AUTORE:
Alessandra Trimarco
ANNO ACCADEMICO: 2003
TIPOLOGIA: Diploma di Laurea
ATENEO: Universitā degli studi di Genova
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il rapporto di cambio consiste in una funzione matematica. Tale valore è dato dal raffronto dei rispettivi patrimoni societari il cui valore in sede di determinazione deve essere calcolato in base al valore effettivo, includendo ogni valore economico ad esso rilevante. Ci si riferisce non al mero valore patrimoniale di bilancio, bensì a quello reale della società, tenendo altresì conto del contributo differenziale dato dall'unione di società distinte, che acquistano un maggiore valore con l'integrazione. Nelle società a carattere mutualistico si è portati a calcolare tale valore adottando il metodo puramente patrimoniale.
Il calcolo del rapporto di cambio è lasciato alla competenza amministrativa.
La dichiarazione da parte del giudice è relativa alla sola dichiarazione di invalidità o di risarcimento, qualora i termini per proporre la suddetta azione ripristinatoria fossero scaduti con l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese e fosse venuta la possibilità di dichiarare tali vizi, data l'efficacia sanante della norma in esame.
La ratio la si può riscontrare nell'esigenza di garantire a tale operazione una certa solidità dopo la sua attuazione. Una ratio normativa, quindi, che mira alla conservazione dell'atto di fusione per esigenze di certezza giuridica. La congruità del rapporto di cambio non può essere sindacata in sede di volontaria giurisdizione. Qui il giudice si limita a controllare la congruità degli atti solo formalmente.
Tuttavia, il giudizio di omologazione non può ammettere l'intervento dei soci trasformandosi in un contraddittorio (per mezzi e tempi diversi). Il giudice non dovrebbe limitarsi a un mero controllo degli atti previsti dall'art. 2501 del c.c., ma dovrebbe valutarne il rispetto sostanziale alla legge e la loro chiarezza, al fine di offrire una maggiore tutela ai soci di minoranza, allorquando abbiano un interesse ad agire.
Quindi, l'azione del legislatore è volta a garantire una rigida disciplina per la sua attuazione, richiedendo la presenza di una serie di documenti informativi - idonei ai soci per poter valutare in sede assembleare la loro adesione alla fusione - e previsti specificatamente dagli articoli 2501 bis c.c., 2501 quater c.c., 2501 quinquies c.c.
Gli esperti rispondono degli obblighi del mandato (serietà e diligenza), e sono soggetti a responsabilità civile per il risarcimento del danno e penale per mancata o falsa perizia.
Tale iter procedimentale può essere omesso nella fattispecie prevista dal 2501 quinquies c.c., qualora la società incorporante possieda tutte le azioni o quote della società incorporata. La procedura semplificata per alcuni non riveste carattere eccezionale, ma sancisce una situazione già esistente.
Il diritto all'informazione nel procedimento di fusione è riconosciuto dalla "III Direttiva" ed è causa di annullamento della delibera, e non di nullità, essendo la materia di cui verte la delibera lecita e possibile. Al contrario, la mancata determinazione del rapporto di cambio genera un vizio di nullità.
Il procedimento di fusione si prefigge principalmente la tutela degli azionisti di minoranza. Questi possono opporsi entro tre mesi dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese per rilevare i vizi dell'atto, così come i terzi, se riscontreranno in tale operazione un pregiudizio. Gli attori possono chiedere contemporaneamente una domanda ripristinatoria e una domanda risarcitoria, e l'una non esclude l'altra.
L'azione di invalidità può essere presentata entro due mesi; dopodiché, è possibile l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese.
La normativa dell'art. 2504 quater del c.c. dichiara la sanatoria dell'atto di fusione dopo la sua iscrizione. Da ciò emerge la particolare importanza dello strumento cautelare - riconosciuto dall'ordinamento - della sospensione della delibera, la quale, in presenza degli elementi richiesti del fumus e del periculum in mora, consente a chi lo utilizza un blocco del procedimento fino alla decisione del giudice.
Il calcolo del rapporto di cambio è lasciato alla competenza amministrativa.
La dichiarazione da parte del giudice è relativa alla sola dichiarazione di invalidità o di risarcimento, qualora i termini per proporre la suddetta azione ripristinatoria fossero scaduti con l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese e fosse venuta la possibilità di dichiarare tali vizi, data l'efficacia sanante della norma in esame.
La ratio la si può riscontrare nell'esigenza di garantire a tale operazione una certa solidità dopo la sua attuazione. Una ratio normativa, quindi, che mira alla conservazione dell'atto di fusione per esigenze di certezza giuridica. La congruità del rapporto di cambio non può essere sindacata in sede di volontaria giurisdizione. Qui il giudice si limita a controllare la congruità degli atti solo formalmente.
Tuttavia, il giudizio di omologazione non può ammettere l'intervento dei soci trasformandosi in un contraddittorio (per mezzi e tempi diversi). Il giudice non dovrebbe limitarsi a un mero controllo degli atti previsti dall'art. 2501 del c.c., ma dovrebbe valutarne il rispetto sostanziale alla legge e la loro chiarezza, al fine di offrire una maggiore tutela ai soci di minoranza, allorquando abbiano un interesse ad agire.
Quindi, l'azione del legislatore è volta a garantire una rigida disciplina per la sua attuazione, richiedendo la presenza di una serie di documenti informativi - idonei ai soci per poter valutare in sede assembleare la loro adesione alla fusione - e previsti specificatamente dagli articoli 2501 bis c.c., 2501 quater c.c., 2501 quinquies c.c.
Gli esperti rispondono degli obblighi del mandato (serietà e diligenza), e sono soggetti a responsabilità civile per il risarcimento del danno e penale per mancata o falsa perizia.
Tale iter procedimentale può essere omesso nella fattispecie prevista dal 2501 quinquies c.c., qualora la società incorporante possieda tutte le azioni o quote della società incorporata. La procedura semplificata per alcuni non riveste carattere eccezionale, ma sancisce una situazione già esistente.
Il diritto all'informazione nel procedimento di fusione è riconosciuto dalla "III Direttiva" ed è causa di annullamento della delibera, e non di nullità, essendo la materia di cui verte la delibera lecita e possibile. Al contrario, la mancata determinazione del rapporto di cambio genera un vizio di nullità.
Il procedimento di fusione si prefigge principalmente la tutela degli azionisti di minoranza. Questi possono opporsi entro tre mesi dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese per rilevare i vizi dell'atto, così come i terzi, se riscontreranno in tale operazione un pregiudizio. Gli attori possono chiedere contemporaneamente una domanda ripristinatoria e una domanda risarcitoria, e l'una non esclude l'altra.
L'azione di invalidità può essere presentata entro due mesi; dopodiché, è possibile l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese.
La normativa dell'art. 2504 quater del c.c. dichiara la sanatoria dell'atto di fusione dopo la sua iscrizione. Da ciò emerge la particolare importanza dello strumento cautelare - riconosciuto dall'ordinamento - della sospensione della delibera, la quale, in presenza degli elementi richiesti del fumus e del periculum in mora, consente a chi lo utilizza un blocco del procedimento fino alla decisione del giudice.