(massima n. 1)
Ai fini dell'individuazione della speciale competenza per le indagini preliminari attribuita alla procura distrettuale antimafia ai sensi dell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., il criterio distintivo tra delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, e delitti che tali connotati non hanno, non può essere restrittivo, in quanto così opinando si vanificherebbe la ratio della norma che ha inteso accentrare nelle mani del procuratore della Repubblica distrettuale tutte le indagini comunque connesse a fatti di mafia, le quali presuppongono e comportano una più completa ed approfondita conoscenza del fenomeno criminoso; deve pertanto ritenersi applicabile la norma predetta, con conseguente attribuzione della competenza per lo svolgimento delle indagini preliminari alla procura distrettuale, anche in ipotesi diverse da quelle in cui sia stata contestata l'aggravante di cui all'art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203), il cui testo, riferendosi ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero ai fini di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, riproduce letteralmente il disposto del predetto comma 3 bis dell'art. 51 c.p.p. (Nella specie la Corte ha ritenuto la competenza della procura distrettuale - e del giudice per le indagini preliminari individuato ai sensi dell'art. 328, comma 1 bis, c.p.p. - nell'ipotesi di estorsione aggravata ai sensi dell'art. 628, comma 3, n. 3, c.p., per essere stata la violenza o minaccia posta in essere da soggetto appartenente ad associazione mafiosa).