La violazione delle norme urbanistico-edilizie, oltre a dare luogo alle sanzioni amministrative e penali previste dal Testo Unico, produce anche importanti riflessi sugli atti aventi ad oggetto il trasferimento dei
diritti reali tra privati.
Essi sono disciplinati dall’articolo in commento, che sancisce la
nullità degli atti giuridici che non riportino gli estremi del permesso di costruire, ordinario o in sanatoria.
Non si tratta di una novità introdotta dal Testo Unico, bensì di una disposizione che trova i suoi primi antecedenti normativi nell’art. 10, L. n. 765/1967 e nell’art. 15, L. n. 10/1977, che sancivano rispettivamente la nullità degli atti di compravendita aventi ad oggetto terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale e unità edilizie costruite in assenza dei richiesti titoli abilitativi, qualora tale mancanza non fosse menzionata nell’atto e portata così a conoscenza dell’
acquirente.
L’attuale formulazione dell’articolo 46 ricalca senza sostanziali modifiche -anche per quanto riguarda l’efficacia temporale- l’art. 17, L. n. 47/1985, eccezion fatta per i necessari adeguamenti terminologici e per l’aggiunta del comma 5
bis relativo alla SCIA sostitutiva del permesso di costruire.
Tuttavia, la norma non cita, tra gli atti abilitativi i cui estremi devono essere riportati nell’atto di trasferimento, il rilascio o la richiesta di condono edilizio (da ultimo previsto dalla L. n. 326/2003 per le opere eseguite entro il 31 marzo 2003).
Pertanto, la giurisprudenza ritiene che per i manufatti oggetto dell’ultimo condono, la disciplina di riferimento non sia l’articolo in commento, bensì il sopra menzionato art. 17, L. n. 47/1985.
Per gli edifici o parti di edifici -anche se oggetto di condono- realizzati tra il 1º settembre 1967 ed il 17 marzo 1985, invece, si applica l’art. 40, comma 2,
primo periodo, l. n. 47/1985 (ancora in vigore), che richiede la dichiarazione degli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria, ovvero la produzione di copia della relativa domanda e l'indicazione degli estremi di pagamento delle prime due rate dell’oblazione.
Infine, per le opere iniziate anteriormente al 1º settembre 1967, data di entrata in vigore della cosiddetta legge ponte (L. n. 765/1967), trova applicazione l’art. 40, comma 2,
secondo periodo, l. n. 47/1985, che consente di produrre -in luogo degli estremi della licenza edilizia- una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante che l’opera risulti iniziata prima di tale data.
La nullità è comminata per specifici atti ad effetti reali tra vivi, con esclusione di quelli
mortis causa, degli atti ad effetti obbligatori, dei contratti con oggetto diritti reali di garanzia e
servitù, nonché degli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali.
Quanto alla natura di tale nullità, si segnala la presenza di un contrasto giurisprudenziale, che è stato di recente composto dalle Sezioni Unite.
Secondo un
primo orientamento (
teoria cosiddetta
formale), la sanzione prevista dalla norma in esame costituirebbe un'ipotesi di nullità assoluta, suscettibile di esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse, rilevabile d'ufficio dal giudice
ex art.
1421 c.c., e riconducibile all’ultimo comma dell’art.
1418 c.c., quale ipotesi di
nullità formale e non virtuale.
Le decisioni che seguono tale impostazione, in particolare, hanno chiarito che il presupposto della nullità consiste soltanto nella mancata indicazione nell'atto degli estremi della concessione, rimanendo irrilevante la conformità o meno dell'edificio rispetto al titolo urbanistico o la regolarità sostanziale dell'immobile oggetto dell’atto di trasferimento.
Pertanto, la questione della negoziabilità di immobili affetti da irregolarità urbanistiche, non sanate o non sanabili, viene inquadrata nella fattispecie dell’
inadempimento contrattuale di non scarsa importanza.
La seconda
teoria, cosiddetta
sostanziale, afferma che il contratto avente ad oggetto un bene immobile abusivo sia affetto da nullità sostanziale, ritenendo che lo scopo perseguito dalla norma in esame sia quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista edilizio-urbanistico.
Tale orientamento giurisprudenziale ha evidenziato, inoltre, l’incongruità di un sistema che sanzioni con la nullità per motivi meramente formali atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico, o in corso di regolarizzazione, e consenta, invece, il valido trasferimento di immobili sostanzialmente abusivi, lasciando alle parti interessate la possibilità di assumere l'iniziativa di risolverli sul piano dell'inadempimento contrattuale, o, addirittura, di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal legislatore, stipulando il contratto ed immediatamente dopo concludendo una transazione con la quale il compratore rinunci al diritto a far valere l'inadempimento della controparte.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno accolto il primo orientamento, che sostiene la nullità formale, ritenendo che la tesi sostanziale non sia rispettosa della lettera della legge e del principio secondo cui le norme che pongono limiti all'autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni debbano ritenersi di
stretta interpretazione, non potendo essere applicate, estensivamente o per analogia, ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste.
Pertanto, qualora nell’atto di trasferimento venga indicato un titolo effettivamente esistente e riferibile all'immobile oggetto della compravendita, il contratto deve ritenersi valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato (Cassazione civile, SS.UU., 22 marzo 2019, n. 8230).
Infine, va ricordato che secondo la giurisprudenza, l’indicazione permesso di costruire o del permesso in sanatoria costituiscono un requisito richiesto a pena di nullità, nonché una condizione dell’azione, anche in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre, non potendo la pronuncia
ex art.
2932 c.c. realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale.
Il medesimo principio, come ritenuto anche dalla Suprema Corte a Sezioni Unite nella sentenza 07 ottobre 2019, n. 25021, si applica anche quando sia proposta una domanda di scioglimento della
comunione ordinaria o ereditaria, con l’ulteriore precisazione che la carenza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell’edificio, e il mancato esame di essa da parte del Giudice, sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.