Cass. pen. n. 37088/2024
La concessione della detenzione domiciliare, il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell'articolo 147 del Cp e il differimento obbligatorio ai sensi dell'articolo 146 dello stesso codice sono istituti che si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (articolo 3 della Costituzione), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (articolo 27 della Costituzione) e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell'individuo (articolo 32 della Costituzione). Quindi, a fronte di una richiesta di differimento dell'esecuzione della pena per ragioni di salute o di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell'età del detenuto, a loro volta soggette ad un'analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato e alla possibilità che un eventuale (anche residuo) rischio di recidiva sia adeguatamente fronteggiabile con la detenzione domiciliare cosiddetta umanitaria, considerate le limitazioni e le restrizioni a essa apponibili. Il giudice deve, quindi, operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza e indefettibilità della pena, nonché di prevenzione e di difesa sociale, da una parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un'esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall'altra, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza: di tale valutazione deve dare conto con motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.
Cass. pen. n. 22253/2024
Ai fini della revoca della detenzione domiciliare concessa nel caso in cui potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della pena per motivi di salute, deve essere rinnovata, alla luce degli elementi sopravvenuti, la comparazione tra le esigenze di tutela della collettività ed il principio di umanità della pena, bilanciando il giudizio di maggiore pericolosità che consegue alla valutazione di inaffidabilità del condannato con quello relativo alla compatibilità del ripristino della detenzione in carcere con le sue attuali condizioni di salute.
Cass. pen. n. 510/2023
Il giudice chiamato a decidere sul differimento dell'esecuzione della pena o, in subordine, sull'applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute, deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest'ultimo con riguardo sia all'astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza del livello di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al predetto, valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico (annullato il provvedimento che aveva respinto l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità del detenuto affetto da insufficienza renale cronica, atteso che l'impugnato provvedimento, pur implicitamente ammettendo che il detenuto era allocato in condizioni che rendevano difficoltoso l'accesso alle cure necessarie quoad vitam, tuttavia, aveva valorizzato un solo polo del bilanciamento di interessi, quello della pericolosità sociale del detenuto, abdicando alla necessità di approfondire la situazione sanitaria del ricorrente, che allo stato sembrava avere determinato una condizione di incompatibilità alla detenzione, sia pure ritenuta transeunte).
Cass. pen. n. 2358/2023
In tema di differimento obbligatorio dell'esecuzione della pena per madri di prole di età inferiore a un anno, ove non sussistano le condizioni per il differimento della pena obbligatorio ex art. 146 c.p. nella forma della detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen. a causa dell'inidoneità del domicilio indicato ai fini della custodia, è applicabile, in presenza di un concreto pericolo di recidiva o di fuga, la detenzione domiciliare speciale ex art. 47-quinquies, comma 1-bis, ord. pen., da eseguirsi presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri.
Cass. pen. n. 49621/2023
In tema di differimento della pena per gravi motivi di salute, anche nella forma della detenzione domiciliare, il tribunale di sorveglianza non può limitarsi alla valutazione astratta del quadro patologico dell'istante e dei presidi sanitari e terapeutici a sua disposizione, ma è tenuto a esaminare, in concreto, le condizioni di salute del predetto, le tipologie di cura a lui necessarie, nonché l'incidenza dell'ambiente carcerario sul suo peculiare quadro clinico.
Cass. pen. n. 7369/2022
Il rifiuto del condannato, affetto da grave infermità fisica, di ricovero in un reparto detentivo dotato di struttura sanitaria di osservazione e monitoraggio di eventi critici costituisce condizione ostativa alla positiva valutazione della richiesta di differimento della pena o di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, non potendo essere consentito al predetto di ostacolare le iniziative di cura di cui necessita, così da rimettere surrettiziamente alla sua scelta la permanenza in un istituto detentivo.
Cass. pen. n. 21355/2021
In tema di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, il giudice che abbia riconosciuto la sussistenza del presupposto dell'incompatibilità con il carcere delle condizioni di salute del detenuto può disporre la detenzione domiciliare di quest'ultimo in luogo del rinvio dell'esecuzione della pena, chiesto in via principale, solo ove ritenga che l'esigenza di contenere la sua residua pericolosità con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del tribunale di sorveglianza che aveva disposto la detenzione domiciliare, ravvisando un vizio di motivazione nella valutazione della pericolosità del detenuto, fondata esclusivamente sull'esigenza di certezza ed indefettibilità della pena e sullo stato non avanzato della patologia da cui lo stesso era affetto).
Cass. pen. n. 47868/2019
Una volta richiesti dal condannato il differimento dell'esecuzione della pena o la detenzione domiciliare per motivi di salute, la ritenuta insussistenza delle condizioni per la concessione del rinvio dell'esecuzione non obbliga il giudice a motivare anche sul diniego della misura richiesta in via subordinata, stante l'identità dei presupposti che legittimano l'applicazione dell'una o dell'altra misura.
Cass. pen. n. 53166/2018
In tema di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai fini della valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante, il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale.
Cass. pen. n. 43586/2017
In tema di differimento obbligatorio o facoltativo della pena ovvero di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice dell'esecuzione può legittimamente porre a fondamento del diniego la condotta volontaria ed oppositiva del condannato, tesa strumentalmente ad amplificare le patologie che lo affliggono, atteso che, in tal caso, l'offerta terapeutica è resa inadeguata anche da una scelta imputabile al medesimo.
Cass. pen. n. 42276/2010
Il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena, nei confronti del condannato affetto da sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) conclamata o da grave deficienza immunitaria, presuppone che la malattia sia giunta ad una fase così avanzata da escludere la rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative, e non richiede alcuna valutazione circa la compatibilità o meno della patologia con lo stato di detenzione.
Cass. pen. n. 41542/2010
Il differimento dell'esecuzione della pena per malattia psichiatrica è consentito unicamente allorché quest'ultima si risolva anche in malattia fisica. (Fattispecie concernente un caso di depressione maggiore, nel quale, anche per le cure disponibili in ambiente carcerario, si è esclusa la possibilità di rinvio dell'esecuzione).
Cass. pen. n. 33967/2004
Ai fini del rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena, nel caso previsto dall'art. 146, comma primo, n. 3, c.p., non basta che il condannato sia affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, ma occorre che sussista anche l'ulteriore condizione, riferibile a tutte le ipotesi precedentemente indicate nella norma, che la malattia sia giunta ad una fase così avanzata da escludere la rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative.
Cass. pen. n. 5818/2004
In tema di esecuzione della pena nei confronti di persona affetta da Aids conclamata o di grave deficienza immunitaria, accertata ai sensi del secondo comma dell'art. 286 bis cod proc. pen., l'obbligo di sospensione o di applicazione della detenzione domiciliare si determina per il giudice solo quando le patologie sono documentate secondo le procedure stabilite dalla legge e dai pertinenti decreti ministeriali. Nondimeno, nei casi in cui dette patologie risultino provate mediante una documentazione incompleta od irrituale, poichè la legge riconosce al giudice la possibilità di applicare anche d'ufficio la detenzione domiciliare, è comunque necessario che la diversa opzione di disporre l'esecuzione della pena in sede carceraria sia specificamente motivata, di guisa che l'assenza di indicazioni in proposito è sanzionata, a norma dell'art. 125 comma terzo c.p.p., con previsione di nullità del relativo provvedimento.
Cass. pen. n. 20480/2001
Nelle ipotesi in cui potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 c.p., il tribunale di sorveglianza ai sensi dell'art. 47 ter, comma 1 ord. pen. — può applicare ex officio ed indipendentemente da una richiesta in tal senso dell'interessato, la misura della detenzione domiciliare, al fine di contemperare le esigenze del condannato, in relazione alla tutela della salute, e le esigenze della collettività, in relazione ai profili di sicurezza pubblica —.
Cass. pen. n. 11233/2001
L'art. 146, comma 1, n. 3, c.p., nella parte in cui prevede il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena qualora il condannato sia affetto da «malattia particolarmente grave» per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino «incompatibili con lo stato di detenzione», intende chiaramente riferirsi ad una malattia fisica e non ad una infermità di natura psichica, in presenza della quale deve invece farsi applicazione della specifica disciplina dettata dall'art. 148. La «grave infermità fisica» prevista dall'art. 147, comma 1, n. 2, c.p. come causa di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena dev'esser tale da far risaltare ictu oculi la possibilità che essa, nonostante la fruibilità di adeguate cure anche in stato di detenzione, dia luogo ad una sofferenza aggiuntiva derivante proprio dalla privazione della libertà in sé e per sé considerata e suscettibile quindi di rendere l'esecuzione della pena incompatibile con i beni costituzionalmente tutelati costituiti dal diritto alla salute e dal senso di umanità, dovendosi, peraltro, tener presente che una certa sofferenza aggiuntiva è comunque inevitabile ogni qual volta la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute, per modo che essa può assumere rilievo solo quando appaia di entità tale da superare i limiti dell'umana tollerabilità.
Cass. pen. n. 6952/2000
La previsione di cui all'art. 47ter, comma 1ter, dell'ordinamento penitenziario, introdotta dall'art. 4, comma 1, lett. a), della L. 27 maggio 1998, n. 165, secondo cui, «quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre l'applicazione della detenzione domiciliare», ha la chiara finalità di colmare una lacuna della previgente normativa, per la quale, in presenza dei presupposti di fatto indicati negli artt. 146 e 147 c.p., s'imponeva un'alternativa secca tra carcerazione e libertà senza vincoli. L'innovazione viene quindi a configurare la polifunzionalità del regime detentivo che è mirato, per un verso, all'esigenza di effettività dell'espiazione della pena e del necessario controllo cui vanno sottoposti i soggetti pericolosi; per altro verso ad una esecuzione mediante forme compatibili con il senso di umanità, quale è quella costituita dalla detenzione domiciliare a termine, da disporsi in presenza di una negativa condizione soggettiva del condannato che non ne consenta la piena liberazione che deriverebbe dall'applicazione degli istituti di cui ai richiamati artt. 146 e 147 c.p.. È pertanto da escludere, avuto riguardo anche alla chiara lettera della disposizione in questione, che essa possa trovare applicazione sulla base di presupposti diversi da quelli che potrebbero dar luogo al rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione della pena.
Cass. pen. n. 853/1998
In tema di liberazione condizionale, il fatto che il condannato si trovi in regime di differimento dell'esecuzione della pena, per la sussistenza di taluna delle ragioni indicate negli articoli 146 e 147 c.p., non può essere di ostacolo alla valutazione, da parte del competente tribunale, della sussistenza o meno delle condizioni previste dalla legge per la concedibilità del beneficio. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato il provvedimento con il quale il tribunale di sorveglianza, investito di richiesta di liberazione condizionale avanzata da soggetto nei cui confronti era stato disposto il differimento della pena per ragioni di salute, aveva respinto detta richiesta ritenendola «prematura», in quanto la posizione dell'interessato sarebbe stata più adeguatamente valutabile una volta ripresa l'esecuzione della pena).
Cass. pen. n. 2683/1996
L'apprezzamento positivo della situazione d'inconciliabilità delle particolari condizioni di salute del condannato, malato di Aids, con il regime carcerario - presunto ex lege quando l'espiazione della pena possa avvenire con verosimile pregiudizio della salute del soggetto e di quella della popolazione carceraria - comporta conseguentemente, una volta accertata in concreto, il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena, senza che sia consentito al giudice di optare di ufficio per la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare.
Corte cost. n. 438/1995
... (Omissis). Pur dovendosi quindi annettere al particolare e grave morbo di cui qui si tratta [N.d.r. AIDS] tutto il risalto che lo stesso merita e che l'ampia normativa di settore e la stessa coscienza collettiva gli ha ormai riconosciuto, la disposizione impugnata deve ritenersi non conforme al canone della ragionevolezza nella parte in cui non consente di accertare in concreto se, ai fini della esecuzione della pena, le effettive condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con lo stato detentivo. Allo stesso modo, spetterà al giudice verificare caso per caso in relazione alle strutture disponibili se l'esecuzione della pena possa avvenire senza pregiudizio per la salute della restante popolazione carceraria che, come si è detto, costituisce l'altro dei valori che la norma ha inteso tutelare. Accertamenti e verifiche del giudice, quelli sopra esposti, che porranno le pubbliche amministrazioni, ciascuna nel quadro delle proprie competenze ed opportunamente giacché la rigida e prevedibile sospensione del momento esecutivo esclude che la pena irrogata possa svolgere alcuna funzione di intimidazione e dissuasione. Del tutto vanificato sarebbe anche il profilo retributivo-afflittivo della pena, posto che la rinuncia sine die alla relativa esecuzione lascia sostanzialmente impunito il reato commesso, in una prospettiva di deresponsabilizzazione che si pone in contrasto con il principio sancito dall'art. 27, primo comma, della coordinate tra loro, di fronte all'esigenza di tenere conto del bisogno di cura del singolo e dell'attitudine della condizione restrittiva rispetto alla salvaguardia della salute della popolazione carceraria, predisponendo o incrementando le strutture idonee allo scopo, sia in ambito penitenziario sia nei presidi sanitari esterni cui ricorrere a norma dell'art. 11 dell'ordinamento penitenziario ... (omissis).
Per questi motivi si dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 146, primo comma, numero 3, del codice penale, aggiunto dall'art. 2 del D.L. 14 maggio 1993, n. 139, convertito dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, nella parte in cui prevede che il differimento ha luogo anche quando l'espiazione della pena possa avvenire senza pregiudizio della salute del soggetto e di quella degli altri detenuti.
Cass. pen. n. 1504/1994
Il primo comma, n. 3 dell'art. 146 c.p., come modificato dall'art. 2, D.L. 14 maggio 1993, n. 139, convertito dalla L. 14 luglio 1993, n. 222, prevede un'ipotesi di rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena allorché il condannato sia affetto da infezione da HIV incompatibile con lo stato di detenzione; unico presupposto per l'applicabilità della norma in questione è dunque l'esistenza dell'affezione suddetta che sia incompatibile con il regime carcerario, situazione in presenza della quale deve obbligatoriamente disporsi il rinvio della pena. Conseguentemente, disposto il rinvio, ogni ulteriore comportamento dell'interessato produttore di eventuali illeciti penali non assume alcun rilievo giuridicamente valutabile ai fini di un'eventuale revoca del beneficio; soltanto il venir meno del presupposto (allo stato della scienza medica ipotizzabile solo come erronea iniziale valutazione dello stato di salute del condannato) implica per il competente giudice una riconsiderazione della nuova situazione fattuale sfociante, se del caso, nella revoca della sospensione dell'esecuzione della pena.