(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
751 Nel sistema del codice di commercio le dichiarazioni false, inesatte o reticenti producevano sempre la nullità del contratto; l'eventuale stato di buona fede da parte dell'assicurato provocava la sola conseguenza di esonerarlo dall'obbligo di corrispondere i premi che, nel caso di mala fede, erano invece dovuti non ostante la nullità del contratto (articolo 429). Un rigore del genere aveva suscitato molte critiche, specialmente perché faceva venir meno il contratto anche per la più lieve inesattezza incorsa nelle dichiarazioni dall'assicurato, causata da errore scusabile. La critica era stata accolta dagli assicuratori, che vi avevano rimediato in alcuni casi mediante la c. d. clausole di incontestabilità, le quali implicavano un apprezzamento benevolo della situazione dell'assicurato quando non fosse stato in dolo o in colpa grave. E infatti il nuovo codice solo all'ipotesi in cui il contraente sia stato in dolo o colpa grave riconnette l'annullamento del contratto; ma peraltro sottopone l'azione relativa a decadenza qualora l'assicuratore non dichiari, entro un breve termine, di volerla esercitare. Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, si prevede il solo diritto dell'assicuratore di recedere dal contratto entro un termine stabilito dalla stessa legge (
art. 1893 del c.c., primo comma); in modo che la continuazione dell'assicurazione è talvolta resa possibile, qualora l'assicuratore ritenga che la falsità, l'inesattezza e la reticenza non abbiano prodotto intollerabili turbamenti nell'economia del contratto. Nel caso di dolo o colpa grave l'assicurato rimane scoperto di assicurazione durante il termine assegnato all'assicuratore per dichiarare di volere esercitare l'azione (
art. 1892 del c.c., terzo comma); se non vi è stato dolo o colpa grave, e fino al termine consentito per il recesso, l'importo della somma assicurata è ridotto nella stessa proporzione in cui il premio convenuto si trova rispetto a quello che sarebbe stato applicato se l'assicuratore avesse conosciuto la verità (
art. 1893 del c.c. secondo comma): dati i progressi tecnici dell'industria assicurativa non è difficile determinare il premio in astratto con riferimento alla realtà del rischio, apparsa successivamente alla conclusione del contratto. Quanto ai premi convenuti, essi sono dovuti così se il contraente abbia agito senza dolo o colpa grave (il che è ovvio dato che il rischio, in tal caso, resta ugualmente coperto, per quanto in proporzione minore), come se il contraente sia stato in dolo o colpa grave (a titolo di risarcimento del danno).