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Articolo 2858 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Facoltà del terzo acquirente

Dispositivo dell'art. 2858 Codice Civile

Il terzo acquirente dei beni ipotecati(1), che ha trascritto il suo titolo di acquisto e non è personalmente obbligato, se non preferisce pagare i creditori iscritti [2827 ss.], può rilasciare i beni stessi ovvero liberarli dalle ipoteche, osservando le norme contenute nella sezione XII di questo capo. In mancanza, l'espropriazione segue contro di lui secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile [602 c.p.c. ss.](2).

Note

(1) L'ipoteca ha efficacia anche nei confronti di colui che acquista l'immobile gravato da tale garanzia, posteriormente all'iscrizione (res transit cum onere suo). Costui, tuttavia, non è obbligato personalmente con tutti i suoi beni: i creditori che abbiano iscritto ipoteca sull'immobile acquistato possono solamente procedere alla richiesta di espropriazione dello stesso bene anche dopo il suo trasferimento in proprietà del terzo.
Il legislatore ritiene pertanto il terzo acquirente meritevole di considerazione, senza peraltro sacrificare i diritti dei creditori.
(2) Il terzo acquirente può aver acquistato l'immobile sia a titolo derivativo sia a titolo originario, ma non è considerato tale quel soggetto il cui titolo sia soggetto ad una condizione sospensiva ex art. 1353.
L'eventuale procedura di espropriazione viene attuata dal creditore nei confronti del terzo in questione seguendo la disciplina dettata dal codice di procedura civile, con l'unica diversità che il titolo esecutivo ed il precetto devono essere notificati anche al terzo acquirente, la cui opinione deve essere sentita ogni volta che sia sentito il debitore.

Ratio Legis

La disposizione in esame è posta al fine di offrire una particolare tutela al terzo acquirente del bene ipotecato, in capo al quale sussiste una forma atipica di responsabilità derivante dalla proprietà stessa del bene garantito: egli, se ha trascritto, gode della facoltà di evitare l'espropriazione (v. art. 2910), pagando i creditori iscritti, rilasciando il bene oppure liberandolo dall'ipoteca. Alcune di queste facoltà sono riconosciute anche al terzo datore d'ipoteca, in primis quella inerente alla liberazione del bene dalle ipoteche.

Brocardi

Res transit cum onere suo

Spiegazione dell'art. 2858 Codice Civile

Terzo acquirente. Trascrizione del titolo di acquisto. Requisiti per la qualità di terzo acquirente. Terzo datore di ipoteca. Facoltà del terzo acquirente e dei creditori ipotecari

L’ipoteca, come diritto reale di garanzia, segue i beni che ne sono gravati presso qualunque persona che li abbia acquistati dal debitore proprietario che li aveva vincolati, di modo che il creditore ipotecario può espropriarli anche presso il terzo acquirente per realizzare il prezzo e soddisfarsi con esso del suo credito, come se questi beni fossero mai usciti dal patrimonio del debitore ipotecario.

Questa persona, diversa dal debitore, contro il quale il creditore può sporgere la sua azione ipotecaria, era indicata, dal codice preesistente, col nome di terzo possessore. Più propriamente il nuovo codice lo indica per quello che realmente é : terzo acquirente, ed aggiunge che si deve trattare di un terzo acquirente che abbia trascritto il suo titolo di acquisto e non sia personalmente obbligato, perchè siccome qui sí tratta, come vedremo, di accordare delle facoltà, al terzo acquirente è chiaro che questo possesso spetta solo a chi è divenuto legittimo proprietario dell' immo­bile ipotecato anche di fronte ai terzi e che non sia obbligato personal­mente al pagamento del debito. Se l'acquirente dell'immobile ipotecato non ha trascritto il suo titolo o se egli è personalmente obbligato al pa­gamento del debito (p. es. nella qualità di fideiussore o di obbligato in solido), o abbia avuto nel contratto l'obbligo di pagare i creditori ipotecari nei limiti del prezzo dovuto al venditore, nella forma di ac­collo novativo (art. 1273) o di semplice delegazione (art. 1269), ovvero nella qualità di erede o di legatario con l'onere di pagare il debito ipo­tecario, il creditore può procedere senz'altro alla espropriazione del­l'immobile, perchè, nel caso di mancata trascrizione, il creditore ha il diritto di disconoscere gli effetti dell'alienazione, e negli altri casi, l'as­sunto obbligo rende il terzo acquirente personalmente obbligato al paga­mento integrale del debito.

L'acquisto può essere puro e semplice o sotto condizione. Ma se trat­tasi di condizione sospensiva, finchè l'effetto traslativo del negozio è sospeso non ricorre l'applicazione dell'articolo in esame, mentre ricorre se trattasi di condizione risolutiva (p. es. compratore di un patto di riscatto) per effetto della quale si è verificato l'effetto traslativo. E parlandosi anziché di terzo possessore, di terzo acquirente dell’immobile ipotecato si è eliminata la questione sul punto se il terzo datore d'ipoteca poteva giovarsi delle facoltà di cui parla l'articolo in esame. Il creditore ipotecario non ha contro il terzo acquirente del bene ipotecato che abbia trascritto il suo titolo di acquisto e non sia personalmente obbligato che un solo diritto: quello di espropriarlo. Ma il terzo acquirente può avvalersi di alcune facoltà che la legge gli concede per impedire l’espropriazione, e cioè: 1) pagare i crediti iscritti e i loro accessori, ai sensi dell’ art. 2855 del c.c.; 2) rilasciare l'immobile ipotecato ; 3) fare il giudizio di purgazione delle ipoteche. Se egli non intende di giovarsi di nessuna di queste facoltà, allora si ricade nella norma comune: il creditore procede all’espropriazione dell’immobile.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2858 Codice Civile

Cass. civ. n. 264/2006

In tema di mutuo ipotecario, agli effetti dell'azione di risarcimento dei danni, il terzo acquirente di immobili ipotecati - cui l'art. 2858 cod. civ. attribuisce il diritto potestativo di pagare i creditori iscritti ovvero di rilasciare i beni ovvero di liberarli dalle ipoteche - deve dimostrare di avere effettivamente tenuto una di tali condotte, dovendosi distinguere, in mancanza di prova di un effettivo pregiudizio, tra pericolo di danno e pericolo che determina un danno attuale, come nel caso di impossibilità o di ritardo nel rivendere il bene a terzi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la congruità della motivazione della sentenza impugnata che aveva accertata l'insussistenza dell'attualità del danno dedotto dal terzo acquirente dei beni ipotecati, siccome individuato nel mero pericolo di esecuzione da parte del creditore ipotecario e nella permanenza del vincolo che, pur potendo agire sulla commerciabilità dei beni stessi, avrebbe richiesto la prova concreta della mancata vendita o delle difficoltà incontrate nella vendita stessa).

Cass. civ. n. 6123/2000

Agli effetti dell'azione di risarcimento dei danni, il terzo acquirente di immobili ipotecari — cui l'art. 2858 c.c. attribuisce il diritto potestativo di pagare i creditori iscritti ovvero di rilasciare i beni ovvero di liberarli dalle ipoteche — deve dimostrare di avere effettivamente tenuto una di tali condotte, dovendosi distinguere in mancanza di prova di un effettivo pregiudizio, tra pericolo di danno e pericolo che determina un danno attuale come nel caso di impossibilità o di ritardo nel rivendere il bene a terzi.

Cass. civ. n. 6052/1995

Il terzo acquirente di un bene gravato di ipoteca non assume alcuna obbligazione nei confronti del creditore garantito dall'ipoteca, pertanto non è ammissibile nei suoi confronti una condanna ad adempiere le obbligazioni nascenti dal rapporto con riferimento al quale è stata concessa l'ipoteca stessa. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del merito che aveva condannato il terzo acquirente di un immobile ipotecato al pagamento degli interessi prodotti dal credito a garanzia del quale era stata concessa l'ipoteca).

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N. C. chiede
venerdì 04/11/2022 - Calabria
“Atto di compravendita per un appartamento gravato da Ipoteca derivante da mutuo Inpdap acceso per lo stesso appartamento. Chiedo se è possibile redigere l'atto di compravendita dal notaio convenendo tra le parti di rimandare l'estinzione del mutuo e la cancellazione della relativa iscrizione pregiudizievole (ovvero ipoteca INPDAP) dopo una o due settimane posteriori alla data dell'atto di compravendita stipulato presso il notaio.
In quali casi il rogito deve intendersi nullo ?
In caso negativo o positivo chiedo di fornirmi i riferimenti di legge o di giurisprudenza.”
Consulenza legale i 10/11/2022
L’atto notarile di cui si discute si ritiene che debba intendersi pienamente valido ed efficace.
Le ragioni di tale risposta vanno individuate nelle seguenti considerazioni.
L’ipoteca non crea alcun limite a quella che è una delle principali facoltà del proprietario, ossia quella di disporre del bene.
Infatti, sul versante del creditore ipotecario, sembra evidente che, trattandosi di un diritto reale di garanzia, debitamente risultante dai pubblici registri immobiliari, per questi è indifferente chi sia il proprietario del bene, in quanto, in caso di inadempienza, può rifarsi sul bene con diritto di precedenza rispetto a tutti gli atri soggetti che hanno trascritto successivamente alla sua iscrizione ipotecaria.
Pertanto, la vendita dell’immobile ipotecato non può in alcun modo pregiudicare i diritti del creditore ipotecario.

Dal lato dell’acquirente, invece, normalmente parte venditrice e parte compratrice raggiungono un accordo in forza del quale quest’ultima acquisterà il bene libero da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, impegnandosi il venditore a procedere alla cancellazione dell’ipoteca prima della vendita o contestualmente alla stessa.
Ciò non impedisce, tuttavia, alle parti di raggiungere un diverso accordo, quale quello a cui si fa riferimento nel caso in esame, nel qual caso il notaio non potrà fare altro che prenderne atto e trasfonderlo nell’atto pubblico di compravendita che andrà a stipulare.
Nel fare ciò il pubblico ufficiale non incorre in alcun divieto di legge che possa inficiare la validità dell’atto, tenuto conto che lo stesso codice civile, agli artt. 2858 e ss. c.c., disciplina espressamente gli effetti dell’ipoteca rispetto al terzo acquirente, lasciando con ciò chiaramente intendere che è ben possibile e valida l’alienazione di un immobile ipotecato.

Del tutto conforme a legge deve poi ritenersi l’operato del notaio, considerato che sullo stesso grava soltanto l’obbligo di effettuare le visure ipotecarie e catastali relativamente all’immobile oggetto di compravendita.
Tralasciando il problema della ammissibilità o meno di esonerare, per volontà delle parti, il notaio dall’obbligo di effettuare dette visure (problema che qui non si pone e che vede dottrina e giurisprudenza porsi su posizioni del tutto contrastanti), occorre far rilevare che va esente da ogni forma di responsabilità per negligenza professionale (ex artt. 1176 comma 2 e 1218 c.c.) il notaio che, in sede di stipula di un atto di compravendita, esegua le visure ipotecarie e catastali, facendo risultare dallo stesso atto pubblico che l’immobile che ne costituisce l’oggetto è gravato da ipoteca (così Cass. 06.06.2014 n. 12797)

Neppure può ravvisarsi in capo allo stesso una responsabilità disciplinare, considerato che integra per il notaio illecito deontologico, comportante appunto responsabilità disciplinare per violazione dell’art. 138 Legge notarile (come sostituito dall’art. 22 D.lgs. n. 249/2006), la stipula di un atto di compravendita per il quale non siano state effettuate le dovute ispezioni ipocatastali, in mancanza di esonero di tutte le parti (cfr. Cass. SS.UU. 31.07.2012 n. 13617).
Il medesimo obbligo incombe sul notaio anche nel caso in cui sia incaricato della stipula di un contratto di trasferimento immobiliare utilizzando la forma della scrittura privata autenticata, posto che anche in questo caso sul professionista incombe l’obbligo del controllo di legalità (così Cass. 20.8.2015 n. 16990, Cass. 01.12.2009 n. 25270, Cass. 31.05.2006 n. 13015, Cass. 16.03.2006 n. 5868).

Le considerazioni sopra svolte, dunque, non possono che far concludere nel senso, come accennato all’inizio di questa consulenza, che l’atto notarile avente ad oggetto il trasferimento di un immobile ipotecato, di cui le parti abbiano piena consapevolezza e per la cui stipula il notaio abbia diligentemente effettuato le dovute visure ipocatastali, non presenti alcun profilo di invalidità, avendo le parti di comune accordo convenuto di voler “rimandare l'estinzione del mutuo e la cancellazione della relativa iscrizione pregiudizievole (ovvero ipoteca INPDAP) dopo una o due settimane posteriori alla data dell'atto di compravendita”.

Giorgio F. chiede
domenica 10/02/2019 - Piemonte
“Buongiorno, vorrei cortesemente sottoporvi questo quesito:
la società A vende un immobile alla società B , questo immobile è gravato da un mutuo ipotecario che però non si accolla la società B.
La società A ha già pagato il mutuo quasi per intero ovvero, per estinguere il mutuo, manca ancora circa un decimo del valore, quanto si accorge che la banca in questi anni ha applicato interessi e condizioni di usura ed interrompe il pagamento.
Qualora la banca facesse delle azioni legali contro la società A, la società B può intervenire per difendere la sua proprietà. In caso affermativo, che cosa deve fare?
La società B viene avvisata se vengono azionati procedimenti legali contro il suo bene?
Ringrazio anticipatamente e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 18/02/2019
Il caso proposto richiede sostanzialmente di affrontare il tema dell’acquisto di un immobile gravato da ipoteca.
Nella vita quotidiana risulta molto improbabile che un soggetto sia disposto ad acquistare un immobile gravato da ipoteca in favore di un debito altrui, in quanto è fin troppo semplice intuire che se il debitore dovesse, per qualunque ragione, rendersi inadempiente all’obbligazione assunta, il creditore avrebbe immediatamente di che soddisfarsi.

Infatti, la presenza dell’ ipoteca consente al creditore, in favore del quale la stessa è stata iscritta, di attivare sull’immobile ipotecato la procedura esecutiva immobiliare, la quale si concluderebbe con la vendita all’asta dello stesso, nonostante nel frattempo la relativa proprietà sia stata trasferita a terzi.
Di fronte ad una tale situazione (esecuzione forzata), l’acquirente (attuale proprietario) avrebbe soltanto le seguenti facoltà:
  1. pagare il creditore o i creditori per l’ammontare dei crediti iscritti (in questo caso per il residuo credito vantato dalla banca che ha concesso il mutuo);
  2. rilasciare l’immobile al creditore procedente perché provveda a soddisfare il suo credito vendendolo;
  3. liberare l’immobile dall’ipoteca, cd. purgazione, pagando al creditore il residuo credito.

La piena consapevolezza di aver acquistato un bene ipotecato, peraltro, non consente all’acquirente di far valere la garanzia nei confronti del venditore (non avendogli quest’ultimo taciuto la presenza dell’ipoteca), né tantomeno di intraprendere un’azione di risarcimento nei confronti del notaio che ha rogato l’atto di compravendita, il quale, con molta probabilità, sarà stato espressamente esonerato da ogni responsabilità al riguardo (in caso contrario si potrebbe perfino giungere ad una condanna dello stesso notaio a cancellare l’ipoteca mediante pagamento della somma necessaria a tale scopo e compimento delle relative formalità).

Ora, ragionando in termini concreti, si presume che chi giunge alla decisione di compiere un passo così azzardato, sicuramente non potrà non averne un vantaggio in termini economici, e questo, con molta probabilità, consisterà nel pagare un corrispettivo inferiore a quello per cui il bene verrebbe compravenduto se risultasse libero da gravami.
Di tale risparmio di spesa, dunque, ci si potrebbe in fin dei conti avvalere per ricorrere alla c.d. purgazione dell’ipoteca, ovvero per pagare al creditore il residuo credito e liberare così l’immobile dal gravame (si tratta, ovviamente, di una soluzione che richiede valutazioni di tipo esclusivamente economico).

Al di là di tale suggerimento meramente pratico, vediamo cosa succede se il mutuante decide di procedere esecutivamente sul bene.
Intanto, di una situazione di tale tipo (definita sinteticamente “responsabilità senza debito”) si occupa espressamente il secondo comma dell’art. 2910 c.c., il quale consente di espropriare beni di un terzo quando gli stessi risultano vincolati a garanzia del credito.

Tale norma va poi raccordata con le norme processuali contenute negli artt. 602-604 c.p.c., le quali disciplinano appunto l’esecuzione contro il terzo proprietario; in particolare, l’art. 602 del c.p.c. prevede che si applicano le disposizioni generali in tema di pignoramentoin quanto non siano modificate dagli articoli che seguono”.
Le disposizioni generali prevedono che colui il quale intende agire esecutivamente sui beni del proprio debitore deve preliminarmente notificare allo stesso titolo esecutivo e precetto.

In questo caso la Banca è già in possesso del titolo esecutivo, ossia l’atto di mutuo, per cui non le resterà che predisporre l’atto di precetto e notificarlo insieme al titolo alla società A.
Ecco che già in questa fase ritroviamo la prima modifica alle regole ordinarie, la quale consente di rispondere ad una delle domande poste nel quesito, ossia quella se la società B verrà avvisata nel momento in cui verranno azionati procedimenti legali contro il suo bene.

L’art. 603 del c.p.c., infatti, dispone che titolo esecutivo e precetto debbono essere notificati anche al terzo, e che nel precetto si deve fare espressa menzione del bene del terzo che si intende pignorare.
Il precetto, dunque, avrà una duplice finalità: da un lato intimare al debitore di pagare, e dall’altro mettere il terzo in condizione di conoscere l’imminente espropriazione e di avvalersi, se vuole, dei rimedi che la legge gli consente.
La società B, dunque, sarà a questo punto posta in condizione di intervenire per difendere la sua proprietà (questo il contenuto dell’altra domanda).

Potrà, intanto, porre in essere i rimedi preventivi che la legge le consente, che sono quelli sopra elencati sub lettere a), b) e c) e previsti dall'art. 2858 del c.c. e ss. (ossia, pagamento dei creditori iscritti, rilascio dei beni ai creditori e liberazione dalle ipoteche).
Considerata la particolare situazione (il mutuo è stato pagato quasi per intero, manca solo un decimo del valore), l’unico tra tali rimedi di cui ci si potrebbe concretamente avvalere è quello di pagare il debito residuo e liberare il bene dall’ipoteca, secondo la speciale procedura prevista dall'art. 2889 del c.c. e ss.

In caso contrario, secondo il disposto dell’art. 604 del c.p.c. il pignoramento ed in generale tutti gli atti di espropriazione si compiranno nei confronti del terzo (la società B), il quale acquisterà la qualità di diretto esecutato sullo stesso piano del debitore.
In quanto tale, la società B avrà tutto il diritto di opporsi all’esecuzione con il mezzo tipico di cui dispone il debitore (art. 615 del c.p.c.), per far valere le eccezioni opponibili al creditore secondo quanto disposto dall'art. 2859 del c.c. e dall'art. 2870 del c.c..

Per effetto dell’art. 2859 c.c., infatti, il terzo proprietario potrà opporre al creditore procedente in via esecutiva tutte le eccezioni che spettano al debitore, sia quelle strettamente inerenti al credito azionato che quelle personali al debitore.
Pertanto, nel momento in cui alla società B verrà notificato il precetto, con indicazione del bene che si intende pignorare, la medesima società potrà opporsi a quel precetto mediante lo strumento dell’opposizione all’esecuzione, contestando l’applicazione di interessi anatocistici da parte della Banca.

Qualora il giudice adito (Tribunale) dovesse riconoscere fondate le ragioni dell’opponente, si potrebbe finanche giungere ad una sentenza che riconosce l’opponente creditore delle somme indebitamente corrisposte per interessi usurari, con conseguente condanna della Banca a restituire dette somme.

Maria G. chiede
sabato 11/02/2017 - Estero
“Leggo: "L’usucapione compiutasi all’esito di possesso ventennale da parte di un soggetto privo di titolo trascritto estingue le ipoteche"
La cosa: Al momento di mettersi a vendere il nostro terreno esso fu misurato. Il nostro vicino aveva piantato le sue mele su una parte del nostro terreno per molti anni senza che nè lui nè noi se ne accorgessimo.
Ci chiamò al giudice per fare usucapione. Noi fummo d'accordo. Però finora non è stato trascritto perchè c'è una ipoteca registrata clandestinamente da mia sorella con la quale posseggo insieme il terreno.
Le mie domande: Che cosa succederà esattamente con la ipoteca? Quanto tempo dobbiamo aspettare che finalmente questa particella sarà trascritto? Per che ragioni? Al momento sono già passati 5 anni.
Sono vecchia ed ammalata e vivo in Svizzera e non voglio lasciare questo problema ai mei eredi.”
Consulenza legale i 15/02/2017
La giurisprudenza di legittimità ritiene che l'acquisto per usucapione (detto a titolo "originario") prevalga su quello a titolo derivativo (che si ha, ad esempio, in forza di un contratto di compravendita): ciò, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l'usucapione e dall'anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell'acquisto a titolo derivativo (v. tra le altre Cass. civ., sez. II, 3.2.3005 n. 2161).

Conseguenza di tale assunto è che perdono d'efficacia anche eventuali iscrizioni ipotecarie, grazie all'efficacia retroattiva dell'usucapione stessa (si veda Cass. civ., sez. II, 28.6.2000, n. 8792): il bene, quindi, viene trasferito al proprietario usucapente libero da pesi, vincoli e diritti reali altrui (es. servitù di passaggio).

Nel caso di specie, quindi, l'accertata usucapione consente a colui che ha usucapito di ottenere la trascrizione del proprio acquisto, con conseguente estinzione dell'ipoteca iscritta sul bene. Egli riceverà, quindi, il terreno "libero".

Non si vedono ragioni per cui l'usucapente debba attendere oltre per chiedere la trascrizione dell'usucapione a proprio favore, atteso che ormai - come sembra dai dati forniti nel quesito - la sentenza che recepisce l'accordo tra i confinanti è passata in giudicato per assenza di impugnazione.

I problemi che possono emergere nella vicenda in esame sono di altro tipo:
- come può tutelarsi il creditore ipotecario?
- l'ipoteca è estinta su tutto il terreno o solo sulla parte usucapita?

Circa la tutela del creditore ipotecario, che vede sfumare la propria garanzia creditizia per effetto dell'usucapione, si può dire quanto segue.

La giurisprudenza di merito (Tribunale di Taranto, sentenza del 23.3.2013), in accordo con quella di legittimità, fornisce al creditore ipotecario - il quale non sia intervenuto nel processo di usucapione per sostenere le ragioni del proprietario formale - l'unico rimedio dell'opposizione di terzo ex art. 404, II co. c.p.c.
Si veda in tal senso la sentenza della Suprema Corte n. 15698 del 2012: "La situazione del creditore ipotecario di fronte al giudizio di accertamento dell’usucapione, introdotto contro il proprietario formale, che gli abbia concesso ipoteca, è riconducibile all’art. 404, comma 2, cpc. e, pertanto, la sentenza di accertamento dell’usucapione è efficace nei suoi confronti e deve essere impugnata ai sensi di tale norma".
Va precisato, però, che, ai sensi del secondo comma dell'art. 404 citato, gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, solo quando essa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno.

Quindi, nel caso in esame, si può così concludere: chi ha usucapito può trascrivere il proprio acquisto anche subito. L'usucapione estingue l'ipoteca anche anteriore alla trascrizione della sentenza che accerta l'acquisto a titolo originario.
Il creditore della sorella non potrà più agire esecutivamente, ma esperire unicamente l'azione di cui al citato art. 404, comma 2, c.p.c. (in base alla descrizione fatta nel quesito, non sembrerebbero, però, sussistere i presupposti di legge).

Attenzione, però! Il creditore ipotecario della sorella, si presume, avrà iscritto ipoteca sull'intero terreno. Quindi, "tolta", per così dire, la parte usucapita, egli avrà comunque diritto ad agire esecutivamente sulla parte che resta di proprietà della donna debitrice. Di fatto, si ha solo una riduzione dell'oggetto della garanzia.

Se il terreno viene venduto, si applicheranno gli artt. 2858 e seguenti del codice civile, che sanciscono la facoltà del terzo acquirente dei beni ipotecati (che ha trascritto il suo titolo di acquisto e non è personalmente obbligato) di pagare i creditori iscritti o di rilasciare i beni stessi, oppure di liberarli dalle ipoteche. In mancanza, l'espropriazione segue contro di lui secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile.

Il potenziale acquirente dovrà essere messo a conoscenza dell'esistenza sia dell'avvenuta usucapione di una parte del terreno, sia dell'iscrizione ipotecaria che grava comunque sul terreno.

M. B. chiede
mercoledì 24/08/2022 - Campania
“Premetto che io, mia moglie e mia figlia siamo gli unici soci superstiti derivanti da una società estinta e per gli effetti della nota sentenza di cassazione nel bilancio finale di liquidazione non era riportato un immobile e del quale siamo diventati proprietari in parti uguali.
Premetto ancora che l'immobile in questione è gravato da ipoteca giudiziale e due dei soci superstiti,io e mia moglie siamo obbligati verso una banca che ha ipoteca su detto immobile per effetto di fideiussioni.
La società estinta aveva venduto l'immobile ad un altra società nel 2008 e l'ipoteca giudiziale era stata trascritta nel 2013,naturalmente contro la società acquirente.
Nel 2018 i soci superstiti e la società che aveva acquistato l'immobile decidono concludere un atto notarile di risoluzione consensuale e dichiarativo dell'atto di compravendita del 2008 con effetto ex tunc. Naturalmente l'atto di risoluzione e dichiarativo è stato trascritto dal notaio con note di trascrizione in tutte le sue forme dovute.
La mia domanda è: poiché l'atto notarile di risoluzione è di natura consensuale e dichiarativo con validità ex tunc, la banca può pignorare l'immobile? Io penso che un atto di risoluzione consensuale non derivante ne' per art 1553 e ne' per art 1554 c.c. non produce effetti verso i terzi, significando che essendo ex tunc, produce un vuoto dalla data della compravendita tra le due società e la data di risoluzione consensuale in sostanza ,credo che l'ipoteca non dovrebbe produrre effetti.
Naturalmente credo che se la banca possa pignorare l'immobile riguarderebbe la sola quota dei soci obbligati ma non quella di mia figlia che non è obbligata verso la banca.
Grazie”
Consulenza legale i 01/09/2022
Le questioni che il quesito richiede di affrontare sono essenzialmente due, e precisamente:
a) la prima riguarda la sorte delle sopravvenienze attive a seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese, ovvero della sua estinzione;
b) la seconda, invece, attiene agli effetti che può avere la risoluzione di un contratto di compravendita sull’ipoteca giudiziale precedentemente iscritta sull’immobile che ha costituito oggetto di quel contratto e che è stato retrocesso al venditore originario.

Per quanto concerne la prima questione, va innanzitutto osservato che la modifica apportata nel 2003 al secondo comma dell'art. 2495 del c.c., il quale si apre con l’inciso "Ferma restando l'estinzione della società..", rivela l'intenzione del legislatore di collegare l'effetto estintivo all'iscrizione della cancellazione nel Registro delle Imprese, inducendo a ritenere che proprio tale iscrizione costituisca il presupposto non solo necessario ma anche sufficiente per sancirne l'estinzione.

Passando ora all'analisi della sorte delle sopravvenienze e, specificatamente, di quelle attive, va detto che diverse sono le soluzioni elaborate al riguardo sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza e che, qualunque soluzione si decida di accogliere, nessuna in realtà risulta in grado di eliminare tutti i dubbi che tale argomento pone (probabilmente sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse contemplato la possibilità, già presente in altri ordinamenti, di un'istanza volta a consentire la riapertura della liquidazione al fine di regolare le sopravvenienze).

Tuttavia, in assenza di un’espressa indicazione in tal senso, risulta alquanto difficile individuare una ricostruzione totalmente scevra da qualsiasi "ombra".
Tra le diverse teorie elaborate, si ritiene preferibile quella fatta propria dalla Corte di Cassazione Sez. unite, con il trittico di sentenze del 2013 (nn. 6070, 6071, 6072), secondo cui in caso di sopravvenienze attive si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale " …b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa i diritti e i beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione della società estinta ma non anche le mere pretese ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato".
In forza di tale tesi, dunque, sembra corretta l’opinione espressa nella parte iniziale del quesito, ove si dice che l’immobile retrocesso per effetto della risoluzione consensuale del contratto di compravendita deve intendersi trasferito, in regime di comunione ordinaria, in favore di coloro che, alla data di estinzione della società venditrice, risultavano rivestire la posizione di soci.

Passando adesso all’esame della seconda delle questioni che il quesito pone, va detto, purtroppo, che non convince la tesi che si vorrebbe portare avanti dell’inefficacia sopravvenuta dell’iscrizione ipotecaria, con conseguente assenza di legittimazione attiva della banca creditrice nel procedere a pignoramento dell’immobile su cui l’ipoteca era stata iscritta.
Costituisce principio pacifico quello secondo cui il creditore ipotecario con titolo anteriore al terzo, divenuto successivamente proprietario del bene oggetto della garanzia, ha diritto a soddisfarsi su quel medesimo bene.
Dei dubbi possono sorgere soltanto in ordine agli strumenti che il creditore ipotecario deve adoperare per ottenere il soddisfacimento materiale della sua pretesa, discutendosi se l’esecuzione forzata debba essere condotta nelle forme dell’espropriazione diretta contro il debitore o in quelle dell’esecuzione contro il terzo proprietario.

Si ritiene preferibile la soluzione secondo cui occorre distinguere due diverse ipotesi:
1. se la procedura esecutiva è già stata intrapresa prima della trascrizione del contratto di risoluzione, il creditore procedente deve ritenersi pienamente legittimato a portare avanti quell’esecuzione nelle forme previste dagli articoli 555 e seguenti c.p.c. ovvero nelle forme dell’espropriazione diretta contro il debitore;
2. al contrario, se la procedura esecutiva non è ancora iniziata (ovvero non è stato ancora notificato e trascritto l’atto di pignoramento immobiliare), la forma corretta da seguire sarà quella del pignoramento contro il terzo proprietario, disciplinata dagli artt. 602 e ss. c.p.c.

Tale soluzione, infatti, consente da un lato di garantire il diritto del creditore ipotecario, con ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione del contratto di risoluzione, di vendere il bene e soddisfarsi sul ricavato e, dall’altro, di consentire al terzo proprietario di partecipare all’esecuzione, giacché costituisce principio costituzionalmente rilevante quello secondo cui i terzi, titolari di diritti pregiudicati dal pignoramento, debbano essere avvertiti della pendenza del processo, allo scopo di assumere tutte le iniziative che reputano utili per la tutela della loro posizione giuridica (in particolare, il terzo, attuale proprietario del bene, potrebbe decidere di avvalersi delle facoltà che gli vengono riconosciute dall’art. 2858 del c.c.).

Sotto il profilo sostanziale, infine, va osservato che la tesi dell’efficacia dell’iscrizione ipotecaria, malgrado l’intervenuta risoluzione del contratto (debitamente effettuata per atto pubblico e trascritta), trova esplicita conferma nel disposto di cui al secondo comma dell’art. 1458 del c.c., ove viene detto che “…La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”.

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