La vicenda ha avuto origine nel 2006, quando l’
attore, per mezzo di un
contratto preliminare, si era impegnato a cedere alla convenuta tutte le proprie quote di
partecipazione di una Srl e ne aveva stabilito un
prezzo, da versare in rate mensili.
Lo stesso giorno, le parti avevano sottoscritto una
scrittura privata autenticata da un
notaio, con la quale l’attore cedeva le proprie quote societarie sia alla convenuta che a un terzo, ad un prezzo inferiore a quello precedentemente stabilito, e dichiarava di non aver più nulla da pretendere, in quanto aveva già ricevuto il pagamento.
Alcuni anni dopo, la promissaria
acquirente aveva
interrotto i versamenti delle proprie rate mensili, pertanto il promittente l’aveva citata in
giudizio, chiedendo la sua condanna al pagamento della somma di cui si affermava ancora
creditore.
Il
Tribunale di Roma, con
sentenza 35549/2019, ha innanzitutto ricordato che il
contratto definitivo “costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione” del contratto preliminare; quest’ultimo determina solamente l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo, pertanto
il contenuto del secondo accordo può anche non conformarsi a quello del primo, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che esso sopravviva.
Inoltre, come già aveva affermato la sentenza 1677/2015 della Cassazione, nel silenzio del contratto definitivo, la
prova della conformità delle disposizioni contenute nel preliminare alla volontà delle parti al momento della conclusione del definitivo, e quindi della loro perdurante validità, può essere data soltanto dimostrando che vi era
“un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni”, previsti nel preliminare, rimangono in vita; tale prova deve esser data da chi chieda l’
adempimento di questo distinto accordo.
Nel caso in questione era emerso che il secondo contratto, oltre ad essere stato firmato anche da una terza persona in qualità di
acquirente di una parte delle quote, conteneva anche la
quietanza di pagamento integrale del prezzo. Queste circostanze dimostravano che il contratto definitivo costituiva ormai
“l’unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti”.
Dunque, secondo i giudici non è possibile che i sottoscrittori del preliminare agiscano in giudizio per ottenere l’
adempimento degli obblighi che non siano stati poi richiamati nel contratto successivo. Alla luce di ciò, il tribunale ha respinto la domanda dell’attore, condannandolo al pagamento delle spese di lite.