Il diritto di accrescimento, disciplinato agli artt. da 674 a
678, ha avuto in ogni tempo avversari e detrattori, oltre ai sostenitori, ma questi ultimi sono stati di più.
L’istituto ha una sua importante funzione economica, in quanto costituisce una remora allo sviamento e al frazionamento della proprietà.
Rispetto al precedente codice del 1865, rimase in vita la differenza, che già risultava dagli articoli #880# e #884# di quel codice, circa i presupposti rispettivi dell’accrescimento tra coeredi o collegatari: nel primo caso si riteneva e si ritiene necessaria la conjunctio re et verbis; nel secondo si riteneva e si ritiene sufficiente la conjunctio re tantum. Tale differenza non poté mai essere convenientemente giustificata, tanto che si ritenne, giustamente, che la ragione della differenza non fosse né logica, né giuridica, ma soltanto storica.
Tuttavia si deve rilevare che, nell’attuale legislazione, il requisito formale della conjunctio verbis è stato attenuato poiché, a differenza dell’art. #880# codice 1865, l’art. 674 richiede la chiamata col medesimo testamento, senza richiedere altresì l’unità della disposizione.
L’unica differenza dunque - e perciò anche meno giustificabile - consiste nel fatto che, supposta la
conjunctio re, l’accrescimento tra coeredi può aver luogo soltanto in base alle disposizioni contenute nello stesso testamento, mentre l’accrescimento tra collegatari può aver luogo anche quando le disposizioni
re conjunctae siano contenute in diversi testamenti.
È opportuna la disposizione contenuta nel comma 2, concernente l’accrescimento che si riferisce agli eredi istituiti in una medesima quota, sotto le condizioni di cui al primo comma dello stesso articolo.
Per quanto riguarda l’accrescimento tra collegatari, è da rilevare che non tutte le disposizioni dettate per l’accrescimento tra coeredi possono ritenersi senz’altro applicabili, soprattutto per il fatto che la posizione degli eredi presenta delle peculiarità che non consentono sempre un trattamento eguale a quella, diversa, dei legatari. Così, ad esempio, il comma 2 dell’art. 674 non potrebbe mai riguardare i collegatari. Appunto perché non teneva conto di tale esigenza fondamentale, l’art. #884# del codice del 1865, che, a proposito dell’accrescimento tra collegatari, richiamava senz’altro gli articoli #880# e #881# riguardanti l’accrescimento tra coeredi, dava luogo a qualche difficoltà di interpretazione.
L’art.
675, invece, mantenendo in giusti limiti un’autonomia formale, evita tali difficoltà, senza escludere per altro l’applicabilità dei princìpi di carattere generale di cui alle disposizioni dettate per l’accrescimento tra coeredi, anche all’ipotesi di accrescimento tra collegatari.
Un’altra incongruenza riguarda il sistema delle presunzioni legali basate sulla forma della chiamata, che da prima si era inteso abbandonare, posto che il diritto di accrescimento ha in definitiva la sua vera base nella volontà del testatore, ma poi fu ripreso, sia pure in forma più attenuata. Dal combinato disposto degli articoli #880# e #881# del codice del 1865 si deduceva che il diritto di accrescimento era escluso quando il testatore avesse fatto distribuzione di parti fra i coeredi, cioè quando avesse espressamente indicato la quota di ciascuno; non era escluso, invece, quando avesse adoperato l’espressione: per eguali parti o in eguali porzioni.
L’attenuazione realizzata con l’art. 674 è duplice: innanzitutto, si toglie ogni valore al requisito formale dell’espressa indicazione delle quote, facendosi riferimento unicamente alla determinazione di parti, comunque sia attuata nel testamento, senza l’uso di formule o di espressioni o di indicazioni particolari; in secondo luogo, ai sensi della disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 674 (disposizione che ha una portata generale), tutte le presunzioni stabilite, e quindi anche quella relativa alla determinazione delle parti, sono presunzioni iuris tantum, perché può darsi luogo alla prova di una diversa volontà del testatore. Tuttavia, è da rilevare che il requisito del quale si parla non perde il suo valore formale, perché la prova contraria alla presunzione può avere come obiettivo soltanto l’esclusione dell’accrescimento, non già l’ammissione di esso anche nel caso in cui ci fosse determinazione di parti.
Un’innovazione sostanziale, che riduce sensibilmente la sfera di efficacia pratica dell’accrescimento, è consacrata nell’ultimo comma dell’art. 674, che assicura sull’accrescimento la prevalenza al diritto di rappresentazione.