Cass. pen. n. 13381/2018
In tema di procedimento di sorveglianza, non è irragionevole, né esorbita i poteri conferitigli dall'ordinamento, la decisione del magistrato di sorveglianza che, investito da un'istanza del condannato che contenga una pluralità di doglianze, provveda a separare i procedimenti, dando origine a distinti giudizi in funzione delle peculiarità di ciascun rito e dei relativi fondamenti di diritto sostanziale. (Fattispecie in cui, a fronte di una richiesta di differimento dell'esecuzione della pena per motivi di salute ai sensi degli artt. 146 e 147 cod. pen., in cui il condannato si doleva anche delle condizioni di detenzione, con espresso riferimento alla violazione dell'art. 3 CEDU, il Magistrato di sorveglianza aveva trattato in modo separato le singole questioni, aprendo un ulteriore procedimento ai fini della tutela inibitoria e risarcitoria disciplinate dagli artt. 35-bis e 35-ter ord. pen.).
Cass. pen. n. 50160/2017
Nel procedimento di sorveglianza, ai fini dell'eventuale rinvio dell'udienza camerale, non è rilevante l'impedimento del difensore a seguito di concomitante impegno professionale, attesa l'assenza di espresse disposizioni normative in tal senso e la specificità del procedimento, che risiede nella necessità di assicurare celerità all'applicazione del giudicato, dovendo sopperirsi alla mancanza del difensore di fiducia con la nomina di uno d'ufficio. (In motivazione la Corte ha precisato che l'impedimento è invece rilevante nel giudizio camerale di appello nel quale trova applicazione l'art. 420-ter, comma quinto, cod. proc. pen.).
Cass. pen. n. 49768/2017
In tema di limitazioni alla libertà di corrispondenza del detenuto, nel caso di richiesta da questi avanzata ai sensi dell'art. 18-ter, comma 5, ord. pen. per ottenere la consegna di missive specificamente individuate, non può il magistrato di sorveglianza, qualora le stesse non siano ancora state sottoposte al vaglio dell'autorità giudiziaria, limitarsi a dichiarare che non v'è luogo a provvedere per tale motivo, in quanto gli incombe il dovere di decidere nel merito e, a tal fine, è tenuto a fissare udienza per verificare in contraddittorio, anche attraverso approfondimenti istruttori, le ragioni del mancato inoltro delle missive alla predetta autorità.
Cass. pen. n. 24281/2017
Il procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza deve svolgersi davanti al magistrato di sorveglianza con udienza pubblica, senza tuttavia la necessità che il provvedimento sia letto pubblicamente.
Cass. pen. n. 48678/2015
Il tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere su istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ha l'onere di acquisire di ufficio la relazione sull'osservazione del condannato, condotta in istituto, se del caso anche mediante rinvio dell'udienza, non potendo la sua mancanza agli atti ricadere negativamente sull'interessato, sempre che il beneficio richiesto sia ammissibile e che il periodo di detenzione sofferto sia idoneo a consentire l'osservazione della personalità del detenuto e ad elaborare il programma di trattamento.
Cass. pen. n. 3092/2015
Il magistrato e il tribunale di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive competenze, in forza del rinvio operato dall'art. 678 c.p.p. alla disciplina del procedimento di esecuzione, sono titolari di poteri istruttori d'ufficio, con facoltà di chiedere alle autorità competenti tutti i documenti ritenuti utili ai fini della decisione e di assumere le prove occorrenti in udienza. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione del tribunale di sorveglianza che aveva dichiarato inutilizzabile un documento, attestante la revoca di una sanzione disciplinare irrogata durante il periodo di detenzione espiato all'estero, e prodotto dal condannato per ottenere il beneficio della liberazione anticipata, perché non redatto in lingua italiana e non corredato da traduzione asseverata da giuramento, pur essendo possibile disporre, anche d'ufficio, la traduzione).
Cass. pen. n. 7724/2014
Il Tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere sull'istanza di affidamento in prova al servizio sociale, non ha l'obbligo di acquisire la relazione sull'osservazione della personalità nel caso in cui il condannato sia libero, l'osservazione non sia stata condotta per un periodo di tempo prolungato durante la carcerazione in ambito intramurario e le risultanze documentali rivelino l'inidoneità della misura richiesta, a fronte dell'accertata pericolosità del richiedente e dell'assenza di prospettive di una sperimentazione fruttuosa in attività risocializzanti, tale da non richiedere ulteriori approfondimenti.
Cass. pen. n. 51083/2013
In tema di procedimento di sorveglianza, qualora dopo la presentazione da parte del condannato dell'istanza di accesso ad una misura alternativa alla detenzione, sopraggiungano altre istanze volte ad incidere sulla medesima misura o comunque siano ad essa connesse o collegate, rimane ferma, in virtù del principio della "perpetuatio iurisdictionis", la competenza per territorio del Tribunale di Sorveglianza radicatasi con riferimento alla situazione esistente al momento della prima richiesta di misura alternativa. (Fattispecie in cui dopo il riconoscimento del differimento dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare, avendo richiesto il Procuratore generale di rivalutare le condizioni di salute del condannato, è stato ritenuto competente a decidere il Tribunale di Sorveglianza che aveva concesso il differimento, essendo irrilevante la circostanza che il condannato si trovasse agli arresti domiciliari in un luogo rientrante nella competenza di altro Tribunale).
Cass. pen. n. 44572/2010
Il decreto con cui il presidente del tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile l'istanza di misure alternative (nella specie la misura della detenzione domiciliare) è suscettibile di ricorso per cassazione e non già di opposizione al tribunale, stante l'applicabilità dell'art. 666 c.p.p. come richiamato dall'art. 678 c.p.p. con conseguente abrogazione della procedura prevista dall'art. 71 sexies ord. pen.
Cass. pen. n. 24164/2004
In materia di esecuzione, il potere presidenziale di rilievo dell'inammissibilità senza contraddittorio è limitato ai casi in cui appaiono ictu oculi insussistenti i presupposti normativi della richiesta, sicché rimangono riservate al collegio — ed al rito camerale — sia la pronuncia di incompetenza, sia questioni di diritto di non univoca soluzione, sia la delibazione di fondatezza nel merito dell'istanza.
Cass. pen. n. 5523/2004
Nel procedimento di sorveglianza non possono essere dedotte con ricorso per cassazione le lacune istruttorie occorse nella fase di merito che non siano state denunciate dinanzi al giudice competente per essa, anche se quest'ultimo giudichi in unico grado.
Cass. pen. n. 17029/2003
La declaratoria di inammissibilità di istanza di affidamento in prova al servizio sociale adottata de plano dal Presidente del tribunale di sorveglianza sul rilievo che l'entità della pena residua da espiare è superiore al limite massimo previsto dalla legge per l'ammissione alla misura alternativa è legittima anche se, trattandosi di pena risultante da più sentenze di condanna, ancora non sia intervenuto il provvedimento di unificazione da parte del competente ufficio del pubblico ministero.
Cass. pen. n. 41139/2002
Nel procedimento di sorveglianza integra nullità assoluta e insanabile l'omessa notificazione dell'avviso di udienza all'interessato anche se quest'ultimo sia presente ad essa, qualora non risulti che l'avviso esista e che il destinatario sia a conoscenza del suo contenuto.
Cass. pen. n. 20240/2002
La definizione del reclamo del detenuto al magistrato di sorveglianza avverso il provvedimento del direttore dell'istituto penitenziario in materia di colloqui e conversazioni telefoniche deve avvenire con provvedimento de plano e non all'esito del procedimento previsto dagli artt. 666 e 678 c.p.p., in quanto la sentenza n. 26 del 1999 della Corte cost., dichiarativa dell'illegittimità costituzionale degli artt. 35 e 69 della L. 26 luglio 1975 n. 354 nella parte in cui essi non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'Amministrazione penitenziaria lesivi di diritti del detenuto, nel richiamare la necessità di un intervento legislativo ad hoc, ha escluso la possibilità di una pronuncia additiva, sul rilievo che nessuno dei procedimenti «tipici» previsti dalla legge, compreso in essi quello di sorveglianza, può essere considerato un rimedio giurisdizionale di carattere generale, tale da poter essere esteso alla procedura che si instaura a seguito di reclamo.
Cass. pen. n. 13789/2002
Nel procedimento di prevenzione il richiamo del comma sesto dell'art. 4 della legge 27 dicembre 1956 n.1423, che rinvia, per la individuazione delle norme applicabili, agli artt. 636 e 637 del codice di rito abrogato, deve intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni del nuovo c.p.p. e dunque all'art. 678 (procedimento di sorveglianza), che a sua volta richiama l'art. 666 (procedimento di esecuzione). Ne consegue che, anche nel procedimento di prevenzione, il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui ha bisogno, con l'unico limite del rispetto del contraddittorio.
Cass. pen. n. 2323/2001
Nel procedimento per la revoca dei benefici penitenziari non è prevista la previa indicazione, nell'avviso di udienza, delle violazioni che si addebitano al condannato, né, comunque, delle circostanze da valutare nell'udienza stessa, restando il diritto di difesa salvaguardato dalla possibilità di esame degli elementi risultanti dal fascicolo. (Nella specie, la Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento di revoca della semilibertà assunto dal tribunale di sorveglianza, nel quale si era tenuto conto anche di relazioni dei servizi sociali, contenute nel fascicolo, che non avevano formato oggetto di discussione orale).
Cass. pen. n. 4692/2000
In tema di esecuzione non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, cioè un dovere di prospettare e di indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi alla autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti. (Fattispecie in tema di riabilitazione in cui il tribunale di sorveglianza, rilevando che la rinuncia della persona offesa al risarcimento del danno emergeva da una dichiarazione non autenticata — e quindi priva di valenza probatoria — discostandosi dal principio sopra enunciato, aveva respinto la istanza del condannato).
Cass. pen. n. 1805/1999
In sede di ricorso per cassazione avverso provvedimento del tribunale di sorveglianza di diniego di applicazione di misura alternativa alla detenzione non può richiedersi la sospensione dell'esecutività del decreto impugnato, in quanto il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, mentre la sospensione può, all'occorrenza, essere richiesta al giudice a quo.
Cass. pen. n. 3005/1999
In tema di esecuzione di pena detentiva nei confronti di condannato che si trovi agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il tribunale di sorveglianza provvede de plano e senza garanzia di contraddittorio soltanto nell'eventualità che ritenga di poter applicare la misura alternativa della detenzione domiciliare. In caso contrario, deve essere seguita la procedura in contraddittorio prevista dagli artt. 678, comma primo, e 666 c.p.p., con la conseguenza che l'inosservanza del comma terzo di tale ultimo articolo, concernente l'avviso all'interessato dell'udienza di discussione, e la mancata partecipazione del difensore prevista come necessaria dal quarto comma di tale articolo, determinano una nullità di ordine generale, insanabile e rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Cass. pen. n. 1975/1999
Nel procedimento di sorveglianza, il parere del P.G., obbligatorio ma non vincolante, può essere modificato nel corso del procedimento medesimo, senza preclusione alcuna e senza alcun riflesso sulla legittimità del provvedimento giurisdizionale che lo recepisca o lo disattenda. (Non risultano precedenti).
Cass. pen. n. 1468/1999
È illegittimo il decreto di inammissibilità di istanza per la concessione di benefici penitenziari, emesso de plano dal Presidente del tribunale di sorveglianza sul rilievo dell'irreperibilità dell'istante, considerata impeditiva alla verifica della sussistenza dei presupposti per la concessione degli invocati benefici, in quanto la reperibilità del condannato al momento dell'avviso per l'udienza di trattazione dell'istanza diretta ad ottenere i benefici penitenziari non è requisito richiesto dalla legge a pena di inammissibilità.
Cass. pen. n. 292/1999
Atteso il disposto dell'art. 236, comma 2, att. coord. trans. c.p.p., secondo cui «nelle materie di competenza del tribunale di sorveglianza continuano ad osservarsi le disposizioni processuali della legge 26 luglio 1975 n. 354 diverse da quelle contenute nel capo II bis del titolo II della stessa legge», deve ritenersi che, nel caso di provvedimenti adottati dalla magistratura di sorveglianza, con la procedura di cui all'art. 666 c.p.p., richiamata dall'art. 678, comma 1, stesso codice, il termine per proporre ricorso per cassazione non sia quello di 10 giorni previsto dall'art. 71 ter della citata legge n. 354/1975 (non più operante in quanto ricompreso appunto nel capo II bis del titolo II), ma quello ordinario di 15 giorni previsto per tutti i provvedimenti di camera di consiglio dall'art. 585, comma 1, lett. a), c.p.p., indubbiamente ricompreso fra le «disposizioni sulle impugnazioni» richiamate nel comma 6 del summenzionato art. 666 c.p.p.
Cass. pen. n. 4867/1998
Il tribunale di sorveglianza, nel decidere sui reclami in materia di permessi premio, non può legittimamente adottare la procedura de plano ma è tenuto ad osservare le forme del procedimento camerale nel contraddittorio delle parti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 666 e 678, comma 1, c.p.p.
Cass. pen. n. 2418/1998
Nel procedimento di esecuzione e in quello di sorveglianza di cui agli artt. 666 e 678 c.p.p. la mancata notifica al difensore di fiducia — del quale è necessaria la partecipazione e perciò obbligatoria la presenza — dell'avviso di udienza in camera di consiglio determina una nullità di ordine generale, assoluta e insanabile dell'udienza, nondimeno tenuta in presenza del difensore d'ufficio, e degli atti successivi compresa l'ordinanza conclusiva, ai sensi degli artt. 178 lett. c) e 179 c.p.p.
Cass. pen. n. 503/1998
È abnorme l'ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere sull'istanza di liberazione anticipata, rinvii il procedimento a tempo indeterminato, in attesa di conoscere l'esito di un procedimento penale instauratosi a carico dell'istante.
Cass. pen. n. 6378/1998
L'eccezione di incompetenza per territorio deve essere eccepita a pena di decadenza, anche nel procedimento di conversione della pena che rientra tra quelli demandati alla magistratura di sorveglianza (art. 678 c.p.p.), prima della conclusione della relativa udienza camerale, sicché detta eccezione non può essere rilevata per la prima volta mediante ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 5007/1997
Nel procedimento di sorveglianza ben possono essere valutati fatti storicamente accertati, costituenti ipotesi di reato riferibili al condannato, senza necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale. Ed invero, in questa sede quel che conta è solo la valutazione della condotta del condannato al fine di stabilire se lo stesso — prescindendo dall'accertamento giudiziale della sua responsabilità — sia meritevole dei benefici penitenziari alternativi alla detenzione. (Fattispecie relativa a revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale disposta nei confronti di condannato che aveva più volte violato le prescrizioni impostegli, si era reso responsabile di danneggiamento in un ospedale e si era fatto sorprendere in compagnia di noti pregiudicati).
Cass. pen. n. 6761/1997
Atteso il principio generale, ricavabile dall'art. 666, comma secondo, c.p.p., richiamato dall'art. 678 stesso codice, per cui le decisioni di competenza del tribunale di sorveglianza in materia di misure alternative alla detenzione sono sempre decisioni allo stato degli atti, e non essendovi ragione di negare l'applicabilità di tale principio anche con riguardo al beneficio della liberazione anticipata, deve ritenersi che, qualora tale beneficio sia stato negato non sulla base di una valutazione del complessivo comportamento tenuto dal condannato nel semestre preso in considerazione (valutazione di per sè non più rivedibile), ma sulla base, essenzialmente, della pendenza di un procedimento penale per fatto commesso in quel semestre, l'intervenuta definizione di detto procedimento con sentenza assolutoria nel merito ben può legittimare l'adozione di una nuova decisione con la quale, in difformità dalla precedente, venga concessa, per quel medesimo semestre, la liberazione anticipata precedentemente negata.
Cass. pen. n. 6602/1996
Nel caso in cui l'ordine di esecuzione della pena divenuta definitiva sia stato sospeso dal P.M. in pendenza di una istanza di detenzione domiciliare ed il condannato permanga nel precedente stato di arresti domiciliari, competente a decidere su una istanza di ricovero in ospedale è il tribunale di sorveglianza avanti al quale pende l'istanza di detenzione domiciliare. Non può infatti essere ritenuto competente né il Gip o il giudice che hanno proceduto, essendo la condanna divenuta definitiva, né il magistrato di sorveglianza, in applicazione dell'art. 11 della L. 26 luglio 1975, n. 354, non essendo il condannato ristretto in carcere.
Cass. pen. n. 1698/1995
Nella procedura che si instaura, dinanzi al magistrato di sorveglianza, a seguito di reclamo avverso provvedimenti disciplinari adottati nei confronti del detenuto dall'amministrazione penitenziaria, non è prevista la presenza dell'interessato all'udienza, ma solo la possibilità, da parte sua, di presentare memorie. Ne consegue che all'interessato non è dovuto avviso dell'udienza fissata per la discussione del reclamo.
Cass. pen. n. 3315/1995
Il tribunale di sorveglianza, nell'ambito del suo potere discrezionale, ben può applicare una misura alternativa non richiesta che comunque rientri in quella più ampia richiesta dal condannato. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che legittimamente il suddetto tribunale avesse, a fronte di richiesta di affidamento in prova, ammesso il condannato al regime di semilibertà).
Cass. pen. n. 1299/1995
Il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale non è competente a svolgere le sue funzioni davanti al magistrato di sorveglianza e, conseguentemente non ha alcuna legittimazione ad impugnare i provvedimenti da quest'ultimo emessi; e ciò non solo in applicazione del principio generale, per cui il pubblico ministero trae la sua competenza, di natura derivativa, da quella del giudice presso cui è costituito, ma anche, con riguardo al procedimento di sorveglianza, in applicazione della specifica disciplina di cui all'art. 678, comma terzo, c.p.p., secondo cui le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.
Cass. pen. n. 2755/1995
In tema di liberazione anticipata (art. 54 dell'ordinamento penitenziario), fermo restando l'obbligo, per il giudice, di acquisire d'ufficio gli elementi di valutazione previsti dall'art. 678, comma 2, c.p.p., deve riconoscersi all'interessato, in applicazione dei principi generali in materia di diritto alla prova, la facoltà - e, al tempo stesso, l'onere - di allegare gli eventuali ulteriori elementi, diversi dalla mera regolarità della condotta, atti a dimostrare la partecipazione all'opera di rieducazione.
Cass. pen. n. 1337/1995
La legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso provvedimenti ricorribili del magistrato di sorveglianza deve essere riconosciuto, in via esclusiva, all'ufficio del pubblico ministero che esercita le sue funzioni presso detto magistrato e quindi, ai sensi dell'art. 678 comma terzo c.p.p. al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio di sorveglianza. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto dal procuratore della Repubblica presso la pretura avverso provvedimento di sorveglianza che aveva ritenuto inammissibile la richiesta di conversione della pena avanzata dal suddetto pubblico ministero).
Cass. pen. n. 1715/1995
Davanti al magistrato di sorveglianza le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza, di guisa che legittimato a proporre impugnazione avverso un suo provvedimento è il P.M. presso il tribunale e non quello presso la pretura. (Nella specie, è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal P.M. presso la pretura circondariale avverso provvedimento del magistrato di sorveglianza).
Cass. pen. n. 1233/1995
L'ufficio del pubblico ministero legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza i quali siano ricorribili ai sensi dell'art. 666, comma secondo, c.p.p., è unicamente quello individuato ai sensi dell'art. 678, comma terzo, c.p.p., e cioè l'ufficio del procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo ove ha sede l'ufficio di sorveglianza. Al suddetto procuratore della Repubblica, quindi, va anche inviato l'avviso di cui all'art. 128 c.p.p. (Nella specie, in applicazione del principio di cui alla prima parte della massima, è stato ritenuto inammissibile il ricorso proposto dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale avverso un provvedimento del magistrato di sorveglianza).
Cass. pen. n. 4071/1994
L'assegnazione di condannati a una specifica sezione di istituto di pena appositamente istituita e connotata da un più severo regime carcerario non può essere assimilata a un provvedimento di sottoposizione del condannato al regime della sorveglianza particolare di cui all'art. 14 bis L. 26 luglio 1975 n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario), in quanto le limitazioni che ne conseguono, pur rendendo maggiormente afflittiva la pena, sono riconducibili al potere discrezionale dell'amministrazione penitenziaria di organizzare la vita all'interno degli istituti, tenendo conto della pericolosità dei detenuti, nonché della necessità di assicurarne l'ordinato svolgimento e non si risolvono in un provvedimento di sottoposizione dei suddetti al regime della sorveglianza particolare. Ne consegue che avverso detto provvedimento di assegnazione non è consentito alcun rimedio diretto dinanzi agli organi di giurisdizione penale, in quanto, per il suo carattere di tassatività, il reclamo di cui all'art. 14 ter ord. pen. non è applicabile ai provvedimenti diversi da quelli per i quali è espressamente previsto.
Cass. pen. n. 2151/1994
Non è dovuto l'avviso dell'udienza, nel procedimento di sorveglianza avente ad oggetto la revoca della misura alternativa, al professionista che era stato difensore di fiducia del detenuto nel procedimento relativo alla concessione della misura, ma non specificamente investito di mandato nel procedimento per la revoca. (Nella specie è stato ritenuto sufficiente l'avviso dato al difensore nominato d'ufficio).
Cass. pen. n. 2149/1994
È illegittima — e viziata di nullità assoluta — la revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale adottata de plano. (In motivazione, la Suprema Corte ha ribadito che la revoca di una misura alternativa alla detenzione non può essere adottata senza il rispetto del principio del contraddittorio).
Cass. pen. n. 636/1994
Pur non potendosi parlare di formazione del giudicato in materia di istanze di applicazione di misure alternative alla detenzione, trattandosi di decisioni formulate allo stato degli atti, tuttavia nella relativa procedura si realizza l'effetto preclusivo, ai sensi dell'art. 666, secondo comma, c.p.p. applicabile al procedimento di sorveglianza ex art. 678 stesso codice, allorché una nuova istanza dell'interessato, priva di elementi di novità rispetto ad altra in precedenza valutata dal competente giudice di sorveglianza e divenuta non revocabile per mancanza di apposita impugnazione, viene ripresentata.
Cass. pen. n. 949/1994
Nel procedimento di sorveglianza, qualora l'avviso della data di udienza sia dato senza il rispetto del termine di dieci giorni previsto dall'art. 666, terzo comma, c.p.p., richiamato dall'art. 678, deve ritenersi verificata una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lettera c), stesso codice, in quanto concernente l'intervento dell'interessato e la sua assistenza da parte del difensore, la cui partecipazione all'udienza camerale è prevista come necessaria dal quarto comma del citato art. 666.
Cass. pen. n. 146/1994
La disciplina della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale opera anche con riferimento al processo di esecuzione e a quello di sorveglianza, sicché la trattazione degli stessi in tale periodo deve ritenersi illegittima. Tuttavia, nel caso in cui le parti si siano avvalse della facoltà di trattazione della richiesta formulata nell'udienza fissata nel suddetto periodo, può ritenersi verificata la sanatoria generale di cui all'art. 183, lettera b), c.p.p. (Con riferimento al caso di specie la Cassazione ha rilevato che l'interessato ed il suo difensore avevano posto in essere un comportamento processuale univocamente significativo, nel senso di sollecitare una adozione immediata dei provvedimenti invocati, e conseguentemente, ha ritenuto essersi verificata la succitata sanatoria generale).
Cass. pen. n. 5517/1994
La disciplina della sospensione dei termini processuali per il periodo feriale opera anche con riferimento al procedimento di sorveglianza. Tuttavia, nel caso in cui all'udienza svoltasi in violazione di tale disciplina abbiano presenziato sia l'interessato che il suo difensore, e non sia stata sollevata alcuna eccezione circa la legittimità del processo, la relativa nullità deve ritenersi sanata.
Cass. pen. n. 4972/1994
Il procedimento di sorveglianza si svolge in camera di consiglio, secondo lo schema del procedimento di esecuzione, a norma degli artt. 678 e 666 c.p.p., che prevedono la partecipazione necessaria del difensore. Ciò significa che il difensore (di fiducia o d'ufficio) deve sempre essere avvisato della data dell'udienza e che se a questa non sia comparso il difensore di fiducia, dev'essere nominato all'interessato un difensore d'ufficio. Non trova, invece, applicazione l'art. 486, quinto comma, c.p.p., che prevede la sospensione od il rinvio del dibattimento ove il difensore sia legittimamente impedito dal momento che esso attiene al solo giudizio di cognizione, come la sua collocazione codicistica rivela.
Cass. pen. n. 3025/1993
La funzione svolta dal magistrato di sorveglianza a norma dell'art. 51 ter ord. pen. è cautelativa e non decisoria, risolvendosi in una provvisoria sospensione della misura alternativa; il relativo provvedimento non si pone, dunque, come un grado precedente di decisione rispetto a quella che promana dal tribunale di sorveglianza, sicché non sussiste incompatibilità a comporre il collegio di detto tribunale chiamato a decidere in ordine alla revoca della misura alternativa da parte del magistrato di sorveglianza che ne ha disposto la sospensione in via provvisoria, il quale, anzi, di norma, ne deve far parte (art. 70, comma sesto, ord. pen.).
Cass. pen. n. 2370/1993
Il procedimento davanti alla magistratura di sorveglianza è disciplinato, in forza dell'espresso rinvio dell'art. 678, primo comma, c.p.p., all'art. 666 dello stesso codice. L'inosservanza del terzo comma di tale articolo, concernente l'avviso all'interessato dell'udienza di discussione — che ha natura di decreto di citazione e deve essere notificato dall'ufficiale giudiziario — determina, al pari della mancata partecipazione del difensore (art. 666, quarto comma), una nullità di ordine generale ex art. 179 c.p.p., rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, inerendo alla costituzione del rapporto processuale.
Cass. pen. n. 4731/1993
Il procedimento di sorveglianza è assoggettato alle regole proprie degli altri procedimenti giurisdizionali, ivi compresa la disciplina circa la definitività dei provvedimenti in caso di esaurimento dell'iter delle impugnazioni e in caso di mancata impugnazione da parte degli aventi diritto. Ne consegue che le decisioni emesse in materia di misure alternative alla detenzione, una volta divenute definitive, impediscono di procedere a successivo riesame in relazione alla medesima situazione ed alle medesime condizioni già prospettate e decise. (Fattispecie in tema di richiesta di concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della semilibertà).
Cass. pen. n. 2376/1992
In tema di riabilitazione da misure di prevenzione, prevista dall'art. 15 della L. 3 agosto 1988 n. 327, poichè detta norma prevede che per il relativo procedimento si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale che regolano il procedimento di riabilitazione da sentenze di condanna, ne consegue che la corte d'appello, tuttora competente funzionalmente a provvedere (non essendo stato il detto art. 15 della legge n. 327/88 abrogato dall'art. 683 del vigente codice di procedura penale, in base al quale la competenza per la riabilitazione ordinaria appartiene ora al tribunale di sorveglianza), deve comunque osservare, ai fini dell'adozione della propria decisione, le forme di cui all'art. 666, richiamato dall'art. 678 c.p.p. (nella specie, in applicazione del principio anzidetto, è stato annullato, per violazione del contraddittorio, il provvedimento con il quale la corte d'appello, de plano, aveva respinto l'istanza di riabilitazione proposta ai sensi dell'art. 15 della legge n. 327/88).
Cass. pen. n. 466/1992
In tema di misure di prevenzione, l'autorizzazione permanente al sorvegliato speciale di allontanarsi in determinate ore del giorno, per ragioni di lavoro, dal luogo anzidetto, implicando necessariamente un giudizio di diminuita pericolosità, non può che rientrare nelle previsioni di cui all'art. 7, comma secondo, della L. 27 dicembre 1956, n. 1423 e, pertanto, richiede l'osservanza delle forme di cui all'art. 4 comma quinto della medesima legge, il cui richiamo agli artt. 636 e 637 del codice di procedura penale previgente è da intendersi ora come riferito all'art. 678 del codice attuale, che a sua volta richiama l'art. 666 dello stesso codice.