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Articolo 1591 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Danni per ritardata restituzione

Dispositivo dell'art. 1591 Codice Civile

Il conduttore in mora [1219] a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno [1223, 1224](1).

Note

(1) Il locatore deve dimostrare tale maggior danno che può derivare, ad esempio, dal fatto di aver dovuto prendere in locazione un altro immobile o dal non aver potuto percepire un più alto canone pattuito con terzi.

Ratio Legis

La norma stabilisce in anticipo una somma da versare a titolo di danno al fine di evitare che nascano giudizi finalizzati solo allo scopo di quantificarlo.

Spiegazione dell'art. 1591 Codice Civile

Ritardo nella restituzione della cosa locata. Danni

Il ritardo nella restituzione della cosa importa un prolungamento del godimento di essa da parte del conduttore, ed impone necessariamente che, per l'ulteriore periodo di godimento, il locatore riceva un corrispettivo nella misura pattuita nel contratto. Il versamento di tale corrispettivo, può, però essere insufficiente, in quanto il ritardo della consegna può arrecare un pregiudizio al locatore come si avrebbe nel caso che questi abbia locato la cosa ad altri ovvero abbia bisogno di disporne per proprio uso. In questa ipotesi il conduttore è tenuto anche al risarcimento dei danni.

L'obbligo della riconsegna nasce dalla legge, per cui il conduttore è tenuto ad adempierlo senza particolare intimazione, l'obbligo del ristoro dei danni incombe invece soltanto al conduttore in mora, cioè a seguito di intimazione o richiesta nelle forme stabilite dall'art 1219 c.c..
La responsabilità del conduttore ricorre sia quando la violazione dipenda dal fatto proprio, sia quando dipenda dal fatto delle persone di cui il conduttore debba rispondere verso il locatore (familiari, sub-conduttori).

L'azione per danni e quella per riconsegna possono cumularsi, ma possono anche esperirsi indipendentemente. Nessuna preclusione sorge quindi per il locatore all'esercizio dell'azione per danni dal fatto che egli abbia già in precedenza esercitato quella per riconsegna.
L'obbligo di risarcire il maggiore danno si riferisce, naturalmente, all'eventualità che non sia stato convenuto un determinato corrispettivo per la ritardata restituzione. Se tale corrispettivo fu invece convenuto (un tanto al giorno, a settimana, a mese) non potrebbe il locatore invocare il maggior danno subito, poiché fu preventivamente determinata la liquidazione del danno in quella particolare misura.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

405 Riunito nell'art. 445 il contenuto sostanziale degli articoli 1585 e 1586 cod. civ. (430 e 431 progetto del 1936), mi sono fatto carico, nell'art. 446, di stabilire i criteri di liquidazione del danno nel caso che il locatore ritardi la restituzione della
cosa locata.
L'articolo è nuovo ma necessario dato che è rimasto soppresso, nel sistema del progetto del 1936, l'art. 1611 cod . civ. che orientava in via presuntiva.
Ho posto a base del risarcimento l'obbligo del locatario di corrispondere al locatore una somma equivalente al prezzo della locazione per tutto il tempo del ritardo e fino alla consegna: l'importo vuole essere corrispondente a quanto il locatore avrebbe realizzato se avesse locato ad altri.
Ma il danno può essere maggiore, perché il locatore, a causa del ritardo opposto dal conduttore, può aver perduto occasioni favorevoli per una locazione a condizioni migliori di quella alla quale ha successivamente dovuto aderire. Può, inoltre, essere stato impossibile al locatore di affittare la cosa locata immediatamente dopo la riconsegna tardiva, mentre egli ne avrebbe avuto possibilità nel caso di riconsegna tempestiva; questo danno rientra pure nell'ampia dizione del capoverso dell'art. 446 che così viene concretamente ad assorbire l'art. 1611 cod. civ.

Massime relative all'art. 1591 Codice Civile

Cass. civ. n. 194/2023

In caso di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, il locatore ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale corrispondente alle somme che avrebbe conseguito se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l'utile ricavato o ricavabile con l'uso della normale diligenza dall'immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto

Cass. civ. n. 33645/2022

In caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto, mediante concessione a terzi dietro corrispettivo, restando, invece, non risarcibile il venir meno della mera facoltà di non uso, quale manifestazione del contenuto del diritto sul piano astratto, suscettibile di reintegrazione attraverso la sola tutela reale.

In caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Cass. civ. n. 26050/2022

Costituisce valida offerta reale, ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 1208 c.c., nonché ai fini della valutazione del risarcimento del danno ex art. 1591 c.c., quella avente ad oggetto l'indennità di cui all'art. 34 della l. n. 392 del 1978, ancorché non includa gli interessi, atteso che il credito per l'indennità di avviamento diviene esigibile solo nel momento in cui avviene il rilascio dell'immobile.

Cass. civ. n. 38588/2021

La responsabilità del locatario per il ritardo nella restituzione dell'immobile - disciplinata dall'art. 1591 c.c., norma applicabile anche se il ritardo dipenda dal protrarsi della controversia - ha natura contrattuale perché deriva dalla violazione dell'obbligo del conduttore di restituire la cosa locata alla cessazione del contratto. Ne deriva che il diritto al risarcimento dei danni derivati dall'inadempimento a tale obbligo, ancorché in parte normativamente determinato con riferimento al corrispettivo convenuto, non si prescrive nel termine breve di cui all'art. 2948 n. 3 c.c., bensì nell'ordinario termine decennale. Le due obbligazioni previste dall'art. 1591 c.c., inoltre, sono autonome e di duplice natura: di valuta quella avente ad oggetto il canone, su cui maturano gli interessi dalla domanda; di valore invece quella avente ad oggetto il maggior danno.

Cass. civ. n. 27287/2021

In tema di responsabilità del conduttore per ritardata restituzione dell'immobile locato, il maggior danno risarcibile ex art. 1591 c.c. (in aggiunta alla liquidazione automatica in misura corrispondente al canone pagato prevista da detta norma) dev'essere provato dal locatore - anche per presunzioni - nella sua certa e concreta esistenza e non si identifica nel danno da perdita di chance, la cui configurabilità nel caso è esclusa per la intrinseca incertezza sulla possibilità di conseguire il vantaggio economico che connota questa figura.

Cass. civ. n. 8482/2020

Il locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore. L'ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito, che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto.

Cass. civ. n. 23987/2019

In caso di risoluzione del contratto di locazione per impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile alle parti (nella specie per lo stato di inagibilità dell'immobile conseguente ad evento sismico), non trova applicazione l'art. 1591 c.c. - non essendo configurabile il godimento, anche di mero fatto, dei beni già locati e la possibilità di una utilizzazione diretta o di un reimpiego da parte del locatore dei beni stessi nel periodo tra la cessazione del contratto e la effettiva riconsegna - ma la disciplina generale dettata dall'art. 1463 c.c. Ne consegue che il locatore è tenuto, per far valere il diritto alla restituzione del bene, a formulare apposita domanda - valendo essa a rendere imputabile al conduttore il ritardo - e, per ottenere il risarcimento del danno per ritardata restituzione, a dare prova di aver subito un effettivo pregiudizio dalla mancata disponibilità dell'immobile, non potendo tale pregiudizio ritenersi sussistente in re ipsa.

Cass. civ. n. 20708/2019

In tema di mancata riconsegna di un'area demaniale, oggetto di concessione non rinnovata alla scadenza ovvero revocata, il danno è da ritenersi sussistente "in re ipsa" e va commisurato al presumibile valore locativo dell'immobile illegittimamente occupato, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene stesso; ne consegue che trova applicazione, in via analogica, il criterio di valutazione previsto dall'art. 1591 c.c., espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l'utilizzazione di un bene dietro corrispettivo, allorché il concessionario lo continui a utilizzare oltre il termine finale del rapporto senza averne più il titolo.

Cass. civ. n. 10926/2018

In materia di locazione, anche se il rapporto viene risolto - sia contrattualmente, sia giudizialmente - l'obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene, fino al momento dell'effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione al locatore ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile.

Cass. civ. n. 15146/2017

Nel caso di immobile concesso in locazione dalla P.A., quest'ultima non è esonerata dall’onere di provare, con ogni mezzo - e, quindi, anche per presunzioni - l’esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio, benché tale dimostrazione, ove l’immobile fosse destinato ad investimento produttivo mediante locazione, non debba essere data necessariamente attraverso proposte contrattuali ricevute, potendo essere desunta da altre circostanze di fatto che depongano per il mancato conseguimento di corrispettivi locativi commisurati a quelli di mercato; qualora, invece, l’immobile fosse destinato ad utilizzo per esigenze proprie dell’ente pubblico, il danno deve essere commisurato ad altre e diverse conseguenze pregiudizievoli, che devono essere puntualmente dimostrate, quali il costo sopportato dall’ente costretto a mantenere i propri uffici nell’originaria allocazione, ovvero la lievitazione dei prezzi dei lavori di ristrutturazione preventivati sull’immobile, o, ancora, la incidenza economica negativa, determinata dalla indisponibilità del bene, sul risultato della attività amministrativa.

Il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è soggetto, in base all'art. 1591 c.c., ad un duplice obbligo: quello (che sussiste sempre) di dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, che ha natura di debito di valuta ed è sottoposto al principio nominalistico, concretandosi in un debito determinato, sin dal momento della sua nascita, in una espressione monetaria, e quello (eventuale) di risarcire il maggior danno patito dal locatore, che, invece, non essendo fin dall'origine un debito di natura pecuniaria, ma traducendosi in un concreto e specifico ammontare monetario solo al momento della pronuncia giudiziale di liquidazione, importa che deve tenersi conto della svalutazione monetaria verificatasi tra il mancato rilascio e la liquidazione del danno.

Cass. civ. n. 19981/2016

Il locatore che intenda essere risarcito del danno per mancato reimpiego del bene, dopo il rilascio da parte del conduttore in mora, ha l'onere di allegare e dimostrare l'esistenza di specifici fatti impeditivi a tale reimpiego, determinati dal ritardato od inesatto adempimento dell'obbligo di restituzione dell'immobile, ed idonei ad escludere che il mancato sfruttamento locativo sia dipeso da mera inerzia o da scelte volontarie riferibili allo stesso locatore. (Così statuendo, la S.C. - nel confermare la sentenza impugnata, correggendone, però, la motivazione - ha precisato che spetta al locatore, che provi di non aver potuto concludere un nuovo contratto di locazione a causa del ritardato rilascio dell'immobile, il conseguente maggior danno patito sino alla data del rilascio, da liquidarsi con riferimento all'importo del canone relativo al contratto non potuto concludere, oltre aggiornamento ISTAT, ma non anche il danno da lucro cessante per il periodo successivo al rilascio e fino alla stipulazione di un nuovo contratto, non potendo ritenersi provato il nesso eziologico tra l'inadempimento e la produzione di tale ulteriore pregiudizio, né essendo possibile rimettere alla mera libertà del locatore la scelta di attivarsi o meno per rilocare l'immobile, una volta restituito, estendendo "sine die" il danno patrimoniale risarcibile).

Cass. civ. n. 22352/2014

In tema di locazione di immobili, la valutazione relativa alla configurabilità o meno del danno da ritardato rilascio, una volta che l'attore abbia provato l'esistenza di una favorevole occasione di vendere o di locare l'immobile, va effettuata con valutazione prognostica "ex ante" in cui si consideri se, in mancanza del ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto, secondo la regolarità causale, concludere l'affare. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza poiché il giudizio prognostico operato dalla corte territoriale era stato compiuto con valutazione "ex post", tenendo conto anche di elementi di conoscenza successivi, che non erano a disposizione del proprietario nel momento in cui aveva rifiutato una proposta irrevocabile di acquisto proprio a causa dell'incertezza esistente sulla tempistica relativa al rilascio dei locali).

Cass. civ. n. 15876/2013

Il conduttore di un immobile adibito ad attività commerciale, alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell'immobile (quand'anche sia cessato l'esercizio dell'attività commerciale nell'immobile locato), a nulla rilevando che il locatore sia a sua volta inadempiente all'obbligo di pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento. Per sollevarsi da tale obbligo, il conduttore ha l'onere di costituire in mora il locatore offrendo contestualmente, anche in modo informale, la restituzione dell'immobile.

In materia di locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, dal momento della cessazione del rapporto contrattuale sino a quello del pagamento dell'indennità di avviamento si viene ad instaurare tra le parti un rapporto "ex lege", che risulta collegato geneticamente a quello precedente, ma nel quale le rispettive obbligazioni non si pongono in relazione di sinallagmaticità. Ne consegue che il conduttore, rimasto nella detenzione dell'immobile, per sottrarsi all'obbligo di pagamento del canone non può invocare l'applicazione dell'art. 1460 c.c., bensì soltanto compiere l'offerta di restituzione del bene a norma dell'art. 1216 c.c..

Cass. civ. n. 22924/2012

In tema di locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è obbligato, ai sensi dell'art. 1591 c.c., al pagamento del corrispettivo rapportato al canone legalmente dovuto, sostituendosi tale importo, anche in tale fase di ultrattività del rapporto, a quello contrattuale eventualmente convenuto in contrasto con la legge.

Cass. civ. n. 21004/2012

In tema di locazione, il conduttore non può essere considerato in mora nell'adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, con conseguente cessazione altresì dell'obbligo di corrispondere l'indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell'art. 1220 c.c., un'offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 c.c., non comportandone l'accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi (nella specie, avendo le parti concordato che i necessari lavori di ripristino del bene sarebbero stati eseguiti dal medesimo locatore, dietro rimborso delle spese)

Cass. civ. n. 1372/2012

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di cui all'art. 1591 c.c., deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, e, quindi, anche mediante presunzioni, tenendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative all'immobile è obiettivamente giustificabile proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore successivamente alla scadenza del rapporto.

Cass. civ. n. 9977/2011

In tema di mancata riconsegna di un'area demaniale, oggetto di concessione non rinnovata alla scadenza, trova applicazione la disposizione di cui all'art. 1591 c.c., essendo espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l'utilizzazione del bene dietro corrispettivo, allorché, il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre il termine finale del rapporto senza averne più il titolo; alla natura contrattuale della relativa responsabilità consegue altresì che il risarcimento del danno, provocato dal citato inadempimento, si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 c.c. e non in quello, quinquennale, di cui agli artt. 2947, primo comma, c.c. (non versandosi in materia di fatto illecito extracontrattuale) ovvero 2948, primo comma, n. 3, c.c. (che ha riguardo ai corrispettivi del godimento della cosa).

Cass. civ. n. 8322/2011

In tema di danno da ritardata riconsegna dell'immobile locato, la liquidazione equitativa del risarcimento del lucro cessante, per non risultare arbitraria, deve essere fondata su ragioni congrue anche se sommariamente indicate, tra tali ragioni non potendosi comprendere decurtazioni per oneri fiscali, comunque a vario titolo incombenti sul risarcimento nonché per le conseguenze dirette della mancata disponibilità o per il ripristino e la modifica dei locali, quando il valore locativo è stato calcolato in rapporto al loro stato affettivo. Ne consegue che, qualora vengano eseguite riduzioni rispetto alla quantificazione dei ricavi lordi emergenti dal quadro probatorio a disposizione del giudice di merito, deve essere dato conto, soprattutto se i tagli sono d'ingente entità, sia delle ragioni della misura complessiva delle decurtazioni operate rispetto al dato di partenza del valore locativo potenziale, sia della scelta di riferire la liquidazione all'attualità, anziché al tempo dei fatti, e di limitare la decorrenza degli accessori.

Cass. civ. n. 7557/2011

In un contratto atipico avente ad oggetto il trasferimento della disponibilità di un'area per la sua destinazione a discarica di rifiuti - al quale va applicata, in via analogica, la disciplina del contratto di locazione - in difetto di un'espressa previsione contrattuale che stabilisca diversamente, sussiste l'obbligo a carico del concessionario o conduttore, alla scadenza del termine, di riconsegnare il bene, sia pure nelle condizioni ordinariamente conseguenti all'uso stabilito; pertanto, ove non dimostri che i pattuiti lavori di bonifica dell'area non possono essere svolti senza conservare la disponibilità del bene, il concessionario o conduttore deve ritenersi responsabile del ritardo nella consegna del bene stesso, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile.

Cass. civ. n. 267/2011

Nel caso in cui un immobile sia stato pignorato dopo la stipula della locazione, la legittimazione ad agire nei confronti del conduttore per il risarcimento del danno da ritardata restituzione spetta sia al custode, sia, quando il titolare dell'ufficio pubblico preposto all'amministrazione del bene tralasci di farlo, al locatore, atteso che, per quest'ultimo, la perdita della disponibilità giuridica del proprio bene non è assoluta, ma relativa, essendo essa ordinata a protezione dei creditori, rispetto ai quali sono resi inefficaci gli atti del debitore dai quali possa loro derivare un pregiudizio.

Cass. civ. n. 16143/2010

Nel caso di immobile concesso in locazione dalla P.A., è inesigibile la dimostrazione da parte di questa dell'esistenza di concrete proposte provenienti da aspiranti locatari ai fini dell'accertamento del maggior danno da ritardata restituzione dell'immobile locato di cui all'art. 1591 c.c., posto che l'esperimento della procedura pubblica per la locazione presuppone la libertà dell'immobile, mentre è sufficiente e necessaria, a tale scopo, la prova altrimenti data dell'ammontare del canone concretamente conseguibile sul mercato per immobili aventi le stesse caratteristiche.

Cass. civ. n. 11373/2010

Gli eredi del conduttore, i quali, dopo la sua morte, continuino ad occupare, senza titolo, l'immobile locato al loro dante causa, nonostante l'intervenuta convalida della licenza per finita locazione a quest'ultimo intimata, sono tenuti al pagamento, dal momento di detto decesso, dell'indennità di occupazione ai sensi dell'art. 1591 c.c., e non già del canone secondo le scadenze pattuite, perché, cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata anche quando è consentita dalla legge di sospensione degli sfratti, e la liquidazione del relativo danno, da riconoscersi fino all'effettivo rilascio dell'immobile, deve essere effettuata in base all'art. 1 bis del d.l. 31 dicembre 1988, n. 551 (convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 1989, n. 61), senza che possa avere alcuna rilevanza al riguardo la diversa misura inferiore stabilita nel contratto (ormai conclusosi) a titolo di indennità di mora per il ritardo nel pagamento del canone.

Cass. civ. n. 9549/2010

La responsabilità del conduttore per i danni cagionati dalla ritardata restituzione dell'immobile (art. 1591 c.c.) è di natura contrattuale, con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento della stessa, il locatore è tenuto anzitutto a fornire la prova dell'esistenza tra le parti di un contratto di locazione e, ove si tratti di rapporto locatizio tra un privato e la P.A. conduttrice, nell'esercizio della sua attività "iure privatorum", la prova anzidetta deve riguardare, in ragione della qualità del conduttore, un contratto rivestente necessariamente la forma scritta "ad substantiam".

Cass. civ. n. 16110/2009

La costituzione in mora del conduttore - necessaria (art. 1219 c.c.) per gli obblighi risarcitori previsti dall'art. 1591 c.c. - si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto (art. 1458, primo comma c.c.), sia nel caso di risoluzione di diritto (artt. 1456 e 1457 c.c.), dalla data di proposizione della domanda, e non da quella del suo accoglimento, per il principio secondo il quale la durata del processo non può danneggiare l'attore.

Cass. civ. n. 5051/2009

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di cui all'art. 1591 cod. civ., deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, e, quindi, anche mediante presunzioni (a condizione che presentino i requisiti previsti dall'art. 2729, comma primo, cod. civ.), specificandosi che, quando il locatore non sia autorizzato a dare in locazione a terzi l'immobile da restituire, avendo già richiesto ed ottenuto il provvedimento di rilascio per necessità (come nel caso di intervenuto esercizio del diniego di rinnovo alla prima scadenza verificatosi nella specie), il giudice del merito dovrà tener conto anche di elementi diversi dalla presenza di proposte di locazione o di acquisto, considerato che l'unico modo per ottenere la maggiore utilità può consistere, in effetti, nell'utilizzazione diretta del bene, da destinare ad attività produttiva propria o dei prossimi congiunti dello stesso locatore.

La specifica e seria proposta di nuova locazione - che il giudice può valutare, in relazione al disposto dell'art. 1591 cod. civ., come prova idonea dell'effettiva lesione del patrimonio del locatore (a cui incombe il relativo onere) consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato per il tempo di ritardata restituzione dell'immobile - può identificarsi anche con quella proveniente dallo stesso conduttore.

Cass. civ. n. 4484/2009

Il conduttore rimasto nella detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto (nella specie, accertata giudizialmente) è tenuto al pagamento, da tale momento, dell'indennità di occupazione ai sensi dell'art. 1591 cod. civ., e non già del canone secondo le scadenze pattuite, perché, cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata anche quando è consentita dalla legge di sospensione degli sfratti, e la liquidazione del relativo danno, da riconoscersi fino all'effettivo rilascio dell'immobile, deve essere effettuata in base all'art. 1 bis del d.l. n. 551 del 1988 (convertito, con modif., dalla legge n. 61 del 1989), senza che possa avere alcuna rilevanza al riguardo la diversa misura inferiore stabilita nel contratto (ormai conclusosi) a titolo di indennità di mora per il ritardo nel pagamento del canone.

Cass. civ. n. 29202/2008

In tema di locazione, il ritardo nella riconsegna della cosa locata costituisce un comportamento antigiuridico del conduttore potenzialmente lesivo del patrimonio del locatore, che legittima la condanna generica al risarcimento dei danni, ancorché non sia stata fornita prova specifica di essi, richiedendosi, in sede di liquidazione dei danni medesimi, che il locatore dimostri, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l'esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione nonché all'esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo.

Cass. civ. n. 26061/2008

In tema di locazione di immobili urbani, ai fini della valutazione della concreta, effettiva possibilità del locatore di locare a terzi, a condizioni più favorevoli, l'immobile tardivamente restituitogli dal conduttore e, quindi, della sussistenza del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c., non è consentito assumere come dato di comune esperienza che il conduttore è frequentemente inadempiente ed escludere, per tale ragione, la serietà della trattativa intercorsa con un aspirante conduttore.

Cass. civ. n. 23720/2008

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato, il diritto del locatore al risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1591 cod. civ., che ha natura contrattuale, non sorge automaticamente, sulla base del raffronto tra un potenziale canone di mercato ricavabile da una nuova locazione e quello corrisposto dal conduttore al momento del rilascio; pertanto, il mero ritardo del conduttore nella riconsegna della cosa locata legittima soltanto la condanna generica al risarcimento del danno, richiedendosi; in sede di liquidazione del danno medesimo, che il locatore dimostri, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l'esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione nonché all'esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo.

Cass. civ. n. 18524/2007

Il principio stabilito dall'art. 1591 c.c., relativo all'obbligo del conduttore in mora nella restituzione del bene locato di dare al locatore il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna effettiva di esso, salvo il risarcimento del maggior danno, deve trovare applicazione anche con riferimento al caso in cui il conduttore rivesta contestualmente anche la qualità di comproprietario del bene stesso, trovando giustificazione tale estensione nell'obbligo di reintegrare gli altri comproprietari nella facoltà di disporre della loro quota e di far uso della cosa comune secondo il loro diritto, alla stregua di quanto disposto espressamente dagli artt. 1102 e 1103 c.c.

Cass. civ. n. 17844/2007

In caso di risoluzione del contratto di locazione per impossibilità sopravvenuta (nella specie a seguito dei danni causati da evento sismico e della conseguente emanazione di ordinanze sindacali di sgombero e di inagibilità relative agli immobili oggetto del contratto e destinati a scuola), va esclusa l'applicabilità dell'art. 1591 c.c., essendo inconfigurabile il godimento, anche di mero fatto, dei beni già locati — sicché è da ritenersi non più dovuto il corrispettivo che, se corrisposto, determina un ingiustificato arricchimento da parte del (già) locatore — e neppure essendo configurabile la possibilità di una utilizzazione diretta o di un reimpiego da parte del locatore dei beni medesimi nel periodo tra la cessazione dei contratti e la loro effettiva riconsegna. (Nella specie la riconsegna degli immobili era avvenuta senza previa richiesta né costituzione in mora da parte della locatrice ben prima della proposizione della domanda giudiziale e i lavori di riattamento erano iniziati solo alcuni mesi dopo la riconsegna delle chiavi).

Cass. civ. n. 7499/2007

La prova del maggior danno, di cui alla seconda parte dell'art. 1591 c.c., non sorge automaticamente, sulla base del valore locativo presumibilmente ricavabile dall'astratta configurabilità di ipotesi di locazione o vendita del bene, ma richiede, invece, la specifica dimostrazione di un'effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato, nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente o in altre analoghe situazioni pregiudizievoli. Detta prova incombe sul locatore, tenuto a dar conto dell'esistenza di ben determinate proposte di locazione o di acquisto e di concreti propositi di utilizzazione.

Cass. civ. n. 2525/2006

L'obbligo di risarcire il maggior danno, posto dall'art. 1591 c.c., a carico del conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata, presuppone la specifica prova di una effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto utilizzare direttamente e tempestivamente il bene, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente o in altre analoghe situazioni pregiudizievoli, la cui prova incombe al locatore, tenuto a dimostrare l'esistenza di ben determinate proposte di locazione o di acquisto e di concreti propositi di utilizzazione. Il canone convenuto costituisce, quindi, solo il parametro di riferimento per la quantificazione del danno minimo da risarcire, poiché, versando il relativo importo, il conduttore che continua ad occupare l'immobile dopo la cessazione del contratto non adempie all'obbligazione di «dare il corrispettivo nei termini convenuti» (ai sensi dell'art. 1587, n. 2, c.c.), bensì risarcisce un danno da mora, così adempiendo ad un'obbligazione risarcitoria che si sostituisce a quella contrattuale. Ne consegue che, venendosi in tema di risarcimento del danno, ed essendo il risarcimento correlato al danno effettivamente subito, l'importo dovuto dall'occupante, non più a titolo di canone, ma di risarcimento per la protratta occupazione, deve essere correlato al periodo di effettiva occupazione.

Cass. civ. n. 821/2006

In tema di locazione di immobili urbani, a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 6, comma sesto, della legge n. 431 del 1998 (che, in quanto destinata ad agevolare la transizione verso il regime pattizio delle locazioni, ha efficacia retroattiva ed è immediatamente, applicabile ai giudizi in corso), per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 9 novembre 2000 che ha ritenuto illegittima la suddetta disposizione nella parte in cui esimeva il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art, 1591 c,c., anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell'esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio, sussiste l'obbligo del conduttore, durante i periodi di sospensione dell'esecuzione degli sfratti, di corrispondere la somma di cui all'art. 1 bis della legge n. 61 del 1989, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione, e, dunque, fino all'effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione legalmente previsto, a prescindere dall'eventuale maggior danno sofferto dal locatore ai sensi dell'art. 1591 c.c., che è dovuto, per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione ope legis e la data del reale rilascio, solo nel caso in cui il locatore ne abbia offerto prova.

Cass. civ. n. 1150/2005

Nel contratto in favore di terzi, che può essere costituito da un contratto di albergo, purché lo stipulante vi abbia un interesse, che può essere economico, istituzionale o anche morale, lo stipulante rimane parte contrattuale, mentre il terzo non è parte né in senso sostanziale né in senso formale e deve limitarsi a ricevere gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante, senza che a suo carico possano discendere obbligazioni verso il promittente. Ne consegue che è sempre lo stipulante ad essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata da parte del terzo e, in caso di ritardo, alla corresponsione di quanto dovuto ai sensi del disposto dell'art. 1591 cod civ.

Cass. civ. n. 14624/2004

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno di cui all'art. 1591 c.c. va provato in concreto dal locatore «secondo le regole ordinarie» (così la sent. n. 482 del 2000 della Corte Cost.), rientrando quindi fra i mezzi di prova consentiti anche la prova per presunzioni, sempre che queste presentino i requisiti previsti dall'art. 2729, primo comma, c.c., e consentano di ritenere dimostrato il fatto ignoto, con l'ulteriore specificazione che le presunzioni sono da considerare gravi, precise e concordanti sia quando il fatto da provare segue a quelli noti in modo necessario, secondo logica, sia quando ne derivi nella normalità dei casi, cioè secondo quanto in genere suole accadere.

Cass. civ. n. 11000/2003

In tema di locazione degli immobili urbani, la quantificazione legale del danno subito dal locatore per il mancato rilascio dell'immobile da parte del conduttore contenuta nell'art. 7, secondo comma, della legge n. 61 del 1989 (il quale prevede che per il periodo di sospensione la somma dovuta ai sensi dell'art. 1591 c.c. è pari all'ultimo canone corrisposto, aumentato del 100 per cento), in conformità alla interpretazione datane dalla Corte cost. con sentenza n. 482 del 2000, deve essere interpretata restrittivamente, ritenendone strettamente circoscritta l'operatività al periodo di sospensione legale dell'esecuzione degli sfratti stabilita nel primo comma dello stesso articolo di legge, mentre per il periodo immediatamente successivo torna ad applicarsi la disciplina stabilita in via generale dall'art. 1591 c.c.

Cass. civ. n. 9199/2003

In un giudizio di risarcimento danni da ritardata restituzione dell'immobile, ex art. 1591 c.c., l'onere della prova relativo all'avvenuto pagamento del canone ed alla effettuata restituzione del bene locato incombe sul conduttore, trattandosi di fatti estintivi del diritto di credito del locatore, al quale il bene va restituito al termine del rapporto locativo quale sia stata la causa della sua cessazione, e che ha diritto al corrispettivo originariamente convenuto col conduttore in mora fino alla data di restituzione a titolo di risarcimento, salvo il maggior danno.

Cass. civ. n. 8502/2003

In tema di locazione di immobili urbani, la norma contenuta nell'art. 6, comma sesto, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, che ha introdotto una determinazione predeterminata e forfettaria del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili nella misura massima del 20% del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall'art. 1581 c.c. (salvo che nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile, in base alla sentenza n. 482 del 2000 della Corte costituzionale) è una norma eccezionale, di efficacia temporanea e destinata ad agevolare la transizione verso il nuovo regime pattizio delle locazioni e come tale avente efficacia retroattiva ed immediatamente applicabile ai giudizi in corso.

Cass. civ. n. 8240/2003

L'art. 1591 c.c., nello stabilire che il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è tenuto a corrispondere al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, predispone una determinazione legale del danno da mancata restituzione, costituita dal pagamento del canone convenuto, fino al momento di detta riconsegna (salvo il risarcimento dell'eventuale maggior danno, da dimostrare in concreto). In tale ipotesi, il canone convenuto costituisce solo il parametro di riferimento per la quantificazione del danno (minimo) da risarcire, sostituendosi la obbligazione risarcitoria a quella contrattuale originaria. Pertanto, vertendosi in tema di risarcimento correlato al danno effettivamente subito, l'importo dovuto dall'occupante deve essere correlato al periodo di effettiva occupazione, con la conseguenza che, qualora l'immobile sia rilasciato nel corso del periodo in riferimento al quale il canone è contrattualmente commisurato, il risarcimento dovrà essere quantificato sulla base del canone mensile in proporzione ai giorni di effettiva occupazione.

Cass. civ. n. 17201/2002

In materia di locazione di immobili urbani, nella nozione di «corrispettivo convenuto» di cui all'art. 1591 c.c. deve essere ricompresa ogni obbligazione pecuniaria pattuita, e quindi anche gli oneri accessori condominiali posti convenzionalmente a carico del solo conduttore.

Cass. civ. n. 15621/2002

In tema di locazione di immobili urbani, la dichiarazione di incostituzionalità in parte qua dell'art. 6 della legge n. 431 del 1998, — che, interpretando autenticamente la norma di cui all'art.l bis della legge n. 61 del 1989 (a mente della quale, dichiarata la cessazione della locazione, il conduttore, per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione dello sfratto, era tenuto a corrispondere una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto al momento della cessazione del contratto maggiorato del quinto, oltre aggiornamenti Istat), sanciva, durante i periodi di sospensione delle esecuzioni degli sfratti, l'obbligo del conduttore di corrispondere la somma di cui al citato art. 1 bis, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione (e, dunque, fino all'effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione ope legis, a prescindere dall'eventuale maggior danno sofferto dal locatore) — comporta che, a tutt'oggi, il sistema normativo vigente in tema di quantificazione legale del danno subito dal locatore per il periodo intercorrente tra la data della sentenza di rilascio dell'immobile e quella dell'effettiva riappropriazione del bene risulta così delineato: l) la quantificazione legale del danno che il conduttore è comunque tenuto a corrispondere al locatore ai sensi dell'art. 1591 c.c. è quella determinata con la prevista maggiorazione del canone nella misura del quinto oltre aggiornamenti ed oneri accessori; 2) detto importo è astrattamente dovuto per tutto il periodo di sospensione delle esecuzioni e sino all'effettivo rilascio; 3)per il periodo sino al termine della sospensione ope legis delle esecuzioni (o per quello giudizialmente fissato per il rilascio, ex art. 56 legge n. 392 del 1978), la corresponsione dell'ultimo canone così maggiorato esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ex art. 1591 seconda parte c.c., pur in costanza di prova dell'esistenza di un più grave pregiudizio fornita dal locatore; 4) per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione ope legis e la data dell'effettivo rilascio, il locatore (giusta sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 2000), ove ne abbia offerto la prova, può pretendere il risarcimento del maggior danno subito, rispetto a quello quantificato ex lege ex art. 1 bis legge n. 61 del 1989.

Cass. civ. n. 11759/2002

L'obbligo del conduttore di pagare al locatore il canone dopo la cessazione della locazione e fino al rilascio dell'immobile discende dalla legge e non dal contratto; tuttavia, in mancanza di contraria volontà delle parti, le modalità di pagamento restano quelle contrattuali.

Cass. civ. n. 10560/2002

Il canone dovuto dal conduttore inadempiente per il periodo di ritardata restituzione dell'immobile locato, ai sensi dell'art. 1591 c.c., deve essere rapportato, in regime di equo canone, a quello fissato in modo cogente dalla legge, e quindi tenendo conto degli adeguamenti annuali Istat, nella misura stabilita dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, ancorché il locatore non ne abbia fatto richiesta con le modalità previste dall'art. 24 della stessa legge.

In tema di locazione di immobili urbani ad uso abitativo, l'art. 1591 c.c., non derogato da alcuna norma speciale, trova applicazione sin dalla data della scadenza legale o convenzionale del contratto, sicché da tale data il conduttore va considerato in mora ove non restituisca l'immobile locato, con conseguente obbligo di risarcire il danno; né la mora è esclusa ove la data di rilascio dell'immobile venga fissata dal giudice, ai sensi dell'art. 56 della legge n. 392 del 1978, in epoca successiva alla data di scadenza del contratto o venga prorogato lo sfratto in base alle leggi speciali di graduazione.

Cass. civ. n. 8913/2002

Il conduttore in mora nel restituire la cosa è, perciò stesso, ossia indipendentemente da qualsiasi prova fornita dal locatore, tenuto a corrispondere un importo pari al corrispettivo convenuto, con ciò intendendosi — in caso di applicabilità della legge 27 luglio 1978, n. 392 — il canone legalmente dovuto. Ne consegue che egli ha il diritto di ripetere, nei confronti del locatore, quella parte del corrispettivo che superi la misura stabilita dalla legge sul cosiddetto equo canone, anche se tale corrispettivo si riferisca al periodo successivo alla data stabilita per il rilascio, salva la facoltà del locatore di dimostrare, soggiacendo ai principi generali in tema di prova, di aver subito un danno maggiore rispetto a quello coperto dal canone legale. (Fattispecie concernente locazione per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di lavoro).

Cass. civ. n. 7546/2002

La responsabilità del conduttore a norma dell'art. 1591 c.c. per ritardata restituzione dell'immobile locato ha natura contrattuale con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall'art. 1218 c.c., deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione e non anche il dolo o la colpa grave del conduttore, mentre è questi che, per esimersi da responsabilità, è tenuto a provare che il ritardo non è a lui imputabile. Quanto poi, alla conseguente liquidazione, mentre l'esistenza di tale danno è presunta legalmente in misura forfettariamente determinata in una somma pari ai canoni dovuti per la mancata disponibilità del bene dovuto in restituzione, per la parte eccedente (c.d. maggior danno) il locatore è tenuto a fornire la prova della lesione del suo patrimonio consistente nel non aver potuto dare in locazione per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.

Cass. civ. n. 993/2002

Nel codice civile tra le norme sulla locazione e quelle sull'affitto, compreso l'affitto di azienda, corre il rapporto tipico tra norme generali e norme speciali, per cui se la fattispecie non è regolata da una norma specificamente prevista per l'affitto dovrà farsi ricorso alla disciplina generale sulla locazione di cose, salva l'incompatibilità con la relativa normazione speciale. Consegue che la violazione da parte dell'affittuario dell'obbligo di restituzione all'affittante dell'azienda per scadenza del termine dà luogo a carico del primo a responsabilità a norma dell'art. 1591 c.c. dettato in tema di locazione, mancando nella disciplina dell'affitto una norma che regoli i danni per ritardata restituzione e non essendo incompatibile con la normazione speciale sull'affitto l'art. 1591 c.c.

Cass. civ. n. 10485/2001

La condanna dell'affittuario dell'immobile in mora nella restituzione dello stesso al risarcimento del maggior danno a norma dell'art. 1591 c.c. esige la prova specifica dell'esistenza di tale danno e del suo concreto ammontare; il relativo onere incombe sul locatore — concedente, il quale deve fornire idonea dimostrazione che, a causa del ritardo nella restituzione della cosa, il suo patrimonio ha subito una diminuzione patrimoniale — ravvisabile nella circostanza del non aver potuto affittare o vendere l'immobile a condizioni vantaggiose e dimostrabile attraverso la prova dell'esistenza di ben precise proposte di affitto o di acquisto, ovvero di altri, concreti propositi di utilizzazione — mentre non può limitarsi a dedurre, genericamente, che il bene locato era suscettibile di impiego tale da garantirgli un risultato economico migliore rispetto al canone originariamente pattuito. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha ritenuto infondata la pretesa del ricorrente di parametrare il maggior danno all'utile di gestione dell'impresa agricola conseguito dall'affittuario nel periodo di protrazione dell'occupazione del fondo, e ciò, in mancanza della previa dimostrazione dell'esistenza, in capo al concedente, sia della capacità per l'esercizio professionale dell'attività di imprenditore agricolo, sia della titolarità di un'azienda agricola, quest'ultima non risolvendosi esclusivamente nella disponibilità di una superficie di terreno, ma richiedendo la disponibilità anche di ulteriori strumenti).

Cass. civ. n. 10390/2001

In tema di locazione d'immobili adibiti ad uso di locazione, l'art. 1 bis della legge n. 61 del 1989 (la cui disposizione, nel convertire con modifiche il D.L. n. 551 del 1988, ha disposto che, per i comuni ad alta tensione abitativa, l'esecuzione degli sfratti per finita locazione è sospesa fino al 30 aprile 1989 e che, durante il periodo di sospensione dell'esecuzione, il conduttore è tenuto a corrispondere, ai sensi dell'art. 1591 c.c., una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, maggiorato del venti per cento) va interpretato (anche alla luce della sentenza costituzionale n. 482 del 2000) nel senso che tale maggiorazione esclude eventuali, ulteriori pretese pecuniarie del locatore, ai sensi del menzionato art. 1591 c.c., limitatamente al periodo di sospensione dell'esecuzione, ferma restando, al di fuori di tale ambito temporale, l'applicabilità delle regole ordinarie dettate dalla citata norma del codice civile.

Cass. civ. n. 15301/2000

La disposizione sancita dall'art. 1591 c.c. (danni per ritardata restituzione) costituisce espressione di un principio applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l'utilizzazione dei bene dietro corrispettivo, per l'ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto senza averne più il titolo. In queste ipotesi, infatti, al vantaggio che consegue il concessionario da tale utilizzazione consegue un danno per il concedente, che ha come misura certa il corrispettivo periodico che era stato stabilito nel contratto, salva la prova del maggior danno. (Nella specie, un privato aveva continuato ad occupare un'area demaniale marittima per molti anni dopo che era scaduta la concessione. L'Amministrazione delle finanze pretendeva il risarcimento del danno nella misura del vantaggio ricevuto dall'occupante. La Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che, invece, ha attribuito all'amministrazione il risarcimento determinato nella misura del danno subito dalla stessa e liquidato con riferimento al canone pagato dal privato durante il periodo della legittima occupazione dell'area).

Cass. civ. n. 2306/2000

In caso di «danni per ritardata restituzione» della cosa locata, la norma di cui all'articolo 1591 c.c. ha una struttura simile a quella dell'articolo 1224 c.c., in tema di interessi moratori e, quindi, in tema di danno da ritardo nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie. In particolare, fino alla concorrenza del canone convenuto, essendo legalmente presunta l'esistenza del danno stesso, questo ultimo, in detta misura minima, non deve essere provato né nell'an né nel quantum e il pagamento del canone ha funzione risarcitoria, rappresentando il ristoro, in misura forfettariamente determinata, della mancata disponibilità della cosa dovuta in restituzione (analogamente a quanto avviene per gli interessi moratori previsti dall'articolo 1224 c.c.), salvo, comunque, «il maggior danno».

In tema di locazione la responsabilità prevista, in caso di mancata restituzione della cosa locata, dall'articolo 1591 c.c. ha natura contrattuale, per cui il locatore ha il solo onere di provare il ritardo, ma non il dolo o la colpa del conduttore, al quale, invece, spetta il più gravoso onere di provare la impossibilità della riconsegna per una causa a lui non imputabile.

Cass. civ. n. 9698/1998

In tema di locazione abitativa, il conduttore in ritardo nella riconsegna dell'immobile è tenuto a norma dell'art. 1591 c.c. dalla data di cessazione legale del contratto, oltre al pagamento del corrispettivo convenuto, anche al risarcimento del maggior danno subito dal locatore, a titolo di responsabilità contrattuale per il ritardato adempimento — e pertanto, qualora questo danno sia stato determinato con apposita clausola penale, a corrispondere l'ammontare di detta penale — ancorché il ritardo sia dipeso da vicende dilatorie dovute a termini fissati in sentenza per la esecuzione e graduazione dello sfratto o a proroghe e sospensioni ex lege dello stesso, perché trattandosi di termini apposti alla esecuzione forzata e non all'adempimento, non fanno venir meno la mora e così la responsabilità del conduttore.

Cass. civ. n. 6923/1998

Il ritardo da parte del conduttore nella riconsegna della cosa locata — anche se è dipeso, in tutto o in parte, dalla durata del giudizio nel quale si sia discusso intorno al diritto alla restituzione — costituisce un comportamento antigiuridico potenzialmente lesivo del patrimonio del locatore, che legittima la condanna generica al risarcimento dei danni ancorché non sia stata fornita specifica prova di essi, alla quale il locatore stesso è tenuto — pena il rigetto della relativa domanda — in sede di liquidazione.

Cass. civ. n. 11843/1997

Per il disposto dell'art. 1591 c.c. il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto e a risarcirgli il maggiore danno. Quest'ultima obbligazione esclude che il conduttore debba pagare soltanto il canone legale con gli aumenti stabiliti dalle sopravvenute disposizioni di legge, la cui applicabilità o meno al rapporto di locazione rimane un fatto irrilevante per la maggiore estensione del risarcimento.

Cass. civ. n. 4968/1997

Il maggior danno che il locatore assuma di aver subito per effetto della morosità del conduttore e del mancato, tempestivo rilascio dell'immobile locato (art. 1591 c.c.), scaturendo da una fonte di responsabilità ex contractu, va rigorosamente provato, nella sua sussistenza e nel suo concreto ammontare, dal locatore medesimo, sul presupposto che l'obbligo risarcitorio non sorge automaticamente, sulla base del valore locativo presumibilmente ricavabile dalla astratta configurabilità della ipotesi di locazione o vendita del bene, ma va accertato in relazione alle concrete condizioni e caratteristiche dell'immobile stesso, alla sua ubicazione, alla sua possibilità di utilizzazione, onde far emergere il verificarsi di una lesione effettiva, nel patrimonio del locatore, ravvisabile nella circostanza del non averlo potuto locare o alienare a condizioni vantaggiose, e dimostrabile attraverso la prova dell'esistenza di ben precise proposte di locazione o di acquisto, ovvero di altri, concreti propositi di utilizzazione. (Nella specie, la S.C., enunciando il suesposto principio di diritto, ha cassato la decisione del giudice di merito, che aveva fondato il convincimento della esistenza del danno sugli elementi di fatto della sicura — ma astratta — utilizzabilità dell'immobile a fini locativi e sulla valutazione del relativo canone da parte dell'UTE, ritenendo ciascuno di tali elementi inidonei perché, rispettivamente, non attinente alla concreta sorte dell'immobile de quo, e perché non dotato di valenza probatoria esaustiva, quanto al concreto verificarsi del pregiudizio, in mancanza di specifiche proposte di locazione a canone più elevato).

Cass. civ. n. 5086/1996

Una volta accertato che il conduttore abbia ingiustificatamente rifiutato di restituire l'immobile locatogli, questi non può addurre, a giustificazione del ritardo, la pendenza del giudizio nel quale aveva infondatamente eccepito la proroga del rapporto, ma deve rispondere dei danni eventualmente prodotti al locatore secondo la regola posta dall'art. 1591 c.c.

Cass. civ. n. 6368/1995

L'obbligo del conduttore in mora nella restituzione della cosa di pagare al locatore il corrispettivo convenuto sino alla riconsegna, ai sensi dell'art. 1591 c.c., costituendo una forma di risarcimento minima per la mancata disponibilità dell'immobile, prescinde dalla prova di un danno in concreto subito dal locatore, essendo tale prova necessaria solo per gli eventuali maggiori danni.

Cass. civ. n. 4242/1994

Nel caso in cui la prestazione di restituzione della cosa locata, prevista dall'art. 1591 c.c., non si verifichi in quanto nel godimento della cosa rimangono, dopo la cessazione del rapporto, persone diverse dal conduttore, perché quest'ultimo possa raggiungere la prova liberatoria dalla responsabilità per inadempimento, a norma dell'art. 1218 c.c., occorre che si accerti che dette persone si siano immesse nel godimento senza che nell'immissione sia intervenuto il comportamento del conduttore, oppure che questi abbia esercitato diligentemente tutti i mezzi offerti dall'ordinamento per ottenerne l'estromissione, senza raggiungere il risultato richiesto.

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Anonimo chiede
sabato 12/10/2019 - Campania
“Ho ottenuto lo sfratto per morosità per inadempimento contrattuale di un immobile ad uso commerciale. Innanzi tutto chiedo se è possibile chiedere i danni per detto inadempimento. A mio avviso i danni sono direttamente riconducibili e conseguenziali al mancato adempimento contrattuale ed alla impossibilità nelle more del giudizio di opposizione allo sfratto di potere locare l'immobile a terzi, atteso che il giudizio prevedeva anche una CTU. Nella 1° udienza il giudice ha dato la provvisoria esecuzione dello sfratto a cui controparte si è opposto costringendomi ad esecuzione forzata a mezzo forza pubblica. Nel corso del giudizio che si è protratto per anni si era presentata l'occasione di una proposta di locazione a mezzo Agenzia Immobiliare. Ma il sottoscritto ha dovuto rinunciare alla nuova locazione per i seguenti motivi:
1) Il giudice su richiesta di controparte aveva disposto una CTU.
2) In conseguenza dell'espletamento della CTU non si poteva apportare nessuna modifica allo stato dei luoghi, come richiesto dalla nuova proposta di locazione.
3) L'alea di una sentenza che in teoria poteva essere favorevole alla controparte e conseguentemente l'obbligo da parte mia di riammettere la stessa nell'immobile.
Con questa situazione pur avendo ricevuto offerte per la locazione (tutto documentato con offerte scritte e con testimonianze dell'Agenzia Immobiliare che proponeva la nuova locazione) ho dovuto rinunciare prudenzialmente alla nuova locazione in costanza di causa per l'ostinazione della controparte di volersi opporre.
Poiché già mi sono trovato in situazione analoga ed il giudice non mi ha riconosciuto il danno chiedo a Voi se posso intraprendere una causa per risarcimento del danno commisurato ai canoni di locazione che avrei dovuto percepire se la controparte non fosse venuta meno al contratto di locazione sottoscritto o al danno di non avere potuto rilocare l'immobile, rapportando detto danno ai canoni di locazione che avrei percepito se avessi potuto accettare la proposta di locazione. Concludo che la causa di sfratto si è conclusa con la condanna di controparte per sua colpa. L'accenno fatto ad altro giudizio che mi ha visto soccombente in quanto il giudice non mi ha riconosciuto il danno facendo riferimento all'art. 1227 cc. A tale proposito avrei voluto allegare la sentenza per essere a Voi tutto più chiaro ma non ho trovato la necessaria funzione per farlo.”
Consulenza legale i 28/10/2019
Va premesso che, ai sensi dell’art. 1591 del c.c., il conduttore in mora nella restituzione della cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.
Ora, dalla sentenza allegata, emessa nel giudizio locatizio, emerge che il conduttore è stato già condannato al pagamento dell’ammontare dei canoni scaduti fino all’effettivo rilascio, ex art. 1591 c.c.
Occorre verificare se il locatore possa, in aggiunta a ciò e con separato giudizio, chiedere il risarcimento del “maggior danno”.
Proprio perché si tratta di un “maggior danno”, il locatore non può richiedere il pagamento dell’intero importo del canone che avrebbe percepito a seguito della locazione non conclusa: infatti il diritto a ricevere l’ammontare dei canoni fino al rilascio è previsto in ogni caso dall’art. 1591 c.c. ed è stato in effetti, nel nostro caso, riconosciuto al locatore.
Dunque quest’ultimo potrà chiedere la differenza tra il canone che avrebbe potuto percepire rilocando il bene e quello pattuito per la locazione risolta: naturalmente ciò presuppone la prova che il locatore avrebbe potuto ottenere, dalla nuova locazione, un canone superiore a quello della prima.

Tale prova deve essere fornita, appunto, dal locatore, sul quale incombe l’onere di dimostrare che avrebbe potuto in concreto stipulare un nuovo contratto a condizioni per lui più vantaggiose rispetto alla precedente locazione.
Ad esempio, per Cass. Civ., Sez. III, n. 12962/2011, “il maggior danno di cui all'art. 1591 c.c. è integrato allorché sussiste la specifica dimostrazione di un'effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato in considerazione, come nell'ipotesi, di contratto stipulato con un terzo (oppure, nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente) od in altre analoghe situazioni pregiudizievoli”.
Così secondo Cass. Civ., Sez. III, n. 23704/2016, “in tema di responsabilità del conduttore per ritardato rilascio dell'immobile locato, il maggior danno ex art. 1591 c.c. deve essere provato in concreto dal locatore, anche mediante il ricorso a presunzioni, purché, però, sia dimostrato che il suddetto ritardo abbia concretamente pregiudicato la possibilità di locare a terzi il bene per un canone superiore all'ultimo pattuito con il conduttore inadempiente, non essendo sufficiente la prova del diverso e maggior valore locativo di mercato”.
Ed ancora, secondo Cass. Civ., Sez. III, n. 22352/2014, “in tema di locazione di immobili, la valutazione relativa alla configurabilità o meno del danno da ritardato rilascio, una volta che l'attore abbia provato l'esistenza di una favorevole occasione di vendere o di locare l'immobile, va effettuata con valutazione prognostica "ex ante" in cui si consideri se, in mancanza del ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto, secondo la regolarità causale, concludere l'affare”.

Ulteriore questione è quella della sussistenza di un nesso di causalità tra ritardata restituzione dell’immobile e danno conseguente all’impossibilità di locarlo a terzi. Il problema si pone, in questo caso, per la presenza di un’ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 del c.p.c., che avrebbe consentito, almeno teoricamente, al locatore di disporre nuovamente dell’immobile (del quale infatti era rientrato in possesso a seguito di esecuzione forzata).
Va tenuto presente, però - come correttamente osservato nel quesito - che la scelta di attendere l’esito della causa di sfratto prima di stipulare un nuovo contratto non era completamente libera, essendo condizionata da una serie di circostanze oggettivamente valutabili.
Peraltro, proprio nella sentenza ultima citata (22352/2014), la Cassazione afferma: “né si può ritenere che il locatore, per evitare di perdere l'affare, fosse tenuto in ogni caso a concludere pur non essendo certo di poter consegnare gli immobili liberi al momento previsto per il rogito, correndo il rischio di esporsi al un inadempimento per fatto di un terzo che egli non era in grado di scongiurare o evitare e ad una azione di risarcimento dei danni da parte dell'acquirente”.
Ed ancora, secondo Cass. Civ., Sez. III, n. 19981/2016, “il locatore che intenda essere risarcito del danno per mancato reimpiego del bene, dopo il rilascio da parte del conduttore in mora, ha l'onere di allegare e dimostrare l'esistenza di specifici fatti impeditivi a tale reimpiego, determinati dal ritardato od inesatto adempimento dell'obbligo di restituzione dell'immobile, ed idonei ad escludere che il mancato sfruttamento locativo sia dipeso da mera inerzia o da scelte volontarie riferibili allo stesso locatore”.

Ora, nel caso in esame, ad influire sulla libertà di scelta del locatore c’era sia l’impossibilità di modificare lo stato dei luoghi nelle more dell’espletamento della C.T.U. (che in effetti ha poi ritenuti sussistenti i danni cagionati dal conduttore all’immobile per omessa manutenzione). sia l’alea del giudizio che avrebbe potuto condurre a un diverso esito della causa e comportare l’obbligo di riconsegnare l’immobile al conduttore.
Sul punto, è vero, sì, che il convenuto-opponente principale aveva formulato a sua volta domanda di risoluzione del contratto per colpa della parte locatrice, ma aveva chiesto altresì dichiararsi l’improcedibilità della domanda, così come l’altra convenuta aveva eccepito il difetto di legittimazione dell’attrice ad agire per la restituzione: istanze che, ove accolte, avrebbero condotto alla revoca, anziché alla conferma, dell'ordinanza di rilascio.
Naturalmente l’onere della prova incombe, anche in questo caso, sul locatore e dovrà essere assolto rigorosamente.

Davide B. chiede
mercoledì 14/09/2016 - Lazio
“Buonasera,
Scrivo di seguito il mio quesito:
Ho appena iniziato un attività di casa vacanze. al momento pubblicizzo L' appartamento su Airbnb ed altri siti (che offrono o non offrono garanzie per il locatore) al momento del check in faccio firmare un contratto con la data di check in e check out con la fotocopia dei documenti ovvero con la clausola che ogni giorno ulteriore a quello pattuito il nuovo prezzo e' di 500€ (10 volte tanto quello medio giornaliero). Ora, per non entrare affatto in bighe legali e quindi in lungaggini amministrative quali quelle dello sfratto e del recupero del credito (recupero?) che altri metodi mi consigliate?e' altresì possibile chiedere l' immediato rilascio dell immobile con la forza pubblica perché il contratto è solo transitorio ovvero con uso di casa vacanza senza possibilità di trasferirci la residenza?
Molte grazie”
Consulenza legale i 21/09/2016
Va preliminarmente osservato che la gestione di una “casa vacanze” trova disciplina in primo luogo a livello regionale e che andrà quindi attentamente esaminata, prima di ogni altra cosa, la normativa locale per individuare presupposti e regole per l’esercizio di tale attività.
Ciò detto, la “casa vacanze” è un immobile arredato e gestito in forma imprenditoriale o meno per l'affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi normalmente validità non superiore ai tre mesi consecutivi.

Proprio perché trattasi, quindi, di godimento di un immobile per un certo tempo verso corrispettivo, anche se non siamo di fronte ad un contratto “tipico”, si ritiene pacificamente applicabile ad esso la disciplina della locazione di cui agli articoli 1571 e seguenti del cod. civ..
La scelta – adottata da chi pone il quesito - di pattuire il pagamento di una determinata somma nel caso di mancato rilascio dell’immobile alla scadenza, è sicuramente la scelta migliore e non vi sono, purtroppo, di alternative che possano garantire risultati più efficaci e più rapidi.
Normalmente, come recita l’art. 1571 del cod. civ., “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.” In base alla norma, quindi, il locatore ha diritto – in buona sostanza - al canone di locazione fino alla riconsegna, ma il diritto all’ulteriore somma di cui al 1591 a titolo di “maggiore danno” rimane tutta da dimostrare e, quindi, calcolare.
Nel giudizio, pertanto, che il locatore dovrà instaurare per chiedere ed ottenere l’importo che gli spetta per legge nonché il risarcimento del danno, avrà il preciso onere di dimostrare sia l’esistenza che, soprattutto, l’ammontare di quest’ultimo.

Il vantaggio, invece, di pattuire una penale (istituto del tutto compatibile con la locazione, e che nel caso delle locazioni “libere”, come quella di immobili ad uso turistico, è del tutto slegata da vincoli) è indubbio sotto questo profilo.
Infatti, si tratta per legge (art. 1382 cod. civ.) proprio del modo che le parti hanno per predeterminare convenzionalmente l’ammontare del danno in caso di eventuale inadempimento alla prestazione. Nel caso di contenzioso giudiziale, quindi, il locatore non avrà più la prova, molto difficile, di dimostrare il danno e di quantificarlo, ma potrà semplicemente chiedere la condanna al pagamento della penale pattuita nel contratto.

E’ bene far presente, però, che ai sensi dell’art. 1384 cod. civ., “La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento”, ovvero il Giudice ha sempre il controllo sull’ammontare della penale, per cui può ridurla d’ufficio se ritiene che sia eccessiva avendo riguardo non tanto all’importo in sé, ma all’interesse effettivo all’adempimento di chi la richiede.
Stabilisce la giurisprudenza a tal proposito: “Il criterio cui il giudice deve fare riferimento per esercitare il potere di riduzione della penale non è la valutazione della prestazione in sè astrattamente considerata, ma l'interesse che la parte secondo le circostanze ha all'adempimento della prestazione cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell'inadempimento sull'equilibrio delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta. (…)”. (Cassazione civile, sez. III, 05/11/2002, n. 15497).

Inoltre, se l’attività di gestione della “casa vacanze” è di natura imprenditoriale, si applicherà al caso di specie anche il cosiddetto “codice del consumo” (Decreto Legislativo 6 Settembre 2005 n. 206), che sancisce lo stesso principio del 1384 cod. civ. all’art. 33, commi 1 e 2: “Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. 2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: (…) f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo”.

La causa, comunque, non potrà essere evitata: non esiste l’autotutela nel nostro ordinamento, per cui il proprietario che voglia ottenere la restituzione del proprio bene dovrà necessariamente rivolgersi all’autorità giudiziaria ed ottenerne un provvedimento esecutivo, mentre non potrà utilizzare direttamente la “forza” per costringere l’inquilino ad andarsene.


In relazione a quest’ultimo punto, anche per rispondere all’ultima domanda posta nel quesito, neppure la natura transitoria e ad uso turistico del contratto può giustificare l’intervento della forza pubblica.
Quest’ultima, infatti, può essere attivata solamente dall’Ufficiale Giudiziario nell’ambito della procedura esecutiva di rilascio dell’immobile secondo quanto previsto dagli articoli 608 (“Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto], si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.”) e 513 (“Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica“) del codice di procedura civile.