Cass. civ. n. 40279/2021
Il perdurare di determinate condizioni di mercato, oggettive ed esterne, rispetto al contratto, non può essere considerato quale presupposto implicito di un accordo negoziale, in quanto la valutazione della permanenza di tali condizioni rientra nella normale alea che ciascun contraente accetta prima di intraprendere un rapporto contrattuale destinato a protrarsi nel tempo. A diversa conclusione può giungersi soltanto ove le suddette condizioni, mutando, integrino la situazione di straordinarietà ed imprevedibilità delineata dall'art. 1467 c.c., ovvero allorquando sia lo stesso legislatore a contemplare il mutamento delle condizioni oggettive del mercato quale presupposto legittimante una anticipata richiesta di porre fine al rapporto contrattuale.
Cass. civ. n. 2622/2021
Nei contratti cosiddetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, ben possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l'effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, la applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell'ordinaria disciplina del contratto (art. 1467 e 1664 cod. civ.). L'assunzione del suddetto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni; l'accertamento, in concreto, di detta volontà, attraverso l'interpretazione delle clausole contrattuali, costituisce un'indagine di fatto riservata al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se esente da errori di diritto.
Cass. civ. n. 4451/2020
La transazione ad esecuzione differita è suscettibile di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, in base al principio generale emergente dall'art. 1467 c.c., in quanto l'irresolubilità della transazione novativa stabilita in via eccezionale dall'art. 1976 c.c. è limitata alla risoluzione per inadempimento, e l'irrescindibilità della transazione per causa di lesione, sancita dall'art. 1970 c.c., esaurisce la sua "ratio" sul piano del sinallagma genetico.
Cass. civ. n. 2047/2018
Nei contratti a prestazioni corrispettive la parte che subisce l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto, ex art. 1467, comma 1, c.c., purché non abbia già eseguito la propria prestazione, ma non ha diritto di ottenere l'equa rettifica delle condizioni del negozio, la quale può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l'azione di risoluzione, ai sensi del comma 3 della medesima norma, in quanto il contraente a carico del quale si verifica l'eccessiva onerosità della prestazione non può pretendere che l'altro contraente accetti l'adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite.
Cass. civ. n. 17485/2012
Anche per i contratti cosiddetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumere, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l'effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, l'applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell'ordinaria disciplina del contratto (artt. 1467 e 1664 c.c.). L'assunzione del detto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni. (Nella specie, la S.C., affermando l'enunciato principio, ha assunto che la peculiare pattuizione, connotante di parziale aleatorietà il contratto di vendita "inter partes", portava ad escludere l'applicabilità dell'art. 1497 c.c., non potendo dirsi promesse tra le parti, ma solo prefigurate come possibile rischio futuro, determinate qualità della cosa venduta, e cioè, segnatamente, la resa ottimale dell'impianto).
Cass. civ. n. 7225/2009
L'atipicità della causa di un contratto di compravendita immobiliare determinata dall'assunzione della garanzia di redditività del bene venduto non esclude la corrispettività tra le prestazioni a carico delle parti e la conseguente operatività, nel caso di eccessiva onerosità, non dell'art. 1468 cod. civ., bensì dell'art. 1467, primo e terzo comma, cod. civ., secondo cui è attribuito alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa per avvenimenti straordinari e imprevedibili unicamente il potere di chiedere la risoluzione del contratto e soltanto alla parte, contro la quale è domandata la risoluzione, quello di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Cass. civ. n. 12235/2007
L'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nei contratti a titolo gratuito consiste nella sopravvenuta sproporzione tra il valore originario della prestazione ed il valore successivo, mentre nei contratti onerosi (nel caso, permuta) consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, sicché l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell'ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell'art. 1467 c.c. determina la risoluzione del contratto. (Nell'affermare il suindicato principio la S.C. ha escluso la configurabilità dell'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, quale conseguenza del venir meno della presupposizione, ritenendo non ricorrere nel caso nemmeno un'ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione legittimante la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1467 c.c., atteso il difetto dei necessari requisiti della straordinarietà e dell'imprevedibilità dell'evento).
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Nei contratti a prestazioni corrispettive, ad esecuzione continuata o periodica o differita, ciascuna parte assume su di sé il rischio degli eventi che alterino il valore economico delle rispettive prestazioni, entro i limiti rientranti nell'alea normale del contratto, da tenersi pertanto da ciascun contraente presenti al momento della stipulazione, alla stregua della dovuta diligenza. Ne consegue che non assume al riguardo rilievo la sopravvenienza di circostanze prevedibili che rendano comunque eccessivamente gravoso — e pertanto inesigibile — l'adempimento della prestazione, vertendosi in tal caso non già in tema di alterazione dell'economia contrattuale bensì d'inadempimento.
Cass. civ. n. 11947/2003
La questione dell'applicabilità ad un determinato contratto dell'intera disciplina dell'art. 1467 c.c. sulla onerosità sopravvenuta deve essere risolta dal giudice con specifico riferimento al caso concreto ed all'azione effettivamente proposta, dovendosi, a tal fine, considerare non solo la natura e la struttura (dal punto di vista meramente classificatorio) del contratto sulla cui risoluzione si controverta, ma anche le modalità ed i tempi di adempimento delle reciproche prestazioni connesse al contratto stesso. La decisione circa la sopravvenienza e la sussistenza dell'eccessiva onerosità esige, peraltro, la risoluzione della questione — avente una propria autonomia ed individualità, per la diversità dei presupposti che formano oggetto di accertamento — della proponibilità della domanda cui è legittimato quello dei contraenti la cui prestazione sia ancora dovuta, quando questa sia divenuta eccessivamente onerosa o quando la prestazione dallo stesso contraente attesa si sia eccessivamente svilita in modo da alterare l'equilibrio economico raggiunto dalle parti al momento della conclusione del contratto. In particolare, in un contratto di compravendita con effetti immediatamente traslativi per cui debba ancora essere pagata parte del prezzo, occorre stabilire preliminarmente se la risoluzione del contratto possa essere invocata anche da quello dei contraenti che abbia già eseguito la sua prestazione essendo già avvenuti sia il trasferimento di proprietà sia la consegna della cosa, avendosi presente, in particolare, che anche nel caso di eccessiva onerosità sopravvenuta per svilimento della prestazione attesa, la prestazione di chi agisce deve, al tempo della sopravvenienza, risultare ancora
in itinere (nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ulteriormente precisato, con riferimento al caso di specie, che il giudicato implicito su tale questione può dirsi intervenuto quando essa sia stata posta e sia stata oggetto di dibattito tra le parti sia come presupposto legittimante l'azione, sia come elemento del fatto costitutivo della domanda di risoluzione, ovvero sia stata espressamente ed inequivocabilmente dedotta e decisa come eccezione in senso proprio, cioè allegata come fatto impeditivo, modificativo o estintivo della pretesa azionata, o, quantomeno, come difesa con la quale il convenuto si sia proposto di ottenere il rigetto della domanda).
Cass. civ. n. 2661/2001
L'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare, ai sensi dell'art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, deve essere causata dal verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili. Il carattere della straordinarietà è di natura obiettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, la intensità, eccetera, suscettibili di misurazione, quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di ordine statistico, mentre il carattere della imprevedibilità ha una radice soggettiva, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza. L'accertamento del giudice di merito circa la sussistenza dei caratteri evidenziati è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi.
Cass. civ. n. 46/2000
Nei contratti a prestazioni corrispettive l'equa rettifica delle condizioni del negozio può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l'azione di risoluzione del negozio medesimo per eccessiva onerosità sopravvenuta, essendo da escludere che una richiesta di
reductio ad aequitatem possa essere contrapposta ad una domanda di adempimento.
Cass. civ. n. 1371/1999
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta può esser pronunciata anche per contratti ad esecuzione differita dell'intera prestazione o di una parte economicamente rilevante di essa, sempre che fra il momento della conclusione e quello dell'esecuzione si siano verificati avvenimenti straordinari o imprevedibili tali da rendere l'adempimento della prestazione, in tutto o in parte, ancora dovuta, eccessivamente oneroso per uno dei contraenti. Tale causa di scioglimento, tuttavia, è invocabile per il contratto di compravendita ad efficacia obbligatoria (nel quale, cioè, per il verificarsi dell'effetto traslativo, non basta il semplice consenso, occorrendo, altresì, il verificarsi di un ulteriore fatto, come la specificazione, per la vendita di cose indicate solo nel genere, e l'acquisto da parte del venditore, per la vendita di cose altrui) e non invece per la vendita con effetti reali immediati, nella quale la prestazione del venditore si intende eseguita al momento della manifestazione del consenso, senza che rilevi in contrario il pattuito differimento della materiale consegna della cosa.
Cass. civ. n. 8857/1998
Con riguardo ai contratti con prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, in cui la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa, il contenuto dell'offerta per riportare il contratto ad un giusto rapporto di scambio, a norma dell'art. 1467, ultimo comma, c.c., deve essere tale da uniformare il corrispettivo ancora dovuto ai valori di mercato del bene da trasferire, ovvero della parte del bene per il quale il corrispettivo non è stato versato. L'indagine del giudice per verificare l'idoneità dell'offerta ad eliminare lo squilibrio economico delle prestazioni deve essere condotta attenendosi a criteri estimativi oggettivi di carattere tecnico e non a meri criteri equitativi.
Cass. civ. n. 5302/1998
L'eccessiva onerosità di una prestazione rispetto alla corrispettiva, ai fini della risoluzione del contratto — anche preliminare — va valutata comparando il valore di entrambe al momento in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi, mentre la prescrizione della relativa azione decorre dal momento in cui si verifica la sperequazione.
Cass. civ. n. 2386/1998
In tema di risoluzione contrattuale, la variazione in aumento del cosiddetto «prelievo comunitario» (sorta di dazio doganale sulle importazioni in vigore nei paesi della CEE, imposto, nella specie, in relazione ad una compravendita di olio di oliva proveniente dalla Grecia) rientra nella normale
alea contrattuale, e non costituisce, pertanto, causa legittima di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Cass. civ. n. 1507/1998
Ai contratti con struttura associativa, quali i Consorzi, non sono applicabili gli artt. 1465 e 1467 c.c., mancandovi una contrapposizione di interessi ed attesa la comunanza degli scopi da perseguire, il che esclude l'esistenza di un nesso di interdipendenza sinallagmatica che esiga il mantenimento dell'equilibrio delle prestazioni cui sono tenuti rispettivamente il consorziato ed il Consorzio.
Cass. civ. n. 369/1995
Le modificazioni del contratto divenuto eccessivamente oneroso e, come tale, da ridurre ad equità, vanno valutate con riferimento alla normalizzazione del rapporto ed il supplemento del prezzo a carico del compratore, per la riduzione ad equità del contratto stesso, integra un debito di valore, il quale deve essere adeguato in relazione alla svalutazione monetaria sopravvenuta e comporta, inoltre, la corresponsione degli interessi legali a titolo compensativo dalla data della stipulazione ovvero da quella in cui avrebbe dovuto essere stipulato l'atto pubblico.
Cass. civ. n. 247/1992
In tema di eccessiva onerosità sopravvenuta, nel caso in cui il convenuto, nell'esercizio della facoltà di disporre liberamente dei propri interessi, anziché chiedere di rimettere al giudice la determinazione del contenuto delle modifiche da apportare al contratto per ricondurlo ad equità, propone egli stesso il contenuto di dette modifiche, tale proposta, ove non accettata dalla controparte, perde il carattere di proposta negoziale rivolta a quest'ultima ed assume il connotato di una specifica domanda processuale con la conseguenza, in tal caso, che il giudice ex art. 112 c.p.c. può soltanto pronunciarsi sull'efficacia di questa ad impedire l'accoglimento della contrapposta domanda di risoluzione, non anche ridurre la somma offerta dal convenuto ritenendola eccessiva, perché così facendo deciderebbe ultra petita invadendo la sfera dispositiva delle parti.
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L'art. 1467 c.c. non impone al convenuto che voglia evitare la pronuncia di risoluzione del contratto di offrire una modifica delle condizioni contrattuali tale da ristabilire esattamente l'equilibrio tra le rispettive posizioni esistenti al momento della stipulazione, atteso che dalla combinazione logica dei tre commi dell'articolo in esame si evince che la sopravvenuta onerosità della prestazione considerata dà diritto alla risoluzione soltanto se è eccessiva (1 comma) e non rientra nell'alea normale del contratto (2 comma), con la conseguenza che l'offerta di modifica è da considerare equa se riporta il contratto in una dimensione sinallagmatica tale che se fosse sussistita al momento della stipulazione, la parte onerata non avrebbe avuto diritto di domandarne la risoluzione.
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L'equa modificazione di un preliminare di vendita immobiliare divenuto eccessivamente oneroso ai sensi dell'art. 1467 c.c. va valutata con riferimento alla situazione esistente al momento della pronuncia, tenendo conto anche della svalutazione monetaria maturatasi dalla data dell'offerta del promissario acquirente di modifica delle condizioni del contratto, giacché questa non sarebbe tale da ricondurre ad equità il contratto stesso se i due valori contrapposti, il bene ed il prezzo, risultassero alla fine ancora squilibrati.
Cass. civ. n. 5480/1991
La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta che riguarda, ai sensi dell'art. 1467 c.c. esclusivamente i contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, ove la prestazione non ancora adempiuta da una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa, non può trovare applicazione nell'ipotesi di vendita con efficacia reale immediata, ancorché le parti abbiano differito ad un momento ulteriore la stipula dell'atto notarile di vendita, inteso nella funzione meramente riproduttiva della preesistente scrittura privata, allo scopo di soddisfare le esigenze della pubblicità attraverso la trascrizione.
Cass. civ. n. 7876/1990
Nella vendita con effetto reale in cui sia convenuto il differimento della consegna del bene o del pagamento del prezzo, il venditore non può esperire l'azione di risoluzione per eccessiva onerosità ove tra la data della stipulazione e quella della consegna sia intervenuta una notevole svalutazione monetaria, perché quell'evento, ancorché straordinario ed imprevedibile, non determina un'onerosità eccessiva dell'unica prestazione ancora dovuta dal venditore, che è il trasferimento del possesso o, addirittura, della detenzione della cosa, mentre nessuna rilevanza possono avere l'aumentato valore della cosa stessa, già entrata nel patrimonio dell'acquirente, o il diminuito potere di acquisto del corrispettivo pecuniario ancora dovuto, che rappresenta l'equivalente del trasferimento della proprietà — già avvenuto — e non del conseguenziale possesso.
Cass. civ. n. 4554/1989
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta — ai sensi dell'art. 1467 c.c. — non può essere fatta valere dalla parte che, con il suo inadempimento, abbia ritardato la esecuzione del contratto, rendendo necessario il ricorso della parte adempiente alla tutela giudiziaria; infatti, essendo posto a carico della parte inadempiente il rischio della sopravvenuta impossibilità della prestazione (art. 1221 c.c.), deve a fortiori ritenersi che sia a carico della stessa parte la sopravvenienza dell'eccessiva onerosità, la quale, rispetto all'ipotesi dell'impossibilità della prestazione, costituisce una situazione meno grave.
Cass. civ. n. 4023/1989
Con il termine «equamente», usato nel terzo comma dell'art. 1467 c.c., si richiede, perché sia evitata la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, che la parte contro la quale la domanda è rivolta offra di così modificare le condizioni del contratto in modo che questo sia riportato ad un giusto rapporto di scambio, con la conseguenza che il corrispettivo deve essere uniformato, in quanto possibile, ai valori di mercato, così che venga eliminato lo squilibrio economico e le prestazioni siano ricondotte ad una piena equivalenza obiettiva; l'indagine del giudice deve, pertanto, essere condotta attenendosi a criteri estimativi oggettivi di carattere tecnico, e non soltanto con un mero criterio di equità.
Cass. civ. n. 3347/1989
L'offerta di equa modificazione delle condizioni di contratto divenuto eccessivamente oneroso (art. 1467, ultimo comma, c.c.), è rimessa all'iniziativa della parte, mentre il giudice deve limitarsi a stabilire se le modificazioni sono idonee a normalizzare il rapporto contrattuale, senza poter integrare le eventuali deficienze della proposta o superarne la portata. Tuttavia, qualora la parte, in sede di conclusioni, dichiari di offrire, a saldo del prezzo di una compravendita, una determinata somma o quella somma maggiore o minore che si ritenga equa, deve intendersi con ciò proposta una domanda subordinata di determinazione giudiziale dell'equo prezzo, in ordine alla quale il giudice, se ritiene che la somma quantificata sia inidonea a far cessare l'eccessiva onerosità, deve necessariamente pronunciarsi, integrando l'offerta sulla base degli elementi di giudizio già acquisiti al processo.
Cass. civ. n. 4114/1984
L'eccessiva onerosità sopravvenuta che, ai sensi dell'art. 1467 c.c., giustifica la risoluzione dei contratti ad esecuzione differita, non è ravvisabile nella mera variazione del prezzo della cosa promessa in vendita, rientrante nella normale alea contrattuale, ma solo in quella che comporta una notevole alterazione del rapporto originario fra le prestazioni, determinando nel loro ambito una situazione di squilibrio dei rispettivi valori con aggravio che alteri l'iniziale rapporta di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all'altra.
Cass. civ. n. 1799/1984
La risoluzione per eccessiva onerosità del contratto a prestazioni corrispettive, prevista dall'art. 1467 c.c. in caso di eventi sopravvenuti dopo la conclusione del contratto stesso, postula che essi, oltre che straordinari, siano imprevedibili al momento della stipulazione, e, pertanto, resta esclusa con riguardo ad eventi futuri (quali le oscillazioni di mercato in una compravendita di merce a consegne ripartite) che risultino espressamente od implicitamente contemplati dalle parti.
Cass. civ. n. 1021/1984
In relazione alla
ratio della normativa della risoluzione del contratto per inadempimento (o per eccessiva onerosità sopravvenuta), diretta alla tutela dell'equilibrio sinallagmatico nei contratti a prestazioni corrispettive, l'obiettiva esiguità della parte di prestazioni non eseguita (o tardivamente eseguita) in relazione all'economia complessiva della convenzione, comportando la corrispondente minima lesione dell'interesse dell'altro contraente, deve trovare esclusiva e prevalente rilevanza nel giudizio sull'importanza o meno dell'inadempimento (o della non gravosità della controprestazione nella onerosità sopravvenuta).
Cass. civ. n. 3618/1983
Al fine della prova dell'inadempimento che preclude al debitore la facoltà di chiedere, a norma dell'art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, non si richiede la costituzione in mora mediante l'intimazione o la richiesta di adempimento rivolta al debitore per iscritto, essendo invece sufficiente la semplice richiesta di adempimento con qualsiasi mezzo.
Cass. civ. n. 1/1983
L'alea normale di un contratto che a norma dell'art. 1467 comma secondo, c.c. non legittima la risoluzione per sopravvenuta onerosità comprende anche le oscillazioni di valore delle prestazioni che possono ritenersi originate dalle regolari e normali fluttuazioni del mercato, senza che tale alea possa confondersi con quell'elemento intrinseco che definisce ed individua i cosiddetti contratti aleatori. Infatti in questi ultimi l'alea si pone come momento originario ed essenziale che colora e qualifica lo schema causale del contratto, mentre l'alea normale, che si può dire esista sempre nel momento in cui si perfeziona un contratto, non potendosi mai escludere che vicende economiche sopravvenute possano alterare quella situazione di equilibrio che le parti avevano ritenuto concordemente di porre in essere, rimane un momento del tutto intrinseco al meccanismo ed al contenuto del contratto.
Cass. civ. n. 3464/1982
Al fine della risoluzione per eccessiva onerosità di un preliminare di vendita, come in genere di uno dei contratti contemplati dall'art. 1467 c.c., l'eccessiva onerosità deve essere accertata dal giudice con riferimento al momento stabilito per l'adempimento della prestazione della parte che chiede la risoluzione, ovvero a quello successivo cui l'adempimento stesso risulti differito per fatto e colpa della controparte, e non con riferimento al tempo della decisione essendo irrilevante la sua sopravvenienza dopo quel momento.
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La sopravvenuta svalutazione monetaria, al pari di ogni altro avvenimento dal quale derivi lo squilibrio tra le prestazioni contrattuali, può giustificare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1467 c.c., qualora, ancorché non provocata da eventi eccezionali, presenti caratteri di straordinarietà ed imprevedibilità.
Cass. civ. n. 3005/1982
Il rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, essendo diretto ad impedire che, a causa di questa, si verifichi una notevole alterazione dell'originario equilibrio tra le prestazioni corrispettive, non è applicabile a favore del contraente che abbia già ricevuto la controprestazione consistente in una somma di danaro, e che deduca la sopraggiunta svalutazione monetaria, in quanto detto contraente, in tale ipotesi, avrebbe potuto evitare le conseguenze negative del fenomeno inflattivo, mediante l'utile impiego della somma riscossa. La stessa situazione si verifica pure quando la controprestazione sia stata eseguita mediante l'accollo (semplice) del debito verso un terzo, poiché anche in tal caso il contraente ottiene l'immediato incremento patrimoniale consistente nella sua liberazione dall'obbligo di pagamento della somma di danaro che avrebbe dovuto corrispondere al suo creditore (restando soltanto esposto alle eventuali pretese del creditore nel caso di inadempimento dell'accollante), con la possibilità di investirla utilmente, neutralizzando gli effetti dannosi della svalutazione.
Cass. civ. n. 3474/1981
In caso di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta e di condanna della controparte a restituire l'equivalente della cosa di genere ricevuta e non più restituibile, il giudice deve riferirsi ai prezzi praticati al momento della pronuncia, in quanto — costituendo il controvalore pecuniario il succedaneo della restituzione — la somma da corrispondere al fornitore deve consentire l'acquisto di un corrispondente quantitativo dello stesso bene, equivalente a quello fornito anche nella qualità.
Cass. civ. n. 3492/1978
Il contraente a carico del quale si verifica l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto, ma non può astenersi dalla prestazione pretendendo che l'altro contraente accetti l'adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite, poiché la riduzione ad equità del contratto costituisce solo una facoltà della controparte, che può essere esercitata quando essa sia convenuta in giudizio per la risoluzione. Ne consegue che, promosso il giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, la parte convenuta non può eccepire la sopravvenuta onerosità della prestazione per giustificare la mancata esecuzione del contratto, essendosi preclusa tale possibilità col pretendere arbitrariamente una riduzione ad equità cui non aveva diritto, invece di chiedere giudizialmente la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Cass. civ. n. 5439/1977
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta non può essere chiesta dalla parte che abbia già eseguito la propria prestazione.
Cass. civ. n. 4198/1977
Il principio della sopravvenienza trova applicazione soltanto nei casi e nei limiti previsti espressamente nel c.c., tra i quali rientra, a norma dell'art. 1467, l'eccessiva onerosità della prestazione, che, nei contratti sinallagmatici, legittima la parte onerata a chiedere la risoluzione e la parte non onerata a cui sia stata opposta l'eccessiva onerosità, a chiedere la riduzione ad equità. Quest'ultima, perciò, non può essere disposta su istanza della parte onerata.
Cass. civ. n. 1738/1976
Le norme di cui negli artt. 1467, comma secondo e 1469 c.c., secondo cui il contratto non può essere risolto per la sopravvenuta eccessiva onerosità quando questa rientra nell'alea normale del contratto, oppure quando quest'ultimo sia aleatorio per sua natura o per volontà delle parti, sono applicabili anche ai casi di presupposizione diversi da quelli contrassegnati dai particolari requisiti stabiliti dall'art. 1467 primo comma c.c., sempre che la situazione presupposta rientri in quella che forma oggetto dell'alea.
Cass. civ. n. 2815/1971
Nella vendita con patto di riservato dominio il rimedio risolutorio per eccessiva onerosità può essere esperito soltanto dal compratore e non anche dal venditore il quale, avendo già consentito il trasferimento di proprietà, non può essere ritenuto soggetto passivo di una prestazione ancora dovuta.