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Articolo 469 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Estensione del diritto di rappresentazione. Divisione

Dispositivo dell'art. 469 Codice Civile

La rappresentazione ha luogo in infinito(1), siano uguali o disuguali il grado dei discendenti o il loro numero in ciascuna stirpe.

La rappresentazione ha luogo anche nel caso di unicità di stirpe [564 c.c.](2).

Quando vi è rappresentazione, la divisione si fa per stirpi [726 c.c.](3).

Se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo ramo(4).

Note

(1) La rappresentazione opera all'infinito, cioè fino a quando non vi sia un discendente che succeda al proprio ascendente. In ciò si differenzia dalla successione legittima, che non ha luogo oltre il sesto grado.
Per stirpe si intende il gruppo di discendenti di ciascun chiamato.
(2) L'istituto opera anche qualora il rappresentato abbia avuto un unico figlio.
(3) Esempio: Tizio muore e lascia come successori i due figli, Primo e Secondo, i quali a loro volta hanno due figli ciascuno. Se Primo e Secondo rinunziano all'eredità, l'eredità di Tizio verrà devoluta per rappresentazione a favore dei quattro nipoti. Se anche uno dei figli di Primo rinunzia all'eredità, la sua quota si accresce solo a favore dell'altro figlio di Primo e non anche a favore dei due figli di Secondo, come invece avverrebbe se i quattro nipoti succedessero per capi e non per stirpi.
(4) Ancora una volta un esempio meglio chiarirà la norma: Tizio muore e lascia due figli Tizione e Tizietto che rinunziano entrambi. Tizione ha tre figli (Primo, Secondo e Terzo) e Tizietto quattro (Quarto, Quinto, Sesto e Settimo). L'eredità verrà divisa in due parti quante sono le stirpi: una metà spetterà ai quattro figli di Tizietto che la divideranno in quattro parti uguali (avranno quindi 1/8 ciascuno). L'altra metà dell'eredità spetterà ai tre figli di Tizione ma questi sono già morti, lasciando Primo due figli, Secondo quattro figli e Terzo tre figli. La metà del patrimonio spettante ai figli di Tizione verrà allora ugualmente divisa in tre parti uguali, di cui una spetterà ai due figli di Primo (che avranno così 1/12 ciascuno), un'altra parte ai quattro figli di Secondo (che avranno 1/24 ciascuno), un'altra ancora ai tre figli di Terzo (1/18 ciascuno).

Spiegazione dell'art. 469 Codice Civile

La norma regola in concreto le modalità con cui opera trai discendenti la rappresentazione e le modalità con cui la quota del rappresentato viene divisa tra più rappresentanti aventi diritto.

Al riguardo la norma prevede che la rappresentazione operi all'infinito per stirpi, da intendersi quali l'insieme delle persone che discendono tutte dallo stesso avo (anche detto stipite), indipendentemente dall'uguaglianza o meno del grado dei rappresentanti o dal loro numero all'interno di ciascuna stirpe, ciò rileva in caso di accrescimento che ricorrendone i presupposti opererà solo tra i coeredi della medesima stirpe.

Quanto suddetto si applica tanto alla linea retta quanto a quella collaterale.
La divisione si fa, altresì, per stirpi e le porzioni all'interno della stirpe di determinano per capi (cioè numero di membri di ogni stirpe).
La quota si determina con riguardo a quanto sarebbe spettato al rappresento che è termine esterno per il calcolo del patrimonio delato.

Il secondo comma della norma in esame prevede espressamente che la rappresentazione abbia luogo anche in caso di unicità di stirpe.
Detta norma rileva al fine della determinazione della quota di riserva e della determinazione di quanto imputare ai fini dell'esercizio dell'azione di riduzione da parte del legittimario succeduto al de cuius per rappresentazione.
Al riguardo rilevano rispettivamente l'art. 536 3º comma del codice civile, l'art. 564 3º comma del codice civile.


Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

235 Questi principi sono enunziati nell'art. 467 del c.c., art. 468 del c.c. e art. 469 del c.c.. Il primo di essi chiarisce il concetto di rappresentazione e ne fissa i limiti nel caso di successione testamentaria, affermando che la rappresentazione non ha luogo se il testatore ha fatto una sostituzione per il caso che l'istituito non possa o non voglia accettare l'eredità. A evitare il dubbio, del resto infondato, che i discendenti dell'istituito non possano reclamare la quota di riserva, nel caso in cui sia stata disposta la sostituzione, ho posto un chiarimento a questo riguardo nell'art. 536. L'art. 468 precisa i soggetti tra i quali vi è rappresentazione e le condizioni nelle quali questa ha luogo. L'art. 469 infine contempla i casi in cui si ha la successione per rappresentazione e il modo in cui si effettua la divisione fra i rappresentanti. In correlazione ai mutamenti introdotti in questo capo, ho soppresso e modificato talune disposizioni del progetto che non erano più compatibili con i nuovi principii, come sarà di volta in volta avvertito.

Massime relative all'art. 469 Codice Civile

Cass. civ. n. 139/2020

Per il combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione, avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l'ulteriore formazione di altrettante subporzioni all'interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti. Una volta, poi, che sia stabilito con sentenza quali siano i beni da dividere e, formate le porzioni, quanti siano gli eredi o le stirpi condividenti, le statuizioni relative all'appartenenza alla massa di detti beni ed alla loro concreta attribuzione diventano irrevocabili ed irretrattabili, ove non impugnate, formandosi su di esse il giudicato.

Cass. civ. n. 3894/1977

Laddove vi sia successione per rappresentazione, la divisione ereditaria deve essere fatta per stirpi. A questo principio non può derogarsi se non col consenso di tutti i condividenti, che non possono esser tenuti a subire le remore e le spese di una
suddivisione interna alla stirpe cui non appartengono e che non li interessa, quindi, in alcun modo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 469 Codice Civile

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M. C. chiede
giovedì 17/08/2023
“Muore e lascia quattro fratelli VIVI e cinque fratelli premorti e tutti con due figli viventi.<br />
Come si divide in quote per gli eredi?”
Consulenza legale i 22/08/2023
La risposta al presente quesito si ricava dalla lettura degli artt. 565 e ss. c.c. (in materia di successione legittima) e degli artt. 467 e ss. c.c. (in tema di diritto di rappresentazione).
L’ordinamento giuridico italiano consente a ciascun soggetto di regolare la propria successione mediante il testamento; soltanto se il defunto non ha disposto in tutto o in parte dei suoi beni, interviene la legge, indicando come tali beni devono essere assegnati e distribuiti (si parla in questo caso di successione ab intestato o senza testamento).
A tal fine, i criteri a cui la legge si ispira vengono desunti dall’intensità del vincolo che unisce i vari congiunti al defunto, ed è per questa ragione che quei soggetti che erano più prossimi a lui, e presumibilmente i più cari e per il benessere dei quali egli aveva lavorato ed accumulato risparmi, escludono i più lontani.
Si dice, infatti, che il fondamento della successione legittima deve individuarsi, oltre che nella presunta volontà del de cuius, anche nella solidarietà familiare.

Ebbene, l’art. 565 c.c. si preoccupa proprio di determinare le categorie di successibili nella successione legittima, individuandoli nei seguenti soggetti:
a) il coniuge o la persona unita civilmente (alla quale, ai sensi dell’art. 1, comma 21, L. n. 76/2016, sono attribuiti gli stessi diritti spettanti al coniuge);
b) i discendenti;
c) gli ascendenti;
d) i collaterali;
e) gli altri parenti;
f) lo Stato.
Vengono poi dettate varie norme al fine di fissare l’ordine delle chiamate e le quote in caso di concorso con il coniuge, mentre l’art. 570 c.c. dispone che se il de cuius, oltre a non lasciare coniuge, muore senza lasciare prole, né genitori e neppure altri ascendenti, gli succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali.
Ne caso di specie, pertanto, considerato che il de cuius lascia quattro fratelli vivi e cinque premorti, l’eredità dovrà essere divisa in nove quote eguali, tanti quanti sono i fratelli.

A questo punto si rende necessario integrare le norme sulla successione legittima con quelle relative al diritto di rappresentazione, ovvero gli artt. 467 e ss. c.c.
Si definisce “rappresentazione” quell’istituto giuridico in forza del quale i discendenti (senza alcuna distinzione, c.d. rappresentanti) subentrano al loro ascendente nel diritto di accettare un lascito qualora il chiamato (c.d. rappresentato) non possa (ad es. per premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato (art. 468 c.c.).
La rappresentazione può aver luogo soltanto quando il chiamato che non può o non vuole accettare sia un figlio (anche adottivo) ovvero un fratello o una sorella del defunto, mentre non opera qualora il chiamato sia, rispetto al de cuius, un estraneo ovvero anche un parente diverso da un figlio (non opera, pertanto, quando il rappresentato sia un nipote ex filio del defunto: Cass. 28 ottobre 2009, n. 22840) o da un fratello (ad es. un cugino).

La rappresentazione è inoltre esclusa:
- nel caso di successione testamentaria, allorché il testatore abbia già provveduto con una sostituzione per l’ipotesi in cui il primo chiamato non possa o non voglia accettare (art. 467, comma 2, c.c.);
- in caso di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale, in quanto costituiscono attribuzioni strettamente legate alla persona indicata dal testatore (art. 467, comma 2, c.c.).
In luogo di colui che non può o non vuole accettare (rappresentato) succedono i discendenti, c.d. « rappresentanti », i quali succedono direttamente al de cuius, con la conseguenza che avranno hanno diritto di partecipare alla successione di quest’ultimo anche nell’ipotesi in cui abbiano rinunciato all’eredità del loro ascendente o siano indegni o incapaci nei suoi confronti (art. 468, comma 2, c.c.).

La rappresentazione opera sia quando la chiamata a favore del « rappresentato », al momento dell’apertura della successione, non possa più verificarsi (ad es.: il fratello del de cuius gli è premorto e, quibdi, per rappresentazione è direttamente chiamato alla successione il nipote, figlio ex fratre), sia quando vi sia stata una prima vocazione, ma questa sia caduta, ad es. per indegnità o per rinuncia.
Dispone il terzo comma del successivo art. 469 c.c. che, quando si applica la rappresentazione la divisione si fa per stirpi, il che significa che i discendenti subentrano tutti in luogo del capostipite, indipendentemente dal loro numero (analogo criterio si applica qualora uno stipite abbia prodotto più rami (così il quarto comma del medesimo art. 469 c.c.).
Un esempio può aiutare a chiarire meglio i predetti criteri: qualora il de cuius abbia due figli, entrambi premorti, uno dei quali abbia lasciato un solo figlio (A) e l’altro due figli (B e C), l’eredità, ove manchi un testamento e debba quindi devolversi applicando i princìpi della rappresentazione, non dovrà dividersi in tre parti eguali, quanti sono i nipoti ex filio del defunto (A, B e C), bensì dovrà dividersi in due parti, destinate alle due stirpi: in una metà succederà l’unico discendente del primo figlio (A), mentre nell’altra metà succederanno insieme i due discendenti (B e C) del secondo figlio.

A questo punto la risposta a ciò che viene chiesto dovrebbe risultare abbastanza chiara:
il patrimonio ereditario del de cuius va diviso in nove quote (tanti quanti sono i fratelli).
I quattro fratelli vivi avranno diritto all’intera quota, mentre i figli dei cinque fratelli premorti dovranno dividere quella quota tra loro a metà.
In termini numerici ai quattro fratelli vivi andrà una quota pari a 2/18 ciascuno (per un totale di 8/18), mentre ai figli dei cinque fratelli premorti una quota pari ad 1/18 ciascuno (per un totale di 10/18).

A. F. chiede
martedì 08/08/2023
“Salve.<br />
Muore una persona non sposata e senza figli, lascia un testamento ad esclusione.<br />
Il de cuius ha una sorella e due fratelli x e y, tutti defunti.<br />
La sorella defunta non viene esclusa dal testamento e possiede 6 figli di cui una viene esclusa.<br />
Un fratello, x, defunto viene escluso e possiede due figli di cui uno escluso<br />
Il fratello, y, non viene escluso e possiede 4 figli di cui due esclusi.<br />
In questo casi visto il testamento che non specifica le quote si divide in parti uguali o si va per stirpe?”
Consulenza legale i 15/08/2023
Quando si parla di “testamento” si fa riferimento a quell’atto con cui taluno dispone dei propri beni, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, in favore di uno o più soggetti determinati.
Tuttavia, nessuna norma impedisce che con il testamento si possa anche decidere di escludere uno o più soggetti dalla successione, nel qual caso si parla di “diseredazione”, istituto giuridico sconosciuto al codice civile italiano, ma di elaborazione prevalentemente dottrinaria.
La dottrina tradizionale negava l’ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico di tale figura argomentando dal tenore letterale dell’art. 587 del c.c., norma la quale statuisce espressamente che con il testamento si deve disporre dei propri beni, ritenendosi che per disposizione dei propri beni dovesse necessariamente intendersi un’attribuzione economicamente valutabile e non la mera esclusione di uno o più soggetti dall’asse ereditario.

Altra parte della dottrina, invece, e la prassi notarile in particolare, riteneva possibile raggiungere lo scopo voluto dal testatore non in via diretta, ma indiretta, ovvero mediante attribuzione di tutti i beni ad un soggetto diverso da quello che si intendeva diseredare.
Si è così creata la figura giuridica della c.d. diseredazione indiretta, la quale ricorre ogni qual volta vengono attribuiti tutti i beni a soggetti diversi da quello che si vuole escludere, disponendo anche tutta una serie di sostituzioni a catena, aventi come ultimo beneficiario lo Stato, proprio per far sì che, nel caso in cui i primi chiamati non possano o vogliano accettare, si evita in ogni caso che i beni possano entrare nel patrimonio del soggetto o dei soggetti che si vogliono escludere.

Un ulteriore passo avanti verso l’ammissibilità della diseredazione si ebbe con la sentenza n. 8352/2012 della Corte di Cassazione, la quale si pronunciò per l’ammissibilità della diseredazione diretta, ritenendo non necessaria l’attribuzione di tutti i beni ad un soggetto diverso da quello che si vuole diseredare.
In particolare la S.C. ritenne che il “disporre dei beni” a cui fa riferimento l’art. 587 c.c. non deve necessariamente avere natura attributiva, essendo sufficiente che con una disposizione testamentaria si regolino i propri rapporti.
Altro aspetto di particolare rilievo preso in esame dalla Corte di Cassazione è che la diseredazione non esclude l’operare dell’istituto giuridico della rappresentazione, il che comporta che l’esclusione di un soggetto non determina l’automatica esclusione dei suoi discendenti.

Ulteriore problematica affrontata in tema di diseredazione è stata quella relativa alla sua applicabilità ai legittimari.
A tale riguardo va detto che, secondo una tesi minoritaria è ben possibile diseredare un legittimario in quanto, nei fatti, sarebbe come pretermetterlo, ipotesi quest’ultima pacificamente ammessa sia in dottrina che in giurisprudenza, in quanto si tratta di una mera dimenticanza del soggetto pretermesso che, di fatto, non si vedrà attribuito nulla senza però essere direttamente diseredato, dovendosi comunque riconoscere al legittimario pretermesso il diritto di agire in riduzione.
Prevale, tuttavia, sia in dottrina che in giurisprudenza la tesi negativa (ovvero la tesi che nega la possibilità di diseredare un legittimario) in quanto l’intera disciplina del diritto successorio è improntata alla tutela dei diritti dei legittimari, come chiaramente risulta sia dal disposto dell’art. 549 del c.c. (norma che vieta l’apposizione di pesi alla quota dei legittimari) sia da quello dell’art. 457 del c.c. (ove si stabilisce che le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari).

Precisati i criteri generali a cui ci si deve attenere in tema di diseredazione, adesso non resta che fare applicazione degli stessi al caso in esame, al fine di poter dare risposta a quanto chiesto.
Ebbene, innanzitutto va detto che il testamento in oggetto non contiene alcuna istituzione di erede, essendosi il testatore limitato con esso a voler escludere (diseredare) dalla sua successione alcuni soggetti ben determinati.
In assenza di espressa volontà istitutiva da parte del testatore, non può che farsi applicazione delle norme che il codice civile detta per il caso di successione apertasi per legge (artt. 565 e ss. c.c.) nonché di quelle in tema di diritto di rappresentazione (artt. 467 e ss. c.c.).

In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 565 c.c. sono eredi per legge, nell’ordine e fatti salvi i casi di concorso, il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti (fino al sesto grado) e lo Stato.
Considerato che, come risulta dall’albero genealogico trasmesso, alla data della morte del de cuius, risultano deceduti i suoi ascendenti e considerato altresì che lo stesso non lascia coniuge e figli, primi chiamati a succedere per legge sono i suoi fratelli e sorelle (collaterali).
Tenuto conto che anche questi ultimi sono tutti deceduti, dovrà a questo punto farsi applicazione delle norme dettate in tema di diritto di rappresentazione, con il correttivo discendente dalle esclusioni volute dal testatore.
Più precisamente, in considerazione di quanto viene detto nel quesito (anche se sembra non coincidere con quanto risulta dall’albero genealogico trasmesso) ed in applicazione di quanto disposto dall’art. 469 c.c., si dovranno formare tre quote, tanti quanti sono i fratelli premorti del de cuius, e tra i discendenti di questi ultimi la quota ereditaria dovrà essere a sua volta divisa in parti eguali.
Come si è detto nella prima parte di questa consulenza, chiamati a succedere per rappresentazione saranno anche i figli non esclusi del fratello X che il testatore ha voluto diseredare.

Maria P. M. chiede
martedì 30/08/2022 - Lombardia
"A colui che muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali."
Per quanto sopra:
qualora sia superstite una sorella e due fratelli deceduti, occorre tenere conto dei figli dei fratelli deceduti (nipoti) e nel caso che anche qualcuno di questi fosse deceduto di eventuali figli (pronipoti)?”
Consulenza legale i 04/09/2022
Il testo citato nel quesito è quello contenuto all’art. 570 del c.c., rubricato “Successione dei fratelli e delle sorelle”, il quale va a sua volta coordinato con il successivo art. 572 del c.c..
Quest’ultima norma, infatti, dispone che l’eredità si devolve in favore degli altri parenti (fino al sesto grado) nel caso in cui il de cuius non lasci prole, né genitori, né altri ascendenti, né “fratelli o sorelle o loro discendenti”.
Come può notarsi, presupposto necessario perché l’eredità possa devolversi in favore degli altri parenti prossimi è che tra i successibili non vi siano neppure discendenti di fratelli e sorelle, in favore dei quali opera il c.d. diritto di rappresentazione, disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c.

In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 467 del c.c., presupposto per l’operatività del diritto di rappresentazione è che il rappresentato ascendentenon possa” (è questo il caso della premorienza al de cuius) o “non voglia” (per rinunzia) accettare l’eredità o il legato.
L’art. 468 del c.c., invece, individua quelli che sono i soggetti in favore dei quali opera il diritto di rappresentazione, individuandoli nella linea collaterale (quella che qui viene in considerazione) nei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius originario.

Per quanto concerne, invece, l’estensione di tale diritto (oggetto specifico di ciò che nel quesito viene chiesto), abbastanza preciso al riguardo è il testo del successivo art. 469 c.c., il quale dispone espressamente che “La rappresentazione ha luogo in infinito…”.
Ciò deve intendersi nel senso che chiamato a succedere per rappresentazione potrà essere anche il figlio del figlio di un fratello del de cuius originario, non sussistendo limiti nella lontananza del grado.
A tale riguardo in dottrina è stato precisato che il discendente del figlio o del fratello o della sorella potrà succedere al de cuius anche se, per ipotesi, dovesse presentare un grado di parentela superiore al sesto, e ciò in deroga alla regola posta dall' art. 572 c.c. (così Burdese).


M. L. C. chiede
martedì 05/04/2022 - Sardegna
“Una mia zia, sorella di mio padre anche lui defunto, è appena deceduta, non era coniugata e non aveva figli. Suoi discendenti quindi fratelli e sorelle, di cui una viva gli altri deceduti, in totale quattro, compreso mio padre, lascia una eredità senza testamento. Poiché mio padre è deceduto, subentriamo noi figli, siamo sei.
La domanda è questa: se io, una dei sei figli, per motivi personali, ovvero anche per problemi legati a debiti, dovessi rinunciare all'eredità, chi subentra? Ho un figlio. Da qualche ricerca è emerso che dovrebbero subentrare i miei fratelli, ma è una materia molto controversa, pertanto non sono riuscita a capire granché.
Vorrei avere una risposta netta, non tante pagine da leggere, per noi non facili da interpretare. Certamente è importante sapere per certo e con riferimenti civilistici l'informazione precisa, che sarebbe: suo figlio oppure suoi fratelli. Così capisco subito. Grazie mille.”
Consulenza legale i 11/04/2022
Si cercherà di essere più sintetici e schematici possibili per dare risposta al quesito.
La persona defunta non lascia testamento, il che determina l’apertura della successione legittima.
In questo caso, per l’individuazione degli eredi si deve fare riferimento agli artt. 565 e ss. c.c.
In particolare, l’art. 565 del c.c. dispone che nella successione legittima l’eredità si devolve a:
1. coniuge
2. discendenti
3. ascendenti
4. collaterali
5. altri parenti, fino al sesto grado
6. lo Stato.

Nel caso di specie, colei che muore non lascia coniuge né figli né (si suppone) ascendenti, ma solo fratelli e sorelle.
Troverà, dunque, applicazione l’art. 570 del c.c., secondo il quale l’eredità va divisa tra fratelli e sorelle in parti eguali.
Considerato che questi sono in totale quattro, a ciascuno spetterà un quarto del patrimonio ereditario (in termini frazionari a ciascuno andrà una quota pari a 6/24).

Dei quattro fratelli, tuttavia, soltanto una sorella risulta essere in vita, il che comporta che si dovrà fare applicazione dell’istituto giuridico della rappresentazione, disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., per effetto del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui l’ascendente non può (perché premorto) o non vuole (perché vi rinuncia) accettare l’eredità (ascendenti rappresentati possono essere soltanto i figli nonché i fratelli e le sorelle del de cuius originario).

Pertanto, alla morte della zia, la quota del padre di colei che pone il quesito, nonché fratello della de cuius, pari a 6/24 indivisi, si devolverà ai suoi sei figli, a ciascuno del quale spetterà una quota di 1/24 sull’intera eredità della zia.

Se poi anche uno dei sei figli (e precisamente colei che pone il quesito) dovesse rinunciare, poiché secondo quanto disposto dall’art. 469 c.c. la rappresentazione ha luogo all’infinito, la quota della figlia rinunciante (pari ad 1/24) si trasmetterà al suo discendente (secondo quanto disposto all’art. 467 c.c., infatti, la rappresentazione ha luogo anche in caso di rinuncia all’eredità).

Pertanto, la divisione dovrà così effettuarsi:
1. 6/24 alla sorella vivente;
2. 6/24 ai discendenti del secondo fratello/sorella;
3. 6/24 ai discendenti del terzo fratello/sorella;
4. 6/24 ai sei figli del quarto fratello. Poiché una di essi rinuncia, il suo 1/24 andrà al suo unico figlio, sempre per rappresentazione.

Andrea O. chiede
giovedì 06/05/2021 - Lazio
“Buongiorno,
ho necessità individuare gli eredi di mia zia deceduta lo scorso 05/04/2021 al fine di poter compilare correttamente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio e capire come viene suddivisa l'eredità.
Di seguito riporto gli elementi noti:
- Il De cuius al momento del decesso era vedova.
- non ha mai avuto figli.
- non ha lasciato testamento.
- aveva un conto corrente bancario ed un immobile (l'immobile è stato ereditato al 100% dopo la morte del marito, che aveva una sorella, la quale rinunciò all'eredità.)
- il De cuius aveva due fratelli "A" e "B" deceduti anni fa.
- al momento del decesso erano e sono tuttora in vita:
* 2 figlie dal fratello "A" .
* 1 figlio, del figlio (DECEDUTO) del fratello "B"
Chi va inserito in Dich. sost. di atto notorio come erede
e come viene suddiviso in quote l'asse ereditario (immobile e conto bancario)?
Grazie”
Consulenza legale i 12/05/2021
La persona della cui successione si tratta è deceduta senza testamento e senza lasciare eredi legittimari (tali sono quelli individuati dall’[[ 536cc]], ossia coniuge, figli e ascendenti).
Norme applicabili, dunque, sono quelle dettate dal codice civile in tema di successione legittima agli artt. 565 e ss., da raccordare con quelle che disciplinano il diritto di rappresentazione.

In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 565 del c.c., in caso di successione ab intestato l’’eredità si devolve ai seguenti soggetti:
a) coniuge
b) discendenti
c) ascendenti
d) collaterali
e) altri parenti, fino al sesto grado
f) lo Stato.

Poiché nel caso di specie mancano le prime tre categorie di successibili, primi chiamati a succedere sono gli ascendenti, i fratelli A e B, i quali, tuttavia, sono premorti alla de cuius.
In conseguenza di ciò, troveranno applicazione le norme sul diritto di rappresentazione, e precisamente gli artt. 467 e ss c.c.
Secondo quanto espressamente disposto dall’art. 467 del c.c., l’istituto giuridico della rappresentazione consente che, nel caso in cui il soggetto chiamato all’eredità (c.d. rappresentato) non possa (perché, come in questo caso, premorto) o non voglia (perché vi rinunzia) accettarla, il correlativo diritto si trasmette ai suoi discendenti (c.d. rappresentanti), i quali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente.

Impossibilità di accettare o rinuncia all’eredità costituiscono il c.d. presupposto oggettivo per l’operatività della rappresentazione.
Ma il codice civile richiede anche un altro presupposto, c.d. soggettivo, per poter operare la rappresentazione, individuando all’art. 468 del c.c. la cerchia dei soggetti in favore dei quali la stessa si applica.
In particolare, da tale norma si evince che soggetti rappresentati possono essere, nella linea retta, i figli del de cuius, mentre, nella linea collaterale, i fratelli e le sorelle del defunto.
Poiché gli eredi premorti sono entrambi collaterali della de cuius, sembra evidente che sussistono tutti i requisiti richiesti dal codice civile per la trasmissione della delazione in favore dei discendenti dei fratelli del testatore, ed in particolare le due figlie di A ed il figlio di B.

Aggiunge l’art. 469 c.c. che “la rappresentazione ha luogo in infinito”, disciplinando anche le modalità da seguire per dividere tra i vari discendenti il patrimonio ereditario.
Ciò significa che, come accaduto nel caso di specie, anche il rappresentante può a sua volta essere rappresentato dai suoi discendenti.
Così, poiché anche il figlio del fratello B è premorto, quest’ultimo rivestirà a sua volta la posizione di “rappresentato” e “rappresentante” sarà il figlio del medesimo.

Pertanto, i soggetti da indicare quali eredi nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio saranno le due figlie del fratello A, nonché il figlio del figlio del fratello B.

A questo punto si tratta di stabilire secondo quali quote gli eredi chiamati per rappresentazione succederanno alla de cuius.
Per fare ciò occorre attenersi a quanto disposto dai commi 3 e 4 dello stesso art. 469 c.c., i quali dispongono innanzitutto che, in caso di rappresentazione, la divisione si fa per stirpi.
Per stirpe si intende il gruppo di discendenti di ciascun chiamato, il che significa che, poiché i chiamati originari all’eredità della de cuius erano i due fratelli premorti A e B, saranno due le quote da formare, e precisamente una metà spetterà ai discendenti di A e l’altra metà ai discendenti di B.

Poiché anche il figlio di B è deceduto, la sua quota andrà al figlio, in virtù del principio sopra visto della estensione del diritto di rappresentazione, principio che consente, appunto, alla rappresentazione di operare all’infinito fino a quando non via sia un discendente che succeda al proprio ascendente (in ciò si differenzia dalla successione legittima, che non ha luogo oltre il sesto grado).

In virtù dei principi sopra visti, l’asse ereditario (costituito da un immobile e giacenze di conto corrente) andrà diviso in base alle seguenti quote:
- ai figli di A in ragione di ¼ indiviso ciascuno, e dunque complessivamente andranno loro i 2/4, pari alla metà del patrimonio ereditario;
al figlio del figlio di B andranno i restanti 2/4 per intero, in quanto unico capo a succedere della stirpe di B.

Enrica D. L. chiede
mercoledì 10/03/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
mi rivolgo a voi per avere conferma delle informazioni fornitemi dai vari uffici di zona.
Si tratta di una successione, senza testamento.
Il dubbio nasce a fronte di uno degli eredi che intende non accettare l'eredità.
Allegherò "albero genealogico" con dei nomi propri al fine di rendere più facile per me spiegarmi, e per voi farvi capire da chi (come me) non comprende il complesso linguaggio giuridico :D
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 16/03/2021
Il caso che viene prospettato riguarda la morte di Romolo, a cui succedono per legge (non vi è testamento) le sorelle Prima (Va.), Seconda (Le.) e Terza (Gi.).
Norma applicabile è innanzitutto l’art. 570 del c.c., il cui primo comma dispone che se chi muore non lascia figli, né genitori né altri ascendenti, gli succedono i fratelli e le sorelle per quote eguali.

Pertanto, le sorelle Prima, Seconda e Terza avranno diritto ad una quota pari a 4/12 ciascuna del patrimonio di Romolo.

La sorella Seconda (Le.) però intende rinunciare all’eredità, e ci si chiede in favore di quali successibili debba essere devoluta la sua quota.
Poiché Seconda ha due figli Cr. e Ca., troveranno applicazione le norme sul diritto di rappresentazione, ossia quell’istituto giuridico disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., per effetto del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente tutte le volte in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità (il non voler accettare l’eredità significa proprio rinunciarvi).

Dal punto di vista soggettivo si rientra perfettamente nel campo di applicazione di questo istituto, in quanto l’art. 468 del c.c. dispone che nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius.
Quindi, la sorella Seconda (Le.), che intende rinunziare all’eredità, si verrà a trovare nella posizione di rappresentata, mentre rappresentanti saranno i figli Cr. e Ca. (è giusta la considerazione che l’eredità di Romolo passa ai figli di Seconda (Le.)

Chiaramente, poiché Cr. e Ca. subentreranno nella medesima posizione di Seconda (Le.), la quota a loro complessivamente spettante sarà sempre l’originaria quota di 4/12 a cui aveva diritto Seconda (Le.), da dividersi in parti eguali in ragione di 2/12 ciascuno.

Se anche uno dei figli di Seconda, Cr. o Ca., decide di rinunciare all’eredità, la sua quota si accresce solo a favore dell’altro figlio di Seconda, e non anche a favore di Prima (Va.) e Terza (Gi.).
Ciò trova spiegazione nel disposto di cui al terzo comma dell’art. 469 c.c., in cui viene espressamente detto che quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi.

Se, al contrario, entrambi i figli di Seconda (Le.) decidessero di rinunziare all’eredità e non avessero figli in favore dei quali potrebbe continuare ad operare l’istituto della rappresentazione (che, si ricorda, ha luogo in infinito ex art. 469 comma 1 c.c.), a quel punto per la quota di Seconda (Le.) opererebbe l’istituto dell’accrescimento, ossia quel particolare fenomeno giuridico che produce l’effetto di espandere la quota degli altri contitolari qualora venga meno la titolarità di qualcuno di essi.
Nel caso di successione legittima tale istituto trova il suo fondamento all’art. 522 del c.c., ove viene espressamente detto che la parte di colui che rinunzia si accresce in favore di coloro che avrebbero concorso col rinunziante.
Pertanto, il patrimonio ereditario di Romolo verrà diviso tra Prima (Va.) e Terza (Gi.) in ragione di ½ ciascuno.


Jasmina chiede
giovedì 25/02/2021 - Friuli-Venezia
“Il defunto non ha più la prima parentela viva, sono vivi solo i figli delle sorelle e dei fratelli del defunto.
Il defunto aveva 3 sorelle ed un fratello (tutti defunti)
  • la prima sorella ha 2 figli vivi;
  • la seconda sorella ha 2 figli vivi
  • la terza sorella ha 6 figli vivi
  • il quarto fratello ha 2 figli vivi

In totale vi sono 12 persone vive che devono prendere l’eredità.
Come si divide ?
Nel documento dichiarazione è scritto 1/12 , e l'agenzia delle entrate ha fatto
l’imposta su primi 4 diviso per figli, e non tutto uguale... grazie!!

Consulenza legale i 04/03/2021
Una norma ben precisa del codice civile regola il caso in esame e si tratta dell’art. 469 c.c., il quale, dettato in tema di rappresentazione (ossia del diritto che hanno i discendenti dei figli e dei fratelli e sorelle del defunto di succedere in luogo del loro ascendente), dispone che quando si succede per rappresentazione la divisione si fa per stirpi.

Facciamo un esempio:
Tizio muore e lascia come successori i suoi due figli, Primo e Secondo, i quali a loro volta hanno due figli ciascuno.
Primo e Secondo rinunziano all'eredità di Tizio, la quale pertanto andrà per rappresentazione a favore dei quattro nipoti, e precisamente per metà ai figli di Primo e per metà ai figli di Secondo (in questo senso si parla di divisione per stirpi).

Se anche uno dei figli di Primo dovesse rinunziare all'eredità, la sua quota andrebbe ad accrescere solo quella del fratello e non anche quella dei due figli di Secondo, come invece avverrebbe se i quattro nipoti succedessero per capi e non per stirpi.

Lo stesso art. 469 c.c. continua disponendo che “Se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo ramo”.

E’ proprio quest’ultima parte della norma quella a cui occorre prestare particolare attenzione per individuare con esattezza le quote che nel caso in esame dovranno essere assegnate a R. J. e Z. A.
Infatti, sebbene nel quesito si dica che la terza sorella (ossia B. O.) ha sei figli vivi, da un esame dettagliato della documentazione inviata a questa Redazione risulta che in realtà una delle figlie di questa è deceduta, e precisamente A.S., lasciando quali eredi, aventi diritto a succedere per rappresentazione, appunto R.J. e Z.A.
Pertanto, abbiamo che lo stipite di B.O. ha prodotto sei rami (i sei figli), per ciascuno dei quali la suddivisione avviene per stirpi.
A sua volta, tra i membri del medesimo ramo la suddivisione avviene per capi.

L’applicazione di queste regole al caso concreto che qui viene posto sicuramente riuscirà a chiarirle meglio.

A.B. (de cuius), morendo, aveva come eredi legittimi tre sorelle ed un fratello, tutti deceduti.
Le quote da formare, dunque, sono quattro, tante quanti sono i fratelli.
A ciascuno di essi sarebbe dovuta andare una quota pari a 12/48 (si preferisce formare le quote in 48° per maggiore comodità e chiarezza di suddivisione).
Poiché i fratelli e la sorella sono deceduti, chiamati all’eredità per rappresentazione diventano i loro figli.
Più precisamente:
  1. B. Maria (sorella del de cuius) ha due figli, fra i quali va divisa la quota di 12/48, ricevendone 6/48 ciascuno;
  2. B. Rosa (sorella del de cuius) ha due figli, fra i quali va divisa la quota di 12/48, ricevendone 6/48 ciascuno;
  3. B. Giuseppe (fratello del de cuius) ha due figli, fra i quali va divisa la quota di 12/48, ricevendone 6/48 ciascuno;
  4. B. Olga (sorella del de cuius) ha sei figli, fra i quali va divisa la quota di 12/48, ricevendone ciascuno 2/48.

Una delle figlie di B. Olga, però, e precisamente A. S., è pure deceduta, lasciando due figli R.J. e Z.A. fra i quali va divisa la quota di 2/48 che sarebbe alla stessa spettata, ricevendone ciascuno di essi 1/48.

La suddivisione che precede spiega anche per quale ragione l’Agenzia delle entrate ha formato quattro quote (le originarie quote di 12/48 spettanti a ciascuno dei fratelli premorti), all’interno delle quali la suddivisione verrà a sua volta fatta secondo le ulteriori quote sopra individuate, ossia:
6/48 ciascuno i figli di Maria, Rosa e Giuseppe;
2/48 ciascuno i cinque figli viventi di B. Olga;
1/48 ciascuno i nipoti di B. Olga, nonché pronipoti del defunto.

Di ciò se ne trova conferma nella stessa dichiarazione di successione, nella quale è stato correttamente usato al CAMPO 4 (relativo al grado di parentela) il codice 15 (per indicare i nipoti, figli di fratello o sorella) ed il codice 20 per i soli R.J. e Z.A. (indicante, appunto, il figlio/a di figlio/a di fratello/sorella).


Gianluca F. chiede
martedì 07/01/2020 - Veneto
“Buonasera, desidero esporvi quanto segue ringraziandovi sin da ora per la risposta.
E' morta la zia di mio padre, defunto molti anni fa quindi prima del soggetto in questione, e pare che questa non abbia lasciato testamento.
Ipotizzando quindi che non esista il testamento gradirei conoscere la quota spettante a me e mio fratello che risultiamo essere i figli del figlio (defunto) della sorella (defunta anch'essa) della zia in questione. La zia lascia un fratello ancora in vita ( privo di figli ) e gli altri figli della sorella defunta (sarebbero i fratellastri di nostro padre visto che questa si è sposata e li ha avuti con un altro uomo).
Quindi ricapitolando rimarremmo noi due, il fratello della zia morta e i figli della sorella di questa, morta anch'essa. A noi spetta la quota che sarebbe andata a nostro padre in quanto nipote della Zia? E se si di che percentuale si tratta?
Grazie e spero di essere stato chiaro
Distinti saluti

Consulenza legale i 12/01/2020
Dispone l’art. 565 del c.c. che nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali ed agli altri parenti secondo l’ordine dallo stesso codice previsto.
Dispone poi il successivo art. 570 del c.c. che fratelli e sorelle sono chiamati a succedere se colui che muore non lascia prole, né genitori, né altri ascendenti e neppure, chiaramente, il coniuge.

Queste le prime norme da prendere in considerazione.
Cerchiamo adesso, per quanto possibile, di creare un breve quadro riassuntivo della fattispecie successoria, attribuendo dei nomi simbolici ai diversi soggetti interessati per evitare confusione.

Stipite Comune: Tizio
Tizio ha tre figli: Prima (sorella defunta)-Seconda (zia che decede adesso)- Terzo.
Prima ha tre figli: Quarto-Quinto-Sesto (Quinto e Sesto sono figli in seconde nozze).
Quarto è morto prima di Seconda, ma lascia due figli: Settimo e Ottavo (coloro nel cui interesse viene posto il quesito).

Alla morte di Seconda, poiché la medesima è nubile e senza figli, le succedono i fratelli e le sorelle.
Di questi, però, soltanto il fratello Terzo è in vita, mentre l’altra sorella Prima le è premorta.
Per quest’ultima, dunque, opera l’istituto della rappresentazione, previsto dall’art. 467 del c.c., e per effetto del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.

Per quanto concerne i soggetti coinvolti nella rappresentazione, l’art. 468 del c.c. dispone espressamente che, nella linea collaterale, rappresentanti possono essere i discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.
Ciò significa che a Seconda, sorella di Prima, premorta, succedono i figli, qui individuati come Quarto, Quinto e Sesto.
Poiché anche Quarto è premorto, gli subentreranno i suoi figli Settimo e Ottavo (coloro nel cui interesse viene posto il quesito), e ciò per effetto di quanto disposto dall’art. 469 c.c., nella parte in cui viene detto che la rappresentazione ha luogo all’infinito, a prescindere dal grado dei discendenti e dal loro numero in ciascuna stirpe.
Infatti, mentre Settimo e Ottavo sono discendenti in linea collaterale di quarto grado della defunta, Quinto e Sesto sono discendenti di terzo grado in linea collaterale della stessa defunta.

Al fine, poi, di stabilire in quale misura dovranno formarsi le quote di ciascuno degli eredi, occorre leggere gli ultimi due commi dell’art. 469 c.c., in cui viene precisato che la divisione si fa per stirpi e che se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo e per capi tra i membri del medesimo ramo.

L’eredità si ripartisce, dunque, “per stirpi” a favore di ciascun ramo, ossia si divide in parti eguali per il numero totale dei fratelli e delle sorelle che la zia Seconda aveva inizialmente; poi, all’interno di ciascuna stirpe, si divide “per capi”, cioè secondo il numero dei figli di ciascuno degli zii.
Se qualcuno dei nipoti non può o non vuole succedere, la sua quota si trasmette ai suoi discendenti, mentre in assenza di discendenti si accresce ai chiamati alla successione nello stesso grado.

Vediamo adesso come ciò viene tradotto in termini numerici, che poi, sicuramente, è quello che più interessa a chi pone il quesito, ma a cui non si può giungere senza darne prima la spiegazione giuridica.

Eredi legittimi di Seconda sono in parti eguali il fratello senza figli Terzo e la sorella premorta Prima, a ciascuno dei quali andrà una quota pari a 60/120.
La quota della sorella premorta Terza andrà divisa per capi in base al numero dei figli di ciascuno degli zii.
Dando per presupposto che i figli di Prima siano complessivamente tre (quelli che abbiamo chiamato Quarto, Quinto e Sesto), a ciascuno andranno 20/120.
Poiché il nipote Quarto non può accettare perché premorto, la sua quota pari a 20/120 andrà divisa tra i suoi figli Settimo e Ottavo, in misura pari a 10/120 ciascuno.
Se Settimo e Ottavo non volessero per qualunque ragione accettare, la quota di 20/120 andrebbe ad accrescere la sola quota di Quinto e Sesto.

Concludendo, le quote saranno così composte:
Terzo (fratello della de cuius Seconda): 60/120
Quinto (figlio della sorella premorta Prima): 20/120
Sesto (figlio della sorella premorta Prima): 20/120
Settimo (figlio di Quarto premorto): 10/120
Ottavo (figlio di Quarto premorto): 10/120.


Maria F. chiede
giovedì 29/10/2015 - Liguria
“Buongiorno, sposata in prime nozze, matrimonio annullato con una figlia ora deceduta che a sua volta ha un figlio. Risposata in seconde nozze con un'altra figlia, ora vivente, che a sua volta ha un figlio; dunque due nipoti, uno di primo letto, uno di secondo letto.
Il mio secondo marito ha concesso il cognome alla figlia ora deceduta non adottata, alla morte della quale abbiamo rinunciato alla eredità da essa derivante, anche il suo legittimo figlio ha rinunciato.
Quesito:
- in caso di mia morte, essendo la madre della defunta della quale il figlio ha rinunciato all'eredità, può il figlio ereditare da me?
- può ereditare dal mio marito attuale avendo mio marito concesso il cognome alla madre defunta?
Ringrazio e porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 02/11/2015
Tizio, marito di Caia, ha concesso alla figlia di primo letto della moglie, Sempronia, l'uso del proprio cognome, ma non l'ha adottata.
Se ne deduce, quindi, che - probabilmente a motivo del fatto che la prima figlia viveva con la madre e il nuovo marito della stessa, costituendo un unico nucleo familiare di fatto - sia stata fatta solo una variazione di cognome, che oggi è disciplinata dagli artt. 89 e seguenti del D.P.R. 3.11.2000, n. 396. La normativa prescrive che qualunque cittadino che voglia cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome, ovvero voglia cambiare il cognome, anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l'origine naturale, o aggiungere al proprio un altro cognome, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello stato civile dove si trova l'atto di nascita al quale la richiesta si riferisce. Nella domanda l'istante deve esporre le ragioni a fondamento della richiesta.

Probabilmente la variazione di cognome, nel caso di specie, è avvenuta prima del 2000, sotto la vigenza del Regio Decreto n. 1239 del 1939, artt. 153-163: la normativa ante anno 2000 richiedeva comunque che venissero esposte le ragioni della richiesta e poneva le competenze in capo a soggetti diversi (la domanda era presentata al procuratore generale presso la corte di appello nella cui giurisdizione il richiedente aveva la sua residenza; l'autorizzazione era data dal Ministro per la Grazia e Giustizia). Ad ogni buon conto, diamo atto che la modifica è regolarmente avvenuta.

Ai fini successori, la modifica del cognome risulta irrilevante.
Difatti, sono successori legittimi solo i figli (nati dentro o fuori dal matrimonio, in questo secondo caso riconosciuti), i figli successivamente legittimati (in realtà ora questa precisazione è divenuta superflua, vista la totale equiparazione tra figli "legittimi" e "naturali") e quelli adottivi, e di conseguenza i loro discendenti - cioè i nipoti del de cuius.

Per questo motivo, il figlio avuto da Sempronia, nipote di Caia, potrà succedere legittimamente alla nonna, mentre non sarà successore del marito Tizio, non avendo con questi alcun rapporto di parentela. Resta salvo il diritto di Tizio di includere il "nipote" nel suo testamento.

Il fatto che sia Caia che il nipote, figlio di Sempronia, abbiano rinunciato alla di lei eredità non compromette il diritto del ragazzo di succedere quale erede legittimo alla nonna.
Il problema si sarebbe posto, casomai, se prima di Sempronia fosse morta anche la madre Caia, prima che la figlia potesse accettare l'eredità: in quel caso, il figlio di Sempronia, rinunciando all'eredità della madre, che era erede legittima di sua nonna, avrebbe automaticamente rinunciato anche al diritto di accettare l'eredità della nonna (art. 479, ultimo comma, c.c.).

La regola è quella di "cristallizzare" la situazione al momento del decesso del de cuius e verificare quali eredi sono ancora in vita: nel nostro caso, quindi, alla morte di Sempronia erano in vita il genitore e un figlio, che hanno rinunciato all'eredità e - si presti attenzione - non si era ancora aperta la successione di Caia (perché questa era in vita!); al momento della futura morte di Caia, il nipote sopravvissuto sarà certamente erede legittimo, per diritto di rappresentazione, in luogo della madre che è morta prima di lui (art. 467 del c.c.: i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questo non possa o non voglia - ad esempio perché premorto - accettare l'eredità; art. 468 del c.c.: "I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunciato all'eredità della persona in luogo della quale subentrano").

Antonio chiede
mercoledì 11/09/2013 - Puglia
“Se il de cuius ha due figli A e B, A eredita 1/2, B invece è morto prima del de cuius, quindi per rappresentazione subentrano solo i propri figli 1 2 3 e 4 (anche se hanno fatto la rinuncia all'eredità di B alla sua morte) o subentra anche A? Di questi figli 1 e 2 vorrebbero rinunciare a favore di A (lo zio) lo possono fare? 3 vuole esercitare la rappresentazione di B e per il 4 morto prima del de cuius possono subentrare i figli (pronipoti) di quest'ultimo?”
Consulenza legale i 23/09/2013
La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato (art. 467 del c.c.).
Pertanto a B possono succedere in rappresentazione solo i figli 1, 2, 3 e 4, nella sua quota di 1/2.
Qualora il chiamato alla successione in rappresentazione rinunci alla chiamata, trova applicazione l'art. 522 del c.c.: nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 571.
Quindi, la quota spettante ai rinunciatari 1 e 2 (a ciascuno sarebbe spettato 1/4 di 1/2 dell'eredità) andrà ad accrescere la quota degli altri chiamati che accetteranno l'eredità: lo zio, il figlio 3 e i figli del figlio 4.
A tal proposito, come rilevato nel quesito, è bene sottolineare che la rappresentazione opera all'infinito: l'art. 469 del c.c. lo dice espressamente, stabilendo che è indifferente il grado dei discendenti o il loro numero in ciascuna stirpe.
Ricapitolando, l'eredità verrà così suddivisa:
- 1/2 al figlio A;
- 1/2 ai discendenti del figlio B, di cui
1/4 al figlio 3
1/4 ai figli del figlio 4 premorto (naturalmente, se accettano la chiamata)
2/4 che sarebbero spettati ai figli 1 e 2 vanno ad accrescere le quote di tutti gli altri eredi.

Marina chiede
mercoledì 15/05/2013 - Lombardia
“buongiorno,
La Sig A e la Sig B sono cugine ( figlie di fratelli.
La Sig. A ha una figlia A1 la quale ha anch'essa una figlia A2.
A e A1 muoiono.
B non ha marito, sorelle, figli , nipoti, genitori , zie. Alla sua morte , senza testamento ,A2 eredita? Grazie”
Consulenza legale i 16/05/2013
Secondo le regole dettate dal codice civile (art. 76 del c.c.) A2 e B sono parenti di sesto grado. Quindi, ai sensi dell'art. 572 del c.c. (e non per diritto di rappresentazione) la successione si apre in favore di A2, non esistendo parenti di grado inferiore.

Paolo P. chiede
mercoledì 08/05/2013 - Lazio
“Mia nonna muore lasciando eredi i due figli: mio zio e mia madre. Apparentemente la nonna non lascia nulla in eredità ma dopo 5 anni mia madre si ammala e muore. In questa occasione sono emersi dei documenti in banca,dove mia nonna aveva il conto corrente, dai quali risulta che mio zio ha preso,poco prima della morte della nonna, somme per circa 250.000 euro in forza del suo potere di firma sullo stesso conto. La domanda e' la seguente:
Posso adire le vie giudiziarie nei confronti di mio zio per rappresentazione di mia madre in forza Dell' art. 467 cc anche se mia madre e' morta dopo di mia nonna?
Un'ulteriore domanda e': la mia posizione mi da il diritto di ottenere la documentazione del conto corrente di mia nonna? Se si, in forza di quali leggi?
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/05/2013
Ai sensi dell'art. 467 c.c., per "rappresentazione" i discendenti legittimi o naturali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato. La norma disciplina i casi di premorte del chiamato, ovvero le ipotesi in cui il chiamato non possa accettare in quanto già morto al momento dell'apertura della successione.
Nel caso di specie, sembra invece trovare applicazione l'art. 479 del c.c., per il quale, se il chiamato all'eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi. Colui che accetta l'eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunziato. Ciò implica che gli eredi della chiamata deceduta (quali i figli), qualora accettino l'eredità della nonna, potranno agire con azione di petizione d'eredità nei confronti dei soggetti che siano in possesso di beni ereditari (anche denaro). Tale azione è prevista dall'art. 533 del c.c., il quale sancisce che l'erede potrà chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi. Si tratta di un'azione imprescrittibile.
Naturalmente, nella vicenda proposta, appaiono dei profili di illiceità nel comportamento dello zio che dovranno essere puntualmente provati in sede di giudizio (andrà appurato, ad esempio, se si trattasse di conto cointestato, se lo zio avesse diritto a quella somma in virtù di una causa lecita, come ad esempio un pagamento dovutogli dalla madre, etc.).
In riferimento alla seconda domanda, si precisa che in qualità di erede della nonna, il nipote subentrerà in tutti i suoi rapporti giuridici, quali, ad esempio, i rapporti bancari: pertanto, avrà diritto a ottenere tutta la documentazione relativa ad ogni conto corrente intestato alla de cuius, anche ai fini dell'esperimento dell'azione petitoria ereditaria.

Anna N. chiede
giovedì 29/11/2012 - Campania

“Una cugina di mio padre, senza figli , fratelli o genitori, è venuta a mancare lasciando come unici parenti 11 cugini figli di 4 zii (tutti morti) fratelli del padre. I cugini sono: (MIO PADRE1) figlio 1°zio –(CUGINO2, CUGINO3, CUGINA4) figli 2°zio – (CUGINO5, CUGINA6) figli 3°zio – (CUGINO7, CUGINO8, CUGINO9, CUGINO10, CUGINA11) figli 4° zio. Non ci sono parenti dal lato materno. Essendo mio padre morto , ho diritto ad entrare nella successione legittima e quindi ereditare, per rappresentazione, la quota che gli sarebbe toccata? ed in che misura gli altri cugini tutti viventi? Entro quanto tempo bisogna presentare la denuncia di successione?”

Consulenza legale i 03/12/2012

I discendenti legittimi del cugino premorto non succedono per rappresentazione in luogo del loro ascendente. L'istituto della rappresentazione opera esclusivamente a favore dei discendenti di colui che sia figlio o fratello del de cuius, non cugino ("La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto", art. 468 del c.c.).

Pertanto, si dovrà seguire la disciplina della successione legittima dei parenti (art. 572 del c.c.), secondo la quale, se una persona muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, non oltre il sesto grado, senza distinzione di linea. I parenti più vicini escludono quelli di grado più lontano.

Nel caso di specie, essendo ancora in vita dieci cugini della defunta, suoi parenti di quarto grado, essi erediteranno in parti uguali escludendo i parenti più lontani, quali sono i figli del cugino premorto (parenti di quinto grado).


Luca chiede
mercoledì 25/04/2012 - Umbria
“Tizio muore, era vedovo e l'unico figlio era premorto. Vi è in vita un nipote (figlio del figlio premorto) e 3 sorelle del de cujus. Come viene suddivisa l'eredità?”
Consulenza legale i 25/04/2012

Nella successione legittima, la legge determina un sistema completo di categorie di successibili, che vanno dai più stretti congiunti fino allo Stato. Regola cardine è quella dell'esclusione per prossimità di grado, in base alla quale il parente più prossimo esclude tutti gli altri. Tale regola viene superata quando sussistono i presupposti della rappresentazione.

Nel caso in cui un discendente sia premorto al de cuius viene in applicazione l'istituto della rappresentazione ai sensi dell'[[467 e ss cc]], in virtù del quale i discendenti legittimi o naturali del fratello o figlio del de cuius primo chiamato all'eredità, subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente nel caso in cui questi non possa o non voglia accettare.

Pertanto, nel caso di specie, l'eredità andrà devoluta al nipote del de cuius che gli succede direttamente per rappresentazione, mentre non potranno vantare alcun diritto successorio le sorelle (il parente più prossimo esclude tutti gli altri).


Angiolina F. chiede
venerdì 20/04/2012 - Emilia-Romagna
“La cugina di primo grado di mia madre è morta e non lascia nè coniuge nè figli. Sono rimasti 3 cugini (mia madre è morta l'anno scorso) i quali hanno chiesto i miei dati anagrafici per l'eredità. E' possibile che io entri nell'eredità di questa persona al posto di mia madre?”
Consulenza legale i 21/04/2012

Se taluno muore senza disporre delle sue sostanze per testamento, si seguono le regole della successione legittima.

Invero, ai sensi dell'art. 572 del c.c. se un soggetto muore senza lasciare prole, nè genitori, nè altri ascendenti, nè fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti più prossimi, senza distinzione di linea. Si applica la regola in base alla quale il più prossimo esclude tutti gli altri.

Nel caso prospettato, avendo la defunta lasciato solo dei cugini - i quali risultano parenti di quarto grado - saranno loro gli unici ad avere diritto all'eredità.

I figli dei cugini premorti non possono vantare alcun diritto successorio in quanto non possono succedere nel luogo e nel grado del loro ascendente premorto perché l'istituto della rappresentazione, ai sensi dell'art. 467 del c.c., si applica solo quando il chiamato all'eredità sia fratello o figlio del de cuius e non possa o non voglia accettare l'eredità.


BARBARA chiede
lunedì 27/02/2012 - Piemonte
“Chi eredita alla morte di un cugino di primo grado (figlio della sorella della nonna materna)che non ha parenti in vita (moglie-figli-genitori)e non ha lasciato testamento? Se uno dei cugini di 1° grado fosse già deceduto avendo però dei figli questi ultimi concorrerebbero all'eredità come i cugini di 1° grado viventi?”
Consulenza legale i 27/02/2012

Innanzitutto è opportuno chiarire come si calcolano, da un punto di vista giuridico, i gradi di parentela, che corrispondono alle generazioni, cioè al rapporto tra generante e generato. Nella parentela in linea retta si calcolano le generazioni risalendo da una persona all'altra fino allo stipite. In linea collaterale si risale dalla persona che interessa fino allo stipite comune, quindi si discende per altra linea calcolando ancora una volta il numero delle persone meno uno (ad es.: i cd. primi cugini, cioè i figli di fratelli, sono parenti di quarto grado).

Se chi muore senza testamento non lascia prole, nè genitori o ulteriori ascendenti, nè fratelli o loro discendenti, succedono gli altri parenti fino al sesto grado. Qui vale la regola che il più vicino esclude gli altri.

Nel caso di specie, se il figlio del fratello del de cuius (parente di quinto grado) risultasse essere l'unico successibile, poiché non vi sono altri parenti di grado inferiore, l'eredità sarà a lui devoluta secondo le regole della successione legittima.


Angelo D. chiede
giovedì 29/12/2011 - Sicilia
“Tizio muore e lascia la moglie ed i figli dei suoi 4 fratelli e sorelle premorti. Due nipoti sono peraltro anch'essi premorti ed hanno a loro volta rispettivamente 3 ed un figlio. Cosa spetta alla moglie ed ai nipoti sia diretti (figli di fratelli e sorelle) che discendenti di questi (figli dei nipoti premorti)?”
Consulenza legale i 04/01/2012

In relazione alle regole sulla successione legittima i fratelli e le sorelle concorrono con gli ascendenti del de cuius e con il coniuge, escludendo i successibili di grado più lontano. In caso di concorso tra coniuge e fratelli, al primo saranno devoluti i 2/3 dell'eredità e ai secondi 1/3 della stessa. In caso di 4 fratelli a ciascuno di loro spetterebbe 1/12 dell'eredità.

Qualora alcuni dei chiamati all'eredità siano però premorti al de cuius, sarà applicabile l'istituto della rappresentazione, previsto e disciplinato dall'art. 467 del c.c. e ss. La rappresentazione è una devoluzione della chiamata rivolta ai figli e ai discendenti del primo istituito che non può o non vuole succedere. L'istituto opera solo se il primo chiamato è figlio o fratello de cuius. La rappresentazione avviene per stirpi. Ciò significa che la quota del chiamato che non può o non vuole accettare non si accresce ai chiamati di pari grado, ma viene devoluta ai suoi discendenti e la frazione di tale quota che spetta a ciascuno dei discendenti segue la stessa sorte se qualcuno tra questi rinunzia o non può accettare (ad es. perché premorto).

Alla luce di quanto esposto deriva che la quota di 1/12 spettante a ciascun fratello del de cuius dovrà essere devoluta in parti uguali ai figli di questi (che se saranno, in ipotesi, due, riceveranno ciascuno 1/24). La quota loro spettante sarà a sua volta, in caso di premorienza, devoluta in parti uguali ai loro discendenti.


Federica chiede
martedì 11/10/2011 - Veneto

“Mia cugina è morta, anche i suoi genitori e pure i suoi nonni, sua madre aveva fratelli di cui 3 defunti,mentre suo padre aveva un fratello che è defunto: i figli dei fratelli defunti rientrano nell'eredità?”

Consulenza legale i 19/10/2011

Se la defunta non ha prole nè era coniugata e non ha fratelli viventi, i suoi cugini ereditano per successione legittima ex art. 572 del c.c..


ANTONELLA chiede
giovedì 21/07/2011 - Lombardia
“Tizio muore, senza lasciare moglie,figli o genitori.In vita c'è solo una sorella, due figli di un fratello premorto e altri due figli di un altro fratello premorto. Come verrà divisa l'eredità?”
Consulenza legale i 22/07/2011

In assenza di testamento, si apre una successione legittima a favore della sorella vivente e dei fratelli, in luogo dei quali, essendo premorti, succedono per diritto di rappresentazione ex art. 467 del c.c. i loro discendenti. L’eredità si divide in tre parti. Un terzo va alla sorella e le restanti quote pari ad un terzo verranno divise per due tra i discendenti di ciascun fratello.


M. T. chiede
lunedì 01/04/2024
“Ho uno zio (no moglie e no figli) che ha redatto testamento nel 2020 indicando eredi i legittimi. Al momento dell'atto erano in vita 3 nipoti figli di sorella deceduta nel 2016 e una sorella con 3 figli deceduta nel 2021. Al momento del decesso chi sarà individuato come legittimo e in che quote verrà divisa l'eredità? Fra le 2 sorelle al 50% o 3 nipoti e 1 sorella 25% a testa o in parti uguali fra i 6 nipoti eventualmente vivi al momento del decesso?”
Consulenza legale i 07/04/2024
In presenza di testamento la successione non può che essere regolata dallo stesso, il che comporta che al momento della morte del de cuius si aprirà la successione testamentaria e non quella legittima.
La particolarità del caso in esame, tuttavia, sta nel fatto che lo zio, in sede di redazione del testamento, non ha voluto nominare specificatamente i suoi eredi, ma ha voluto individuarli rimettendosi alle norme che il codice civile detta in tema di successione legittima.

Pertanto, per individuare concretamente i chiamati all’eredità del de cuius, secondo la volontà testamentaria dello stesso, occorrerà attenersi a quanto disposto dagli artt. 565 e ss. c.c..
In particolare, tra tali norme, in assenza di coniuge, prole, genitori e altri ascendenti, troverà applicazione l’art. 570 c.c., secondo cui al de cuius succedono i fratelli e le sorelle in parti eguali tra loro.
Tuttavia, poiché nel momento in cui si aprirà la successione entrambe le sorelle risulteranno già decedute, per individuare gli eredi legittimi dovrà farsi ricorso alla c.d. rappresentazione, istituto giuridico, disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., in forza del quale i discendenti (c.d. rappresentanti), senza alcuna distinzione, subentrano al loro ascendente nel diritto di accettare un lascito qualora il chiamato (c.d. rappresentato) non possa (ad es. per premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato (art. 468 del c.c.).

La rappresentazione può aver luogo soltanto quando il chiamato che non può o non vuole accettare sia un figlio ovvero un fratello o una sorella del defunto.
Nel caso in esame sono proprio le sorelle del de cuius a non poter accettare l’eredità del fratello per premorienza, con la conseguenza che in luogo di costoro succedono direttamente i loro discendenti (c.d. rappresentanti).
Dispone il secondo comma dell’art. 469 del c.c. che in caso di rappresentazione “la divisione si fa per stirpi”, il che significa che i discendenti subentrano tutti in luogo del capostipite, indipendentemente dal loro numero, e lo stesso criterio si applica anche qualora uno stipite abbia prodotto più rami (così il comma 3 dello stesso art. 469 c.c.).

Applicando il suddetto criterio al caso di specie si avrà che l’eredità dello zio dovrà dividersi in due parti, destinate alle due stirpi (le due sorelle), in ciascuna delle quali succederanno per quote eguali i loro discendenti.
Così, considerando l’intero pari a 6/6, una quota pari a 3/6 andrà ad una sorella ed i rimanenti 3/6 all’altra sorella.
A sua volta, ciascuno dei discendenti delle sorelle premorte (tre per ogni sorella) avrà diritto ad una quota pari ad 1/6 indiviso.


M. S. chiede
giovedì 18/05/2023
“Zio celibe senza figli, una sorella e un fratello defunti che hanno lasciato 4 figli e una sorella in vita con figlia, una casa di proprieta' e dei c/c. quest'anno lo zio muore, si viene a conoscenza che e' stato da una notaio e aveva fatto un atto di donazione della casa con usufrutto vitalizio a suo favore lasciando la nuda proprieta' al nipote maschio, figlio del fratello defunto. in un punto della donazione si dice " la donazione e' effettuata con l' onere per il donatario di consentire gratuitamente alla sorella del donantee con lui convivente ( per 35 anni ) di continuare ad abitare l'immobile una volta estintosi l'usufrutto del donante per tutto il tempo che lo desideri ed ospitandovi anche la figlia", che e' sposata e residente altrove. la sorella, disabile, dal 2022 ha trasferito la residenza presso la figlia in altra regione. la sorella che diritti ha sulla casa ? che spese potrebbero esserle richieste dal nipote ? come sono ripartite le quote tra sorella del defunto e i 4 nipoti per quanto riguarda la ripartizione dei c/c bancari o postali ? grazie.”
Consulenza legale i 25/05/2023
L’art. 536 del c.c. dispone che soggetti a cui deve essere riservata una quota del patrimonio ereditario di colui che muore sono il coniuge, i figli e gli ascendenti.
Nel caso in esame tra i chiamati all’eredità del de cuius non vi è alcuno di questi soggetti, con la conseguenza che lo stesso ben poteva liberamente disporre del suo patrimonio sia in vita che post mortem, ciò che ha fatto decidendo di donare la nuda proprietà della sua casa di abitazione al nipote maschio, figlio del fratello premorto.
Nel medesimo atto di donazione il donante poneva a carico del donatario l’onere di consentire ad una delle sue sorelle di continuare ad abitare l’immobile oggetto di donazione una volta estintosi l’usufrutto che si era riservato (ovvero dopo la sua morte), con facoltà anche di ospitarvi la figlia.
Tale clausola configura a tutti gli effetti una donazione modale, fattispecie tipica disciplinata dall’art.793 c.c., ove viene in particolare disposto che il donatario è tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti del valore della cosa donata (così il secondo comma) e che per l’adempimento dell’onere può agire oltre al donante qualsiasi interessato (così il terzo comma, ove per “interessato” deve intendersi soltanto colui che possa ricevere un vantaggio, seppure indiretto, dall’adempimento).

Sempre nello stesso art. 2 del contratto di donazione viene precisato, a mero titolo di raccomandazione e non di onere, che il donante invita il donatario ad avere cura dell’abitazione e di quanto in essa contenuto.
Il problema che ci si pone, a questo punto, è quello di riuscire a capire quali particolari obblighi possono configurarsi in capo alla beneficiaria dell’onere.
Ebbene, trattandosi di onere posto a carico del donatario e non avendo il donante inteso costituire un vero e proprio diritto reale di abitazione in capo alla sorella, si ritiene che tale fattispecie possa giuridicamente ricondursi, in conformità peraltro a quella che è la natura giuridica dell’onere, ad un diritto di abitazione di natura meramente obbligatoria.
In quanto tale, quel diritto potrà essere fatto valere esclusivamente nei confronti del donante e non nei confronti di chiunque, essendo privo della efficacia erga omnes propria dei diritti reali.
Un’ulteriore conseguenza dell’inquadramento giuridico che si ritiene di dover dare a tale clausola negoziale sta proprio nella disciplina giuridica che da essa ne scaturisce, non potendo di certo porsi a carico della beneficiaria tutti gli oneri connessi al diritto reale di abitazione, quali, a titolo meramente esemplificativo, gli obblighi di natura fiscale (in particolare, questa non potrà ritenersi soggetto passivo IMU, tenuto conto che secondo la normativa IMU soggetti obbligati al pagamento di tale imposta sono tutti coloro che risultano titolari di un diritto reale di godimento).

D’altro canto, ad escludere la sussistenza nel caso di specie di un vero e proprio diritto reale di abitazione può addursi un’ulteriore considerazione, ovvero che se così fosse colei che ne è titolare potrebbe vantare, ex art. 1022 del c.c., il diritto di destinare l’immobile ad abitazione propria e della propria famiglia, escludendo da tale abitazione qualunque soggetto estraneo al proprio nucleo familiare, qual è lo stesso donatario.
Sul piano della disciplina dei rapporti tra donatario e beneficiaria dell’onere, dunque, si ritiene possibile richiamarsi, nei limiti della compatibilità, alle norme che il codice civile detta in materia di comodato senza determinazione di durata.
In particolare potranno trovare applicazione gli artt. 1804 e 1808 c.c., il primo dei quali pone in capo al comodatario (che qui si identifica con la beneficiaria dell’onere) l’obbligo di servirsi della cosa per l’uso determinato in contratto e conformemente alla sua natura, mentre dal secondo deve farsene derivare l’obbligo per la medesima beneficiaria di sostenere le spese ordinarie necessarie per servirsi della cosa (ne possono essere un esempio le spese per le utenze, a cui non ci si potrà esimere dal partecipare se e nella misura in cui verrà effettivamente abitato l’immobile).

Per quanto concerne l’ultima domanda posta, ovvero quella relativa alla esatta determinazione delle quote secondo cui dovranno essere ripartiti tra i chiamati all’eredità i beni lasciati dal de cuius, va detto che, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 570 e 469 c.c., tre sono le quote che verranno a formarsi.
In particolare a ciascuno dei fratelli e delle sorelle dovrà essere assegnata una quota pari ad 1/3 indiviso, con la particolarità che per i fratelli premorti la suddetta quota dovrà a sua volta essere divisa in parti eguali tra i loro discendenti, chiamati a succedere per rappresentazione ed in conformità a quanto disposto dall’art. 469 c.c.

Salvatore L. P. chiede
domenica 28/11/2021 - Campania
“Una zia muore un anno fa senza lasciare testamento non ha figli, genitori o coniuge. Nessuno. Gli eredi sono 15 cugini di primo grado figli a tre fratelli del padre della defunta. Ora quattro di eredi hanno rinunciato, in cancelleria, alla successione ed eredità. Essendo tutti e quattro fratelli di mio padre, la rinuncia opera a favore di mio padre o di tutti gli altri 11? Il notaio che cura la successione ritiene che le quattro quote oggetto della rinuncia vadano a mio padre che è il loro fratello carnale e non divisa tra tutti. Vorrei sapere il vostro pensiero”
Consulenza legale i 02/12/2021
Ciò che sostiene il notaio è corretto e si cercherà adesso di illustrarne le motivazioni.
Nel quesito viene detto che la zia defunta al momento della morte non lascia coniuge, né figli, né genitori, ma solo fratelli.
In favore di questi, stante anche l’assenza di volontà testamentarie, si apre la successione legittima ex art. 570 del c.c..
Poiché anche i fratelli risultano deceduti (non si comprende bene se tutti o soltanto alcuni), a questi subentrano per rappresentazione i figli, e ciò secondo quanto espressamente previsto dalle norme che il codice civile detta in ordine a tale istituto giuridico agli artt. 467 e ss.
In particolare, dispone il primo comma dell’art. 468 del c.c. che nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo in favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

Ora, poiché sembra di capire che la de cuius lascia tre fratelli, sono tre le quote che si sono venute a formare al momento dell’apertura della successione, in quanto secondo quanto disposto al primo comma del citato art. 570 c.c. fratelli e sorelle succedono in parti uguali (ogni fratello, dunque, ha diritto ad un terzo del patrimonio ereditario).
A questo punto si deve ritornare alle norme dettate in tema di rappresentazione, e più precisamente agli ultimi due commi dell’art. 469 del c.c., dai quali risulta che quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi e che se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo.
Ciò significa che le tre quote uguali spettanti ai tre fratelli della de cuius verranno a loro volta divise tra i discendenti dei medesimi fratelli e secondo il loro numero.
Quindi, se il fratello A ha tre figli, il fratello B ne ha cinque ed il fratello C ne ha quattro, la quota di A andrà divisa in tre, quella di B in cinque e quella di C in quattro.

Inoltre, poiché la suddivisione avviene per stirpi, la rinuncia da parte dei discendenti di uno dei fratelli andrà ad accrescere la quota di coloro che fanno parte di quella medesima stirpe.
Quindi, se la stirpe di B ha prodotto cinque rami e quattro hanno rinunciato, la quota dei rinuncianti va ad accrescere quella dell’unico erede accettante della stirpe di B.
Ecco perché il notaio afferma che le quattro quote oggetto di rinuncia vanno a favore del loro unico fratello carnale (in quanto sono tutti rami di una medesima stirpe).
A conferma di ciò può, infine, richiamarsi quanto disposto dall’art. 522 c.c., norma che, dettata proprio in tema di rinuncia all’eredità, statuisce che nelle successioni legittime la quota di colui che rinuncia si accresce a coloro che avrebbero concorso con il rinunciante, ed in questo caso il concorso riguarda i soli figli (rappresentanti) di uno dei fratelli della de cuius.

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