La norma in esame disciplina il caso in cui il
proprietario del bene espropriato, anche se estraneo al rapporto debitorio, risulti gravato da
responsabilità per il debito altrui, ipotesi a cui fa riferimento il secondo comma dell’
art. 2910 del c.c. e che si definisce di responsabilità esecutiva senza debito.
Ricorrendo i presupposti previsti dalla presente norma (bene gravato da
garanzia reale per debito altrui, ovvero oggetto di alienazione da parte del
debitore poi revocata per
frode), l’espropriazione viene portata avanti nei confronti di una persona diversa dal debitore, restando comunque ferma la estraneità del terzo espropriando al rapporto obbligatorio presupposto (il cui resto del patrimonio rimane immune da aggressione ex
art. 2740 del c.c.).
E’ bene precisare che terzo proprietario è solo colui che ha trascritto il suo acquisto dal debitore prima del
pignoramento, mentre se la
trascrizione è avvenuta successivamente, l’espropriazione si conduce contro il debitore, essendo l’atto inopponibile al processo esecutivo.
Inoltre, va anche evidenziato che nel momento stesso in cui l'espropriazione ha inizio, il terzo cessa di essere tale sul piano processuale per acquistare il ruolo di parte del processo esecutivo, conservando la sua posizione di terzietà esclusivamente sul piano sostanziale.
Oltre alle ipotesi qui espressamente previste, si ritiene in dottrina che la norma in esame possa trovare applicazione anche nei seguenti altri casi:
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nel caso di privilegio ex art. 2745 del c.c.;
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in tutte quelle ipotesi in cui la revoca dell’atto non è conseguenza dell’azione revocatoria ordinaria, ma trova giustificazione causale nel danno che l’atto arreca al creditore;
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in riferimento al terzo acquirente del diritto di superficie o di enfiteusi sull'immobile ipotecato.
L’esecuzione contro il terzo proprietario, invece, non è esperibile nei confronti del fideiussore.
La espropriazione forzata, sia mobiliare che immobiliare, va iniziata e proseguita contro il terzo prevedendosi la notifica del
titolo esecutivo e del
precetto anche al terzo.
Ci si è chiesti se il creditore istante debba conseguire un autonomo titolo esecutivo contro il terzo, dubbio che è stato risolto facendosi rinvio all’
art. 603 del c.p.c. nonché all’[[2870cc], per il quale il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla condanna del debitore può opporre al creditore le eccezioni di cui all’
art. 2859 del c.c., ossia quelle proprie del terzo acquirente.
In ogni caso, nulla vieta che il creditore istante possa chiedere ed ottenere un ulteriore e diverso titolo esecutivo anche contro il terzo per impedire opposizioni
in executivis, mentre è evidente che il titolo esecutivo contro il debitore costituisca condizione necessaria e sufficiente per agire esecutivamente contro il terzo proprietario.
Con particolare riferimento ai beni gravati da
pegno o
ipoteca, va detto che la responsabilità del terzo trova il suo fondamento causale nel vincolo di sequela che collega il bene al pagamento del debito altrui.
L’ampia formulazione della norma fa sì che nella categoria di coloro i cui beni sono gravati di ipoteca per debito altrui, possano ricomprendersi sia il terzo acquirente (
terzo possessore) che il terzo datore di ipoteca.
Ciò comporta che, qualora il debitore, dopo la costituzione dell'ipoteca, abbia alienato a terzi l'immobile gravato, soltanto il terzo risultante dal titolo trascritto va considerato come attuale proprietario dell'immobile, e pertanto il processo esecutivo va instaurato da parte del creditore ipotecario nei confronti del terzo.
L’esecuzione su beni alienati ad un terzo con atto revocato per frode presuppone per la sua legittimità l’esistenza di una sentenza di revoca ottenuta in presenza di
consilium fraudis; soltanto i creditori che hanno ottenuto la revoca dell'atto possono servirsi del rimedio promovendo la espropriazione di quei beni che sono ancora nella titolarità (e possesso) del terzo in forza del titolo esecutivo ottenuto contro il debitore.
La
revoca dell'atto, tuttavia, non dà luogo al ritorno del bene nel patrimonio del debitore, e ciò perché da essa non discende alcun effetto di diritto sostanziale a favore del debitore alienante (titolare del diritto di proprietà e possessore del bene resta sempre l'acquirente).
L’acquirente, da parte sua, avrà il diritto di recuperare dall'alienante quanto a lui corrisposto in conseguenza dell'acquisto revocato, ma solo sul residuo, dopo che siano stati soddisfatti gli altri creditori.