Cass. civ. n. 21198/2022
Anche nell'ambito del contratto preliminare si applica la regola, stabilita dall'art. 1373, comma 1 c.c., secondo cui il recesso non può essere esercitato dalla parte quando, dopo la conclusione del contratto, questo abbia avuto un principio di esecuzione, quando cioè l'effetto reale del contratto si è in tutto o in parte realizzato o la prestazione obbligatoria, come la consegna del bene prima della stipulazione del contratto definitivo o il versamento di un acconto sul prezzo, è stata in tutto o in parte adempiuta.
Cass. civ. n. 3542/2021
Il principio di libertà della forma si applica anche all'accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, che pertanto - salvo diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell'art. 1352 c.c. dalle medesime parti stipulanti - ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti; la medesima libertà va quindi ritenuta anche rispetto ai negozi risolutori di detti accordi, come il recesso unilaterale ex art. 1373, comma 2, c.c., la cui prova può essere offerta anche per testimoni.
Cass. civ. n. 1454/2019
Sebbene il recesso sia atto irrevocabile dal momento in cui il destinatario ne abbia avuto notizia ai sensi dell'art. 1334 c.c., ciò non esclude che le parti, nel rispetto dell'autonomia contrattuale, possano far venire meno gli effetti della fattispecie estintiva, ponendo in essere una concorde manifestazione di volontà che, nel caso di contratto in forma scritta "ad substantiam", deve risultare da atto scritto.
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L'atto con il quale il contraente esercita il recesso convenzionale (art. 1373 c.c.) o legale (art. 1385 c.c.), costituente esplicazione di un diritto di sciogliere unilateralmente il contratto in deroga al principio espresso dall'art. 1372, comma 1, c.c., è immediatamente vincolante sia per l'emittente che per la controparte, anche quando l'efficacia ne sia differita per il compimento di atti conseguenti; il recesso è, di conseguenza, irrevocabile dal momento in cui il destinatario ne abbia avuto notizia, ai sensi dell'art. 1334 c.c., derivandone l'estinzione immediata del preesistente rapporto contrattuale. L'irrevocabilità unilaterale del recesso, dal momento in cui l'emittente lo abbia comunicato alla controparte, non può però comportare l'esclusione della facoltà per le parti, nell'esercizio della loro autonomia, di far venire meno gli effetti della fattispecie estintiva, ponendo in essere una manifestazione concorde di volontà che, nel caso di contratto in forma scritta ad substantiam, deve risultare da atto scritto.
Cass. civ. n. 5368/2018
La domanda dell'appaltatore volta a conseguire dal committente il corrispettivo previsto per l'esercizio della facoltà di recesso pattuita in suo favore ai sensi dell'art. 1373 c.c. presuppone l'esistenza di un patto espresso che attribuisca al committente la facoltà di recedere dal contratto prima che questo abbia avuto un principio di esecuzione, nonché l'avvenuto esercizio del recesso entro tale limite temporale, ed ha per oggetto la prestazione, in corrispettivo dello "ius poenitendi", di una somma ("multa poenitentialis") integrante un debito di valuta e non di valore; diversa, invece è, la domanda dello stesso appaltatore di essere tenuto indenne dal committente avvalsosi del diritto di recesso riconosciutogli dall'art. 1671 c.c., la quale presuppone l'esercizio, in un qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto e quindi anche ad iniziata esecuzione del medesimo, di una facoltà di recesso che al committente è attribuita direttamente dalla legge ed ha per oggetto un obbligo indennitario.
Cass. civ. n. 2600/2018
Il principio di libertà della forma si applica anche all'accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, che pertanto - a meno di eventuale diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell'art. 1352 c.c. dalle medesime parti stipulanti - ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti; la libertà della forma dell'accordo o del contratto collettivo di lavoro concerne anche i negozi ad esso connessi, come il recesso unilaterale ex art. 1373, comma 2, c.c.
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La parte che eccepisce l'avvenuto recesso unilaterale da un accordo o da un contratto collettivo di diritto comune è onerata, ex art. 2697, comma 2, c.c., della prova relativa e, ove alla manifestazione orale segua, su richiesta dell'altro o degli altri contraenti, una dichiarazione scritta del medesimo tenore, è altresì onerata della prova del carattere meramente confermativo - anziché innovativo - di tale successiva dichiarazione.
Cass. civ. n. 2130/2017
In tema di appalto, nel caso di recesso del committente - sia per l'ipotesi di recesso legale di cui all'art. 1671 c.c., esercitabile in qualunque momento dopo la conclusione del contratto e che può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l'appaltatore per fatti d'inadempimento, sia per l'ipotesi di recesso convenzionale, ex art. 1373 c.c. - il contratto si scioglie senza necessità di indagini sull'importanza e gravità dell'inadempimento, le quali sono rilevanti soltanto quando il committente, pretenda dall'appaltatore il risarcimento del danno per inadempimento, nonostante questi abbia esercitato il suo diritto potestativo di recedere dal contratto.
Cass. civ. n. 26365/2014
Nella ipotesi di clausola contrattuale di "cessazione immediata del contratto", il giudice di merito, che la interpreti come recesso senza preavviso e non quale clausola condizionale risolutiva, deve rendere evidenti le ragioni dell'approdo ermeneutico quando, per gli eventi nel cui contesto la clausola ha operato, assume rilevanza la diversa struttura ed il "modus operandi" dei due istituti, il primo ancorato ad una facoltà delle parti di sciogliere unilateralmente il contratto, il secondo relazionato ad un avvenimento futuro e incerto.
Cass. civ. n. 7762/2013
Il recesso unilaterale dal contratto, previsto dall'art. 1385, secondo comma, cod. civ., è di natura legale e non convenzionale, trovando la sua giustificazione nell'inadempienza dell'altra parte, laddove l'art. 1373, primo comma, cod. civ., secondo il quale il recesso non può essere esercitato quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, riguarda esclusivamente il recesso convenzionale e non anche quello stabilito dall'art. 1385 in favore del contraente non inadempiente
Cass. civ. n. 227/2013
In tema di recesso dal contratto, l'obbligo del preavviso ha la funzione di tutelare il contraente receduto, al quale viene concesso, attraverso la dilazione degli effetti della volontà espressa dal recedente, il tempo sufficiente a regolare i suoi interessi; la sua violazione, peraltro, non comporta una danno in re ipsa, da risarcire a prescindere da qualunque effettivo pregiudizio.
Cass. civ. n. 15629/2005
In base ad una lettura conforme a buona fede deve ritenersi che, in un contratto di durata, in presenza di una pattuizione che riconosca ad una parte, in difetto di una unilaterale manifestazione di una volontà di disdetta dell'altra da compiersi entro un certo termine prima della scadenza del periodo di durata del contratto, il diritto potestativo di determinare la rinnovazione con una sua unilaterale dichiarazione, quest'ultima deve avvenire necessariamente entro il termine di scadenza del contratto, perché altrimenti l'effetto tipico della rinnovazione — cioè la nascita in prosecuzione di un nuovo contratto con lo stesso contenuto di quello originario, ma di questo sostitutivo, di modo che il rapporto fra le parti possa, pur cambiando la fonte, continuare senza soluzione con le stesse regole — non potrebbe realizzarsi (principio affermato dalla Suprema Corte relativamente ad un contratto di sponsorizzazione di un atleta).
Cass. civ. n. 262/2005
I contratti conclusi « iure privatorum» dalla P.A. sono assoggettati alla ordinaria disciplina dettata in materia contrattuale — sebbene, per la loro validità, sia sempre richiesta la forma scritta a pena di nullità — con la conseguenza che il recesso, quale atto unilaterale recettizio, può essere legittimamente espresso dall'Ente pubblico in qualsiasi forma, purché esso pervenga nella sfera di conoscenza del destinatario, ed è pertanto sottratto tanto all'osservanza dello schema procedimentale degli atti pubblici della P.A., quanto al sindacato di conformità dell'organo di controllo che attiene alla legittimità degli atti e non investe la valutazione dell'interesse pubblico perseguito — (fattispecie in tema di contratto di locazione di immobili di proprietà di un privato in relazione al quale il commissario straordinario preposto all'amministrazione del comune locatario aveva comunicato al conduttore la volontà di recedere dal contratto a causa della situazione di dissesto finanziario del comune stesso senza che la dichiarazione di recesso fosse stata preceduta da alcuna deliberazione dell'ente. Nell'affermare il principio di diritto espresso in massima, la Corte Cass. ha ulteriormente precisato, da un canto, che il commissario straordinario, assorbendo in sè entrambe le funzioni pubbliche deliberative ed esecutive — era senz'altro legittimato ad esprimere la volontà di recesso dell'ente, dall'altro, che il dissesto finanziario dell'ente stesso integrava senz'altro una delle ipotesi di « gravi motivi» di cui all'art.27 u.c. della legge 392/1978, giustificativi del recesso dell'ente dal contratto di locazione).
Cass. civ. n. 14970/2004
Il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all'esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, la quale è in sintonia con il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto. Tuttavia, non trattandosi di principio inderogabile che coinvolga interessi pubblici o generali, le parti possono derogare alla recedibilità
ad nutum purché la rinuncia — sia pure implicita — investa direttamente la stessa recedibilità. Pertanto qualora, come nella specie, il contratto rechi la disciplina pattizia soltanto di alcune ipotesi di inadempimento, tale previsione, in difetto di specifiche determinazioni ulteriori, non può incidere sulla recedibilità
ad nutum che rappresenta la causa estintiva ordinaria del rapporto di prestazione d'opera professionale (dedotto nella specie).
Cass. civ. n. 17340/2003
Mentre integra un debito di valuta, che ai sensi dell'art. 1373 c.c. trova fonte in un patto espresso, la prestazione a favore dell'appaltatore di una somma a titolo di corrispettivo per l'esercizio da parte del committente della facoltà di recesso prima che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, dà luogo, invece, a un'obbligazione di valore di natura indennitaria l'esercizio, posteriore alla conclusione del contratto di appalto — e quindi anche ad esecuzione già iniziata — della facoltà di recesso unilaterale per legge attribuita dall'art. 1671 c.c. al committente, che è tenuto a tenere indenne l'appaltatore del danno emergente e del lucro cessante, da liquidare — secondo i principi regolatori del risarcimento del danno — anche in via equitativa, tenendo conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione.
Cass. civ. n. 8360/1996
Qualora un contratto collettivo — che costituisce uno strumento di composizione di conflitti sorti in un determinato momento — venga stipulato senza l'indicazione di una scadenza, detta mancanza non implica che gli effetti del contratto perdurino nel tempo senza limiti, atteso che — in sintonia con il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto
ex art. 1375 c.c. ed in coerenza con la naturale temporaneità dell'obbligazione — deve essere riconosciuta alle parti la possibilità di farne cessare l'efficacia, previa disdetta, anche in mancanza di una previsione legale, non essendo a ciò di ostacolo il disposto dell'art. 1373 c.c. che regola il recesso unilaterale nei contratti di durata quando tale facoltà è stata prevista dalle parti, senza nulla disporre per il caso di mancata previsione pattizia al riguardo.
Cass. civ. n. 10300/1994
L'art. 1373 c.c. — il quale, nel disciplinare l'istituto del recesso unilaterale (diverso da quello per inadempimento previsto dall'art. 1385 c.c.), stabilisce che la parte cui è attribuita pattiziamente detta facoltà può esercitarla finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione — non prescinde, in virtù sia del suo testo letterale, sia della sua
ratio (ravvisabile nell'incompatibilità concettuale tra proposito di sciogliere unilateralmente il rapporto e consenso precedentemente manifestato a darvi attuazione, sia pure parziale), da una connotazione volontaristica del «principio di esecuzione», nel senso che questo, per poter precludere il recesso, o deve essere stato posto in essere dallo stesso recedente o, se posto in essere da altro contraente, non deve aver trovato opposizione e rifiuto da parte del primo. Ne consegue che la domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, di cui all'art. 2932 c.c., non può — sempre che l'altra parte non vi abbia aderito o non abbia accettato l'eventuale contemporanea offerta della controprestazione — in alcun modo considerarsi di per sé principio di esecuzione del contratto preliminare ai sensi ed agli effetti dell'art. 1373 c.c. e che il convenuto, a cui favore sia stato attribuito il diritto di recesso, deve ritenersi legittimato a farlo valere in via di azione o di eccezione riconvenzionale ed a paralizzare cosa la pretesa avversaria di sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c.
Cass. civ. n. 4473/1993
Nel contratto di associazione in partecipazione agli utili dell'impresa o di uno o più affari, il diritto di recesso deve riconoscersi a ciascuno dei contraenti ove manchi la previsione del termine di durata del rapporto, con la conseguenza che l'istituto del recesso unilaterale a norma del secondo comma dell'art. 1373 c.c. è applicabile sia al contratto sopra richiamato che ai rapporti di cointeressenza agli utili senza partecipazione alle perdite, che costituisce una figura particolare del contratto di cui all'art. 2549 c.c.
Cass. civ. n. 5846/1991
A differenza della mediazione tipica, nella quale a norma dell'art. 1756 c.c., per l'affare non concluso, al mediatore spetta soltanto il diritto al rimborso delle spese, essendo il committente dominus della conclusione (o meno) del contratto ed anche della revoca dello stesso incarico senz'altro onere, nel contratto per cui sia pattuito un termine di efficacia con facoltà per l'incaricato, fino alla scadenza dello stesso, di promuovere affari con diritto alla provvigione anche se il committente rifiuti la conclusione del contratto, la revoca dell'incarico, ponendosi in contrasto con detta attribuzione, rientrante nel potere di autonomia contrattuale delle parti in rispondenza all'esigenza di favorire al massimo grado la promozione degli affari, comporta il diritto dell'incaricato ad un corrispettivo, anche in applicazione del principio generale di cui all'art. 1373, terzo comma, c.c.
Cass. civ. n. 4750/1991
La domanda dell'appaltatore volta a conseguire dal committente il corrispettivo previsto per l'esercizio della facoltà di recesso pattuita in suo favore ai sensi dell'art. 1373 c.c. e la domanda dello stesso appaltatore di essere tenuto indenne dal committente avvalsosi del diritto di recesso riconosciutogli dall'art. 1671 c.c. sono sostanzialmente diverse: la prima presuppone l'esistenza di un patto espresso che attribuisca al committente la facoltà di recedere dal contratto prima che questo abbia avuto un principio di esecuzione, nonché l'avvenuto esercizio del recesso entro tale limite temporale, ed ha per oggetto la prestazione, in corrispettivo dello ius poenitendi, di una somma (multa poenitentialis) integrante un debito di valuta e non di valore; la seconda, invece, presuppone l'esercizio, in un qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto e quindi anche ad iniziata esecuzione del medesimo, di una facoltà di recesso che al committente è attribuita direttamente dalla legge ed ha per oggetto un obbligo indennitario (delle perdite subite dall'appaltatore — per le spese sostenute ed i lavori eseguiti — e del mancato guadagno) cui sono applicabili gli stessi principi in tema di risarcimento del danno da inadempimento e, in particolare, sia quello della possibilità di una liquidazione equitativa sia quello della necessità di tener conto, anche d'ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione.
Cass. civ. n. 1513/1990
La disposizione dell'art. 1373, primo comma, c.c., per la quale la facoltà di recedere dal contratto, attribuita ad una delle parti, può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione, non opera relativamente ai contratti ad esecuzione continuata, per i quali il secondo comma della medesima norma espressamente prevede che detta facoltà può essere esercitata anche successivamente; ed è, comunque, suscettibile di deroga per contraria pattuizione, da riconoscersi sussistente allorché la facoltà di recesso sia attribuita in correlazione ed in funzione di un patto di prova, che necessariamente presuppone l'esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto.
Cass. civ. n. 987/1990
Il recesso unilaterale, lungi dal costituire una facoltà normale delle parti contraenti, presuppone, invece, a norma dell'art. 1373 c.c., che essa sia specificamente attribuita per legge o per clausola contrattuale e, in quest'ultimo caso, l'onere di provarne l'esistenza ricade sulla parte che intenda farla valere in giudizio. (Nella specie, la C.S. in base all'enunciato principio ha confermato la sentenza con la quale i giudici del merito avevano negato, interpretando l'art. 16 dell'accordo collettivo nazionale 24 aprile 1958, sulla previdenza integrativa per il personale dipendente dall'Assitalia, che a quest'ultima fosse consentito di denunziare unilateralmente gli impegni assunti con l'accordo medesimo).
Cass. civ. n. 1101/1988
La somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto di compravendita, una parte consegna all'altra a titolo di caparra confirmatoria e principio di pagamento deve intendersi impiegata per la sua intera entità per assolvere la duplice funzione, alternativa, della caparra confirmatoria di preventiva liquidazione del danno per il caso di inadempimento, ovvero di anticipato parziale pagamento per l'ipotesi di adempimento. Pertanto il versamento di essa, costituendo principio di esecuzione del contratto, impedisce l'esercizio del diritto di recesso ai sensi dell'art. 1373 del codice civile.
Cass. civ. n. 8776/1987
La clausola con la quale si attribuisce ad uno o ad entrambi i contraenti la facoltà di recesso
ex art. 1373 c.c., siccome derogativa al principio generale per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti, pur non richiedendo alcuna formula sacramentale, deve essere sempre redatta in termini inequivoci, tali da non lasciare alcun dubbio circa la volontà dei contraenti di inserirla nel negozio da loro sottoscritto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice del merito secondo cui le parti non avevano in concreto inteso stabilire un recesso
ex art. 1373 c.c., ma una penale per il caso di inadempimento).
Cass. civ. n. 6582/1984
Il principio che il diritto della parte di recedere dal contratto, anche se collegato alla prestazione di una caparra penitenziale, non si sottrae alla regola generale, stabilita dall'art. 1373, primo comma c.c., secondo cui il recesso non può essere esercitato quando dopo la conclusione del contratto questo abbia avuto un principio di esecuzione, quando cioè l'effetto reale del contratto si è in tutto o in parte realizzato o la prestazione obbligatoria è stata in tutto o in parte adempiuta, trova applicazione anche in ordine al contratto preliminare, dal quale conseguono effetti anticipatori delle prestazioni corrispettive delle parti, come il versamento di un acconto sul prezzo e la consegna della cosa anteriormente alla stipulazione del contratto definitivo.
Cass. civ. n. 2625/1984
Costituisce «principio di esecuzione» del contratto preliminare di vendita ostativo, ai sensi dell'art. 1373, primo comma, c.c., all'esercizio del recesso, il versamento di parte del prezzo, anche se con cambiali emesse al momento della stipula, ma scadute e pagate in data successiva al preliminare ed anteriore all'esercizio del recesso, in quanto siffatto regolamento cambiario in luogo dell'immediato pagamento di quella parte del prezzo, dovendosi ritenere
pro solvendo, determina l'estinzione dell'obbligazione pecuniaria solo al momento dell'effettivo pagamento delle cambiali.
Cass. civ. n. 6160/1983
Il diritto di recesso
ex art. 1373 c.c. — insuscettibile di interpretazione estensiva per la sua natura di eccezione al principio generale della irrevocabilità degli impegni negoziali — non può essere svincolato da un termine preciso o, quanto meno, sicuramente determinabile, in assenza del quale l'efficacia del contratto resterebbe indefinitamente subordinata all'arbitrio della parte titolare di tale diritto, con conseguente irrealizzabilità delle finalità perseguite con il contratto stesso.
Cass. civ. n. 2615/1982
Il «principio di esecuzione» del contratto — che l'art. 1373, primo comma, c.c. considera ostativo all'esercizio della facoltà di recesso attribuita ad uno dei contraenti — deve ravvisarsi nella consegna della cosa promessa in vendita in tempo posteriore alla stipulazione del preliminare, ancorché non prevista in contratto, e nel rilascio contestuale a detta stipulazione, in funzione del pattuito anticipato adempimento della prestazione del prezzo, di cambiali con scadenza fissata in momenti successivi alla stipulazione stessa, trattandosi di comportamenti di attuazione del contratto preliminare.
Cass. civ. n. 6354/1981
Nei contratti di durata, in cui sono previste reciproche prestazioni da attuarsi in un lungo lasso di tempo, qualora la cessazione del rapporto sia pattuita con riferimento alla consumazione di una certa quantità di beni o di merci da parte di uno dei contraenti, non può parlarsi di durata indeterminata, risultando il termine finale del rapporto prefissato in modo indiretto col rinvio al verificarsi della prevista situazione di esaurimento del bene o della merce in questione. Con la conseguenza che l'esistenza del termine finale (
certus an incertus quando) preclude la possibilità del recesso unilaterale, che è applicabile ai contratti senza alcuna determinazione di tempo, essendo i suoi effetti in contrasto con un'esplicita, diversa volontà delle parti.
Cass. civ. n. 6482/1980
Se è vero che, fin quando non si sia formato il consenso per il contratto definitivo o non sia passata in giudicato la sentenza costitutiva
ex art. 2932 c.c., il contratto preliminare non si può considerare eseguito, peraltro, quando la parte interessata chiede giudizialmente la pronuncia
ex art. 2932 c.c. offrendo anche il dovuto prezzo e gli accessori, ha inizio l'iter che conduce all'esecuzione del preliminare, e, perciò, sussiste quel principio di esecuzione che impedisce alla controparte l'esercizio della facoltà di recesso eventualmente a suo favore.
Cass. civ. n. 4023/1978
Il principio, proprio del recesso unilaterale previsto nell'art. 1373 c.c. - in base al quale, eccezion fatta per i contratti a esecuzione continuata e periodica, la facoltà di recedere non può essere esercitata quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione - non è applicabile al cosiddetto «recesso» che trova il suo presupposto e la sua giustificazione nell'inadempimento dell'altra parte, il quale non è eliminato «in radice» da una parziale esecuzione del contratto. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto che il versamento della caparra implicava la natura preliminare del contatto di vendita).
Cass. civ. n. 267/1976
A norma dell'art. 1373 c.c., la facoltà di una delle parti di recedere dal contratto non può essere esercitata se non alle condizioni e nei modi convenzionalmente stabiliti. Pertanto, quando tali condizioni comprendono una prestazione a carico del recedente, sia che tale prestazione abbia il contenuto di un indennizzo o di un prezzo dello
jus poenitendi, sia che, invece, si risolva nell'adempimento di un'obbligazione restitutoria o, comunque, avente oggetto diverso da quello indennitario, il recesso non ha effetto se la prestazione non sia stata adempiuta. L'atto con il quale si esercita il diritto potestativo di recesso di cui all'art. 1373 c.c. integra un negozio giuridico unilaterale recettizio che deve sottostare alle medesime garanzie di forma prescritta per la costituzione del rapporto contrattuale alla cui risoluzione il recesso stesso è preordinato. Pertanto, la manifestazione di volontà rivolta allo scioglimento di un contratto preliminare di vendita immobiliare, redatto per iscritto a norma dell'art. 1351 c.c., deve necessariamente assumere la forma scritta e non può, quindi, essere desunta dal comportamento omissivo opposto da una delle parti all'invito rivoltole dall'altro contraente di prestarsi alla stipula dell'atto definitivo.
Cass. civ. n. 3071/1973
Non può configurarsi come recesso unilaterale a norma dell'art. 1373 c.c. una facoltà esercitabile, per espressa previsione delle parti, soltanto a contratto eseguito.
Cass. civ. n. 2417/1971
Il recesso unilaterale convenzionale dal contratto, previsto in via generale dall'art. 1373 c.c., è diverso dal recesso legale disciplinato dall'art. 1898 in tema di assicurazione, il quale contiene una disposizione inderogabile solo a vantaggio dell'assicurato, come stabilisce l'art. 1932 dello stesso codice. Al recesso convenzionale non può quindi essere applicata la disciplina del predetto recesso legale, in quanto le norme che limitano la libertà contrattuale, qualora siano dichiarate inderogabili, costituiscono eccezioni rispetto ai principi generali, e non si applicano oltre i casi previsti (art. 14 delle preleggi).