La
nomina del
custode è presupposto indefettibile del sequestro giudiziario, in quanto tende a realizzarne la specifica utilità.
A tale nomina il giudice provvede nello stesso
provvedimento con cui autorizza il sequestro; il provvedimento che ne è privo è ineseguibile, non potendo l'
ufficiale giudiziario sostituirsi al
giudice (pertanto sarà necessario integrarlo con
decreto).
La nomina si perfeziona con l'accettazione del custode, il quale diventa un
ausiliario di giustizia e l'autonomo gestore di un patrimonio separato, investito di un
munus publicum, da esercitare sotto il controllo del giudice, dal quale ripete la nomina ed i poteri.
In generale il giudice nomina custode un terzo estraneo alla
controversia, al fine di assicurare l’imparzialità della gestione; tuttavia, la stessa norma in commento, al 2° co., contempla la possibilità di nominare custode quella tra le parti che dia maggiori garanzie ed offra cauzione.
Qualora la custodia dovesse essere affidata alla parte che aveva già la disponibilità del bene, si realizza, con l'affidamento dei beni al custode, una interversione del possesso, in quanto il titolo del potere di fatto sulla cosa assume carattere pubblicistico.
Un particolare caso che può presentarsi nella pratica è quello del sequestro giudiziario di beni pignorati, nel qual caso è necessario procedere allo spossessamento del bene in capo al
creditore pignoratizio ed alla attribuzione dello stesso al custode
sequestratario, atteso che l'esercizio dei poteri del custode richiede l'effettiva disponibilità e controllo del bene.
L'incarico è personale, ma non si esclude che il custode possa giovarsi della collaborazione materiale di altri soggetti, che lo coadiuvino temporaneamente sotto il suo controllo e la sua responsabilità.
All'atto della nomina ovvero successivamente, il giudice, nell'esercizio dei poteri di vigilanza e controllo sull'attività del custode, stabilisce i limiti ed i criteri di amministrazione del bene sequestrato, nonché le particolari cautele volte a rendere più sicura la custodia.
Poiché la custodia non può esaurirsi in una attività di mera conservazione, ma implica l’amministrazione dei beni, ci si è posti il problema di individuare i poteri che spettano al custode in virtù dell'assunzione dell'ufficio e quelli il cui esercizio è subordinato ad una espressa
autorizzazione del giudice, nonché gli atti che è precluso anche al giudice autorizzare.
Parte della dottrina è dell’idea che il custode posa compiere senza autorizzazione ogni atto di ordinaria ovvero straordinaria amministrazione che si presenti come necessario od utile per la conservazione e gestione della
cosa sequestrata.
Altra tesi distingue tra
atti di ordinaria amministrazione, che il custode può compiere in assenza di autorizzazione e
atti di straordinaria amministrazione, per i quali invece occorre essere autorizzati.
Aderisce a questa seconda tesi la giurisprudenza, la quale ritiene applicabile al custode l’
art. 560 del c.p.c..
Anche l'uso delle cose sequestrate da parte del custode richiede una espressa autorizzazione dal giudice, e ciò per effetto del richiamo che la norma fa all’
art. 521 del c.p.c., salvo che si tratti di un uso indispensabile per la stessa conservazione della cosa.
Poiché il custode assume la qualità di amministratore dei beni per conto di colui il quale ne verrà successivamente dichiarato proprietario o possessore, quest'ultimo resterà vincolato ai negozi posti in essere dal sequestratario durante l'amministrazione, comprese le eventuali passività di gestione.
Discussa è la natura della responsabilità del custode, tenuto conto che degli atti di gestione da lui compiuti è tenuto a risponderne direttamente e personalmente.
Secondo la tesi prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza, si tratta di una ipotesi di
responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che grava sulla parte che chiede il risarcimento l'onere di provare la colpa o il dolo del custode.
Obblighi e diritti del custode sono determinati per effetto del richiamo espresso agli artt.
521,
522 e
560 c.p.c.; il medesimo ha diritto ad aver liquidato un compenso così come ad essere rimborsato delle spese sostenute (la competenza alla liquidazione del compenso risulta assegnata, ex
65, 2° co. c.p.c., al giudice che ha proceduto alla nomina).
Il custode che intenda contestare l'entità del compenso liquidato potrà agire in un ordinario processo di cognizione.
Si riconosce ormai pacificamente al decreto che liquida il compenso al custode natura di provvedimento giurisdizionale avente efficacia di
titolo esecutivo.