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Articolo 468 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Soggetti

Dispositivo dell'art. 468 Codice Civile

(1)La rappresentazione ha luogo, nella linea retta [75 c.c.], a favore dei discendenti dei figli [legittimi, legittimati] anche adottivi, [nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto](2) del defunto, e, nella linea collaterale [75 c.c.], a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto(3).

I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunciato all'eredità [479, 519 c.c.] della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa [463 c.c.](4).

Note

(1) La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui esclude dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (sent. n. 79/1969).
(2) Comma così modificato con d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, in vigore dal 7 febbraio 2014.
(3) I soggetti che possono succedere per rappresentazione sono soltanto i discendenti dei figli nonché dei fratelli o delle sorelle del defunto.
(4) Poiché i discendenti che succedono per rappresentazione fanno valere un proprio diritto, e non un diritto del delato anteriore, è possibile per questi rappresentare il soggetto rispetto al quale erano incapaci di succedere, indegni o alla cui successione abbiano rinunciato.

Ratio Legis

Attraverso la rappresentazione si chiamano alla successione i più stretti famigliari del rappresentato con l'intenzione di favorire la sua famiglia. Si presume, infatti, che il defunto, se avesse saputo che il rappresentato non avrebbe potuto o voluto accettare l'eredità, avrebbe disposto a favore dei discendenti di quest'ultimo.

Brocardi

Non datur repraesentatio per saltum et omisso medio

Spiegazione dell'art. 468 Codice Civile

Vi sono due categorie di soggetti che rilevano in relazione alla rappresentazione.
  1. Il rappresentante che è, in linea retta, il discendente del figlio del de cuius e, in linea collaterale, il discendente dei fratelli o delle sorelle del de cuius, il cui ascendente non possa o non voglia accettare l'eredità. Quanto ai discendenti adottivi si ritiene che la rappresentazione operi esclusivamente in caso di adozione legittimante e non in caso di adozione dei maggiorenni stante il rilievo che, in quest'ultimo caso, l'adottato non instaura alcun rapporto civile con i parenti dell'adottante. Secondo la dottrina prevalente la capacità di succedere del rappresentante deve sussistere sin dall'apertura della successione poiché gli effetti della sua accettazione retroagiscono sino a tale momento. Il rappresentante succede al de cuius iure proprio. Egli deve essere dunque capace di succedere e degno solo nei confronti del de cuius, a nulla rilevando la circostanza che il rappresentante abbia rinunciato all'eredità del rappresentato o che quest'ultimo sia dichiarato indegno nei confronti del de cuius o ancora che il rappresentante sia indegno rispetto al rappresentato.
  2. Il rappresentato è il figlio, il fratello o la sorella del de cuius che non possa o non voglia accettare la sua eredità. Si ritiene, in dottrina e giurisprudenza, che le suddette categorie (figlio, fratello, sorella) non possano essere estese ai nipoti ex fratre o ex filio. Il rappresentato rileva esclusivamente al fine di individuare la quota di eredità che deve essere devoluta al rappresentante che, per l'appunto, succede nella medesima posizione del rappresentato, restando quest'ultimo per ogni ulteriore aspetto completamente estraneo al fenomeno successorio.


Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

235 Questi principi sono enunziati nell'art. 467 del c.c., art. 468 del c.c. e art. 469 del c.c.. Il primo di essi chiarisce il concetto di rappresentazione e ne fissa i limiti nel caso di successione testamentaria, affermando che la rappresentazione non ha luogo se il testatore ha fatto una sostituzione per il caso che l'istituito non possa o non voglia accettare l'eredità. A evitare il dubbio, del resto infondato, che i discendenti dell'istituito non possano reclamare la quota di riserva, nel caso in cui sia stata disposta la sostituzione, ho posto un chiarimento a questo riguardo nell'art. 536. L'art. 468 precisa i soggetti tra i quali vi è rappresentazione e le condizioni nelle quali questa ha luogo. L'art. 469 infine contempla i casi in cui si ha la successione per rappresentazione e il modo in cui si effettua la divisione fra i rappresentanti. In correlazione ai mutamenti introdotti in questo capo, ho soppresso e modificato talune disposizioni del progetto che non erano più compatibili con i nuovi principii, come sarà di volta in volta avvertito.

Massime relative all'art. 468 Codice Civile

Cass. civ. n. 594/2015

In tema di successione per rappresentazione, il discendente legittimo o naturale (rappresentante), nel subentrare nel luogo e nel grado dell'ascendente (rappresentato) - che non possa o non voglia accettare l'eredità - succede direttamente al "de cuius", sicché egli in qualità di successore "jure proprio" nell'eredità, è legittimato all'esercizio del retratto successorio.

Cass. civ. n. 5508/2012

L'indicazione dei soggetti a favore dei quali ha luogo la successione per rappresentazione, quale preveduta dagli artt. 467 e 468 c.c., è tassativa, essendo il risultato d'una scelta operata dal legislatore, sicché non è data rappresentazione quando la persona cui ci si vuole sostituire non è un discendente, fratello o sorella del defunto, ma il coniuge di questi.

Cass. civ. n. 4621/2012

In tema di successioni per causa di morte, deve escludersi che chi non sia ancora concepito al momento dell'apertura della successione e, quindi, sia privo della capacità di rendersi potenziale destinatario della successione "ex lege" del "de cuius", possa succedere per rappresentazione, essendo necessario, affinché operi la vocazione indiretta, che il discendente, in quel momento, sia già nato o almeno concepito.

Cass. civ. n. 22840/2009

L'ambito di applicazione dell'istituto della rappresentazione, sia nella successione legittima che in quella testamentaria, è circoscritto dall'art. 468 c.c., nel senso che essa ha luogo a favore dei discendenti del chiamato che, nella linea retta, sia figlio e, in quella collaterale, fratello o sorella del defunto; ne consegue che sono esclusi dalla rappresentazione i discendenti del nipote "ex filio".

Cass. civ. n. 3051/1994

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 468 c.c., in relazione all'art. 3 Cost., nella parte in cui non include i figli legittimi, di primo letto, del coniuge premorto tra i soggetti che possono subentrare per rappresentazione nel luogo e nel grado del loro ascendente a norma del precedente art. 467 c.c., in quanto l'istituto della rappresentazione la cui ratio si è progressivamente spostata dalla tutela della famiglia del defunto a quella della famiglia del mancato successore — ha carattere eccezionale, operando in deroga ai principi generali sull'ordine dei successibili, ed esprime, così, una valutazione squisitamente discrezionale — riservata al legislatore e non sindacabile dalla Corte costituzionale —, la quale non dà luogo, comunque, ad un'ingiustificata disparità di trattamento, attesa l'evidente disomogeneità della situazione dei figli di primo letto del coniuge premorto rispetto alle altre previste dagli artt. 467 e 468 c.c. agli effetti della successione rappresentazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 468 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. A. M. chiede
giovedì 26/09/2024
“Trattasi dell'eredità di una parente nubile,senza figli,nè genitori e ascendenti viventi che una quota di possesso pari a 4/6 su di una unità immobiliare deceduta il 27.09.2021.
Si chiede se nella successione legittima della suddetta oltre l'unica sorella vivente debbano entrare per legge anche i 3 nipoti figli di un'altra sorella deceduta il 04.06.2016.”
Consulenza legale i 02/10/2024
In assenza di alcuna volontà di sostituzione da parte della de cuius (non potuta manifestare per non aver redatto testamento), trovano applicazione le norme dettate in tema di successione legittima, integrate da quelle che lo stesso codice civile detta agli artt. 467 e ss. c.c. in tema di diritto di rappresentazione.
Si tratta di quel particolare istituto giuridico in forza del quale i discendenti, c.d. rappresentanti, subentrano al loro ascendente, c.d. rappresentato, nel diritto di accettare un lascito, qualora il chiamato non possa (ad esempio per premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato (art. 468 c.c.).

Soggetti rappresentati possono essere soltanto i figli (anche adottivi) ovvero un fratello o una sorella del defunto, mentre la rappresentazione è esclusa se il chiamato sia, rispetto al de cuius, un estraneo ovvero anche un parente diverso da un figlio (rappresentato, dunque, non può essere il nipote ex filio del defunto) o da un fratello (ad esempio un cugino).

Ora, poiché nel caso in esame la de cuius non ha lasciato coniuge, figli e ascendenti, primi chiamati alla successione sono, seguendo l’ordine previsto dall’art. 565 del c.c., i collaterali, ovvero fratelli e sorelle.
Considerato che una delle sorelle è premorta, ad essa subentrano per rappresentazione i figli, nonché nipoti della de cuius, ma la divisione del patrimonio ereditario andrà fatta per stirpi, come dispone il terzo comma dell’art. 469 del c.c..
Ciò significa che si formeranno due quote, di cui una andrà alla sorella vivente e l’altra verrà divisa in parti uguali tra i tre figli della sorella premorta.

Poiché il patrimonio della de cuius si compone di 4/6 di un fabbricato, di questi 2/6 andranno alla sorella vivente e gli altri 2/6 ai tre nipoti per rappresentazione.
Nella dichiarazione di successione ed ai fini della voltura al catasto potranno indicarsi le seguenti quote:
considerando che l’intero sia pari a 18/18 e che la quota della de cuius sia di 12/18 (ossia i 2/3 dell’intero), alla sorella premorta compete una quota pari a 6/18, mentre ai nipoti della sorella premorta una quota pari a 2/18 ciascuno (in totale 6/18).


B. M. chiede
giovedì 15/02/2024
“Uno zio senza figli, senza genitori e senza moglie è deceduto, lasciando una casa. Questa casa risulta adesso intestata ad una zia (la sorella dello zio deceduto), non sappiamo se per avvenuta donazione, vendita o testamento (lo zio deceduto era malato e sapeva di morire).

In vita ci sono altri 2 suoi fratelli (oltre la sorella che ora ha l'appartamento) e 8 nipoti. Degli 8 nipoti, 5 sono figli di 3 fratelli pre-morti. I figli dei fratelli pre-morti (i nipoti dello zio deceduto) hanno diritto alla quota di legittima per l'immobile intestato alla zia che lo ha ricevuto? Possono essere esclusi dall'eredità dello zio?”
Consulenza legale i 21/02/2024
Il primo aspetto che, per evitare confusioni, occorre chiarire è che l’immobile di cui si discute adesso fa parte del patrimonio della zia, non potendosi più fare riferimento alla successione dello zio.
Pertanto, ogni valutazione che andrà fatta non potrà che riguardare le modalità di devoluzione del patrimonio della zia.

Nel quesito si dice che potenziali chiamati all’eredità della zia sono due fratelli, ad oggi in vita, ed otto nipoti, di cui cinque figli di tre fratelli premorti, a loro volta anche nipoti dello zio deceduto.
Ebbene, qualora la zia non dovesse disporre per testamento dei suoi beni, non lasciando figli, coniuge e ascendenti, primi chiamati all’eredità saranno i fratelli e le sorelle (collaterali), e ciò in forza di quanto disposto dal primo comma dell’art. 565 del c.c..

La suddetta norma deve poi essere coordinata con le norme che il codice civile detta in materia di diritto di rappresentazione, e precisamente con gli artt. 467 e ss. c.c.
Si tratta di quell’istituto giuridico in forza del quale i discendenti, c.d. rappresentanti (senza alcuna distinzione) subentrano al loro ascendente nel diritto di accettare un lascito, qualora il chiamato (c.d. rappresentato) non possa (ad esempio per premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato (così l’art. 468 c.c.).
In particolare, sotto il profilo soggettivo, la rappresentazione può aver luogo soltanto quando il chiamato che non può o non vuole accettare sia un figlio ovvero un fratello o una sorella del defunto, mentre deve escludersi se il chiamato sia, rispetto al de cuius, un estraneo ovvero anche un parente diverso da un figlio (rappresentato, ad esempio, non può essere un nipote ex filio del defunto) o da un fratello.

Nel caso in esame, essendo i nipoti figli di fratelli premorti della zia, gli stessi avranno senza alcun dubbio diritto a succedere alla zia in luogo dei loro genitori.
E’ bene, tuttavia, fare una precisazione:
i nipoti non avranno alcun diritto a succedere se la zia dovesse decidere di disporre per testamento dei suoi beni, in quanto questi non rientrano in alcuna delle categorie di legittimari di cui all’art. 536 del c.c., norma che qualifica come tali il coniuge, i figli e gli ascendenti, ed a cui deve in ogni caso essere riservata una quota di eredità.


V. A. chiede
mercoledì 20/07/2022 - Calabria
“Domande relative alla rinuncia all'eredità. Qualora i figli e coniuge del de cuius rinunciassero, subentrano fratelli e sorelle del deceduto? E questo avviene "automaticamente"?
E se il figlio del deceduto ha figli minori, ed ha fatto la rinuncia, questi subentrano automaticamente a me no che la rinuncia non venga fatta fare anche per loro?”
Consulenza legale i 26/07/2022
Nel quesito non viene precisato se trattasi di successione legittima o testamentaria.
Supponendo trattarsi di un’eredità apertasi per legge, vige quanto disposto dagli artt. 565 e ss. c.c.
In particolare l’art. 565 del c.c. individua le seguenti categorie di successibili per legge:
a) coniuge
b) discendenti
c) ascendenti
d) collaterali
e) altri parenti
f) lo Stato
i quali sono chiamati a succedere nell’ordine e secondo le regole contenute nel titolo dedicato, appunto, alle successioni legittime.

Dette norme vanno a loro volta coordinate con gli artt. 467 e ss. c.c., le quali disciplinano il c.d. diritto di rappresentazione.
Si tratta di quel particolare istituto giuridico per effetto del quale il discendente (c.d. rappresentante) è chiamato a succedere in luogo dell’ascendente (c.d. rappresentato) in tutti i casi in cui quest’ultimo non voglia (per rinuncia) o non possa (per premorienza) accettare.

Scopo della rappresentazione è quello di tutelare la famiglia del rappresentato, ossia di evitare che i figli (ai quali perverrebbero i beni che il loro ascendente abbia ereditato dal loro avo) debbano trovarsi costretti a perdere tali beni qualora l'ascendente non partecipi all'eredità del proprio genitore.
Sono legittimati a succedere per rappresentazione i discendenti legittimi e naturali del rappresentato, mentre possono essere rappresentati:
a) nella linea retta, i figli legittimi, legittimati e adottivi nonché i figli naturali riconosciuti o giudizialmente dichiarati;
b) nella linea collaterale i fratelli e le sorelle del de cuius, sia germani che unilaterali, purché si tratti di parentela legittima (la quale si costituisce anche con adozione speciale), e non invece di parentela naturale.
Non rientra nella categoria dei rappresentati il coniuge del de cuius.

Pertanto, nel caso di specie, se figli e coniuge del de cuius dovessero rinunciare ed uno dei figli ha a sua volta figli minori, questi ultimi saranno chiamati a succedere per rappresentazione ex art. 468 c.c. e ad essi sarà devoluta l’intera eredità, non avendo il legislatore previsto un concorso di chiamata all’eredità tra figli e fratelli e sorelle del de cuius.
Infatti, l’art. 566 del c.c. dispone che al padre ed alla madre succedono i figli in parti uguali, mentre le sole ipotesi di concorso tra chiamati all’eredità sono previste dall’art. 571 del c.c. (concorso di genitori o ascendenti con fratelli e sorelle), dall’art. 581 del c.c. (norma che disciplina il concorso del coniuge con i figli) e dall’art. 582 del c.c. (relativo al concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle).

Se anche i discendenti minori del figlio rinunciante dovessero a loro volta rinunciare all’eredità del de cuius originario (ossia del loro nonno), in mancanza di ascendenti l’eredità si devolverebbe automaticamente (o meglio ex lege) in favore dei chiamati in ordine successivo, ossia i fratelli e le sorelle del de cuius.

G. B. chiede
giovedì 19/05/2022 - Veneto
“Mio zio, senza figli, genitori e fratelli in vita, è rimasto vedovo e la moglie ha lasciato per testamento tutto a lui. Esiste un testamento fatto dallo zio a favore esclusivo della moglie premorta. Quando verrà a mancare mio zio a chi andranno i beni? A mia sorella è a me i hai nipoti discendenti della moglie? Lui vorrebbe che l’eredità fosse per noi ma come sarebbe meglio comportarsi sapendo che lo zio in seguito ad un ictus ha bisogno di un tutore e quindi non penso possa redare un’altro testamento. Grazie”
Consulenza legale i 25/05/2022
Nel caso in esame sembra evidente che la volontà testamentaria dello zio non possa avere alcuna attuazione, avendo egli disposto in favore della moglie premorta e, si suppone, non avendo indicato altra persona in sostituzione dell’erede istituito per il caso in cui la moglie non avesse potuto o non avesse voluto accettare l’eredità (come previsto dall’art. 688 del c.c.).
Inoltre, in favore dei discendenti del coniuge del de cuius non possono neppure trovare applicazione le norme sul diritto di rappresentazione, in quanto, per espressa previsione di legge (cfr. art. 468 del c.c.), il coniuge superstite non rientra tra i c.d. soggetti rappresentati.

Da ciò se ne deve far conseguire che, alla morte dello zio, la successione dello stesso sarà regolata dalle norme che il codice civile detta in materia di successione legittima, ovvero dagli artt. 565 e ss. c.c.
In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 565 del c.c. sono eredi legittimi il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti (fino al sesto grado) e lo Stato.
Si dice nel quesito che lo zio non lascia coniuge (perché premorto), né figli, né ascendenti e neppure collaterali (fratelli e sorelle), questi ultimi perché premorti.
In assenza di eredi legittimi diretti, però, troveranno applicazione le norme dettate in tema di diritto di rappresentazione agli artt. 467 e ss. c.c., per effetto delle quali risulteranno chiamati all’eredità i nipoti, discendenti dell’unica sorella premorta (ovvero colui che pone il quesito e la sorella).
Dispone, infatti, l’art. 468 c.c. sopra richiamato, che la rappresentazione ha luogo nella linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto che non abbiano potuto (perché premorti) o voluto (per rinunzia) accettare l’eredità.

Pertanto, se volontà dello zio è quella di far sì che a succedergli siano i nipoti figli dell’unica sorella premorta, non occorre che lo stesso rediga testamento in tal senso, poiché tale suo desiderio troverà attuazione ex lege.
Peraltro, data la situazione di deficit neurologico in cui versa, un eventuale testamento dello stesso rischierebbe di essere immediatamente impugnato da chiunque ne abbia interesse, in quanto rientrante nella fattispecie descritta al n. 3 dell’art. 591 del c.c., il quale sanziona con l’annullabilità il testamento redatto da colui che si provi essere stato per qualsiasi causa incapace di intendere o di volere nel momento in cui fece testamento.

Si ritiene opportuno, infine, chiarire che anche un’eventuale impugnazione del testamento da parte dei discendenti della moglie non condurrebbe comunque ad effetti per loro vantaggiosi, poiché l’annullamento del testamento avrebbe come unica conseguenza quella di determinare l’apertura della successione legittima, con conseguente applicazione delle norme sopra viste e successione per rappresentazione dei nipoti, figli della sorella premorta del de cuius.

R. L. chiede
lunedì 08/04/2019 - Emilia-Romagna
“Gentilissimi, sono la nipote di uno zio adorato morto ucciso dal proprio figlio il (omissis).
Sono stata io a far aprire le indagini perché da tempo sospettavo che mio cugino raccontasse un mucchio di bugie e fosse un provetto truffatore, mai avrei pensato che fosse anche un assassino ma per alcune coincidenze e messo insieme altre cose sono riuscita a far fare l’autopsia al cadavere di mio zio e mercoledì scorso, dalla stampa, ho finalmente saputo che avevo ragione. Il figlio, venti giorni dopo la morte del padre, pare essersi suicidato buttandosi contro un camion ma ancora dalla Procura di (omissis) non è arrivato nulla. Detto questo veniamo all’eredità che parrebbe cospicua dai giornali mentre per quello che posso pensare io sarebbe molto più ridotta ma ieri dall’avvocato mi sono sentita dire che io sono fuori dai giochi e il perché ve lo spiego subito come l’ha spiegato a me: mio zio aveva due sorelle, la maggiore era mia madre deceduta dieci anni fa, l’altra la mezzana che è viva ma non autosufficiente della quale è amministratore dei suoi beni il figlio, il mio unico cugino rimasto. Mi è stato spiegato che unica erede è mia zia e di conseguenza quando sarà il suo momento, mio cugino, punto. Io ho obiettato che ho diverse conoscenze e anche molti clienti, sono personal live coach, ai quali è accaduta la stessa situazione e il figlio o i figli del fratello o della sorella del defunto, hanno ereditato ciò che sarebbe stato del loro genitore purtroppo deceduto. Sono dispiaciutissima, ho sempre aiutato ogni mio famigliare compreso mio cugino col quale divido le spese mensili per la casa di cura di mia zia. Aiutatemi per favore.”
Consulenza legale i 13/04/2019
La soluzione suggerita, che vedrebbe come unica erede del defunto zio la sorella non autosufficiente, non tiene nel debito conto quanto previsto dalle disposizioni in materia di rappresentazione, contenute in soli tre articoli del codice civile, che vanno dall’art. 467 del c.c. all’art. 469 del c.c..

Intanto sembra opportuno chiarire che con il termine “rappresentazione” ci si riferisce a quell’istituto giuridico in forza del quale si realizza il subingresso legale del rappresentante nel luogo e nel grado dell’ascendente rappresentato, in tutti i casi in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità.

Il rappresentante, dunque, succede al de cuius subordinatamente al fatto che il primo chiamato non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, ed il contenuto della successione è sempre determinato per relationem, ossia con riferimento a quella del primo chiamato (cioè il rappresentato).

La rappresentazione trova applicazione sia nella successione legittima che in quella testamentaria, con riferimento a tutti quei casi in cui vi sia perdita del diritto a succedere, tra i quali si annovera proprio la premorienza di uno degli eredi che sarebbe chiamato a succedere.

All’art. 468 c.c. il legislatore si preoccupa di individuare in maniera abbastanza chiara e precisa i soggetti in favore dei quali può invocarsi tale istituto, partendo anzitutto dalla distinzione tra eredi in linea retta e ed eredi in linea collaterale.
In relazione proprio alla linea collaterale, ossia al caso in cui tra i chiamati all’eredità vi siano soltanto fratelli e sorelle, il primo comma della norma appena citata dispone che soggetti legittimati a succedere per rappresentazione sono i discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

La norma deve intendersi nel senso che, se al momento della morte del de cuius, uno dei fratelli o una delle sorelle dello stesso de cuius non possa accettare l’eredità (e così conseguire la posizione di erede) perché premorto, acquisiranno il diritto di subentrarvi i suoi discendenti.

In questo passaggio successorio appena delineato, avremo che il discendente è colui che riveste la posizione di rappresentante, mentre il fratello o la sorella premorta sono coloro che vengono definiti rappresentati.

Tratteggiati questi principi essenziali, vediamo come vanno applicati al caso di specie.

La prima operazione da compiere è quella di stabilire dinanzi a quale tipo di successione ci troviamo (se legittima o testamentaria), e ciò al fine di poter individuare gli eredi.
Considerato che nel quesito posto non si fa alcun riferimento ad una volontà testamentaria, se ne deve necessariamente dedurre che alla morte dello zio si è aperta la successione legittima.

Per individuare gli eredi, dunque, dobbiamo spostare la nostra attenzione sulle norme dettate in materia di successione legittima, ed in particolare all’art. 565 del c.c., che determina le categorie di successibili nei seguenti soggetti: coniuge, discendenti, ascendenti, collaterali, altri parenti, lo Stato.
Dispone poi il successivo art. 570 del c.c. che a colui che muore senza lasciare figli, né genitori né altri ascendenti, succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali.

E’ quest’ultima la norma applicabile al caso di specie, in quanto lo zio è morto senza avere figli, né genitori né altri ascendenti, ma solo due sorelle.
Una delle sorelle, però, gli è premorta, verificandosi così quel presupposto richiesto dall’art. 467 c.c., ossia che non può succedere al de cuius.
Tale situazione, tuttavia, non vale ad escluderla dall’eredità del fratello, in quanto entrerà in funzione il meccanismo della rappresentazione, per cui in luogo della sorella (rappresentata) defunta succederanno i suoi discendenti, ossia chi pone il quesito, figlia della sorella e rappresentante.

Questi sono i principi e le regole da applicare per individuare con esattezza chi ha diritto di succedere allo zio, ovvero: l’unica sorella rimasta in vita e la figlia della sorella premorta, che succede per rappresentazione.


PIERCARLO C. chiede
giovedì 07/03/2019 - Piemonte
“Tizio muore senza fare testamento in assenza di coniuge, ascendenti, discendenti, fratelli e sorelle.
Unici parenti sono tre cugini (quarto grado di parentela) di cui uno (Caio) è premorto mentre Sempronio e Mevio sono in vita.
Gli eredi legittimi di Caio (coniuge e figlio) ereditano la parte (1/3) di Caio o tale parte viene suddivisa tra Sempronio e Mevio (1/6 ciascuno)?
Grazie.

Consulenza legale i 12/03/2019
Il meccanismo giuridico a cui ci si intende riferire nel quesito e della cui applicabilità si dubita è quello della successione per rappresentazione.
Si tratta di quell’istituto giuridico per effetto del quale la legge fa subentrare i discendenti a colui che, chiamato alla successione, non può (perché premorto) o non vuole (perché vi rinuncia) accettare l’eredità.

La sua disciplina è contenuta in soli tre articoli del codice civile (artt. 467-469 c.c.) e di essi quello che qui viene principalmente in rilievo per poter rispondere al quesito posto è l’art. 468 c.c., relativo proprio ai soggetti in favore dei quali opera il diritto di rappresentazione.

Il testo di tale norma è molto chiaro al riguardo, disponendo espressamente che soggetti rappresentati possono essere:
  1. nella linea retta: i figli legittimi (ma anche legittimati e naturali) e adottivi del defunto;
  2. nella linea collaterale: i fratelli e le sorelle del defunto.

Nel caso qui descritto al momento della morte di Tizio non è presente alcuno di tali soggetti, ma unici eredi chiamati a succedere per legge sono i cugini Sempronio e Mevio, in favore dei quali il patrimonio ereditario andrà diviso per quote equali (non si può neppure parlare di accrescimento della quota di Caio in favore di Sempronio e Mevio, perché Caio non ha alcuna possibilità di succedere a Tizio).

Infatti, il cugino premorto Caio, non rientrando nella categoria dei figli (legittimi o adottivi ) né in quella dei fratelli o sorelle del de cuius Tizio, non potrà essere rappresentato dai suoi discendenti.
Si precisa, peraltro, che rappresentanti possono essere solo i figli (discendenti), mentre da tale categoria ne rimarrebbe in ogni caso esclusa la moglie.

Sull’interpretazione restrittiva dell’art. 468 c.c. si è oltretutto pronunciata in diverse occasioni la giurisprudenza (così Cassazione civile, sez. II, 28/10/2009, n. 22840; Cassazione civile, sez. II, 08/11/2013, n. 25240; Appello di Roma 22.06.2011), escludendo espressamente l’operatività di tale istituto tutte le volte in cui la persona cui si debba subentrare non sia un discendente, un fratello o una sorella del defunto (ossia di Tizio).

Perfino la Corte Costituzionale ha ribadito la piena legittimità della norma in esame laddove limita la successione per rappresentazione ai soggetti ivi espressamente indicati (in tal senso Corte Costituzionale sentenza n. 15 del 20.01.2006).
In conclusione, dunque, a Tizio succederanno per legge soltanto Mevio e Sempronio.

Luca B. chiede
mercoledì 06/03/2019 - Emilia-Romagna
“Questione ereditaria:
La zia Mariella di età 76 aa - vedova e senza figli - lascia in eredità i 2/3 di tutto il suo patrimonio alla sorella Vera di 86 anni e 1/3 alla sorella Vanda di 88 anni.
La sorella Vera muore prima della sorella Vanda.
Vera ha un figlio (Riccardo) e Vanda ha due figlie (Maria e Lucia).
Verosimilmente la morte di Vanda (88) avverrà prima di Mariella (76).
Quesito: quanto erediteranno il figlio di Vera (Riccardo) e le figlie di Vanda (Maria e Lucia) alla morte di Mariella?”
Consulenza legale i 13/03/2019
Nella situazione prospettata Mariella, testatrice vedova e senza figli, vuole che una quota pari a 2/3 della sua eredità vada alla sorella Vera ed il rimanente terzo alla sorella Vanda.

Il primo momento della vicenda ereditaria che viene in esame è quello della morte di uno dei potenziali eredi, ossia Vera, alla quale succede il figlio Riccardo.
Fino a tale momento non si è aperta la successione di Mariella.
Ciò che si vuole supporre è che anche Vanda muoia prima di Mariella.

Immaginando che accada ciò, si avrà che a Vanda succederanno le due figlie Mariella e Lucia.
A questo punto si può ipotizzare che arrivi anche il momento della morte di Mariella, momento in cui si potrà procedere alla pubblicazione del suo testamento, ove Mariella manifesta la volontà che il suo patrimonio venga diviso tra la sorella Vera e la sorella Vanda, premorte.

La loro premorienza, tuttavia, non preclude che la volontà testamentaria di Mariella possa essere soddisfatta, in quanto troveranno applicazione le norme della successione per rappresentazione, contenute negli articoli dal 467 al 469 del codice civile, le quali consentono appunto ai discendenti di subentrare nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non possa (perché premorto) o non voglia (perché vi rinuncia) accettare l’eredità.

Di tali norme quelle che qui ci interessano sono in particolare l’art. 468 c.c., nella parte in cui dispone che nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo in favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius, nonché il secondo comma dell’art. 469 c.c., il quale dispone che, quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi.

Applicando i suddetti principi al caso di specie avremo che:
1. alla morte di Mariella, in luogo di Vera (sorella della de cuius) succede per rappresentazione di quest'ultima il figlio Riccardo, mentre in luogo di Vanda (altra sorella) succedono le figlie Maria e Lucia;
2. trattandosi di successione testamentaria e dovendosi rispettare le quote volute dalla testatrice Mariella, l’eredità andrà così divisa:
a) due terzi indivisi a Riccardo
b) un terzo indiviso a Maria e Lucia.


Natalia L. chiede
lunedì 19/03/2018 - Sicilia
“Muore il cugino Attilio di mio padre, già defunto( e figlio della sorella della madre di Attilio) io quale figlia del cugino ho diritto ad una parte di eredità anche se c'è in vita un cugino di Attilio (figlio di un'altra sorella della madre di Attilio) oppure no.Specifico che il cugino Attilio era celibe, senza fratelli né sorelle. Grazie
Consulenza legale i 24/03/2018
L’art. 572 c.c. prevede che “Se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea”, ma non oltre il sesto grado.
Il parente di grado più prossimo esclude gli altri e se vi sono più parenti dello stesso grado l'eredità si divide per capi e cioè in parti uguali tra tutti i successori.

Dunque anche in questo caso, dal momento che Attilio non ha né genitori, né figli, né fratelli o sorelle, la successione si aprirà a favore degli zii, se ancora in vita, ovvero dei cugini, parenti rispettivamente di terzo e di quarto grado.

Non trova applicazione, però, l’istituto della rappresentazione grazie al quale un discendente - in questo caso la figlia del cugino - di colui che, chiamato alla successione, non può o non vuole accettare, può subentrare nel luogo e nel grado dell’ascendente rispetto all’eredità.
L'istituto della rappresentazione, infatti, opera esclusivamente a favore dei discendenti di colui che sia figlio o fratello del de cuius, ma non cugino del de cuius.

Stando alla lettera dell’art. 468 c.c. bisogna vedere se la persona che non ha voluto o potuto accettare l’eredità era un discendente del de cuius (parentela in linea retta) o era fratello o sorella del de cuius (parentela in linea collaterale), poiché solo in questi casi è possibile succedere per rappresentazione subentrando nei diritti dell’ascendente.
Mentre se il rapporto di parentela con il de cuius era di altro tipo, come in questo caso, non si avrà rappresentazione e l’eredità si dividerà in parti uguali tra i cugini ancora in vita.

Lionello T. chiede
giovedì 14/09/2017 - Veneto
“Buongiorno.
Un cliente muore e non ha eredi (nessuno tra coniuge, figli, fratelli/sorelle). Gli ascendenti genitori (1897 anno di nascita) e i nonni, sono tutti deceduti.
I genitori avevano fratelli/sorelle tutti deceduti.
Sono oggi in vita 5 cugini della famiglia della mamma e 1 cugino della famiglia del papà su un totale di totale 7 cugini (figli di fratelli) del cliente deceduto.
Il settimo cugino (che è il secondo della famiglia del papà) è morto già molti anni fa ed ha generato due figli.
Premesso che ogni famiglia (della mamma e del papà) eredita 1/2 del patrimonio del de cuius mio cliente, i cugini di secondo grado (5° di parentela) entrano nella successione o essendo morto il loro padre (non discendente del cliente deceduto) il patrimonio spettante alla famiglia paterna resta per intero al cugino ancora in vita?
Quei cugini (di 5° grado figli di cugino) subentrano per rappresentazione del padre o si accresce la quota del loro prozio ancora in vita?
Grazie”
Consulenza legale i 21/09/2017
Nel caso di specie l’istituto della rappresentazione di cui agli articoli 467-468 cod. civ. non opera.

Il primo articolo stabilisce: “La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità (…)”.
Il successivo articolo 468, tuttavia, precisa quali sono i soggetti “rappresentanti”: “La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli anche adottivi, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.”.

Quindi i “rappresentati” in linea retta sono:
a) i figli legittimi del defunto (art. 468, comma 1°);
b) i figli legittimati del defunto (artt. 468, comma 1°, e 280);
c)i figli naturali del defunto riconosciuti o dichiarati;
mentre, in linea collaterale, sono fratelli e sorelle del de cuius, sia germani che unilaterali.

Risulta chiaro già dalla lettera delle disposizioni sopra richiamate che i rappresentati possono essere solo quelli previsti dalla norma e sopra elencati: per pacifiche giurisprudenza e dottrina (ovvero gli studiosi del diritto) l’art. 468 cod. civ. va interpretato in maniera restrittiva e le ipotesi di rappresentazione devono intendersi come tassative.

Si citano alcune pronunce significative in merito:

L'indicazione dei soggetti a favore dei quali ha luogo la successione per rappresentazione, quale prevista dagli art. 467 e 468 c.c., è tassativa essendo il risultato d'una scelta operata discrezionalmente dal legislatore, sicché non è data rappresentazione quando la persona cui si intenda subentrare non è un discendente, un fratello o una sorella del defunto, ma il coniuge di questi.” (Cassazione civile, sez. II, 08/11/2013, n. 25240);

L'ambito di applicazione dell'istituto della rappresentazione, sia nella successione legittima che in quella testamentaria, è circoscritto dall'art. 468 c.c., nel senso che essa ha luogo a favore dei discendenti del chiamato che, nella linea retta, sia figlio e, in quella collaterale, fratello o sorella del defunto; ne consegue che sono esclusi dalla rappresentazione i discendenti del nipote ex filio.” (Cassazione civile, sez. II, 28/10/2009, n. 22840);

L'art. 468 c.c. ricomprende nella categoria dei c.d. "rappresentati" unicamente i figli nella linea retta ed i fratelli e sorelle nella linea collaterale, con una elencazione di carattere tassativo. Quando il chiamato all'eredità non abbia siffatta qualità e non possa o non voglia accettare, non opera la devoluzione per rappresentazione e si fa luogo all'accrescimento ovvero, non ricorrendone i presupposti, alla successione legittima.” (Tribunale Messina, 05/10/1993)

Pertanto, venendo al caso in esame, qui il soggetto “rappresentato” – ovvero che non può accettare l’eredità – non è un discendente o un fratello/sorella del defunto, ma è addirittura il cugino di quest’ultimo: è escluso, di conseguenza, che i suoi discendenti (cugini di secondo grado del de cuius) possano succedergli per rappresentazione.

Occorre, infatti, partire dal presupposto che l’istituto della rappresentazione costituisce una deroga rispetto ai principi generali in tema di successione (ed in particolare, alla regola generale di cui all’art. 572 cod. civ. secondo la quale il parente più prossimo esclude i remoti), per cui essa va applicata in maniera “restrittiva”.
Ciò significa che avrà luogo solamente se il chiamato “rappresentato” (in questo caso si tratterebbe del cugino di primo grado) sia fratello o sorella del de cuius: allora, e solamente in questo caso, la rappresentazione opererebbe all’infinito a favore dei discendenti rappresentanti, come detto nel successivo art. 469 cod. civ..
Al contrario, quando come nella fattispecie in esame il rappresentato sia cugino del de cuius, addirittura da parte di zio, non si fa luogo a rappresentazione.

Verrà in considerazione, invece, nel caso in esame, l’istituto dell’accrescimento, di cui agli articoli 674 e 522 cod. civ., istituto che, pur essendo previsto e disciplinato per la sola di successione testamentaria, si ritiene operi, in difetto di rappresentazione, anche in caso di successione legittima; diciamo che, più che di "accrescimento" vero e proprio, si può parlare di “incremento” della partecipazione, non legato ai presupposti del 674 cod. civ..

Anonimo chiede
giovedì 31/08/2017 - Lazio
“Buongiorno
Mia zia, vedova senza figli, ha redatto testamento olografo a favore mio e dei miei fratelli, nipoti figli di una sorella premorta, preciso che oltre a mia madre mia zia aveva altri due fratelli premorti e relativi nipoti; dopo la redazione del testamento uno dei fratelli (D.) nominati eredi universali del suo patrimonio presente e futuro è premorto alla zia ed ha lasciato dei figli come suoi eredi legittimi.
qui di seguito riporto la parte dispositiva del testamento:
"...con la presente scrittura dichiaro di voler disporre del mio patrimonio presente e futuro nel modo seguente: nomino eredi universali di tutti i miei beni i figli di mio fratello G.: M.,F., V. e D.- ringraziandoli per...."
Chiedo:
1) i figli e la vedova di mio fratello D. entrano nella successione in sua rappresentanza?
2) una volta presentato il testamento chi degli interessati sarà convocato dal notaio?”
Consulenza legale i 04/09/2017
L’apertura della successione, coincidente con il momento della morte del de cuius, costituisce il momento in cui è possibile individuare il chiamato all’eredità per vocazione testamentaria o legale.
E’ proprio in questo momento che si pone il problema di stabilire chi debba subentrare in luogo del chiamato nel caso in cui questi non voglia o non possa accettare l’eredità o il legato.

Se la successione è testamentaria, come nel nostro caso, si deve innanzitutto indagare quale fosse la volontà del de cuius al riguardo, ossia viene in questione la c.d. sostituzione ordinaria, in quanto il testatore avrebbe potuto espressamente prevedere il soggetto o i soggetti in favore dei quali si devolverà l’eredità se il primo chiamato non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.

In mancanza di espressa volontà al riguardo, come accaduto nel caso di specie, si applicano le regole dettate dagli artt. 467 e ss. c.c. in materia di rappresentazione, che è un istituto generale successorio.
Essa fa subentrare all’infinito (art. 469 c.c.) i discendenti legittimi o naturali (c.d. rappresentanti) nel luogo e nel grado del loro ascendente (c.d. rappresentato) che non può o non vuole accettare (art. 467 comma 1 c.c.), a condizione che questi sia figlio legittimo, legittimato, adottivo o naturale del defunto ovvero suo fratello o sorella.

Soggetti rappresentati possono essere dunque soltanto:
  1. I figli (legittimi, legittimati, adottivi o naturali) del defunto
  2. Il fratello o la sorella del defunto.

Non è invece previsto che il coniuge, che non può o non vuole accettare, possa essere rappresentato dai propri discendenti.

Se non sussistono i presupposti soggettivi affinché operi la rappresentazione, è necessario distinguere tra successione testamentaria e legittima; solo nel primo caso, infatti, a determinate condizioni di legge, opera l’istituto giuridico dell’accrescimento, mentre, se anch’esso non può operare, la parte del chiamato sarà devoluta agli eredi legittimi.

Solo a titolo di completezza ed al fine di meglio comprendere la risposta che verrà data, va detto che la rappresentazione opera soltanto nel caso in cui il chiamato sia premorto al de cuius, mentre se il chiamato muore dopo l’apertura della successione, ma prima di aver accettato o rinunziato, in questo caso al posto del chiamato defunto subentreranno, a prescindere dal doppio grado di parentela previsto per la rappresentazione, i suoi eredi legittimi o testamentari, i quali troveranno nel patrimonio, tra i vari diritti, anche quello di accettare l’eredità del primo de cuius (così art. 479 c.c.).

Individuato il quadro giuridico di riferimento, vediamo adesso come tali principi possono applicarsi al caso che ci riguarda.

Nell fattispecie in esame abbiamo che la zia, de cuius, ha istituito con testamento eredi universali i figli della sorella a lei premorta, suoi nipoti.
Chiamati all’eredità, dunque, non sono la sorella o il fratello della zia, bensì i nipoti, i quali pertanto non rientrano nella categoria dei soggetti c.d. “rappresentati” previsti dall’art. 469 c.c.
Ciò comporta che, essendo il nipote D., istituito erede per testamento, premorto alla zia e non potendo, dunque, accettare l’eredità della zia, non potrà lo stesso essere rappresentato dai suoi discendenti (ossia dai suoi figli) né dal coniuge, soggetto in ogni caso del tutto escluso dalla categoria dei rappresentanti, ossia di coloro che debbono subentrare in luogo dell’erede.
Come visto prima, infatti, la rappresentazione opera soltanto qualora primi istituiti siano il fratello o la sorella del de cuius, mentre nel nostro caso primi istituiti sono i nipoti, ossia i figli del fratello.

Non trovando applicazione l’istituto della rappresentazione né avendo il testatore disposto nulla per il caso di premorienza di uno degli eredi, si dovrà fare ricorso all’istituto dell’accrescimento, ricorrendone tutti i presupposti.
Dispone infatti l’art. 674 c.c. che quando più eredi (i nipoti del fratello) sono stati istituiti eredi con uno stesso testamento senza determinazione di parti o in parti uguali (la zia nel medesimo testamento ha nominato eredi universali di tutti i suoi beni i figli del fratello) e dal testamento non risulta una diversa volontà del testatore, qualora uno di essi non possa accettare (il nipote D. non può accettare perché premorto), la sua quota si accresce agli altri.

In conseguenza di ciò si avrà che la quota ereditaria dei nipoti superstiti M., F. e V. non sarà più pari ad un quarto indiviso, ma si accrescerà della quota dell’erede mancante (tradotto in termini percentuali avremo che a loro non competeranno più 3/12, ma 4/12 indivisi ciascuno).
Pertanto, nel momento in cui il testamento verrà presentato al notaio per la pubblicazione, saranno convocati come eredi M., F. e V.

Corretta risulta la precisazione che la zia è vedova e senza figli, in quanto ciò comporta che non vi sono eredi legittimari (ossia figli e coniugi) a cui riservare per legge una quota di eredità, risultando pertanto in facoltà della zia di disporre come vuole del suo patrimonio.

William G. chiede
giovedì 02/03/2017 - Puglia
“Buongiorno, ho necessità della Vostra autorevole consulenza in materia successoria. Mia Madre, nel 1951, ha sposato un vedovo che aveva già due figli nati dal precedente matrimonio. Dal secondo matrimonio sono nata io. Mio padre è deceduto nel 1999. Mia madre è deceduta nel 2016 senza lasciare testamento. Non possedeva immobili di proprietà. L'unico bene lasciato è un conto corrente bancario cointestato con la sottoscritta. Chiedo, entrano a far parte dell'eredità per la modestissima somma in deposito (poche migliaia di euro) anche i miei fratelli consanguinei, per "rappresentazione" di mio padre, premorto?”
Consulenza legale i 08/03/2017
Nel caso di specie non può certamente operare l’istituto della rappresentazione di cui agli articoli 467-468 cod. civ..

Il primo articolo stabilisce: “La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità (…)”.
Il successivo articolo 468, tuttavia, precisa quali sono i soggetti “rappresentanti”: “La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli anche adottivi, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.”.

Quindi i “rappresentati” in linea retta sono:
a) i figli legittimi del defunto (art. 468, comma 1°);
b) i figli legittimati del defunto (artt 468, comma 1° e 280);
c)i figli naturali del defunto riconosciuti o dichiarati;
mentre, in linea collaterale, sono fratelli e sorelle del de cuius, sia germani che unilaterali (purché si tratti di parentela legittima, la quale si costituisce anche con adozione speciale, e non invece di parentela naturale).

Risulta chiaro già dalla lettera delle disposizioni sopra richiamate che i rappresentati possono essere solo quelli previsti dalla norma e sopra elencati: per pacifiche giurisprudenza e dottrina (ovvero gli studiosi del diritto) l’art. 468 cod. civ. va interpretato in maniera restrittiva e le ipotesi di rappresentazione devono intendersi come tassative.

Pertanto, venendo al caso di specie, qui il soggetto “rappresentato” – ovvero che non può accettare l’eredità – non è un discendente o un fratello/sorella della defunta mamma, ma ne è il coniuge (marito). Pertanto, è escluso che i discendenti di quest’ultimo possano succedergli per rappresentazione.

Amos P. chiede
martedì 24/01/2017 - Lombardia
“buona sera, vorrei esporsi il mio caso:mio zio, fratello di mia mamma è deceduto qualche mese fa, senza lasciare testamento, i suoi beni andrebbero divisi in parti uguali fra il fratello e le 4 sorelle non avendo ascendenti. mia mamma vorrebbe rinunciare all'eredità (crediti) che cadrebbe a sua volta su di me e mia sorella che a nostra volta vorremmo rinunciare, entrambe però abbiamo dei figli minorenni, l'eredità ricadrebbe su di loro o per effetto dell' art "468 c.c., nel senso che essa ha luogo a favore dei discendenti del chiamato che, nella linea retta, sia figlio e, in quella collaterale, fratello o sorella del defunto; ne consegue che sono esclusi dalla rappresentazione i discendenti del nipote "ex filio" questa parte di eredità va ad accrescere le parti di chi intende accettarla?
Resto in attesa di una vostra risposta.”
Consulenza legale i 30/01/2017
L’eredità rinunziata in questione, in base alla descrizione della compagine ereditaria di cui al quesito, andrà certamente a beneficio dei discendenti minorenni dei nipoti del defunto.

Opera, infatti, pienamente in questa fattispecie l’istituto giuridico della rappresentazione, in forza del quale (art. 467 cod. civ.) i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui quest’ultimo non può (perché premorto) o non vuole accettare.
Specifica la legge (art. 468 cod. civ.) che la rappresentazione opera in linea retta a favore dei discendenti dei figli del defunto, ed in linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del medesimo.
Quindi, tornando al caso concreto, se la parte di eredità spettante ad una delle sorelle (chiamata unitamente alle altre sorelle e fratelli) venga da quest’ultima rinunciata, proprio in forza del 468 cod. civ. essa verrà devoluta ai figli della rinunziante.

La disciplina della rappresentazione, tuttavia, si completa con l’art. 469 cod. civ., in base al quale la rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe. Ciò significa che, una volta operante l’istituto in commento, in caso di rinuncia successiva di coloro che di volta in volta vengono chiamati, l’eredità verrà devoluta ai loro discendenti, all’infinito.
Ed è proprio questo, pacificamente, il caso di cui al quesito che ci occupa.

L’ipotesi invece cui si accenna e che preclude l’operatività della rappresentazione è del tutto distinta: riguarda, infatti, l’eventualità in cui il chiamato, inteso come “rappresentato” non sia fratello o sorella del defunto, ma figlio di questi ultimi oppure loro nipote da parte di fratello o sorella.
Per fare un esempio: se la mamma di chi pone il quesito fosse premorta al fratello defunto, chiamati all’eredità di quest’ultimo sarebbero stati i suoi nipoti (ovvero colui che pone il quesito e la sorella): ma allora i “rappresentati” – secondo la regola del 467-468 cod. civ. – non sarebbero più stati fratelli o sorelle del defunto, ma i nipoti da parte di sorella. In questo caso la rappresentazione non opera (ciò in base alla dottrina ed alla giurisprudenza consolidata: Cass. 28 ottobre 2009, n. 22840 e Cass, 26 Settembre 2011 n. 30551).

Mario P. chiede
giovedì 29/09/2016 - Emilia-Romagna
“Mia cugina (figlia del fratello di mia madre) è morta senza lasciare testamento e non ha ascendenti, discendenti o coniuge (essendo nubile). Voglio rinunciare all'eredità. I miei due figli maggiorenni subentrano per rappresentazione?”
Consulenza legale i 05/10/2016
Nel caso in esame l’istituto della rappresentazione non opera.

L’art. 468 cod. civ., infatti, così recita: “La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli anche adottivi, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto”.
Tale ultimo inciso significa che i discendenti di fratelli e sorelle del defunto possono accettare, al posto del rappresentato, l'eredità solo di quest'ultimo e non anche quella dei discendenti di quest'ultimo.

Nel concreto, per rispondere al quesito, sarebbero subentrati per rappresentazione nel diritto materno di accettare l’eredità i figli qualora l’eredità in questione fosse stata quella del fratello/sorella della madre, ma non nel caso – come quello di specie – in cui l’eredità in oggetto sia quella della figlia del fratello (premorto) della madre.

Paola C. chiede
mercoledì 06/04/2016 - Estero
“Buongiorno, Vorrei chiarire questo dubbio.
Mia mamma è morta senza lasciare testamento, gli eredi saremmo io e mia sorella e un fratello (che però è defunto) il quale ha una figlia che ha rinunciato all'eredità del padre con atto notarile registrato. La domanda è: nipote figlia di mio fratello defunto ha diritto lo stesso a essere coerede all'eredità della Nonna anche se ha rinunciato all'eredità del padre?
Se si in che percentuale. Dal momento che mi è arrivata una raccomandata dal notaio della nipote per fare gli opportuni chiarimenti in quanto coerede. La ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 11/04/2016
La risposta al primo quesito proposto dallo scrivente, e cioè se la nipote della de cuius, pur avendo rinunciato all'eredità del padre possa comunque accettare quella del nonno, è affermativa.

In tal caso opera, infatti, l'istituto della rappresentazione, grazie al quale i discendenti (legittimi, naturali, legittimati o adottivi) subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente nel caso in cui quest'ultimo non possa o non voglia accettare l'eredità del defunto.

In particolare, l'art. 468, comma 2, c.c. prevede che i discendenti possano succedere al loro ascendente anche se hanno rinunciato all'eredità della persona in luogo della quale subentrano, o siano incapaci o indegni di succedere rispetto a questa.

Si tratta infatti di due eredità diverse, con conseguenti diverse chiamate: pertanto è possibile accettare l’eredità della nonna, cui la nipote è chiamata per rappresentazione, pur avendo quest'ultima rinunciato a quella di suo padre. Ciò in quanto il rappresentante (la nipote) succede iure proprio e non come erede del rappresentato (il padre).

In conclusione, quindi, la nipote della de cuius potrà succedere al posto del genitore nell'accettare l'eredità della nonna, anche se in precedenza aveva rinunciato all'eredità del padre.

Quanto alla seconda questione, relativa alle quote ereditarie, va premesso che in assenza di testamento (c.d. "successione legittima" o "ab intestato") l'ordinamento giuridico prevede che l’eredità venga devoluta alla categoria dei c.d. "successibili", nella quale rientrano i c.d. legittimari, ossia il coniuge, i discendenti (figli) ed, in caso di mancanza di figli, gli ascendenti (genitori). In mancanza dei legittimari la successione spetterà ai c.d. "eredi legittimi" (e cioè i collaterali, altri parenti sino al sesto grado) ed, in mancanza anche di un solo successibile, in ultima battuta l'eredità andrà devoluta allo Stato Italiano.

In particolare, in caso di presenza di soli figli, l'art. 566 c.c. stabilisce che "al padre ed alla madre succedono i figli, in parti uguali": nel caso concreto quindi a ciascuno dei coeredi spetterà 1/3 dell'asse ereditario.

In conclusione, pertanto, l'eredità della de cuius andrà suddivisa in tre parti uguali, una andrà devoluta allo scrivente, una alla sorella dello scrivente e l'ultima alla nipote del fratello premorto.

Rosalia G. chiede
martedì 11/08/2015 - Sicilia
“Nipote muore prima della zia che lo ha designato con testamento assieme ad altri due nipoti figli di un altro fratello. La figlia del nipote premorto può invocare la rappresentazione oppure perde il diritto in favore degli altri nipoti. Come è orientata la Giurisprudenza.”
Consulenza legale i 24/08/2015
La vicenda descritta vede una persona (la zia) che ha lasciato testamento a favore di tre nipoti, figli di un fratello.
Prima della morte del testatore, uno dei tre nipoti decede, lasciando in vita una figlia.
Il diritto di rappresentazione opera nel caso di specie?

La rappresentazione è quell'istituto successorio che fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questo non possa o non voglia accettare l'eredità.
Gli artt. 467-469 c.c. stabiliscono il diritto di rappresentazione in capo ai discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, quando questi sia figlio o fratello/sorella del defunto.

Nel caso in esame, il nipote premorto alla zia non è tra i soggetti contemplati dalla norma poco sopra richiamata, perché non è né suo figlio, né suo fratello. Purtroppo, quindi, la rappresentazione non opera.

E' corretto, tuttavia, chiedersi, come sarà suddivisa l'eredità della zia, visto che uno dei suoi eredi designati è già mancato.
Il codice civile stabilisce una gerarchia di criteri da applicarsi nel caso in cui uno dei chiamati all'eredità non possa o non voglia succedere (art. 523 del c.c.).
Il primo criterio da applicare guarda ad eventuali sostituzioni previste dal testatore stesso (supponiamo, ad esempio, che la zia abbia scritto che se uno dei nipoti le fosse premorto, la sua quota sarebbe spettata ai suoi figli in vita).
In secondo luogo, se il testatore non ha previsto nulla, opera la rappresentazione: nel nostro caso, tuttavia, non sussistono i presupposti di legge.
Scartate le prime due ipotesi, si verificherà il fenomeno dell'accrescimento, cioè la quota del soggetto che non ha potuto ereditare va ad aumentare proporzionalmente le porzioni degli altri chiamati. L'accrescimento opera solamente se c'è stata una chiamata congiuntiva (cioè effettuata nello stesso testamento e avente ad oggetto l'universalità dei beni del testatore) e se l'evento che rende inefficace la chiamata (es. morte) si manifesta prima dell'acquisto dell'eredità del testatore.

Nel caso di specie, se i tre nipoti sono stati istituiti eredi universali, senza determinazione di parti per i singoli eredi o con attribuzioni in parti uguali, opererà l'accrescimento e i due nipoti in vita erediteranno anche la quota del terzo nipote già defunto.

Se, invece, non sussistono i presupposti dell'accrescimento, si applicheranno le regole della vocazione legittima: la quota del nipote premorto andrà destinata a coloro che sono chiamati all'eredità secondo le regole della successione per legge. Ad esempio, se la testatrice aveva un fratello ancora in vita, l'eredità andrà a questi. Si noti che gli eredi legittimi possono anche coincidere con quelli in favore dei quali l'accrescimento non ha avuto luogo: nel nostro caso, se la zia aveva quali unici parenti più stretti proprio i figli del fratello che ha già designato suoi eredi testamentari, questi avranno diritto anche alla quota dell'altro nipote premorto.

Gianluigi chiede
mercoledì 28/11/2012 - Campania
“Buonasera,
il 20 ottobre 2012 muore il cugino di mia madre. Figlio unico, non avendo figli moglie e nemmeno genitori, le eredi risultano essere mia madre con le due sorelle. Può mia madre rinunciare alla quota dell'eredità ed accettarla mia sorella ed io?
grazie alla prox
Gianluigi”
Consulenza legale i 05/12/2012

Nella successione legittima, il compendio ereditario viene devoluto ai parenti in virtù del principio che il più prossimo esclude il più remoto. Infatti, l'art. 572 del c.c. dispone che nel caso in cui taluno muoia senza senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea. La predetta norma specifica, inoltre, che la successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado.

Nel caso prospettato i parenti più prossimi del de cuius risultano le tre cugine, parenti di quarto grado ai sensi dell'art. 76 del c.c.. Se una delle tre cugine decidesse di rifiutare la sua quota ereditaria, questa andrebbe devoluta alle altre due con il conseguente accrescimento delle loro quote. Infatti, i discendenti della chiamata all'eredità non hanno alcun diritto di accettare la quota ereditaria in luogo della stessa in quanto nel caso di specie l'istituto della rappresentazione di cui all'art. 467 del c.c. non trova applicazione. Tale istituto viene in rilievo nelle sole ipotesi in cui il chiamato all'eredità sia figlio o fratello del de cuius e fa sì che i discendenti del chiamato subentrino nel luogo e nel grado del loro ascendente che non possa o non voglia accettare l'eredità.


Pinuccia chiede
venerdì 15/07/2011 - Campania

Buongiorno. Le porgo questa domanda da parte dei miei nonni che hanno lavorato una vita intera per costruirsi una casa. Ora il punto è che oltre mia madre avevano un altra figlia che è deceduta un anno fa, quest'ultima era sposata ma senza figli. La paura dei miei nonni è che il vedovo di mia zia possa in qualche modo ereditare una parte della casa. Premetto che a tutt'oggi i miei nonni sono proprietari della casa. Possono stare tranquilli come dice l'articolo del codice civile 467 e l'articolo 468 o devono tutelarsi in un altro modo? Grazie e spero di essere stata chiara.”

Consulenza legale i 22/07/2011

Il marito della zia premorta non entra a far parte di alcuna categoria di successibili, perché non è parente all’interno della famiglia di chi scrive. Egli è affine a norma dell’art. 78 del c.c. e tra affini non esistono diritti ereditari: adfinitatis iure nulla successio.


Domenico chiede
mercoledì 06/07/2011 - Campania

Buongiorno,
vi espongo quanto segue brevemente:
Tizio, in regime di successione legittima, decide di rinunciare all'eredità del padre Caio. La domanda è la seguente: il figlio di Tizio, ovvero Sempronio può agire ex art. 467 c.c.? Inoltre, se Tizio ha un fratello, Mevio, può agire anch'egli ex art. 467 c.c.? Se si, si avrebbero due "467 c.c." distinti e separati, oppure Sempronio facendo valere l'art. 467 c.c., in quanto figlio di Tizio, si troverebbe in una posizione di vantaggio esclusivo rispetto allo zio Mevio?
Grazie”

Consulenza legale i 22/07/2011

Se la successione legittima si apre a favore dei discendenti del de cuius, cioè i due fratelli (Tizio e Mevio nell’es.), e non c’è concorso con il coniuge, a loro è devoluta l’intera eredità da dividersi in parti uguali. Se uno dei due non vuole accettare e rinuncia, si realizza a favore del suo discendente (Sempronio nell’es.) la devoluzione dell’eredità per rappresentazione ex art. 467 c.c., quindi egli è automaticamente erede se accetta, nel luogo e nel grado del suo ascendente, ricevendo la stessa quota che sarebbe spettata al padre (se figlio unico, altrimenti va divisa tra tutti i discendenti). Non si tratta di agire giudizialmente, in quanto l’istituto della rappresentazione opera ipso iure.


Angelo chiede
martedì 05/07/2011 - Campania

Salve, non riesco ad avere una risposta chiara a questo quesito:
è deceduta una signora lasciando come eredi legittimi i suoi due figli, ai quali si devolve l'eredità. Uno dei due figli rinuncia all'eredità della madre, quindi il fratello diventa pieno ed esclusivo proprietario dell'immobile. A questo punto decede colui che aveva rinunciato all'eredità. La domanda è questa: al suo posto subentrano i suoi tre figli, tutti maggiorenni sia al momento del suo decesso che al momento della rinuncia all'eredità, ricevendo la quota di un mezzo che originariamente spettava al loro genitore? Grazie mille.”

Consulenza legale i 22/07/2011

Si legga attentamente l’art. 467 c.c. che disciplina l’istituto della rappresentazione grazie al quale "i discendenti legittimi o naturali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questo non può o non vuole accettare l’eredità o il legato".

Per cui la rappresentazione opera non solo in caso di morte dell’ascendente (non può accettare), ma anche se lui ha rinunziato all’eredità (non vuole accettare). I discendenti del figlio del de cuius ereditano iure proprio in concorso con l’altro figlio del de cuius. L’eredità, pertanto, sarà divisa a metà e i tre figli si spartiranno tra di loro la quota del 50% riservata al loro ascendente.


Claudio chiede
mercoledì 09/02/2011 - Lazio

“Buonasera, sono un uomo di 41 anni adottato nel 1979 con mio fratello con adozione speciale: ho quindi il cognome degli adottanti, dei quali è rimasta in vita mia madre. Ad aprile è venuto a mancare mio fratello. Stando all'articolo 304, sono io l'unico successore di mio fratello? Vi ringrazio per la cortesia prestatami.”

Consulenza legale i 11/02/2011

L'art. 304 del c.c., tuttora vigente, si riferisce all'adozione di persone maggiorenni. Nel caso di specie, tuttavia, si tratta di adozione di minore speciale e quindi legittimante (nel caso di specie, l'adozione è avvenuta nel 1979, quando il soggetto non aveva ancora compiuto 18 anni), che è disciplinata dalla legge n. 184 del 4 maggio 1983.

Poiché la legge 184 non richiama l'art. 304 c.c. se non per l'adozione non legittimante, l'adottante ha gli stessi diritti successori che spetterebbero al genitore, nei confronti dell'adottato che gli è premorto. Quindi, la madre adottante succede nella metà dell'asse ereditario dell'adottato, in concorrenza con il fratello sopravvissuto.


Nicola chiede
venerdì 12/11/2010
“il codice parla solo di discendenti, mentre nelle note si parla di discendenti legittimi e naturali dei figli e dei fratelli e sorelle del defunto.
c'è contraddizione,dal momento che i discendenti naturali non hanno piena parità?”
Consulenza legale i 14/11/2010

La rappresentazione è una devoluzione della chiamata rivolta ai figli e ai discendenti (legittimi e naturali) del primo istituito che non può (scomparsa, assenza, morte presunta, premorienza, indegnità) o non vuole (rinunzia) succedere. L'istituto opera solo se il primo chiamato è figlio o fratello del de cuius e non esistono distinzioni tra figli naturali o figli legittimi, i quali sono pienamente parificati.


A. P. chiede
lunedì 12/12/2022 - Marche
“De cuius senza coniuge, discendenti ascendenti, fratelli o loro discendenti ci hanno comunicato che gli eredi sono gli zii, alcuni zii sono premorti ma hanno discendenti. Domanda....spetta anche a loro l'eredità?
Se risposta negativa la ritengo una ingiustizia perché sarebbero i veri discendenti del capostipite da cui proviene la proprietà mentre alcuni zii a cui andrebbe tutto sono completamente estranei”
Consulenza legale i 18/12/2022
Norma a cui fare riferimento per rispondere al quesito è l’art. 572 c.c., rubricato “Successione di altri parenti”, il quale prevede proprio l’ipotesi in cui taluno muoia senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti.
In questi casi chiamati a succedere saranno il parente o i parenti prossimi entro il sesto grado e senza distinzione di linea.

Nel caso in esame si dice che parenti prossimi del de cuius sono gli zii, i quali, secondo il computo dei gradi di parentela di cui all’art. 76 del c.c., risultano essere parenti in linea collaterale di terzo grado (quindi, rientrano nel limite del sesto grado voluto sia dall’art. 572 c.c. che dall’art. 77 del c.c.).
Si precisa, però, che alcuni di tali zii sono premorti al de cuius, il che impedisce che possa operare la delazione non soltanto nei loro confronti, ma anche in favore dei loro discendenti.

Infatti, il nostro ordinamento giuridico ammette la delazione successiva, quale conseguenza dell’operatività dell’istituto giuridico della rappresentazione, disciplinato dagli artt. art. 467 del c.c. e ss. c.c., ma solo al ricorrere di ben precisi presupposti oggettivi e soggettivi.
In particolare, sotto il profilo soggettivo, dall’art. 468 del c.c. si ricava che soggetti rappresentati possono essere:
a) nella linea retta, i figli anche adottivi del de cuius;
b) nella linea collaterale, i fratelli e le sorelle del defunto.

Entrambe le categorie di soggetti mancano nel caso che si propone, considerato che, come viene riferito, il de cuius non lascia coniuge, né discendenti, né ascendenti e neppure fratelli e sorelle o loro discendenti.
Non potendo operare l’istituto giuridico della rappresentazione, l’eredità non potrà che devolversi in favore dei soli zii esistenti in vita al momento dell’apertura della successione, ma non anche in favore dei discendenti degli zii premorti al de cuius.

Si vuole, infine, precisare che, poiché la successione in favore del parente o dei parenti prossimi opera “senza distinzione di linea”, se chiamati a succedere saranno zii (ovvero parenti in terzo grado) sia del ramo materno che del ramo paterno, l’eredità dovrà intendersi devoluta in favore di tutti i chiamati in parti eguali, dovendosi escludere che per metà debba devolversi ai parenti della linea materna e per l’altra metà ai parenti della linea paterna (in tal senso Tribunale di Messina, Sez. I, sent. n. 2247 del 06/09/2016).

R. S. chiede
venerdì 28/10/2022 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, pongo il seguente quesito in relazione ad un atto di citazione volto ad annullare un testamento pubblico.
Il de cuius era una Signora vedova che non aveva figli, né fratelli, né sorelle.
Al momento del decesso i parenti più prossimi erano alcuni cugini di quarto grado.
La Signora, con TESTAMENTO PUBBLICO, ha lasciato i suoi averi ad alcuni istituti benefici e ad alcuni amici oltre a due cugini di quarto grado ma questi in qualità di legatari.
Tutti gli altri possibili eredi legittimi non sono stati citati nel testamento.
Uno dei cugini esclusi è deceduto due anni dopo l’apertura del testamento e i figli di detto cugino, subito dopo la morte del proprio genitore, promuovono un’azione legale per chiedere l’annullamento del testamento in quanto ritengono che il de cuius non fosse in grado di intendere e di volere al momento della redazione del testamento stesso.
Nell’atto di citazione affermano che, in quanto figli di erede legittimo, subentrano al proprio genitore, PER RAPPRESENTAZIONE, con lo stesso grado di parentela che aveva il genitore e cioè quarto grado.
1. E’ legalmente ammesso che possano promuovere questa azione?
2. Dato che il loro genitore non ha promosso alcuna azione nei due anni successivi all’apertura del testamento possono farlo loro?
3. La legge dice che la nullità o l’annullabilità del testamento può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse; si intende chiunque in senso lato o chiunque abbia i requisiti legali per farlo?”
Consulenza legale i 04/11/2022
L’elemento principale del caso che si chiede di prendere in esame va individuato nella circostanza che la de cuius, della cui successione si tratta, al momento della morte era vedova e non lascia figli, né fratelli, né sorelle.
Ciò comporta che non vi è alcun soggetto che possa vantare il diritto ad una quota di riserva del patrimonio ereditario, considerato che, ex art. 536 del c.c., tale diritto compete a coniuge, figli e ascendenti.

Pertanto, del tutto valida, almeno sotto il profilo oggettivo, deve reputarsi la volontà manifestata dalla de cuius nel testamento dalla medesima redatto, in forza del quale ha inteso disporre di tutti i suoi beni in favore di determinati soggetti, escludendo alcuni di coloro che sarebbero stati chiamati alla successione nella qualità di eredi legittimi (ovvero, alcuni cugini, parenti in linea collaterale di quarto grado).

Ulteriore elemento della fattispecie da prendere in esame è quello relativo alla morte di uno dei cugini esclusi dalla successione, morte avvenuta due anni dopo l’apertura della successione della de cuius.
Tale evento avrebbe determinato, secondo la tesi sostenuta dai rispettivi figli, l’insorgere del loro diritto di succedere per rappresentazione, istituto giuridico disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c.
Tra tali norme, quella che occorre prendere in particolare considerazione è l’art. 468 del c.c., ove vengono espressamente individuati i soggetti in favore dei quali può operare il diritto di rappresentazione.
Dalla lettura del suo primo comma è possibile agevolmente desumere che soggetti c.c. “rappresentati” possono essere soltanto:
a) i figli, anche adottivi, del de cuius per la linea retta;
b) i fratelli e le sorelle del de cuius per la linea collaterale.

Come può notarsi, la norma fa espresso riferimento al de cuius originario (la signora vedova del caso di specie), il che induce a dover escludere l’operatività, nella fattispecie in esame, dell’istituto giuridico della rappresentazione, considerato che il cugino, che dovrebbe assumere la posizione di rappresentato, non rientra tra quei soggetti a cui l’art. 468 c.c. attribuisce detta qualità.
Esclusa la sussistenza del presupposto soggettivo del diritto di rappresentazione, deve anche escludersi la sussistenza di quello oggettivo, a cui fa riferimento l’art. 467 del c.c..

Dispone il primo comma di quest’ultima norma, infatti, che il diritto di rappresentazione sorge nel momento in cui l’ascendente (rappresentato) non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.
Come può notarsi, presupposto essenziale è la sussistenza di una chiamata ereditaria in favore del rappresentato (sia essa a titolo universale o particolare che in forza di legge o di testamento), presupposto che nel caso di specie difetta, considerato che il cugino, successivamente defunto, non era stato contemplato tra i beneficiari istituiti per testamento, né si era aperta in suo favore la successione legittima.

Esclusa l’ammissibilità di una successione per rappresentazione in favore di coloro che adesso agiscono in giudizio per far valere la loro pretesa posizione di rappresentanti, occorre occuparsi della sussistenza o meno in loro favore di una legittimazione attiva all’esercizio dell’azione proposta, volta a far valere l’annullamento del testamento.
Due sono le azioni che il codice civile consente di esercitare per far valere l’invalidità di una scheda testamentaria, e precisamente:
1. l’azione di nullità, esperibile quando il testamento presenta dei vizi che lo rendono contrario a norme di legge (tra cui contrarietà a norme imperative, illiceità del motivo che ha indotto il testatore a redigere la disposizione, ecc.);
2. l’azione di annullamento, esperibile nel caso in cui il testamento presenti irregolarità che lo rendano invalido, quali i vizi del consenso o l’incapacità dello stesso testatore, sia essa legale che naturale.

Dispone al riguardo l’ultimo comma dell’art. 591 c.c. che nei casi di incapacità “….ll testamento può essere impugnato da chiunque vi abbia interesse…”, aggiungendo che “L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie”.
Ora, l’espressione usata dal legislatore (“chiunque vi abbia interesse”) deve essere intesa nel senso che deve trattarsi di un interesse diretto ed attuale, e non potenziale e futuro, nel senso che chi agisce deve ottenere un vantaggio immediato dalla pronuncia giudiziaria di inefficacia dell’atto.
Pertanto, solo i familiari e parenti che dall’impugnazione del testamento ricaverebbero un’utilità possono contestarlo per vizi di forma o di sostanza o per qualunque altro motivo di nullità o annullabilità, mentre colui o coloro che rimarrebbero comunque estranei alla successione sarebbero legittimati all’impugnazione soltanto se contestualmente intendano, ad esempio, far valere la validità di altra scheda testamentaria ove risultano designati quali beneficiari.

Nel caso in esame, a parte la necessità di verificare il rispetto del termine prescrizionale di cinque anni (elemento a cui non si fa alcun cenno nel quesito), si deve escludere ogni legittimazione all’esercizio dell’azione di annullamento da parte dei figli del cugino del de cuius, in quanto una eventuale sentenza che disponga l’annullamento della scheda testamentaria non sarebbe capace di produrre alcun effetto costitutivo favorevole nei loro confronti, e ciò per le seguenti ragioni:
a) va escluso il loro diritto di succedere per rappresentazione, in quanto il padre defunto non rientra tra coloro che possono essere rappresentati;
b) sarebbero comunque esclusi dalla successione legittima, trattandosi di parenti in linea collaterale di quinto grado e dovendosi la successione legittima aprire, ex art. 572 del c.c., in favore dei parenti più prossimi, ossia i cugini di quarto grado ancora viventi (tra i quali l’eredità verrebbe divisa in parti eguali).

I. Z. chiede
venerdì 04/03/2022 - Friuli-Venezia
“Buongiorno,
io sono adottata da maggiorenne da una coppia italiana 5 anni fa.
In caso io dovessi mancare prima dei miei genitori adottivi, mio figlio e mio marito o uno di due possono succedere in questo caso al posto mio da discendenti per rappresentazione o no?

p.s. i miei genitori adottivi non hanno altri figli, io sono l'unica adottata da maggiorenne

mi serve una risposta chiara e con riferimenti legislativi”
Consulenza legale i 10/03/2022
L’adozione di persona maggiorenne è proprio una delle soluzioni previste dall’ordinamento italiano per trasferire il patrimonio dell’adottante in favore dell’adottato.
Tale forma di adozione è disciplinata agli artt. 291 e ss. c.c. e possono farvi ricorso tutti coloro che non hanno discendenti legittimi o legittimati.
Tralasciando i diritti che in generale l’adottato consegue nei confronti degli adottanti, per la conoscenza dei quali si rimanda alla lettura delle norme sopra citate, l’aspetto sul quale in questo caso viene chiesto di soffermarsi è quello successorio, ed a tale riguardo la norma di riferimento si rinviene all’art. 304 c.c., intitolato proprio “Diritti di successione”.
Tale norma si preoccupa innanzitutto di precisare che, a seguito dell’adozione, l’adottante non consegue alcun diritto di successione nei confronti dell’adottato, e ciò con il preciso intento, tenuto presente dal legislatore, di evitare che l'adottante possa essere indotto all'adozione sperando di appropriarsi del patrimonio dell'adottando.
Ovviamente, nulla vieta che l'adottato, con proprio testamento, decida di istituire erede l'adottante, purchè vengano rispettate le quote spettanti ad eventuali eredi legittimari dello stesso adottato.

Per quanto concerne, poi, i diritti di successione sul patrimonio dell’adottante, il citato art. 304 c.c. rinvia espressamente alle norme contenute nel libro II del codice civile (intitolato, appunto, “Delle successioni” e che si apre con l’art. 456 del c.c.), norme dalla cui lettura si desume che il figlio adottivo viene equiparato, rispetto all'adottante, ai figli legittimi.
In particolare, di ciò se ne trova conferma all’art. 536 del c.c. per quanto concerne la quota di legittima o di riserva (dove appunto si stabilisce che ai figli legittimi sono equiparati gli adottivi), nonché, per ciò che concerne le successioni legittime, all'art. 567 del c.c., il quale stabilisce che ai figli legittimi sono equiparati i figli adottivi.

Tale equiparazione comporta anche l'applicazione del principio della rappresentazione, tant’ è che lo stesso art. 468 del c.c. , nell’individuare i soggetti in favore dei quali opera tale principio, riconosce ai discendenti del figlio adottivo del de cuius lo stesso diritto di rappresentazione spettante ai discendenti dei figli legittimi.
In tal senso si è peraltro espressa la Corte Costituzionale, la quale, con sentenza n. 13 del 28.01.1986, ha riconosciuto l'esistenza, ai fini della rappresentazione ereditaria, di un rapporto civilistico, tra adottante e discendenti dell'adottato, di rilievo equivalente a quello di parentela.

Il diritto di rappresentazione, invece, non può operare in favore del proprio coniuge, e ciò perché espressamente escluso sempre dal citato art. 468 c.c., ammettendo che possano assumere la posizione di rappresentanti soltanto i discendenti dei figli e dei fratelli e delle sorelle del de cuius (il de cuius in questo caso sarebbe la figlia adottiva).

Pertanto, rispondendo in modo molto sintetico alle domande poste, può dirsi che se l’adottato dovesse venire a mancare prima dei genitori adottivi, i figli dello stesso adottato, ma non il coniuge, conseguirebbero il diritto di succedere per rappresentazione alla loro madre ex artt. 304 e 468 c.c.

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