(massima n. 1)
I contratti conclusi « iure privatorum» dalla P.A. sono assoggettati alla ordinaria disciplina dettata in materia contrattuale — sebbene, per la loro validità, sia sempre richiesta la forma scritta a pena di nullità — con la conseguenza che il recesso, quale atto unilaterale recettizio, può essere legittimamente espresso dall'Ente pubblico in qualsiasi forma, purché esso pervenga nella sfera di conoscenza del destinatario, ed è pertanto sottratto tanto all'osservanza dello schema procedimentale degli atti pubblici della P.A., quanto al sindacato di conformità dell'organo di controllo che attiene alla legittimità degli atti e non investe la valutazione dell'interesse pubblico perseguito — (fattispecie in tema di contratto di locazione di immobili di proprietà di un privato in relazione al quale il commissario straordinario preposto all'amministrazione del comune locatario aveva comunicato al conduttore la volontà di recedere dal contratto a causa della situazione di dissesto finanziario del comune stesso senza che la dichiarazione di recesso fosse stata preceduta da alcuna deliberazione dell'ente. Nell'affermare il principio di diritto espresso in massima, la Corte Cass. ha ulteriormente precisato, da un canto, che il commissario straordinario, assorbendo in sè entrambe le funzioni pubbliche deliberative ed esecutive — era senz'altro legittimato ad esprimere la volontà di recesso dell'ente, dall'altro, che il dissesto finanziario dell'ente stesso integrava senz'altro una delle ipotesi di « gravi motivi» di cui all'art.27 u.c. della legge 392/1978, giustificativi del recesso dell'ente dal contratto di locazione).