tale iscrizione e rendere quindi configurabile l'inosservanza dei termini, con le relative conseguenze).
Cass. pen. n. 4698/1994
Il decorso del termine per il compimento delle indagini comporta l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza, ma non implica alcuna nullità. (Nella specie la Suprema Corte ha escluso la nullità del decreto di citazione, ancorché emesso tardivamente, enunciando il principio di cui in massima).
Cass. pen. n. 1918/1993
Ai fini della sanzione di inutilizzabilità, prevista dall'art. 407, terzo comma, c.p.p., per «atto di indagine», compiuto dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, deve intendersi solo quello con efficacia probatoria. In tale categoria non rientra la richiesta di applicazione di una misura cautelare e, a fortiori, di proroga della stessa, in quanto intesa ad ottenere un provvedimento incidente sulla sfera di libertà dell'indagato. Legittima è, pertanto, la richiesta di proroga della custodia cautelare, avanzata prima della chiusura dell'udienza preliminare, anche se dopo la scadenza del termine previsto per l'inizio dell'azione penale dall'art. 405 c.p.p., una volta che quest'ultima sia stata esercitata tempestivamente.
Cass. pen. n. 2156/1992
Tra i termini di durata delle indagini preliminari (art. 407 c.p.p.) e quelli di durata della custodia cautelare (art. 303 stesso codice) non esiste un rapporto di pregiudizialità. Quindi, la proroga della custodia cautelare, il cui termine sia prossimo a scadere, può essere richiesta e disposta prescindendo dalla scadenza del termine per le indagini preliminari, sempre che sussistano e persistano le condizioni necessarie per la sua applicazione.
Cass. pen. n. 3046/1991
La proroga della custodia cautelare può essere disposta ancorché sia prossimo a scadere il termine di conclusione delle indagini preliminari perché fra questo termine e il termine di scadenza della custodia cautelare e fra le rispettive proroghe non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità e la scadenza del primo non comporta né la decadenza dalla potestà di chiedere l'archiviazione o di esercitare l'azione penale, né l'estinzione della custodia cautelare già applicata, ma soltanto l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine stesso, secondo il disposto dell'art. 407, terzo comma, c.p.p. La proroga del termine della custodia cautelare può essere disposta ove permanga taluna delle tre esigenze cautelari stabilite dall'art. 274, primo comma, c.p.p., e non soltanto per l'esigenza attinente alle indagini, sempre che in relazione ad esse si debbano compiere «accertamenti particolarmente complessi».