(massima n. 1)
La domanda dell'appaltatore volta a conseguire dal committente il corrispettivo previsto per l'esercizio della facoltā di recesso pattuita in suo favore ai sensi dell'art. 1373 c.c. e la domanda dello stesso appaltatore di essere tenuto indenne dal committente avvalsosi del diritto di recesso riconosciutogli dall'art. 1671 c.c. sono sostanzialmente diverse: la prima presuppone l'esistenza di un patto espresso che attribuisca al committente la facoltā di recedere dal contratto prima che questo abbia avuto un principio di esecuzione, nonché l'avvenuto esercizio del recesso entro tale limite temporale, ed ha per oggetto la prestazione, in corrispettivo dello ius poenitendi, di una somma (multa poenitentialis) integrante un debito di valuta e non di valore; la seconda, invece, presuppone l'esercizio, in un qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto e quindi anche ad iniziata esecuzione del medesimo, di una facoltā di recesso che al committente č attribuita direttamente dalla legge ed ha per oggetto un obbligo indennitario (delle perdite subite dall'appaltatore per le spese sostenute ed i lavori eseguiti e del mancato guadagno) cui sono applicabili gli stessi principi in tema di risarcimento del danno da inadempimento e, in particolare, sia quello della possibilitā di una liquidazione equitativa sia quello della necessitā di tener conto, anche d'ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione.