Le innovazioni introdotte dal nuovo codice. Riconoscimento dell'universalità di mobili nel codice del 1865. Iniziativa della Commissione reale e sua formulazione. Testo definitivo e chiarimenti della relazione ministeriale
L'articolo in esame rappresenta una
felice innovazione del nuovo codice. Quello del 1865 conteneva soltanto alcuni riconoscimenti dell'universalità agli art. 594 (manutenzione del possesso) e 707 (esclusione dell' universalità dei mobili dal principio secondo cui il possesso dei beni mobili produce a favore dei terzi di buona fede l'effetto stesso del titolo).
Altro riconoscimento era contenuto nell'art. 424 del codice del commercio (assicurazione di una universalità di cose). La Commissione reale propose una norma di carattere generale, che fu così formulata:
« considerata come cosa unica la collettività di più cose corporali, riunite insieme per un determinato scopo, che imprima ad esse un carattere unitario ».
Nella relazione, che accompagna il progetto, si osserva che con tale articolo
« si comprende nel novero delle cose e si definisce l'universalità di fatto ponendosene in rilievo gli elementi più caratteristici: il concetto informatore è anche qui ispirato ad un criterio economico sociale: il fine determinato, in vista del quale le singole cose corporali vengono riunite e che imprime ad esse un carattere unitario, e la loro comune funzione o destinazione economica. Si tratta di una colleganza teleologica, che trova riscontro nel nome attribuito al complesso degli usi della vita e del commercio. Sono essi, perciò, che in definitiva forniscono il criterio decisivo, al fine di stabilire quando dalla riunione di più oggetti risulti un'unità economica. Il progetto col citato articolo viene altresì a risolvere il problema, sempre controverso sia nel campo romanistico che in quello della moderna dogmatica, se universitas rerum costituisca un'entità autonoma distinta dalle singole cose, oppure rimanga giuridicamente una pluralità di cose. L'importanza pratica della nuova norma consiste nello speciale trattamento o regime giuridico che viene fatto a tali speciali rapporti, tenuto conto del loro carattere unitario: importanza che già per il diritto romano venne in particolare considerazione, specialmente per la vindicatio gregis, intesa non come vindicatio cumulativa di cose singole, sibbene di un individuo distinto dalle singole parti ».
Nel testo definitivo, la formulazione della norma è completamente diversa, ma non ne viene fornita una ragione. La Relazione ministeriale nota che si è ritenuto
« opportuno formulare in questo capo la nozione dell'universalità di cose mobili, la quale ha importanza per gli effetti giuridici, che, specie in tema di possesso (art. 341 e 354), ad essa si riconnettono. L'art. 816 pone in rilievo gli elementi costitutivi di tale categoria, caratterizzata da una pluralità di cose, appartenenti alla stessa persona ed aventi destinazione unitaria. La comune destinazione economica, che collega nell'aggregato le cose singole, non ne sopprime l'individualità, sicché esse possono formare oggetto di separati atti e negozi giuridici ».
Concezione romanistica dell'universitas iuris. Gli accertamenti della critica moderna
La dottrina della
universitas iuris ha una storia insigne ed una letteratura ricchissima, basti ricordare che in diritto romano l'
universitas iuris è l'unità astratta o l'astrazione in unità di un complesso di cose corporali e di diritti (che comprende in qualche figura anche i debiti, come nel patrimonio) e che si considera indipendente. dai singoli elementi che lo compongono, in modo che il mutare degli stessi non influisce sull'individualità nel suo insieme.
La giustificazione di tale categoria era duplice: a) l'azione di rivendicazione permetteva di perseguire l'
universitas, nella sua unità concettuale, e non le singole cose; b) il principio del
pretium in universalibus succedit in locum rei permetteva che il prezzo ottenuto dalla vendita di una cosa, componente dell'universalità, tenesse luogo della cosa venduta e viceversa.
Tale ricostruzione è stata
abbandonata dalla critica più recente. Quanto all'azione di rivendicazione è stato dimostrato che per il peculio l'azione si esercitava in rapporto ad una
res singulas, ed in effetti
res singulas is cui legatum pelium est petet; quanto alla successione del prezzo in luogo della cosa, il senatoconsulto Giuvenziano, che afferma il principio, sembra riferirsi esclusivamente a casi particolari dell'eredità. Quest'ultimo senatoconsulto concerneva solo il peculio castrense, che era considerato una
quasi hereditas, e forse la
bonorum possessio, e nient'altro. Infine per ciò che riguardava la dote, l'espressione ulpianea «
sed ad universitatem est referendum » ha il significato di «
complesso di cose dotali » o «
di tutto in rapporto alle singole cose costituenti la dote », e non di
universitas iuris.
In tal modo la categoria delle
universitates iuris si ridurrebbe alla sola eredità, ma anche tale ricostruzione è stata
criticata. Sebbene sia prevalente l'opinione secondo cui nel diritto giustinianeo ogni eredità fosse un'
universitas iuris comprendente cose, diritti e rapporti, si è opposto che nelle stesse fonti giustinianee non si incontra mai l' espressione
universitas iuris applicata all'eredità, poiché i romani consideravano l'eredità come una cosa incorporale, anche se costituita prevalentemente o esclusivamente da cose corporali; e che nel periodo postclassico la parola
universitas assunse un significato più generale, non più tecnico.
Il diritto intermedio. Universitas iuris e universitas facti. La tripartizione. La reazione di Pothier e Domat e il codice Napoleone. Il codice italiano del 1865. Estensione della concezione dell' universalità dei beni nella dottrina e nella giurisprudenza
Non è opportuno indagare ulteriormente la controversia romanistica, basta ricordare la grande fortuna che la categoria delle
universitates ebbe nel diritto intermedio fino alla codificazione napoleonica.
La glossa aveva dedotto dal diritto romano la distinzione fra
universitas iuris ed
universitas facti, che si afferma vigesse praticamente presso i romani, perché essi non conoscevano l'
universitas come categoria generale: la prima era costituita soltanto da rapporti di diritto, l'altra da cose corporali; la prima era protetta dall'
actio de universitate, l'altra dall'
actio singularum rerum petitionis.
I
commentatori andarono oltre, tanto che Baldo notava che
universitas est multiplex: quaedam est integralis, cum onus fundus appellatur universitas respectu plurium contentorum sub fundo... quaedam est universitas alicuius aggregationis ut familiae et gregis; quaedam est universitas juris, ut hereditas et peculium.
Man mano prevalse la tripartizione elaborata da Giasone del Maino:
« Hic loquitur de universitate juris, id est quae potest sussistere sine corporibus... Aliud in universitate facti, consistente in corporibus, sine quibus consistere non potest, ut grex ; vel in universitate mixta, ut est peculium ».
Su queste basi si sviluppò la
dottrina generale della categoria, fondata sul principio della sottrazione alla responsabilità per evizione per i singoli elementi, la trasmissione per
universitatem di cose che per se stesse non sarebbero passate, la successione del prezzo in luogo della cosa alienata esistente nell'università, la rivendicazione con l' universalità anche
quaedam corpora sint aliena, ecc.
Gli ultimi commentatori sottolineano inoltre l' importanza dell'
universitas facti sull'
universitas juris: in effetti la
rei vindicatio è ammessa per la prima categoria e negata per l'altra. La concezione della prima riposa sull'
unum corpus, che non si riconosce invece nell'altra, la quale è sorretta da una specie di finzione, l'
unum intellettuale.
Per entrambe, peraltro, è riconosciuto il principio del
praetium succedit ecc. Tale concezione è stata ripresa in Francia per opera dei maggiori esponenti della scuola giuridica fino a
Pothier e Domat. Ma costoro, più preoccupati della
coutume che delle tradizioni scolastiche, non presero in considerazione la categoria dell'
universitas. Essi infatti, specie Pothier, parlano di universalità di beni o di universalità di cose, per le quali era concessa la
complainte, ma non accennano alla
universitas. Il nostro codice del 1865 segue la stessa terminologia agli artt. 694 e 707, e come il Codice Napoleone non contiene più una nozione autonoma dell'
universitas, anche il nostro codice del 1865 non la contiene.
Tale concezione tuttavia venne ripresa dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che sotto il codice del 1865 si sono largamente occupate, come si è detto, dell'istituto. La mancanza di una norma che lo disciplinasse ha permesso di invocare l'istituto per
molteplici esigenze, per le quali sembrava fornire soluzioni apprezzabili. Così si è richiamata l'
universitas nella successione di un ente morale o di una persona giuridica in caso di estinzione; nell'immissione nei beni dell'assente; nell'eredità giacente; nell'accettazione col beneficio di inventario; nella separazione dei patrimoni; nella dote; nella comunione dei lucri dotali
; nell'azienda; nella fusione delle società commerciali; nel patrimonio durante il processo fallimentare; per la nave e per i suoi accessori; ecc.
Il nuovo codice si occupa solo dell'universitas facti. Concetto dell'universalità dei mobili nella nuova codificazione
L'articolo in esame si occupa soltanto dell'
universitas facti: nella sua formulazione
« è considerata universalità di mobili » sembra dar ragione all' opinione secondo cui l'universalità è « la considerazione di un complesso di cose (corporali o incorporali) sub specie universitatis ».
Di conseguenza nell'
universitas vengono presi in considerazione
tre elementi: a) le cose, oggetti di diritto ed elemento determinato; b) il complesso, non oggetto di diritto ma elemento determinante; c) l'
universitas, ossia l'elemento che induce fra i due precedenti il rapporto di elemento determinato a elemento determinante.
Trattasi, quindi, di una operazione puramente logica. Dall'
universitas non sorge nulla di nuovo, nè una cosa materiale, nè una cosa incorporale, poiché l'
universitas non è un oggetto giuridico superiore che si sovrappone alle singole cose di cui è costituito, ma esiste in esse e si unifica con esse. Ciò è confermato dal fatto che nessuna cosa esistente nell'
universitas perde la sua autonomia e può formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.
Non si ha, dunque, un individuo nuovo o una nuova entità di creazione legislativa, infatti la legge si limita,
utilitatis causa, a riconoscere che un complesso di cose, corrispondente a determinati requisiti, possa avere un trattamento speciale in determinati casi. Questi ultimi, peraltro, si riducono a ben poca cosa, ma per ora è punto fermo che l'
universitas facti non è una concezione di più vasta finalità, e che il nuovo codice non ha inteso riprendere la sua figura giuridica come era stata elaborata dai glossatori ed accolta nel diritto intermedio.
I requisiti essenziali: a) la pluralità dei mobili; b) il loro complesso; c) la destinazione unitaria; d) l'appartenenza delle cose alla stessa persona. Il favore del legislatore per le universalità dei mobili
I requisiti essenziali o elementi costitutivi dell'
universitas sono:
A) La pluralità di cose mobili.
a) Le cose mobili per essere elemento di una
universitas facti devono avere un
corpo, così il gregge, la biblioteca, la pinacoteca ecc. sono costituite da cose corporali, ma non è da escludere che con le cose mobili corporali sussistano altre incorporali, come nell'azienda, in cui vengono in considerazione anche crediti e debiti, che devono essere unitariamente compresi nel complesso degli elementi costitutivi.
b) Le cose singolarmente prese devono avere un
valore economico, devono cioè avere la possibilità di formare oggetto di diritto. Una raccolta Ii cose senza alcun pregio, come sabbia, erbe comuni, ecc. non può considerarsi una universalità. Lo stesso dicasi per le cose che pur avendo un valore economico non possono conservarlo durevolmente, come fiori, frutta, ecc. Si avranno ammassi, raccolte ecc., ma non universalità di beni.
c) Le cose devono, del pari, essere
omogenee, perché l'opinione giuridica rifiuta di ravvisare l'universalità di beni in un'accozzaglia di cose eterogenee, della più diversa natura, raccolte caoticamente, e che non possono avere una destinazione unitaria. Ma non bisogna neppure essere troppo rigorosi nel valutare l'omogeneità delle cose le quali, anche di natura diversa, possono comunque avere una funzione tecnico-giuridica unitaria ed avere fra di loro un nesso logico ed economico che le accomuna e le coordina. Cosi si può avere una universalità formata dalle disparate sostanze minerali, diverse per qualità, per funzione, per destinazione, per valore ecc., e tuttavia risultare omogenee, perché tratte da una sola materia prima, come i derivati dal carbone. In ogni caso l'omogeneità va rapportata in base alla funzione.
d) Devono, inoltre, possedere un'
autonomia funzionale, che si ha quando ciascuna cosa serve al suo scopo senza dipendere dall'altra. L'esempio tipico è quello del mazzo di carte e dei pezzi nel gioco degli scacchi: mancando una carta il mazzo è inservibile, mancando un pezzo il gioco degli scacchi non può svolgersi. Sempre però che gli elementi del complesso risultino così necessari gli uni agli altri, che senza uno di essi non possa aversi il funzionamento del complesso, in caso contrario non si ha autonomia e l'universitas non può dunque concepirsi.
e) Devono, infine, essere
cose mobili. L'immobile non farà mai parte dell'universalità per espressa disposizione di legge. Pertanto un immobile costruito appositamente per accogliere un' universalità di cose mobili, come una biblioteca o una pinacoteca, non costituirà un'universalità di cose insieme con quelle che contiene: il contenente immobile non fa corpo col contenuto.
B) Il complesso.
a) Il complesso è l'
opera dell'uomo, ragione per cui l'
universitas facti era denominata anche
universitas hominis. E stato invece affermato che il carattere fondamentale del complesso dovrebbe essere l'organicità, in modo da considerarsi quasi un
corpus, per un istinto naturale che hanno i vari elementi a comporsi ad unità, come le pecore nel gregge, ed anche per una logica attrazione delle varie cose, possedute dalla stessa persona, a costituirsi in corpus: detto altrimenti, un elemento naturalistico penetrerebbe nel complesso.
Il concetto può essere ritenuto corretto, perché ove sussiste tale elemento si ha generalmente l'
universitas, ma al tempo stesso così formulato risulta troppo restrittivo, poiché fa riferimento soltanto a complessi animati, escludendo numerosi altri casi in cui sia stata la sola volontà dell'uomo, guidato da un puro criterio intellettuale, a costituire i1 complesso
sub specie universitatis.
Alcuni autori richiedevano pertanto un collegamento organico-economico fra le varie cose costituenti il complesso, tipo l'azienda. Si tratterebbe di un concetto più ampio del precedente, che lascerebbe fuori un minor numero di complessi che i1 senso giuridico considera universalità, ma anche tale elaborazione risulterebbe troppo restrittiva, appunto perché non riuscirebbe a spiegare la considerazione
sub specie universitatis di complessi costituiti
ex distantibus, per es. la biblioteca, la pinacoteca, ecc.
Tali osservazioni, peraltro, non escludono che possa aversi una connessione economica fra la pluralità di cose costituenti l'universitas: quest'ultima dipende dalla stessa omogeneità, anche largamente intesa, che si riscontra nelle cose messe insieme. Va poi osservato che il più delle volte la riunione avviene allo scopo di aumentare il valore delle singole cose mediante la collezione, o di rendere economicamente più utile ciascuna di esse ponendola accanto all'altra, dalla quale trarrebbe a sua volta vantaggio, sotto svariate forme materiali o spirituali. Spesso una cosa serve all'altra, e nell'insieme danno un risultato economico, estetico, intellettuale che supera il valore delle singole unità, e che permette osservazioni, studi, ricerche nell'interesse della cultura o della pubblica economia. Senza questo legame, a voler considerare l'autonomia assoluta delle singole cose, si cadrebbe in quella valutazione atomistica del fenomeno dell'
universitas che ne è la negazione.
b) Il complesso dev'essere
durevole. Un'aggregazione temporanea, per fini determinati raggiunti i quali cesserà il complesso, non può considerarsi
universitas. Non sono
universitates le esposizioni, per quanto possa sussistere l'organicità, l'omogeneità e la connessione economica degli oggetti raccolti nei padiglioni, o quelle mostre personali di produzioni artistiche che servono per commemorare artisti o per far conoscere le loro opere ma che hanno vita breve e si concludono dopo poco tempo.
c) Altra caratteristica del complesso è che la sua
individualità (individualità del tutto), dev'essere indipendente dall'individualità delle sue singole cose. Si è affermato che le cose debbono essere fungibili: ciò non è corretto, ma è esatto ritenere che esse debbano essere di tal natura da poter essere sostituite, aumentate o diminuite di numero senza che l'individualità del complesso ne abbia a risentire.
C) La
destinazione unitaria, come richiesto dal testo legislativo. È opera dell'uomo, salvo che la legge nell'ordinare qualche collezione storica o artistica abbia disposto il raggruppamento unitario. Non ha bisogno di un riconoscimento, in quanto sorge automaticamente. È l'elemento che nella definizione data di sopra corrisponde al requisito
« sub specie universitatis ». Una maggiore precisazione non è possibile e per ammettere l'esistenza della destinazione unitaria bisogna affidarsi al senso giuridico e
alla valutazione tecnica della raccolta.
D) Le cose devono
appartenere allo stesso proprietario. L'unità soggettiva delle cose componenti il complesso non era chiesta dalle fonti originarie e non è stata messa in discussione dalla dottrina successiva. Anzi, nelle fonti si affermava che con la
rei vindicatio si poteva rivendicare i1 gregge anche se non apparteneva integralmente alla persona che lo rivendicava:
sed enim gregem ipsum nostrum esse, licet singula capita nostra non sint... quamvis aries taus sit immixtus; pertanto l'universitas permetteva appunto il felice risultato di poter rivendicare con la totalità del gregge anche i capi di bestiame non appartenenti al rivendicante, ma che si trovavano misti nel gregge.
Col nuovo testo legislativo l'appartenenza alla stessa persona degli oggetti non esclude la pluralità delle persone che posseggono l'universitas, purché sussista l'unità del titolo, così se più persone hanno acquistato o ereditato la collezione non viene meno l'universalità, che appartiene a ciascuna persona per quote ideali, di modo che ognuna risulti padrona del tutto.
Ma se ha luogo la divisione, possono derivare o più
universitates, se ciascuna quota viene considerata ancora un'
universitas per la sua entità, omogeneità e destinazione degli oggetti, oppure tante cose mobili quante sono quelle che compongono il complesso: in tal caso l'universalità avrà fine. La legge però favorisce la conservazione delle
universitates, poiché all'art.
1111 c.c. dispone che lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che divise cesserebbero di servire all'uso cui sono destinate, e l'art.
727 c.c. stabilisce che si deve evitare, per quanto possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno un'importanza storica, scientifica od artistica. Va ricordato poi che l'art.
1116 c.c. aggiunge che nella divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità, se non sono in contrasto con quelle stabilite per la comunione.
Eccezione in materia di donazioni
Il favore del legislatore per l'universalità dei mobili vien meno in tema di donazione di beni mobili. Il nuovo codice all'art.
783 , riproducendo l' art. 1070 del codice del 1865, sancisce che se la donazione ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con l'indicazione del loro valore nell'atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte, sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio.
L'art. 1070 del codice del 1865 era, a sua volta, una riproduzione dell'art. 948 del codice Napoleone: in questi due codici, che non riconoscevano esplicitamente l'universalità dei beni mobili, la presenza di una simile cauta disposizione in materia di donazioni era più naturale. Nel nuovo codice, invece, essa sembra porsi in contrasto con la considerazione del complesso di beni mobili
sub specie universitatis. È da notare che i primi commentatori del codice Napoleone, osservando che la stima dei singoli oggetti di una collezione non corrisponde, il più delle volte, a quella dell'insieme, che può avere un valore economico superiore alla somma dei singoli oggetti (collezione di monete, di stampe, di arazzi, ecc.), dedussero che la norma dell'art. 948 non si applicasse alle collezioni a carattere unitario, ma prevalse ben presto l'opinione contraria.
Nel nuovo nostro codice può tuttavia sembrare che vi sia una discordanza fra l'art. 816 c.c. e l'art.
783 c.c.: finché viene però integralmente mantenuta quest'ultima disposizione, la
donazione di una universitas facti deve eseguirsi descrivendo i singoli oggetti e indicandone il valore nell'atto di donazione o in una nota aggiunta, dissolvendo così l'unita del complesso. È certo che l'
universitas facti subisce una crisi, se è oggetto di donazione.
Il regime giuridico dell'universalità dei mobili nell'ordinamento del pegno, nel possesso dei mobili, nell'azione di manutenzione
Il nuovo codice prende in considerazione l'universalità dei mobili in pochi casi, dei quali qui è sufficiente una menzione, rinviandosi poi per la loro illustrazione ai relativi articoli.
a) In materia di
pegno, l'art.
2784 c.c. dispone che possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità dei mobili ecc. La menzione dell'universalità dei mobili, separatamente e dopo i beni mobili, dimostra che il pegno è costituito sul complesso unitario e non solo sulle singole cose, le quali quindi possono anche sostituirsi senza che si alteri la garanzia reale. Se le cose si aumentano con i frutti e con altre aggregazioni, il pegno si estende a tali incrementi.
b) L'art.
1156 c.c. esclude le universalità dei beni mobili dalle norme regolatrici del
possesso di buona fede dei beni mobili.
c) L'art.
1170 c.c. accorda l'
azione di manutenzione a chi è molestato nel possesso di una universalità di mobili. Anche colui che ha sofferto uno spoglio non violento o clandestino di una universalità di mobili può chiedere di essere rimesso nel possesso, se questo dura da oltre un anno, e sia continuo, non interrotto, e non sia stato acquistato violentemente e clandestinamente, e, anche in questo caso, se sia decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità siano cessate. In tal modo, l'universalità dei mobili è talvolta riconosciuta quale bene mobile, altre volte è assimilata ai beni immobili per assoggettarla ad un regime ad essa più conveniente.