Cass. civ. n. 24836/2022
In caso di apertura della successione legittima, il legittimario, sebbene non possa ritenersi diseredato in senso formale, poiché chiamato "ex lege" all'eredità, è considerato pretermesso qualora il "de cuius" abbia distribuito tutto il suo patrimonio mediante disposizioni a titolo particolare "inter vivos"; ne deriva che l'azione di riduzione non è soggetta all'onere dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario e che, ove il legittimario non abbia già compiuto atti di accettazione, egli diviene necessariamente erede nel momento stesso in cui esercita tale azione di riduzione, che comporta, quindi, tacita accettazione di eredità.
Cass. civ. n. 24310/2022
Il connotato essenziale della istituzione di erede "ex re certa" non va ricercato nell'implicita volontà del testatore di attribuire all'istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell'assegnazione di un bene determinato, o di un complesso di beni determinati, come quota del suo patrimonio; risolta la questione interpretativa nel senso della istituzione "ex re", l'erede in tal modo istituito può partecipare anche all'acquisto di altri beni, se del caso in concorso con l'erede legittimo e, quindi, raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto mediante il rapporto proporzionale tra il valore delle "res certae" attribuitegli ed il valore dell'intero asse ereditario.
Cass. civ. n. 22730/2021
L'erede che intenda esercitare un diritto riconducibile al "de cuius" deve allegare la propria legittimazione per essere subentrato nella medesima posizione di quello, fornendo la prova, mediante la produzione in giudizio di idonea documentazione, del decesso della parte originaria e della propria qualità di erede; solo successivamente acquisisce rilievo l'accettazione dell'eredità, la quale può anche avvenire tacitamente, attraverso l'esercizio di un'azione petitoria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio di rivendicazione, ai fini della dimostrazione del trasferimento della proprietà del bene oggetto di causa, aveva ritenuto sufficiente la tacita accettazione dell'eredità da parte degli aventi causa della parte attrice, senza dare rilievo all'imprescindibile necessità di acquisire anche la prova della loro qualità di eredi).
Cass. civ. n. 11421/2021
Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.
Cass. civ. n. 24184/2019
Una volta proposta in primo grado la domanda di divisione dell'eredità basata sulla prospettazione di una successione legittima, non costituisce domanda nuova ed è, pertanto, ammissibile in appello, quella diretta a ottenere la divisione in forza di un testamento olografo successivamente ritrovato, atteso che il titolo regolatore della successione prevale sulla disciplina legale in materia ed, inoltre, la sua deduzione non altera gli elementi essenziali del "petitum", relativo ai beni ereditari da dividere, e della "causa petendi", fondata sull'esistenza della comunione del diritto di proprietà in dipendenza della successione "mortis causa". Ne consegue che è possibile la modifica della domanda di divisione, poiché le diverse modalità di delazione dell'eredità configurano, comunque, un unico istituto e nel procedimento di scioglimento della comunione ereditaria esse non costituiscono una domanda, cosicché la parte può sempre adattarle alle evenienze e alle sopravvenienze di causa.
Cass. civ. n. 17868/2019
L'"institutio ex re certa", quando non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell'art. 457, comma 2, c.c. ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del comma 1, sia ai sensi del comma 2 dell'art. 588 c.c., non ricostituiscono l'unità. Invero il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell'istituito "ex re certa", va inteso nel senso che l'acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
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La qualifica di erede universale nella scheda testamentaria, associata all'attribuzione di un singolo bene o di un complesso di beni, pur potendo costituire un elemento valutabile ai fini dell'indagine diretta ad accertare l'eventuale intenzione del testatore di assegnare quei beni come quota del patrimonio, ai sensi dell'art. 588, comma 2, c.c., non giustifica, di per sé, l'attribuzione degli altri beni menzionati nel testamento e non attribuiti, occorrendo a tal fine che sia ricavabile dal complessivo contenuto del testamento una disposizione nell'universalità del patrimonio ai sensi dell'art. 588, comma 1, c.c.
Cass. civ. n. 21436/2018
In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è da sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante "aditio" o per effetto di una "pro herede gestio", oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c.; nell'ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto provata l'assunzione della qualità di erede del convenuto in forza della mancata risposta all'invito di pagare il debito ovvero della mancata allegazione da parte di quest'ultimo della rinuncia all'eredità).
Cass. civ. n. 17122/2018
In tema di delazione dell'eredità, non vi è luogo alla successione legittima agli effetti dell'art. 457, comma 2, c.c., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'erede testamentario fosse succeduto nella proprietà della cappella realizzata in esecuzione di un onere apposto all'istituzione di erede ed al legato, essendo indifferente chi, tra erede e legatario, l'avesse concretamente realizzata).
Cass. civ. n. 16814/2018
Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del "de cuius" in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione "iuris tantum" dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.
Cass. civ. n. 25441/2017
Il legittimario pretermesso è privo di una vocazione ereditaria, e pertanto gli è preclusa la possibilità di poter accettare l'eredita, in quanta l'unico modo di adizione della stessa è la sola proposizione dell'azione di riduzione, il cui positive accoglimento determina l'acquisto della qualità di erede. Ne consegue che anche la presentazione dell'azione di riduzione non può determinare immediatamente l'acquisto della qualità di erede, in assenza appunto di una vocazione, occorrendo in ogni caso attendere il passaggio in giudicato della decisione che accolga la relativa domanda, e che l'impossibilità di poter validamente compiere atti di accettazione, sia pure tacita, di un'eredità che non risulta devoluta, in ragione della pretermissione, esonera il legittimario pretermesso dal dover far precedere l'azione di riduzione, anche intentata nei confronti del terzo, dalla previa accettazione beneficiata ovvero dalla sola redazione dell'inventario.
Cass. civ. n. 15239/2017
La successione legittima può coesistere con quella testamentaria nell'ipotesi in cui il "de cuius" non abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio ed in particolare, nel caso di testamento che, senza recare istituzione di erede, contenga soltanto attribuzione di legati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in applicazione di detto principio ed in mancanza di formale istituzione di erede, aveva qualificato come legatario il beneficiario "mortis causa" di una specifica consistenza immobiliare, non rilevando, in senso contrario, che lo stesso fosse stato altresì onerato di partecipare alle spese funerarie del "de cuius" né, tantomeno, la mancata menzione, nel testamento, di altri soggetti o di altri beni, la cui inesistenza non era stata dimostrata).
Cass. civ. n. 12158/2015
In tema di delazione dell'eredità, non ha luogo la successione legittima (nella specie, per la somma risultante da un credito su un conto corrente intestato al "de cuius", non oggetto di legato) agli effetti dell'art. 457, secondo comma, cod. civ., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
Cass. civ. n. 10525/2010
In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione, mediante "aditio" oppure per effetto di "pro herede gestio" oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c. Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità.
Cass. civ. n. 3696/2003
La semplice delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sufficiente per l'acquisto della qualità di erede, ma diventa operativa soltanto se il chiamato alla successione accetta di essere erede o mediante una dichiarazione di volontà (aditio), oppure in dipendenza di un comportamento obiettivamente acquiescente (pro herede gestio), laddove, in ipotesi di chiamato che sia nel possesso dei beni, l'accettazione ex lege dell'eredità è determinata dall'apertura della successione, dalla delazione ereditaria, dal possesso dei beni e dalla mancata tempestiva redazione dell'inventario. (Nella specie, il giudice di merito aveva ritenuto provata la qualità di eredi in capo agli attori, e non necessaria da parte loro una accettazione dell'eredità, né formale né implicita, in quanto essi erano eredi legittimi, e l'accettazione sarebbe stata necessaria solo nell'ipotesi di successione testamentaria).
Cass. civ. n. 6697/2002
In materia di successione a causa di morte, nell'ipotesi in cui il de cuius abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio, la successione legittima non può coesistere con quella testamentaria (Nell'affermare il suindicato principio la S.C. ha affermato che, nel caso, l'espresso richiamo del giudice di merito all'art. 582 c.c. andasse correttamente inteso come operato al limitato fine di individuare i soggetti della disposizione testamentaria, e non anche per determinare il contenuto del diritto attribuito).
Cass. civ. n. 5918/1999
Il principio fissato dall'art. 457 c.c. (secondo cui, per la parte dell'asse ereditario della quale il de cuius non abbia disposto per testamento, si apre la successione legittima) trova applicazione anche nel caso in cui ad un erede legittimo, con il testamento, sia stato attribuito un legato.
Cass. civ. n. 9782/1995
La delazione conseguente all'apertura della successione ereditaria, pur costituendone un presupposto, non è sufficiente per l'acquisto dell'eredità, a tal fine occorrendo anche che il chiamato proceda all'accettazione mediante una dichiarazione espressa di volontà (o con l'assunzione del titolo di erede) in un atto pubblico o in una scrittura privata (art. 475 c.c.) oppure compiendo atti che necessariamente presuppongono la volontà di accettare e che il chiamato stesso non avrebbe avuto il diritto di fare se non nella qualità di erede. Di conseguenza, nel caso di morte di una delle parti in corso di causa, la legittimazione a stare in giudizio — salvo che nelle particolari ipotesi di cui agli artt. 460 e 486 c.c. — si trasmette non già al chiamato all'eredità, bensì in via esclusiva all'erede (art. 110 c.p.c.).
Cass. civ. n. 6190/1984
Nel diritto vigente, la successione testamentaria può coesistere con quella legittima nel senso che se attraverso le disposizioni testamentarie non è esaurita l'intera massa dei beni di cui il testatore può disporre, la parte restante — salva diversa volontà del testatore — si trasferisce agli eredi legittimi.
Cass. civ. n. 2609/1972
Il soggetto istituito erede universale per testamento non può ignorare la propria delazione testamentaria, dichiarandosi erede legittimo e chiedendo sic et simpliciter la quota legittima della eredità, poiché la delazione legittima è configurabile soltanto in difetto di quella testamentaria. Tuttavia, se non intende accettare la propria istituzione testamentaria, ma far valere altri diritti in relazione alla medesima successione, è tenuto a reagire alla delazione testamentaria o mediante rinunzia, ovvero — se rivesta anche la qualità di legittimario — mediante l'esercizio dell'azione di riduzione delle contrastanti disposizioni testamentarie o delle donazioni, a tutela della quota riservata.