La circostanza che il
legislatore abbia utilizzato il termine "
attuazione", anziché "
esecuzione", denota il chiaro intento di voler porre in risalto la specificità delle misure cautelari in sede esecutiva, e ciò in considerazione del fatto che l'esecuzione delle stesse si fonda su un
provvedimento che non costituisce
titolo esecutivo ai sensi e per gli effetti di cui all'
art. 474 del c.p.c..
La disciplina a cui fa riferimento questa norma attiene, in via di principio, ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700, ai provvedimenti interdittali nei giudizi possessori, ai provvedimenti di natura cautelare previsti dal codice civile e dalle
leggi speciali cui rinvia l' art. 669 quaterdecies.
Restano esclusi i sequestri, sia quello giudiziario che conservativo, per i quali trova applicazione la disciplina contenuta agli artt.
677 –
679 ed i provvedimenti ripristinatori di cui all'art. 669 nonies del c.p.c., in quanto si tratta di provvedimenti privi di natura cautelare.
Per quanto concerne l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro, occorre evidenziare che, il fatto che la norma richiami le regole contenute agli artt. 491 e ss. c.p.c. “
in quanto compatibili”, comporta l’inapplicabilità delle disposizioni contenute negli articoli precedenti e relative alla fase prodromica, ossia le norme relative alla spedizione del titolo in forma esecutiva, alla notifica del titolo esecutivo e del
precetto, nonché le norme dettate in tema di
espropriazione forzata in generale e di cui agli articoli da
483 a
490 c.p.c.
Ciò significa che se il
creditore è in possesso di un provvedimento cautelare avente ad oggetto una somma di denaro, potrà dare immediatamente corso al
pignoramento, dovendosi limitare a consegnare al competente
ufficiale giudiziario una copia autentica del decreto o dell'
ordinanza.
Non essendo stato richiamato l’
art. 488 del c.p.c., si ritiene che non occorra formare il fascicolo dell'esecuzione.
Poiché la norma non precisa quale sia il
giudice competente per l'esecuzione, ci si è posti il problema di stabilire se per l'attuazione di un provvedimento cautelare avente ad oggetto somme di denaro debba ritenersi competente il giudice della cautela (cioè il giudice che ha emesso il provvedimento), oppure il giudice dell'esecuzione forzata.
Secondo la tesi prevalente, l'attuazione deve svolgersi sotto la direzione del giudice dell'esecuzione competente ex artt.
16 e
26 c.p.c., il quale, ovviamente, può appartenere ad
ufficio giudiziario diverso da quello del giudice della cautela; in tal senso si argomenta
a contrariis dalla diversa ipotesi delle misure cautelari relative ad obblighi di fare o di non fare.
Il giudice che ha emanato il provvedimento cautelare ha una
competenza esclusiva sia nel controllo dell'attuazione, sia nella risoluzione di contestazioni o nel superamento di difficoltà attuative, potendo assumere i provvedimenti opportuni senza essere soggetto ad alcun vincolo di forma, salva la proposizione nelle competenti sedi di merito delle eventuali questioni che esorbitino dai limiti della attuazione dei provvedimenti in esame.
In sede di attuazione non sono applicabili le norme sulla fase prodromica della
notificazione del titolo esecutivo e del precetto, né tantomeno si applicano in modo automatico le altre disposizioni sulla consegna, sul preavviso di rilascio, sul regime delle spese.
Sebbene viga la massima libertà di forma, ciò non ha in alcun modo influito in tema di attuazione di misure contenenti un
facere infungibile; al riguardo è stata evidenziata una carenza della normativa, non essendo prevista una misura coercitiva volta a garantire l'effettivo
adempimento di un provvedimento cautelare avente ad oggetto un'
obbligazione infungibile (l’unico rimedio, dunque, rimane la sanzione penale ex
art. 388 del c.p..