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Articolo 1422 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Imprescrittibilità dell'azione di nullità

Dispositivo dell'art. 1422 Codice Civile

L'azione per far dichiarare la nullità [2652 n. 6] non è soggetta a prescrizione [2934](1), salvi gli effetti dell'usucapione(2) e della prescrizione delle azioni di ripetizione(3).

Note

(1) Ciò costituisce una delle principali differenze dall'azione di annullamento, che è sempre passibile di prescrizione.
(2) Pertanto chi ha conseguito il possesso (1140 ss. c.c.) di un bene in base ad un contratto nullo (1418 ss. c.c.) può, nonostante la nullità del contratto, agire per far dichiarare l'avvenuta usucapione se ne sussistono i presupposti (v. 1158 ss. c.c.). E' escluso, invece, che possa operare la regola "possesso vale titolo" (v. 1153 c.c.) in quanto essa presuppone l'acquisto in base ad un titolo idoneo. Tale regola, però, può operare nei confronti dei terzi che acquistano da chi, a sua volta, ha ottenuto il possesso di quel bene in base ad un contratto nullo.
(3) Colui che paga in base ad un contratto nullo realizza un indebito oggettivo (2033 c.c.) ed ha, pertanto, diritto alla restituzione di quanto versato. Tuttavia, tale diritto è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale (v. 2934, 2946 c.c.).

Ratio Legis

La norma si spiega considerando la gravità del vizio dell'atto, la quale comporta che il decorso del tempo non può mai convalidare il contratto. Sono salve, però, usucapione e prescrizione, la prima per la necessità di proteggere chi mostra interesse per il bene a fronte di chi non ne dimostra, la seconda per garantire una maggior certezza delle situazioni giuridiche.

Spiegazione dell'art. 1422 Codice Civile

Inutilita della disposizione
Anche questo articolo sancisce un principio che, per quanto non espressamente formulato nel codice, era tuttavia pacifico sotto l'impero della passata legislazione.

«Quod ab initio vitiosum est, non potest tractu temporis convalescere»: l'azione di nullità, essendo un'azione di mero accertamento, non si può prescrivere e, per quanto col decorso del tempo si possa realizzare una situazione giuridica analoga o identica a quella che si sarebbe realizzata se il negozio fosse stato efficace, ciò non dipende da una prescrizione della nullità, ma dalla prescrizione delle azioni di ripetizione derivanti dalla nullità del negozio e dall'usucapione. Così, data, ad esempio, una compravendita nulla e supposto che le parti vi abbiano dato egualmente esecuzione consegnando la cosa e pagando il prezzo e che sia passato il tempo necessario per l'usucapione, l'acquisto della proprietà della cosa e l'irripetibilità del prezzo pagato trovano la loro causa esclusivamente nell'usucapione e nella prescrizione dell'azione di ripetizione dell'indebito. Quindi anche in questa ipotesi l'interessato potrà proporre l'azione diretta ad accertare la nullità del negozio, ma egli non potrà basarsi su questo accertamento per chiedere la restituzione della res, potendo il convenuto opporre il suo acquisto avvenuto in base alla usucapione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1422 Codice Civile

Cass. civ. n. 7721/2023

Nelle controversie aventi a oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative e inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall'individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito, di talché il "dies a quo" della prescrizione dell'azione inizia a decorrere soltanto per quella parte delle rimesse sul conto corrente eccedenti il limite dell'affidamento determinato dopo aver rettificato il saldo.

Cass. civ. n. 3858/2021

In tema di pagamenti indebiti effettuati dal correntista, non esiste un diritto alla rettifica di un'annotazione di conto corrente autonomo rispetto al diritto di far valere la nullità, l'annullamento, la rescissione ovvero la risoluzione del titolo che è alla base dell'annotazione stessa, essendo quest'ultima null'altro che la rappresentazione contabile di un diritto, sicchè, ove venga accertata la nullità del titolo in base al quale gli interessi sono stati annotati, essendo la relativa azione imprescrittibile ex art. 1422 c.c., la rettifica sul conto può essere chiesta senza limiti di tempo.

Cass. civ. n. 24051/2019

L'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati; nell'anzidetta ipotesi, infatti, ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'"accipiens".

Cass. civ. n. 27704/2018

L'azione di ripetizione dell'indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale che decorre, in assenza di un'apertura di credito, dai singoli versamenti aventi natura solutoria. Grava sull'attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell'eccezione di prescrizione dell'azione proposta dalla banca, dimostrare l'esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio ed a spostare l'inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO LECCE, 25/09/2014).

Cass. civ. n. 6664/2018

Accertata la nullità del contratto d'investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporta l'applicazione della disciplina dell'indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell'obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all'assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, avente ad oggetto, da un lato, le somme versate dal cliente alla banca per eseguire l'operazione e, dall'altro lato, i titoli consegnati dalla banca al cliente e gli altri importi ricevuti a titolo di frutti civili o di corrispettivo per la rivendita a terzi, a norma dell'art. 2038 c.c., con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza.

Cass. civ. n. 9401/2016

L'azione di simulazione, sia assoluta che relativa, in quanto diretta ad accertare la nullità del negozio apparente perché, in ogni caso, privo di causa per mancanza dello scopo economico sociale cui il contratto simulato è destinato, è imprescrittibile ai sensi dell'art. 1422 c.c., ancorchè, nel caso della simulazione relativa in senso proprio, il decorso del tempo possa rilevare per i diritti nascenti dal negozio dissimulato, sì da far venire meno l'interesse all'accertamento della simulazione apparente. Tale situazione, peraltro, non ricorre in caso di interposizione fittizia di persona che è diretta ad identificare il vero contraente celato dall'interposto e non, invece, a far riconoscere gli elementi costitutivi di un diverso negozio, sicché l'azione ha carattere dichiarativo ed è imprescrittibile.

Cass. civ. n. 7043/2010

L'azione od eccezione con la quale l'I.N.P.S. intenda far accertare la nullità, totale o parziale, della posizione previdenziale di un lavoratore, per inesistenza del rapporto di lavoro sottostante, è imprescrittibile, ai sensi dell'art. 1422 cod. civ., ancorché sia assoggettata a prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2946 cod. civ., l'azione di ripetizione dei contributi indebitamente versati.

Cass. civ. n. 3022/2003

I1 termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento previsto dall'art. 6 legge n. 604 del 1966 deroga al principio generale - desumibile dagli artt. 1421 e 1422 c.c. - secondo il quale, salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e l'azione per farla dichiarare non è soggetta a prescrizione. Ne consegue che, sotto questo profilo, la disposizione di cui al citato art. 6 legge n. 604 del 1966 è da considerarsi di carattere eccezionale e non è perciò applicabile, neanche in via analogica, ad ipotesi di nullità del licenziamento che non rientrino nella previsione della citata legge n. 604 del 1966. Pertanto da escludersi che il suddetto termine di sessanta giorni per l'impugnativa sia applicabile al licenziamento nullo perchè privo della forma imposta dalla legge ad substantiam.

Cass. civ. n. 4986/1991

La cosiddetta azione di simulazione relativa, in quanto diretta ad accertare la nullità del negozio simulato, è imprescrittibile (al pari della cosiddetta azione di simulazione assoluta), ai sensi dell'art. 1422 c.c., potendo il decorso del tempo incidere solo indirettamente sulla proponibilità di tale azione, nel senso che la prescrizione dei diritti che presuppongono l'esistenza del negozio dissimulato può far venir meno l'interesse all'accertamento della simulazione del negozio apparente.

Cass. civ. n. 4551/1990

Con riguardo a rapporti di lavoro costituiti in violazione del divieto d'intermediazione ed interposizione sancito dall'art. 1 della L. n. 1369 del 1960, ove il lavoratore, dopo un periodo d'illecita interposizione, sia stato formalmente assunto dal datore di lavoro interponente, l'azione per il riconoscimento di una maggiore anzianità mediante retrodatazione del rapporto di lavoro non è soggetta a prescrizione, essendo correlata all'imprescrittibile facoltà di accertamento della nullità del contratto di lavoro stipulato in violazione del divieto predetto, mentre la sussistenza della stabilità reale, ai fmi del decorso o meno, in pendenza del rapporto, della prescrizione (quinquennale) di specifici diritti del lavoratore, deve essere verificata alla stregua della disciplina applicabile al rapporto in base alle concrete modalità (anche soggettive) di svolgimento del rapporto medesimo, non già alla stregua della disciplina che l'avrebbe regolato ove esso fosse sorto ab initio con il datore di lavoro effettivo, restando conseguentemente escluso che la stabilità propria di rapporti anche formalmente costituiti con l'effettivo datore di lavoro possa estendersi al rapporto del lavoratore fittiziamente assunto dall'intermediario.

Cass. civ. n. 4636/1989

L'azione volta all'accertamento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, per la nullità delle clausole di apposizione di termine stipulate, nel corso del suo svolgimento, in contrasto con la disciplina imperativa della L. 18 aprile 1962, n. 230 (sul contratto di lavoro a tempo determinato), è imprescrittibile a norma dell'art. 1422 c.c.

Cass. civ. n. 3031/1989

Essendo correlata all'imprescrittibile facoltà di rimuovere un'ipotesi di nullità del contratto di lavoro, l'azione per il riconoscimento di una maggiore anzianità mediante retrodatazione dell'inizio del rapporto di lavoro, che sia fondata su un'ipotesi di intermediazione nelle prestazioni di lavoro in violazione del divieto posto dall'art. 1 della L. n. 1369 del 1960, non è soggetta a prescrizione, la quale può invece colpire singoli e specifici diritti derivanti dalla maggiore anzianità di servizio rivendicata.

Cass. civ. n. 3019/1989

L'azione volta a far valere la nullità del patto di apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, per essere la relativa clausola priva di forma scritta, è imprescrittibile a norma dell'art. 1422 c.c., restando invece soggetti a prescrizione quinquennale (art. 2948 nn. 4 e 5) i diritti patrimoniali scaturenti dall'avvenuta instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, con necessaria decorrenza, quanto alla prescrizione del diritto all'indennità di fine rapporto, dalla cessazione del rapporto stesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1422 Codice Civile

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DE S. R. chiede
martedì 13/10/2020 - Lombardia
“Ho un credito risalente, per cui dispongo di un titolo esecutivo, verso una Srl, che non ha alcun bene aggredibile e non opera da anni, ma, benché detta Srl avesse anche un enorme debito verso l’Agenzia delle entrate, non risulta ancora fallita.
La Srl in questione era proprietaria di un immobile di due piani, ad uso ufficio, e, nel 1997, aveva presentato un frazionamento catastale del primo piano, nel quale una parte del piano, comprensiva dei servizi igienici, veniva separata, lasciando la restante parte del piano priva di servizi (quindi priva di impianto idrico e di scarico fognario).
Con riferimento alla parte di piano frazionata comprensiva dei servizi, la Srl, nel 1999, ne cedeva ad una persona fisica una porzione di due locali e, nel giugno del 2001, sempre alla medesima persona, ne cedeva la restante parte (comprensiva dei bagni), rimanendo la Srl solo proprietaria della porzione priva di servizi.
Il suddetto acquirente, nel 2005, cedeva le porzioni immobiliari acquistate ad una Società Immobiliare Srl, partecipata da una Società Svizzera, operazione probabilmente di comodo, dal momento che la persona fisica continua, ad oggi, ad occupare l’immobile con i propri uffici.
La porzione di piano priva di servizi, invece, veniva pignorata nel 2006 e venduta all’asta, ma, il sottoscritto, pur intervenuto nella procedura esecutiva, nulla riusciva a recuperare del proprio credito.
Ora, come anche evidenziato dalla perizia di stima della porzione pignorata, non si era riscontrata presso il Comune alcuna pratica edilizia riferibile al frazionamento catastale di cui sopra (depositato nel 1997).
Su tale premessa, vorrei capire se - in difetto della pratica edilizia - il frazionamento catastale del 1997 fosse sufficiente a rendere valida la cessione immobiliare, oppure se, in particolare per il rogito del giugno 2001, detta cessione potesse risultare affetta da nullità.
Ciò perché, se potessi fare una azione di accertamento della nullità della cessione, penso che il bene immobile potrebbe risultare ancora di proprietà della Srl, ed io (magari iscrivendo ipoteca con riserva sull’immobile in questione), potrei avere qualche probabilità di recuperare il mio credito.
Gradirei un Vostro parere su tale ipotesi.
Ringrazio e saluto cordialmente.
rds”
Consulenza legale i 18/10/2020
Va premesso che, anche qualora la cessione della prima porzione immobiliare, stipulata nel 1999, fosse nulla, tale nullità avrebbe scarsa rilevanza sul piano pratico, dal momento che, ai sensi dell’art. 1422 del c.c., l'azione per far dichiarare la nullità non è, di per sé, soggetta a prescrizione; tuttavia vengono fatti salvi gli effetti dell'usucapione (che per gli immobili è ordinariamente soggetta al termine ventennale, art. 1158 del c.c.) e della prescrizione delle azioni di ripetizione.
Rimane da esaminare l’incidenza di una eventuale nullità della seconda alienazione, quella del 2001, rispetto alla quale il termine ventennale non sarebbe ancora decorso.
Ora, l’art. 46, comma 1 D.P.R. 380/2001 prevede la nullità degli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto il trasferimento, o la costituzione, o lo scioglimento della comunione, di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985; né gli stessi possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.
Analogamente, prima dell’entrata in vigore del T.U. edilizia, l’art. 17 della L. n. 47/1985 stabiliva la nullità degli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto il trasferimento, o la costituzione, o lo scioglimento della comunione, di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione fosse iniziata dopo l'entrata in vigore della medesima legge, e che gli stessi non potessero essere stipulati in caso di mancata dichiarazione, da parte dell'alienante, degli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria.
Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 8230/2019, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:
- “la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile”;
- "in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato".
Nel nostro caso, dal quesito non è dato conoscere il contenuto dell’atto; tuttavia, considerato che si afferma anche che agli atti del Comune non sarebbe stata rinvenuta alcuna pratica edilizia riguardante l’immobile in questione, è lecito supporre che nel contratto di compravendita che interessa non vi fosse menzione di eventuali titoli abilitativi, sempre che fossero necessari.
Ad ogni modo, per verificare in maniera certa la eventuale nullità della cessione, occorrerebbe conoscere sia il testo del contratto, sia - soprattutto - la natura di eventuali lavori effettuati (per tale seconda questione può rendersi necessario l’ausilio di un tecnico).
Inoltre, andrebbe esaminata la normativa vigente all’epoca del frazionamento (attualmente, l’art. 3 , comma 1, lett. b del D.P.R. 380/2001 prevede che “nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso”, ma si tratta di una modifica di recente introduzione).
Laddove la cessione fosse invalida, tale nullità potrebbe essere fatta valere, ai sensi dell’art. 1421 c.c., da chiunque vi avesse interesse (si veda Cass. SS.UU. 8230/2019, cit.). Spetterà comunque all’attore “provare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire, per cui l'azione stessa non è proponibile in mancanza della prova, da parte dell'attore, della necessità di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica” (Cass. Civ., Sez. II, n. 5420/2002).