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Articolo 1127 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio

Dispositivo dell'art. 1127 Codice Civile

Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo(1). La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono(2).

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio(3) ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti(4).

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante(5). Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.

Note

(1) Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ha un diritto di sopraelevazione, sulla cui natura la dottrina si divide: per alcuni si tratterebbe di un autonomo diritto di superficie; per altri, di una facoltà che spetta al proprietario in quanto tale.
Si tratta di un diritto comunque imprescrittibile.
Il titolo in base al quale il diritto di sopraelevazione può spettare ad altri soggetti diversi, è costituito dal regolamento del condominio predisposto dal costruttore ed accettato da tutti i condomini (c.d. regolamento contrattuale), oppure da un contratto successivo tra tutti i condomini.
(2) Il primo limite alla sopraelevazione è dato dalle condizioni statiche dell'edificio: si tratta di un divieto assoluto (la relativa azione è imprescrittibile), a cui si può ovviare solo se gli altri condomini prestino unanime consenso alle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie all'edificio.
(3) Il secondo limite, relativo all'aspetto architettonico dell'edificio, presuppone l'opposizione facoltativa degli altri condomini: di conseguenza l'azione è soggetta a prescrizione ventennale perché il diritto a far valere la non alterazione del decoro architettonico è disponibile e si prescrive per il mancato esercizio nell'arco di venti anni.
(4) Anche il terzo limite, relativo alla notevole diminuzione di aria e luce, presuppone l'opposizione facoltativa degli altri condomini.
La diminuzione può riguardare anche solo un appartamento, o una sola porzione condominiale del fabbricato.
(5) L'obbligo di pagare l'indennità costituisce una obbligazione propter rem.
L'indennità è dovuta anche se il proprietario dell'ultimo piano si limita a trasformare i locali preesistenti mediante incremento delle superfici e delle volumetrie.
Il diritto all'indennità spetta a colui che rivestiva la qualifica di condomino al tempo della sopraelevazione o ai suoi successori secondo la disciplina della cessione del credito: non spetta automaticamente a chi sia divenuto proprietario successivamente.

Spiegazione dell'art. 1127 Codice Civile

Facoltà di sopraelevare spettante al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio o del lastrico solare. Condizioni. Diritti degli altri condomini

Quello in esame costituisce uno degli articoli più interessanti della materia: secondo la sua interpretazione migliore, l'art. 564 vecchio codice civile consentiva al proprietario dell'ultimo piano di una casa di potere alzare nuovi piani o nuove fabbriche, anche senza il consenso dei proprietari degli altri piani, qualora non ne derivasse danno al valore della proprietà degli altri. Ne conseguiva un maggior vantaggio del proprietario dell'ultimo piano, in confronto a quelli dei piani sottostanti, che era ingiustificato tutte le volte in cui derivava unicamente dal fatto che chi ne beneficiava era titolare dell'ultimo piano.

Il nuovo codice, conformemente al vecchio, ha risolto anzitutto affermativamente il quesito se dovesse riconoscersi giuridicamente la possibilità di sopraelevare un edificio spettante per piani separati o porzioni di piani a vari proprietari. Come si legge nella Relazione della Commissione reale, « così si dà modo di utilizzare più intensivamente il suolo occupato dall'edificio, tenuto in special modo conto dell'alto costo che detto suolo assume, e soprattutto nei maggiori centri abitati ». Ma nel nuovo testo sono state altresì più chiaramente fissate le condizioni di ordine statico, artistico ed igienico, che debbono concorrere per potere sopraelevare e che nell'art. 564 erano ricomprese nella formula generica della mancanza di danno al valore della proprietà degli altri.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentano, ed i condomini possono opporsi alla sopraelevazione se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.

La differenza di formulazione è in relazione alla diversa entità del pregiudizio. Nel caso di mancanza delle necessarie condizioni statiche, la sopraelevazione senz'altro non è ammessa e quindi l'accertamento della esistenza di tali condizioni costituisce presupposto essenziale del diritto di sopraelevare. Se esse mancano, bisognerà provvedere a stabilirle e poi si potrà sopraelevare: in questo senso espressamente l'art. 12 del R.D.L. del 1935, l'art. 348 del Progetto e la Relazione al Re Impera­tore sul testo definitivo, per quanto la formula in questo adottata possa far pensare diversamente, argomentando dalla differenza letterale coi testi precedenti.

Negli altri casi spetta, soltanto, un diritto di opposizione, il mancato esercizio del quale importa, quindi, rinunzia al diritto di tutelare quei particolari vantaggi estetici o igienici.

Ma a chi spetta il diritto di sopraelevare? Il vecchio codice, come si è detto, lo attribuiva senza alcun onere al proprietario dell'ultimo piano, non tenendo in debito conto i proprietari degli altri piani. Il nuovo codice lo ha mantenuto allo stesso proprietario dell'ultimo piano, ma non ha trascurato i proprietari degli altri piani.

Dal presupposto che il tetto è comune e che è comune la colonna d'aria sovrastante si sarebbe potuto pensare ad attribuire il diritto di sopraelevare a tutti i condomini; ma la soluzione, per quanto rigorosamente giuridica, non sarebbe stata affatto pratica, essendo difficile raggiungere l'accordo dei vari proprietari separati dei piani o porzioni di piani.

Il diritto di sopraelevare doveva essere concesso ad uno solo, ma poteva essere concesso indifferentemente ad uno dei vari condomini? Anche questa possibilità è stata esclusa, sia per i possibili conflitti, nel caso che parecchi dei vari condomini dell'area, proprietari separati dei piani sottostanti, volessero edificare, sia per gli inconvenienti che in modo transitorio (disturbi per la costruzione) o permanente (calpestio) sarebbero stati arrecati al proprietario dell'ultimo piano. Il diritto di sopraelevare è stato, quindi, riconosciuto soltanto al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, salvo che risulti altrimenti dal titolo.

Ma l'utilizzazione del bene comune, area sovrastante, da parte di questi, per ricavarne uno o più piani in proprietà separata, deve anche riuscire di vantaggio ai proprietari degli altri piani, che vedono utilizzare la cosa comune per un vantaggio individuale.

Rispettando tale principio di giustizia, il nuovo codice stabilisce che chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani sovrastanti, ivi compreso quello da edificare e detratto il valore della quota a lui spettante sull'area. La formulazione non e perspicua. Il valore dell'area da prendere a base è il valore attuale al momento della sopraelevazione e ciò è chiaro e giusto, non dovendo gli spostamenti di valore del suolo rispetto all'originaria costruzione, per lo più in aumento, andare a vantaggio di chi sopraeleva. Ma l'area è quella tecnicamente tale e cioè quella da occupare calla sopraelevazione? Oppure quella su cui e costruito già l'edificio da sopraelevare ?

Nel testo da un lato si dice valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, dall'altro si fa successivamente richiamo ai piani sovrastanti, ivi compreso quello da edificare, cosicché l'area avrebbe diversa accezione e sarebbe ora quella occupata dai vari piani già costruiti ora quella da occuparsi col piano costruendo. Se la forma è ambigua, il concetto però è chiaro: supposto, ad esempio, che l'area occupata da un edificio di quattro piani, sul quale si voglia edificare un quinto piano, abbia al momento della sopraelevazione un valore di 1000 €, si ha che tale valore distribuito per i piani già costruiti e per il piano costruendo è di 250 € a piano. Il valore dell'area occupata dal quinto piano da costruire è cioè di 250 € e siccome quest'area è comune per 1/4 ai quattro proprietari dei piani sottostanti e quindi per 62,50 € spetta al proprietario del 4° piano, che procede alla sopraelevazione, ne deriva che egli dovrà corrispondere 62,50 € a ciascuno dei proprietari dei primi tre piani.

Avvenuta la sopraelevazione, il nuovo piano è di proprietà esclusiva del proprietario del piano sottostante e sull'area sovrastante al nuovo piano si ristabilisce un rapporto di comunione fra i proprietari di tutti i piani ed in proporzione di questi.

Sia l'art. 12, ultimo comma, del R.D.L. 15 gennaio 1934, n. 56, quanto l'ultimo capoverso dell'art. 348 del progetto della Commissione reale prevedevano altresì che il tetto dell'edificio fosse sostituito da un lastrico solare e per tale ipotesi stabilivano che il proprietario dell'ultimo piano che esercitasse la facoltà di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, fosse tenuto a ricostruire il lastrico solare o la terrazza su cui tutti o parte dei condomini avessero diritto di uso, in modo da non rendere più incomodo l'uso primitivo.

Anche questa particolare disposizione era giustificata nel sistema della legge. Se l'esistenza di un tetto o di un'area sovrastante comuni non deve impedire al proprietario dell'ultimo piano di poter sopraelevare, anche il lastrico solare di proprietà comune e di uso comune non doveva impedire l'esercizio della stessa facoltà. Costringendo il sopraedificatore a ricostruire il lastrico solare nelle identiche condizioni, l'unico inconveniente si riduceva a quello di una maggiore altezza e questo danno non veniva considerato giuridicamente rilevante in confronto al vantaggio urbanistico della sopraelevazione.

Il nuovo codice, nell'ultima parte dell'art. 1127, ha adottato la stessa disposizione, in quanto prescrive che chi fa la sopraelevazione è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare su cui tutti o parte dei condomini avessero il diritto di uso. Non deve trarre in inganno la prima parte dell'articolo, dove si legge che la stessa facoltà di sopraelevare spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare, come se l' esistenza del lastrico solare comune impedisse al proprietario dell'ultimo piano di potere sopraelevare. Se così fosse, si determinerebbe una contraddizione fra la prima e la seconda parte dell'articolo.

L'aggiunta, in confronto ai testi precedenti, che si trova nel primo comma dell'art. 316, mira soltanto a stabilire che se taluno è proprietario esclusivo del lastrico solare, il diritto di sopraelevare non è dato al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, ma a chi ha il diritto di pro­prietà separata del lastrico solare.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

530 La facoltà del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio di elevare nuove fabbriche era ammessa dall'art. 564 del codice del 1865, sempre che non ne derivasse danno al valore della proprietà degli altri condomini. Il R. decreto-legge 15 gennaio 1934 (art. 12), per andare incontro alle esigenze dell'economia generale di consentire le sopraedificazioni, favorì entro giusti limiti l'interesse del proprietario dell'ultimo piano. Determinò in forma tassativa quali specie di danni per gli altri proprietari fossero di ostacolo alla sopra-edificazione, elencandone tre categorie: danni statici, estetici, e igienici. Stabilì inoltre l'obbligo di corrispondere agli altri condomini un'indennità non superiore al valore dell'area da occuparsi con la sopraelevazione, diviso per il numero dei piani dell'edificio, compreso quello da edificare. Nell'art. 1127 del c.c. ho mantenuto sostanzialmente il sistema del R. decreto-legge 15 gennaio 1934, apportandovi però alcuni emendamenti. Ho innanzi tutto chiarito che la facoltà di sopraedificazione sussiste solo se non è vietata dal titolo. Ho poi risolto affermativamente la questione se la facoltà di sopraelevare spetti anche al proprietario esclusivo del lastrico solare. Circa i limiti entro i quali è riconosciuta tale facoltà, non ho fatto menzione dell'obbligo di eseguire le opere di consolidamento necessarie a sostenere il peso della nuova fabbrica, giacché, stabilito che la sopraelevazione è ammessa solo quando le condizioni statiche dell'edificio la consentano, è implicito che non possa farsi se non siano eseguite, occorrendo, le anzidette opere. In ordine all'indennità da corrispondere agli altri condomini, ho adottato un criterio più equo e più preciso di quello seguito dal R. decreto-legge 15 gennaio 1934. Abbandonando la formula dell'art. 12, primo comma, del citato decreto-legge, il quale parlava d'indennità "non superiore" al valore dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, ho determinato l'indennità in una somma pari a tale valore, diviso per il numero dei piani, compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota spettante a chi fa la sopraelevazione.

Massime relative all'art. 1127 Codice Civile

Cass. civ. n. 35525/2022

In tema di condominio negli edifici, il condòmino che si avvalga della facoltà di sopraelevazione ai sensi dell'art. 1127 c.c. è tenuto a corrispondere la relativa indennità, anche quando il titolo di provenienza, risalente al periodo antecedente all'entrata in vigore del codice civile del 1942, abbia esonerato il proprio dante causa dal predetto obbligo alla luce del disposto di cui all'art. 564 dell'abrogato codice civile, atteso che l'esercizio della detta facoltà, essendosi consumato nella vigenza della nuova disciplina, è ad essa soggetto in base al principio del "fatto compiuto", senza che possa invocarsi il principio della irretroattività della legge ex art. 11 delle Preleggi.

In tema di condominio, la quantificazione, in sede giudiziale, dell'indennità di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. non fa stato nei confronti dei condomini che non abbiano partecipato al processo, né colui che ha eseguito la sopraelevazione può opporla ai condòmini che non abbiano partecipato al processo, atteso che il diritto di ciascun condomino alla predetta indennità è autonomo e si distingue da quello degli altri sia per "causa petendi" (il diritto di proprietà delle singole unità immobiliari), sia per "petitum" (il "quantum" determinato per ciascuno), mentre la partecipazione di più condomini al medesimo processo rinviene la propria disciplina nel c.d. litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., che lascia impregiudicate le posizioni dei condomini non partecipanti al processo, che non possono vedersi opporre l'indennità così come calcolata, pena la violazione dell'art. 2909 c.c.

Cass. civ. n. 25103/2022

Sulla scorta del disposto del comma 4 dell'art. 1127 c.c., l'indennità di sopraelevazione, la quale si configura come un debito per responsabilità da atto lecito del proprietario dell'ultimo piano che, realizzando la sopraelevazione, abbia aumentato il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio, va correlata al valore dell'area su cui insiste l'edificio o la parte di esso che viene sopraelevata e deve essere determinata dividendo il relativo importo per il numero dei piani, compreso quello di nuova costruzione, poi diminuendo il quoziente così risultante della quota spettante al condomino che ha eseguito la sopraelevazione e, infine, ripartendo il risultato residuo tra i proprietari degli altri piani preesistenti.

Cass. civ. n. 12202/2022

La sopraelevazione di cui all'art. 1127 c.c. si configura non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma altresì nei casi in cui il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale trasformi locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall'altezza del fabbricato, atteso che l'indennità prevista dalla norma trae fondamento dall'aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all'incremento della porzione di proprietà esclusiva.

In tema di condominio, la proprietà della colonna d'aria (cioè lo spazio sovrastante il lastrico solare), non costituendo oggetto di diritti e quindi di proprietà autonoma rispetto a quella del lastrico solare, va intesa come il diritto del proprietario di quest'ultimo di utilizzare tale spazio mediante sopraelevazione; ciò peraltro non comporta l'esonero dall'obbligo di corrispondere agli altri condòmini l'indennità prevista dall'art. 1127 c.c., salvo che non vi sia rinunzia a quest'ultima da parte di tutti i proprietari dei piani sottostanti.

Cass. civ. n. 10474/2022

Il notaio, incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita, non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, ma è tenuto a realizzare tutte le attività, preparatorie e successive, che, allo stato degli atti, garantiscano sia la serietà e la certezza dell'atto giuridico da rogare, sia il raggiungimento del suo scopo tipico e del risultato pratico perseguito dalle parti (come quelle di informazione, di consiglio o di dissuasione dalla stessa stipula dell'atto), tra le quali non rientra il pattuito esonero dal compimento delle visure catastali, in quanto costituente parte integrante del negozio, purché giustificato da concrete esigenze delle parti. Ne deriva che l'inosservanza di tali doveri, quand'anche non contemplati dalla legge professionale, determina l'insorgere di responsabilità contrattuale per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, trovando essi fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva, senza che possa configurarsi il concorso colposo del danneggiato ai sensi dell'art. 1227 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito per avere escluso la responsabilità contrattuale del notaio che aveva omesso di informare le parti dell'infrazionabilità del box parcheggio rispetto alla porzione pertinenziale, vincolo richiamato in precedenti atti notarili oltre che essere previsto dalla l. n. 112 del 1989).

Cass. civ. n. 5023/2022

L'art. 1127 c.c. costituisce norma speciale che presuppone l'esistenza di un edificio, per tale intendendosi la costruzione realizzata almeno in parte fuori terra e sviluppata in senso verticale rispetto al piano di campagna, sulla quale venga eseguita, a cura del proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare di copertura, una sopraelevazione. La disposizione non è applicabile, pertanto, al manufatto edificato sulla soletta di copertura di un garage interrato, a prescindere dal regime di proprietà dello stesso.

L'art. 1127 c.c., presupponendo l'esistenza di un edificio, ovverosia di costruzione realizzata almeno in parte fuori terra e sviluppata in senso verticale rispetto al piano di campagna, non rientra tra le norme applicabili al cd. supercondominio, che ricorre quando più condomini, tra loro autonomi, abbiano in comune alcuni beni o spazi a loro volta assoggettati a regime di condominialità, né nella altre ipotesi previste dall'art. 1117 bis c.c., essendo necessaria la prova, da parte di colui che invoca l'indennizzo, che la proprietà sia collocata nella colonna d'aria interessata dall'intervento, e quindi al di sotto dell'area sopraelevata, sul presupposto che tale colonna sia di proprietà condominiale.

Cass. civ. n. 41490/2021

In tema di pari uso della cosa comune, la costruzione su una terrazza condominiale, da parte di un condomino, di un torrino che contiene una scala a chiocciola e crea un accesso diretto riservato, collegato all'unità immobiliare in proprietà esclusiva, oltre a poter determinare l'appropriazione, da parte di detto condomino, della superficie del torrino, costituisce una modifica strutturale del terrazzo - non riconducibile, peraltro, all'esercizio del diritto di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. - rispetto alla sua primitiva configurazione, risultandone alterata unilateralmente la funzione e la destinazione della porzione occupata, siccome assoggettata ad un uso estraneo a quello originario comune, che viene perciò soppresso, con violazione dei diritti di comproprietà e delle inerenti facoltà di uso e godimento spettanti agli altri condomini.

Cass. civ. n. 29584/2021

Le nozioni di aspetto architettonico ex articolo 1127 del Cc e di decoro architettonico ex articolo 1120 del Cc, pur differenti, sono strettamente complementari e non possono prescindere l'una dall'altra, sicché anche l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l'originaria fisionomia e alterarne le linee impresse dal progettista.

Il concetto di "aspetto architettonico" dell'edificio, come tutti quelli elaborati dalle scienze idiografiche (qual è, appunto, l'architettura), che non poggiano su leggi generalizzabili, ma studiano oggetti singoli, non è connotato dall'assolutezza dell'inferenza induttiva tipica delle scienze che, al contrario, elaborano frequenze statistiche direttamente rilevanti per l'accertamento del fatto litigioso. Si tratta, perciò, di nozione che la legge configura con disposizione delineante un modulo generico, il quale richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante l'accertamento della concreta ricorrenza, nella vicenda dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo, ponendosi sul piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e, come tale, incensurabile in cassazione, se privo di errori logici o giuridici.

Cass. civ. n. 15675/2020

Le nozioni di aspetto architettonico ex art.1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti tra loro, sono strettamente complementari e non possono prescindere l'una dall'altra, sicché anche l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista; la relativa valutazione, demandata al giudice di merito, è sottratta al sindacato della Corte di Cassazione, se congruamente motivata, senza peraltro obbligo di espressa motivazione sulla sussistenza del pregiudizio economico, quando questo sia da ritenersi insito in quello estetico.

Cass. civ. n. 11490/2020

Le opere realizzate da un condomino su parti comuni poste all'ultimo piano di un edificio comportano l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1120 c.c., in caso di conforme delibera assembleare di approvazione, ovvero, dell'art. 1102 c.c., ove tali modifiche dei beni comuni siano state eseguite di iniziativa dei singoli condomini. Costituisce, viceversa, sopraelevazione, disciplinata dall'art. 1127 c.c., la realizzazione di nuove opere, consistenti in nuovi piani o nuove fabbriche, nonché la trasformazione di locali preesistenti mediante l'incremento di volumi e superfici nell'area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell'ultimo piano.

Cass. civ. n. 9765/2020

La sopraelevazione di cui all'art. 1127 c.c. si configura nei casi in cui il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie. La circostanza che su una parte del lastrico fosse già preesistente una sopraelevazione non assegna il diritto di far luogo ad una nuova sopraelevazione, incidente sull'area libera del lastrico, attraverso l'edificazione di un nuovo manufatto o l'ampliamento del primo, stante che il concetto di sopraelevazione deve essere riferito al lastrico solare e non già al tetto della prima legittima (perché preesistente al regolamento) sopraelevazione.

Cass. civ. n. 2000/2020

Il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127, comma 2, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture sono tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 15/07/2015).

Cass. civ. n. 10848/2019

In materia di condominio negli edifici, la sopraelevazione di cui all'art. 1127 c.c. è preclusa non solo se le condizioni statiche non la permettano, ma anche se risulti lesiva dell'aspetto architettonico dell'edificio, dovendosi tenere conto, ai fini della valutazione di compatibilità con le caratteristiche stilistiche dell'immobile, pure delle previsioni del regolamento condominiale di natura contrattuale, eventualmente più restrittive. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 07/04/2014).

Cass. civ. n. 7028/2019

L'indennità prevista dall'art. 1127 c.c. è oggetto di un debito di valore, da determinarsi con riferimento al tempo della sopraelevazione, sicché non trova applicazione la regola dettata dall'art. 1224 c.c. per i debiti di valuta, secondo cui gli interessi legali sono dovuti dalla costituzione in mora, essi spettando, invece, dal giorno di ultimazione della sopraelevazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice del merito che aveva fatto decorrere gli interessi dalla data di inizio dei lavori). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 27/03/2014).

Cass. civ. n. 8096/2014

L'indennità prevista dall'art. 1127 cod. civ. è oggetto di un debito di valore, da determinarsi con riferimento al tempo della sopraelevazione, sicché non trova applicazione la regola dettata dall'art. 1224 cod. civ. per i debiti di valuta, secondo cui gli interessi legali sono dovuti dalla costituzione in mora, essi spettando, invece, dal giorno di ultimazione della sopraelevazione.

La determinazione dell'indennità prevista dall'art. 1127 cod. civ., nel caso di sopraelevazione di un solo piano, deve essere effettuata assumendo come elemento base del calcolo il valore del suolo sul quale insiste l'edificio o la parte di esso che viene sopraelevata, dividendo, poi, il relativo importo per il numero dei piani, compreso quello di nuova costruzione, e detraendo, infine, dal quoziente cosi ottenuto, la quota che spetterebbe al condomino che ha eseguito la sopraelevazione. Nel caso di sopraelevazione di più piani, invece, il quoziente ottenuto dividendo il valore del suolo per il numero complessivo dei piani preesistenti e di quelli di nuova costruzione deve essere moltiplicato per il numero di questi ultimi e l'ammontare dell'indennità è rappresentato dal prodotto cosi ottenuto, diminuito della quota che, tenendo conto del precedente stato di fatto e di diritto, spetterebbe al condomino che ha eseguito la sopraelevazione.

Cass. civ. n. 10082/2013

L'art. 1127, secondo comma, cod. civ., il quale fa divieto al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condomini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite, impedisce altresì di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, fondandosi la necessità di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosità, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell'edificio, atteso che tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione.

Cass. civ. n. 10048/2013

In materia di condominio negli edifici, la nozione di aspetto architettonico, di cui all'art. 1127, cod. civ., che opera come limite alla facoltà di sopraelevare, non coincide con quella, più restrittiva, di decoro architettonico, di cui all'art. 1120 cod. civ., che opera come limite alle innovazioni, sebbene l'una nozione non possa prescindere dall'altra, dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto lesivo del decoro architettonico dell'edificio, ma compatibile con l'aspetto architettonico dello stesso, un manufatto sopraelevato, occupante gran parte del terrazzo dell'ultimo piano e ben visibile dall'esterno).

Cass. civ. n. 5039/2013

In tema di condominio negli edifici, non costituisce "nuova fabbrica" in sopraelevazione, agli effetti dell'art. 1127 c.c., la cosiddetta "altana" (denominata anche "belvedere"), struttura tipica dei palazzi veneziani consistente in una piattaforma o loggetta, di regola in legno, realizzata sulla sommità del fabbricato, la quale a differenza delle terrazze e dei balconi, normalmente non sporge dal corpo principale dell'edificio, dando luogo ad un intervento che non comporta lo spostamento in alto della copertura, mediante occupazione della colonna d'aria sovrastante il medesimo fabbricato, quanto, piuttosto, la modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, con relativo potenziale impedimento all'uso degli altri condomini.

Cass. civ. n. 21491/2012

L'art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio a tre limiti, dei quali il primo (le condizioni statiche) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti (il pregiudizio delle linee architettoniche e la diminuzione di aria e di luce) presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini interessati. Ne consegue che le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite all'esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Cass. civ. n. 21629/2009

In tema di condominio negli edifici, il divieto di sopraelevazione sulle terrazze di copertura e sui balconi stabilito contrattualmente nei singoli atti di acquisto degli immobili di proprietà individuale integra una "servitus altius non tollendi", che si concreta nel dovere del proprietario del fondo servente di astenersi da qualunque attività edificatoria che abbia come risultato quello di comprimere o ridurre le condizioni di vantaggio derivanti al fondo dominante dalla costituzione della servitù; ne consegue che non è possibile subordinare la tutela giuridica di tale servita all'esistenza di un concreto pregiudizio derivante dagli atti lesivi, dato il carattere di assolutezza di questa situazione giuridica soggettiva.

Cass. civ. n. 3196/2008

Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127, secondo comma, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, secondo comma, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico. (Fattispecie relativa ad una sopraelevazione sul lastrico solare eseguita a Napoli, senza il rispetto delle cautele imposte dalla legge n. 64 del 1974).

Cass. civ. n. 2865/2008

Il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va condotto, ai sensi dell'art. 1127, comma terzo, c.c., esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale, inteso come struttura dotata di un aspetto autonomo, al fine di verificare se la nuova opera si armonizzi con dette caratteristiche ovvero se ne discosti in maniera apprezzabile.

La sopraelevazione di cui all'art. 1127 c.c. si configura nei casi in cui il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie, ma non anche quando egli intervenga con opere di trasformazione del tetto che, per le loro caratteristiche strutturali (nella specie, ampliamento della superficie dell'appartamento con spostamento di una parete, nonché realizzazione di un balcone, di due ripostigli e di un abbaino), siano idonee a sottrarre il bene comune alla sua destinazione in favore degli altri condomini ed attrarlo nell'uso esclusivo del singolo condomino.

Cass. civ. n. 16794/2007

L'indennità di sopraelevazione è dovuta dal proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale ai sensi dell'art. 1127 c.c. non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente dall'aumento dell'altezza del fabbricato. Tale indennità trae fondamento dall'aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all'incremento della porzione di proprietà esclusiva e, in applicazione del principio di proporzionalità, si determina sulla base del maggior valore dell'area occupata ai sensi dell'art. 1127 quarto comma c.c.

Cass. civ. n. 22224/2006

La sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edifico, da parte del condomino che ne sia proprietario, non conferisce agli altri condomini il diritto alla riduzione in pristino nel caso in cui la relativa domanda sia sorretta dalla mera deduzione della violazione delle norme urbanistiche in ordine al divieto di aumentare la volumetria degli immobili, atteso che le disposizioni locali che pongono tale divieto, rispondendo ad interessi pubblici e non essendo dirette a regolamentare i rapporti tra privati, non hanno carattere integrativo delle disposizioni del c.c. in materia di proprietà edilizia.

Cass. civ. n. 4258/2006

La facoltà di sopraelevare, concessa dall'art. 1127, primo comma, c.c., al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, deve ritenersi spettante, ove tale piano appartenga pro diviso a più proprietari, a ciascuno di essi nei limiti della propria porzione di piano con utilizzazione dello spazio aereo sovrastante a ciascuna porzione e nel rispetto dei limiti di cui al secondo e al terzo comma dello stesso art. 1127 c.c.

Cass. civ. n. 12880/2005

In tema di condominio, l'indennità prevista dall'ultimo comma dell'art. 1127. c.c. trae fondamento dalla considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell'ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio che, ai sensi dell'art. 1118 primo comma c.c., è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene; pertanto, il legislatore ha inteso compensare in parte i condomini, assumendo a parametro il valore del suolo occupato, che costituisce l'unica parte comune suscettibile di valutazione autonoma. Ne consegue che un titolo attributivo al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare della proprietà esclusiva della colonna d'aria non è idoneo ad esonerare dall'obbligo di pagamento dell'indennità prevista per la sopraelevazione, poiché al titolo in questione, ai sensi dell'art. 1424 c.c., potrebbe essere riconosciuta solo la più limitata efficacia di rinuncia da parte degli altri condomini alla (futura ed eventuale) indennità di cui all'art. 1127 c.c.; rinuncia che, essendo priva di effetti reali, non impegnerà gli aventi causa a titolo particolare dagli originari stipulanti.

Cass. civ. n. 1737/2005

La sostituzione del tetto ad opera del proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale, con una diversa copertura (terrazza) che pur non eliminando l'assolvimento della funzione originariamente svolta dal tetto stesso, valga ad imprimere al nuovo manufatto, per le sue caratteristiche strutturali e per i suoi annessi, anche una destinazione ad uso esclusivo dell'autore dell'opera, costituisce alterazione della destinazione della cosa comune e non può considerarsi insita nel più ampio diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano.

Cass. civ. n. 13426/2003

In tema di sopraelevazione dell'ultimo piano o del lastrico solare degli edifici costituiti in condominio, il pregiudizio all'aspetto architettonico, che ai sensi del terzo comma dell'art. 1127 c.c. consente l'opposizione dei condomini, consiste in un'incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell'edificio, che — essendo immediatamente apprezzabile ictu oculi ad un'osservazione operata in condizioni obiettive e soggettive di normalità da parte di persone di media preparazione — si traduce in una diminuzione del pregio estetico e quindi economico del fabbricato.

Cass. civ. n. 7956/2003

Il diritto di sopraelevare nuovi piani o nuove fabbriche spetta al proprietario esclusivo del lastrico solare ai sensi e con le limitazioni previste dall'art. 1127 c.c., dovendo in detta ipotesi essere corrisposta agli altri condomini l'indennità prevista da detta norma, essendo irrilevante a quest'ultimo fine l'eventuale edificazione in assenza di concessione edilizia.

Cass. civ. n. 15504/2000

I condomini possono opporsi, ai sensi dell'art. 1127, comma terzo, c.c., alla sopraelevazione del proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano di un edificio condominiale, se il nuovo piano o la nuova fabbrica non soltanto ne alteri il decoro architettonico, come previsto per il divieto di innovazioni della cosa comune dall'art. 1120, comma secondo, c.c., ma ne determini un pregiudizio economico, e cioè ne derivi una diminuzione del valore dell'immobile.

Il diritto di sopraelevare nuovi piani o nuove fabbriche spetta al proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano di un edificio condominiale ai sensi e con le limitazioni previste dall'art. 1127 c.c., senza necessità di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, mentre limiti o divieti all'esercizio di tale diritto, assimilabili ad una servitù altius non tollendi, possono esser costituiti soltanto con espressa pattuizione, che può esser contenuta anche nel regolamento condominiale, di tipo contrattuale.

Cass. civ. n. 7678/1999

La terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata (in relazione alla sua funzione di copertura dell'edificio) al lastrico solare in senso stretto e tale è considerata anche nel regime della sopraelevazione; ne consegue che il regolamento condominiale può limitare il diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'appartamento a cui la terrazza afferisce soltanto se esso ha natura contrattuale.

Cass. civ. n. 1263/1999

Le cosiddette «pensiline» in tenda o in altro materiale che non dia luogo alla delimitazione con pareti, non possono annoverarsi nel concetto di «nuova fabbrica» che faccia sorgere il diritto, per gli altri condomini, all'indennità prevista dall'art. 1127 ult. comma del codice civile.

Cass. civ. n. 10568/1998

In tema di condominio, l'indennizzo previsto dall'art. 1127 c.c. in favore di ciascun comproprietario in caso di sopraelevazione dell'edificio condominiale va corrisposto nella sola ipotesi di sopraelevazione realizzata mediante la costruzione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) sull'area sovrastante il fabbricato, con conseguente innalzamento dell'originaria altezza dell'edificio, e non anche nel caso in cui il proprietario dell'ultimo piano apporti modificazioni soltanto interne al sottotetto (trasformandolo, come nella specie, in unità abitativa autonoma), contenute negli originari limiti strutturali delle parti dell'edificio sottostanti alla sua copertura.

Cass. civ. n. 10334/1998

I condomini possono opporsi alla sopraelevazione eseguita dal condomino dell'ultimo piano sul suo terrazzo a livello, o lastrico solare, che pregiudica le caratteristiche architettoniche dell'edificio e, se eseguita, ne possono chiedere la riduzione in pristino e il risarcimento del danno; ma la relativa azione, posta a tutela dei proprietari esclusivi del piano sottostante, comproprietari delle parti comuni, è soggetta a prescrizione ventennale, perché il diritto soggettivo reale del condomino a far valere la non alterazione del decoro architettonico, è disponibile e si prescrive per mancato esercizio ventennale, sì che il condomino che ha sopraelevato in violazione dell'obbligo di cui al comma terzo dell'art. 1127 c.c. acquista, per usucapione, il diritto a mantenere la costruzione così come l'ha realizzata, diversamente dal caso in cui con essa comprometta le condizioni statiche dell'edificio, perché in questo caso non vi è un limite al suo diritto di sopraelevare, ma manca il presupposto stesso della sua esistenza, e perciò la relativa azione di accertamento negativo è imprescrittibile.

Cass. civ. n. 5164/1997

I sottotetti, le soffitte, le cantine, i solai vuoti e gli analoghi spazi non praticabili destinati ad isolare il corpo di fabbrica dalla sua copertura costituiscono una pertinenza dell'intero edificio condominiale (o del suo ultimo livello) ove appartengano in via esclusiva al proprietario di questo e non danno luogo a loro volta ad un piano a sé stante, essendo destinati ad una funzione accessoria, quali depositi, stenditoi e camere d'aria a protezione degli alloggi sottostanti dal caldo, dal freddo e dall'umidità. La ristrutturazione di locali del genere non comporta sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 c.c., nei soli casi di modificazione soltanto interne, contenute negli originari limiti dell'edificio senza alcun aumento della sua altezza.

Cass. civ. n. 926/1997

Lo spazio aereo sovrastante il suolo costituisce una proiezione di questo ultimo verso l'alto ed è perciò liberamente utilizzabile dal proprietario del suolo quando non vi osti un diritto reale di terzi. Ne consegue che l'acquisto per usucapione della proprietà di una superficie posta alla sommità di un edificio giustifica la sopraelevazione da parte dell'usucapiente con conseguente occupazione dello spazio aereo sovrastante.

Cass. civ. n. 10699/1994

L'art. 1127 c.c. in tema di sopraelevazione sopra l'ultimo piano dell'edificio, essendo inserito nella regolamentazione del condominio, più specifica rispetto a quella della comunione in generale, ed avendo, nel comma 1, quale destinatario il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, postula una divisione della proprietà in senso orizzontale e non trova pertanto applicazione nella comunione disciplinata negli artt. da 1100 a 1116 c.c.

Cass. civ. n. 10397/1994

L'art. 1127 del codice civile, disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è derogabile, come emerge dall'espressa riserva contenuta nel comma 1, da una convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio. Ne consegue che il divieto assoluto di sopraelevazione — nella specie, stabilito dal regolamento di condominio (costituente parte integrante del contratto di acquisto dei singoli cespiti) a carico dell'ultimo piano dell'edificio ed a favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto delle unità immobiliari in proprietà esclusiva dell'edificio — avendo sostanzialmente natura di servita altius non tollendi, può essere fatto valere sia dai singoli condomini che dal condominio.

Cass. civ. n. 146/1993

La realizzazione di una terrazza con una mansarda o sottotetto praticabile ad uso esclusivo del proprietario del piano adiacente in sostituzione del tetto preesistente, rientra tra le facoltà previste dall'art. 1127 c.c.

Cass. civ. n. 426/1988

La domanda rivolta a denunciare l'illegittimità della sopraelevazione dell'ultimo piano di edificio condominiale, per violazione dell'art. 1127 secondo comma c.c. o di norme convenzionali (come quelle del regolamento condominiale di tipo contrattuale), la quale può essere proposta pure dal singolo condomino, a tutela del decoro o della statica del fabbricato, ovvero del proprio godimento di aria o luce, spetta alla cognizione del giudice ordinario, anche quando si tratti di edificio urbano, ricollegandosi a posizioni di diritto soggettivo, e può implicare la condanna alla demolizione del manufatto (eseguibile con la procedura di cui agli artt. 612 e ss. c.p.c. in tema di obblighi di fare).

Cass. civ. n. 4632/1987

L'art. 1127, primo comma, c.c., nel consentire al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, ovvero al proprietario esclusivo del lastrico solare, di elevare «nuovi piani» o «nuove fabbriche», contempla, con riguardo ad entrambe le ipotesi, la contraria previsione del titolo, con la conseguenza che quest'ultimo (nella specie, regolamento condominiale di tipo contrattuale) può legittimamente vietare anche l'aggiunta di manufatti a quelli preesistenti all'ultimo piano (nella specie, veranda di chiusura di lastrico «terrazzato» a livello).

Cass. civ. n. 1552/1986

La sopraelevazione realizzata dal proprietario dell'ultimo piano di edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile nell'ambito della previsione dell'art. 1127 secondo comma c.c., in tema di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato. A fronte di tale opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto, nonché la legittimazione alla relativa azione dell'amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130 n. 4 e art. 1131 c.c.).

Cass. civ. n. 4009/1983

Il proprietario dell'ultimo piano di edificio condominiale, in mancanza del consenso degli altri partecipanti, non può sottrarsi al divieto di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato (art. 1127 secondo comma c.c.), provvedendo direttamente all'esecuzione di opere di rafforzamento e consolidamento, specie se queste implichino un'invasione della sfera di godimento degli altri condomini.

Cass. civ. n. 1697/1982

Al fine dell'art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma come costruzione di uno o più nuovi piani (o d'una o più nuove fabbriche) sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza precedente di questo. Ciò perché tale norma trova giustificazione nell'occupazione, da parte di chi sopraeleva, dell'area comune su cui sorge il fabbricato, ossia nella maggiore utilizzazione di detta area, implicante che, rimanendo sempre lo stesso il valore del suolo (dividendo), con l'aumento del numero dei piani (divisore) necessariamente diminuisce il valore di ogni quota piano (quoziente), onde l'indennità dovuta da colui che sopraeleva agli altri condomini ha propriamente lo scopo di ristabilire la situazione economica precedente, mediante la prestazione dell'equivalente pecuniario della frazione di valore perduta, per effetto della sopraelevazione, da ogni singola quota-piano.

Cass. civ. n. 4804/1978

L'installazione di una veranda a vetri, con copertura del terrazzo all'ultimo piano dell'edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario, è soggetta alla disciplina dettata dall'art. 1127 c.c., e, in particolare, alla disposizione del terzo comma di detto articolo, la quale vieta sopraelevazioni che «pregiudichino l'aspetto architettonico dell'edificio» medesimo. L'illegittimità di tale installazione, pertanto, postula il verificarsi non di una pura e semplice modificazione della linea stilistica del fabbricato, ma di una concreta diminuzione del valore economico dello stesso, in relazione al suo aspetto esteriore. La relativa indagine va condotta in stretta correlazione con la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio, nel senso indicato, può essere riscontrato in manufatti che, secondo la valutazione di ogni concreta circostanza, istituzionalmente demandata al giudice del merito, siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad un'eventuale compromissione estetica.

Cass. civ. n. 1300/1977

Il divieto di sopraelevazione, nel caso in cui le strutture dell'edificio condominiale siano inidonee a sorreggere il nuovo piano, ha carattere assoluto e non può essere rimosso neanche dall'unanime consenso di tutti i condomini. Il consenso unanime di questi ultimi è, invece, richiesto per la preventiva esecuzione delle opere di consolidamento, eseguite le quali, risorge il diritto del proprietario dell'ultimo piano di eseguire il sopralzo non condizionato all'assenso, concorde o maggioritario, degli altri comunisti. Il suddetto consenso non richiede la forma scritta, non implicando un atto di disposizione di diritti reali, sia nel caso in cui i lavori di consolidamento impongano l'introduzione o il passaggio nelle parti dell'edificio di proprietà esclusiva, sia nel caso in cui tali lavori siano da effettuarsi soltanto nell'ambito delle parti comuni dello stesso stabile, salvo, in quest'ultima ipotesi, che i detti lavori rendano la parte comune, inservibile per l'uso anche di un solo comproprietario.

Cass. civ. n. 939/1976

In un edificio condominiale, il proprietario dell'ultimo piano, od il proprietario esclusivo del lastrico solare, il quale legittimamente effettui una sopraelevazione, non può esimersi dall'obbligo di pagare agli altri condomini l'indennità prevista dall'art. 1127 quarto comma c.c., per il solo fatto di aver acquistato (o di essersi riservato, nell'ipotesi di originaria proprietà dell'intero stabile) il diritto di sopraelevare: tale diritto, infatti, salvo che il titolo espressamente lo preveda, non conferisce la proprietà esclusiva della colonna d'aria sovrastante l'edificio, concepita come proiezione verso l'alto dell'area sulla quale sorge il fabbricato ed in relazione alla cui occupazione si pone l'esigenza dell'indennità medesima.

Qualora il lastrico solare di un edificio sia accessibile ai condomini, in relazione alle necessità derivanti dalla sua specifica funzione, direttamente dalle scale comuni, va ritenuta illegittima la sopraelevazione eseguita dal proprietario del lastrico medesimo, ove il nuovo lastrico ricostruito a seguito della sopraelevazione risulti accessibile ai condomini solo passando attraverso locali di proprietà esclusiva, facenti parti del piano sopraelevato.

Cass. civ. n. 4233/1975

La «colonna d'aria» sovrastante l'edificio condominiale appartiene in proprietà a tutti i condomini, in quanto comproprietari del suolo su cui l'edificio sorge, ed è perciò che nel momento in cui essi ne vengano in parte privati, a seguito di sopraelevazione dello stabile - anche se eseguita dal proprietario esclusivo dell'ultimo piano o del lastrico solare - sorge in loro favore il diritto ad essere indennizzati della perdita ai sensi dell'art. 1127 c.c.

Cass. civ. n. 4078/1975

Il diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare, a norma dell'art. 1127 c.c., è diverso dal diritto di superficie su edificio costruito o costruendo, attribuito a un terzo dai condomini di quest'ultimo. Infatti, mentre il primo incontra limiti fissati dalla citata norma, il secondo è soggetto soltanto alle condizioni stabilite nel contratto. Inoltre, quest'ultimo diritto, qualora abbia ad oggetto la costruzione di tutti i possibili piani che siano compatibili con la solidità dell'edificio, può essere esercitato anche per gradi, in tempi diversi. Ne discende che l'acquirente del diritto di superficie, il quale, in seguito alla costruzione di uno soltanto dei suddetti piani, abbia acquistato il diritto di sopraelevare ulteriormente nei limiti del citato art. 1127 c.c., è legittimato a chiedere l'accertamento giudiziario del diverso e più ampio diritto di sopraelevazione derivantegli dal contratto costitutivo della superficie.

Cass. civ. n. 1509/1975

La vendita dell'area soprastante l'edificio da parte del proprietario di esso, con il divieto per l'acquirente di costruire su di essa più di un piano e con il patto che il lastrico soprastante il piano sopraelevato resterà solo in parte di proprietà del costruttore, dà luogo a costituzione di servitù di non sopraedificare ulteriormente su detto lastrico a favore della porzione dello stesso che, secondo il patto, diviene di proprietà condominiale.

Cass. civ. n. 4274/1974

L'indennità prevista dal quarto comma dell'art. 1127 c.c. deve ritenersi dovuta agli altri condomini non solo per l'ipotesi della sopraelevazione del lastrico solare di un edificio in condominio, ma anche nel caso di sopraelevazione di una terrazza a livello eseguita dal proprietario di essa e dell'appartamento adiacente da cui vi si accede. I cosiddetti ammezzati e mezzanini devono essere calcolati — sia pure come mezzi piani — ai fini della determinazione dell'indennità di sopraelevazione, sempreché abbiano, sul piano strutturale e funzionale, connotazioni di autonomia e di indipendenza e non siano astretti alle altre unità immobiliari da intimi vincoli pertinenziali.

Cass. civ. n. 4093/1974

L'indennità a carico di chi sopraeleva trova la sua ragione giustificativa nell'utilizzazione della colonna d'aria, corrispondente alla proiezione in altezza, e cioè in senso verticale, del suolo su cui è costruito l'edificio, nonché del godimento delle parti e dei servizi comuni ed ha il suo presupposto giuridico nella comunione dell'area costituente la base dello stabile, il cui valore, ripartito pro quota fra i condomini, è ricompreso in quella di ciascun piano o porzione di piano.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1127 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F. G. . chiede
domenica 16/07/2023
“Buongiorno.
Ho appena acquistato casa a Milano. Si tratta di un ultimo piano mansardato che nel ‘98 è stato condonato e oggi risulta catastalmente abitazione. Però non ha nulla a norma: le altezze, i rapporti aeroilluminanti, gli affacci…
La mia idea, per un migliore utilizzo degli spazi, è quella di alzare il tetto per rendere tutto a norma con conseguente inserimento di abbaini e finestre. Tutto questo verrà fatto a mie spese. Il tetto insiste solo sul mio appartamento e non andrebbe ad inficiare alcun altro appartamento essendo la mia abitazione l’unica all’ultimo piano.
Ho presentato il progetto al condominio per ricevere nulla osta ma, pur avendo l’appoggio dell’amministratore, i condomini si sono opposti più o meno all’unanimità, alcuni adducendo motivazioni estetiche, altri non vogliono il ponteggio per 3 mesi.
L’amministratore è favorevole a questi lavori perché potrebbe utilizzare il mio ponteggio anche per fare dei lavori in facciata che in passato i condomini non avevano approvato perché troppo costosi.

Le mie domande sono:
- che percentuale o millesimi di condomini favorevoli mi servono per approvare l’intervento?
- se non riesco ad ottenere l’approvazione posso procedere comunque con i lavori? La casa così com’è oggi non è abitabile e non è a norma

Grazie”
Consulenza legale i 18/07/2023
Il primo comma dell’art. 1127 del c.c. attribuisce la facoltà al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio (o al proprietario esclusivo del lastrico solare) di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che ciò non sia escluso espressamente dal titolo, ovvero i precedenti rogiti della provenienza che hanno portato all’acquisto della unità immobiliare o un regolamento di condominio di natura contrattuale.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che nel concetto di sopraelevazione possa farsi rientrare non solo l’innalzamento dello stabile al fine di costruire nuovi piani o fabbriche, ma anche, come nel caso descritto, la trasformazione dei locali preesistenti aumentandone la cubatura e la volumetria. (Cass.Civ. n.2865/2008).
La giurisprudenza in maniera altrettanto costante ha chiarito come la possibilità di sopraelevare sia una specifica facoltà che rientra nel diritto di proprietà del condomino dell’ultimo piano dell’edificio e come tale essa non può essere subordinata ad una qualsivoglia autorizzazione assembleare (in questo senso cfr. Cass.Civ.,sez.II, del 06.12.2000 n.15504).
Anche se non condizionabile da una autorizzazione assembleare la facoltà di sopraelevare incontra dei precisi limiti civilistici previsti dallo stesso art. 1127 del c.c.. Ai sensi dei successivi 2° e 3° comma, infatti, la sopraelevazione non è ammessa
  • se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono
  • se viene pregiudicato il suo decoro architettonico o
  • se essa va a diminuire la luce o l’aria dei piani sottostanti.

Quindi, venendo a trattare del caso specifico, se la facoltà di sopraelevare non è stata espressamente esclusa da titoli pregressi, l’autore del quesito non deve richiedere alcuna autorizzazione alla assemblea per procedere alla realizzazione dei lavori: egli può limitarsi a comunicare all’amministratore la volontà di avvalersi delle facoltà a lui riconosciute dall’art. 1127 del c.c., indicando il giorno in cui i lavori avranno inizio con il montaggio dei ponteggi.

Attenzione, in quanto prima di fare questo passaggio è necessario essere ben sicuri di alcuni aspetti, in quanto è molto probabile che questa iniziativa provocherà una reazione degli altri condomini che tenteranno di bloccare i lavori. Per tale motivo è necessario avere ben chiaro con il tecnico progettista le modalità esecutive dei lavori ed essere sicuri che l’aumento di volumetria che si intende portare avanti non vada a ricadere in uno dei divieti già elencati e previsti dai commi 2° e 3° dell’art. 1127 del c.c.

In secondo luogo è necessario tener ben presente che l’esercizio della facoltà di innalzamento comporta l’obbligo per chi la esercita di corrispondere agli altri condomini l’indennità prevista dal 4° comma dell’art. 1127 del c.c., pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. In relazione a questo ultimo aspetto la giurisprudenza ha chiarito che tale indennità è dovuta anche nel caso in cui ci si limiti alla trasformazione dei locali esistenti con aumento di superfici e volumetrie (Cass.Civ. n.105/2016). Quindi è importante che un tecnico sia incaricato di effettuare i conteggi necessari per determinare tale indennità. Sempre il medesimo comma dispone inoltre l'obbligo per il condomino che sopraeleva di ripristinare la copertura dell'edificio (quindi il tetto) nella situazione antecedente i lavori, una volta che gli stessi sono stati terminati.

Infine, bisogna tener presente che un aumento delle volumetrie e delle superfici dei locali di sua proprietà potrebbe portare alla necessità di effettuare una probabile revisione delle tabelle millesimali esistenti ai sensi dell’art. 69 delle disp. att. c.c. : circostanza questa che con ogni probabilità le sarà ricordata a tempo debito dagli altri condomini una volta portati a termine i lavori.

Quindi, in conclusione, ciò che lei si prefigge di fare è sicuramente ammesso dalle norme del codice civile ed è fattibile senza la necessità di raccogliere una qualche autorizzazione assembleare (al netto del fatto che dovranno anche essere richieste tutte le autorizzazioni amministrative comunali previste dalle normative edilizie). È necessario però mettersi nell’ordine di idee che questo potrebbe portare a reazioni degli altri condomini, e quindi a potenziali contenziosi: per tale motivo è bene prepararsi a tutto ciò innanzitutto predisponendo un progetto di ristrutturazione a regola d’arte e a prova di contestazione.


I.L. chiede
martedì 22/06/2021 - Sardegna
“Buongiorno sono proprietaria, di un attico in un condominio avente tre corpi scala (tre blocchi) A, B e C. Il corpo scala B ha tre attici, con relativi tre lastrici solari di proprietà, di cui un attico con relativo lastrico solare è il mio.
Al momento dell’acquisto il notaio ha riportato nell’atto quanto scritto negli atti precedenti, ossia la seguente frase: “il complesso non è sopraelevabile, neppure in caso di variazione degli attuali indici di edificabilità, salva la previsione di cui all’articolo 1, ultimo comma, del regolamento di condominio”.
Il regolamento di condominio all'art. 1 dispone che “ nel lastrico solare della scala B, di proprietà esclusiva, previa approvazione prevista dalle norme vigenti, potranno essere eseguite opere di modifica della copertura con spese a carico dei singoli proprietari”
Ora io e gli altri due titolari di proprietà degli attici del corpo B vorremmo realizzare a nostre spese il tetto, di cui il palazzo è privo, per sfruttare i volumi sottotetto, e abbiamo bisogno di capire se e in che quantità spettano gli indennizzi agli inquilini del corpo scala B, ma anche se spettano anche agli inquilini dei corpi scala A e C sui quali non insiste il tetto.
Avendo letto l’articolo del vostro sito intitolato “Articolo 1127 Codice Civile; Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio” vi pongo il seguente quesito:
SECONDO VOI PUO’ ESSERE SFRUTTATO A MIO VANTAGGIO (A VANTAGGIO DEI TITOLARI DEGLI ATTICI DEL CORPO SCALA B) LA CLAUSOLA RIPORTATA SUL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO? QUAL È STATO IL MOTIVO PER CUI TALE CLAUSOLA È STATA SCRITTA SOLO PER IL CORPO SCALA B? SPETTANO, ED EVENTUALMENTE IN CHE QUANTITÀ, GLI INDENNIZZI AGLI INQUILINI DEL CORPO SCALA B, E SPETTANO ANCHE AGLI INQUILINI DEI CORPI SCALA A E C?

Grazie, cordiali saluti, Ing. Ines Lai”
Consulenza legale i 25/06/2021
L’art.1127 del c.c. riconosce al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio il diritto di elevare nuovi piani e nuove fabbriche. Tale diritto soggettivo, di per sé non condizionabile da alcuna preventiva autorizzazione assembleare, può però essere escluso da un titolo contrario come ad esempio un rogito di acquisto o un regolamento di condominio di natura contrattuale. Questo è ciò che è avvenuto nel caso di specie, ove un regolamento di condominio ha espressamente escluso la possibilità di sopraelevare per tutti i corpi di fabbrica dell’intero complesso, facendo salva la possibilità per i proprietari del solo edificio B di poter modificare la copertura, rimanendo fermo anche per loro il divieto di aumentare la volumetria in altezza.

Ora chi scrive è un avvocato, ma sarebbe importante chiedere ad un tecnico edile se la facoltà concessa ai proprietari del fabbricato B e la possibilità di rifacimento della copertura del palazzo possa considerarsi sopraelevazione ai sensi dell’art.1127 del c.c. (cosa di cui francamente si dubita), perché se così non fosse gli altri proprietari non avrebbero il diritto a percepire l’indennità di cui al co. 4° dell’art. 1127 del c.c., diritto che si ha solo nel caso di sopraelevazione e non di rifacimento della copertura dell’edificio. Ovviamente anche i proprietari dell’ultimo piano dell’edificio B avranno dei limiti poiché l’intervento che andranno a eseguire, come già detto, non può, a norma di regolamento, comportare un aumento della volumetria in altezza del palazzo, ma deve limitarsi ad un mero rifacimento della copertura.
Ad ogni modo se l’indennità sarà dovuta, essa dovrà essere corrisposta ai soli proprietari dell’edificio B e per la sua quantificazione sarà necessario rivolgersi ad un tecnico edile.




Luigi S. chiede
sabato 26/12/2020 - Campania
“Sopraelevazione in edificio in condominio: legittimato passivo nell'azione per danni causati alle cose di proprietà esclusiva di singoli condomini è soltanto colui che sopraeleva e non il condominio?”
Consulenza legale i 29/12/2020
L’art. 1127 del c.c. attribuisce direttamente al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio (e al proprietario esclusivo del lastrico solare), una vera e propria facoltà di sopraelevare nuove fabbriche, e per questo non può essere soggetta ad alcuna autorizzazione assembleare, né riconoscimento da parte degli altri condomini (si veda Cass.Civ.,sez.II, del 06.12.2000 n.15504).
Come conseguenza di quanto detto, la giurisprudenza costante riconosce al soggetto che ha diritto di effettuare la sopraelevazione, la possibilità di utilizzare tutte le parti e i beni comuni dell’edificio inclusa la possibilità di demolirle o interromperli, fermo restando l’obbligo, una volta terminato i lavori, di ripristinare nello stato antecedente le parti comuni dell’edificio coinvolte e i servizi condominiali che si sono dovuti temporaneamente cessare.

In altre parole la possibilità di sopraelevare è una specifica facoltà che rientra nel diritto di proprietà dell’ultimo piano o del lastrico dell’edificio solare che nulla ha a che vedere con il condominio e che, anzi, il condominio non può in alcun modo limitare ed escludere se non sulla base di quanto disposto dallo stesso art.1127 del c.c.

È evidente che tutto quanto detto finora influisce anche su chi è chiamato a rispondere di eventuali danni alle parti in proprietà esclusiva, qualora essi trovino causa nei lavori di sopra elevazione: il legittimato passivo nell’azione di danni non può che essere il proprietario dell’ultimo piano o del lastrico, il quale sarà anche committente dell’opera nei confronti della ditta appaltatrice, materiale esecutrice dei lavori. È ovvio che il committente in caso di danni potrà rivalersi sull’appaltatore in virtù del contratto che lo lega a quest’ultimo.

Il discorso fatto finora potrebbe variare, però, nel caso in cui i danni alle singole parti in proprietà esclusiva non trovino la loro causa nei lavori di sopraelevazione ma, ad esempio, in deficit strutturali delle parti comuni dell’edificio già preesistenti ai lavori di sopraelevazione: in questo caso dei danni potrebbe essere chiamato a rispondere il condominio nel suo complesso o il suo amministratore ai sensi dell’art. 2051 del c.c., ma in questo senso il quesito non offre elementi sufficienti per dare una risposta esaustiva.

Angelo G. chiede
domenica 14/04/2019 - Lombardia
“L'appartamento in cui abito e' totalmente rivolto verso un cortile condominiale interno. E' posto al primo piano (su complessivi 2, oltre al piano terra), e tutti i miei locali si affacciano su un balcone di oltre 15 m di lunghezza.
Spiovente al mio balcone, per metà lunghezza si vede quindi il cortile condominiale interno (piano -1), e per l'altra metà si vede un lastrico solare, con funzione di copertura di 3 box auto (di cui uno di mia proprietà).
Il lastrico solare (oltre 70 mq) e' di utilizzo esclusivo del condomino del piano terra (sotto il mio appartamento) avendo lui un accesso diretto ed esclusivo dal suo appartamento a tale lastrico che copre appunto i box ubicati al piano -1.
Il condomino sotto di me vorrebbe ora costruire su tale lastrico dei nuovi locali, in modo da ottenere un nuovo corpo contiguo in toto al suo appartamento e ampliandosi quindi significativamente.
Ovviamente l’affaccio di questi nuovi locali sarebbe possibile solo con finestre orientate sul versante cortile, e quindi, se non altro, ne avrei una visione di tipo perpendicolare e non frontale.
Tuttavia, la copertura di questi locali mediante un nuovo lastrico solare, giungerebbe ad una quota molto vicina a quella del mio balcone. In altre parole, metà del mio balcone ne risulterebbe come se fosse su un piano terra.
Mi troverei pertanto leso sia nella veduta prospettica/estetica, che nella sicurezza.
Tutti gli altri condomini sono piuttosto disinteressati da tali evoluzioni, in quanto poco o nulla impattati.
I quesiti:
a) come posso bloccare tale sopraelevazione?
b) Si possono qui configurare le caratteristiche di "sopraelevazione" richiesta per poter applicare l'art. 1127 c.c. benché a livello esterno il fabbricato non evidenzierà alcuna crescita in altezza? (tutto si sviluppa nel cortile interno, con un aumento di altezza sul solo corpo box). In tal caso avrei diritto a delle compensazioni economiche?
c) Se l’intervento fosse invece configurabile come opera su parti di proprietà esclusiva con applicazione l'art. 1122 del c.c. si potrebbe contestare l’assenza delle distanze legali del nuovo corpo ?
d) Dando per scontato l’ottenimento dei regolari permessi per costruire e che la stabilità dei box non ne risulti pregiudicata dalla sopraelevazione, ho possibilità di oppormi almeno in ragione dell’impatto architettonico o comunque dalla penalizzazione che subirebbe il mio appartamento? (possibili diminuzioni sui coefficienti di prospetto, tra l’altro già penalizzati dalla mono esposizione)
e) E’ necessaria una qualche preventiva delibera dell’assemblea di condominio ? Se sì con quale maggioranza?”
Consulenza legale i 18/04/2019
La facoltà di sopraelevazione prevista dall’art.1127 del c.c. è prevista in capo al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio o, in alternativa, al proprietario esclusivo del lastrico solare.
Dal quesito, seppur scritto in maniera molto chiara, non si evince se il condomino del 1°piano dell’edificio sia proprietario del lastrico solare o lo stesso vanti un mero diritto di utilizzo di tale parte dell’edificio. Agli occhi di un profano la differenza potrebbe essere di poco conto, ma così non è in quanto solo al proprietario del lastrico solare è riconosciuta la facoltà di sopraelevare di cui all’art 1127 del c.c. Al semplice utilizzatore esclusivo di una parte comune, come spesso è il lastrico, è sì riconosciuta la possibilità di costruire delle opere ex art.1122 del c.c., ma non certo quello di edificare nuovi piani o comunque ampliare i volumi dell’edificio.
Per fare un esempio pratico, l’utilizzatore esclusivo del lastrico solare condominiale, fermo restando il rispetto del decoro architettonico e della statica dell’edificio, potrà installare una piccola serra, un piccolo giardino, installare delle barriere che ostacolino la vista sul lastrico e predisporre un piccolo solarium ecc. ecc.: tutte opere che nulla hanno a che vedere con la facoltà di sopra elevazione di cui all’art. 1127 del c.c., e che sicuramente non pongono i problemi indicati nel quesito.
Per capire se il condomino del primo piano sia proprietario esclusivo del lastrico solare o solo suo mero utilizzatore si deve necessariamente esaminare il rogito di acquisto dell’appartamento o, se esistente, il regolamento condominiale.
L’analisi di tali documenti assume importanza anche sotto un altro aspetto: il diritto di sopra elevazione previsto dall’art.1127 del c.c., è riconosciuto salvo che esso non venga espressamente escluso dal titolo, cioè dal rogito di acquisto o dal regolamento condominiale contrattuale. Analizzando quindi i documenti prima citati si potrebbe capire se si dispone o meno di un importante mezzo per impedire qualsiasi velleità di edificare qualsiasi opera in sopra elevazione.

Fatta tale doverosa precisazione, si darà per presupposto che nell’edificio di cui al quesito il lastrico solare non sia bene comune condominiale, ma al contrario in proprietà esclusiva di un condomino e che quindi possa trovare applicazione l’art.1127 del c.c.
Il concetto di sopraelevazione previsto da tale norma è stato via via interpretato in maniera sempre più estensiva da parte della giurisprudenza. Un tempo, infatti, i giudici ritenevano che rientrasse nel concetto di elevazione utile ai sensi dell’art. 1127 del c.c., solo l’ intervento edile che comportasse un innalzamento dell’edificio: oggi, invece, con l’importante arresto delle Sezioni Unite n.16794 del 30.07.2007, viene riconosciuta dovuta l’indennità di sopraelevazione anche dal proprietario dell’ultimo piano dell’edificio che si limita ad apportare un incremento della superficie e della volumetria del proprio appartamento, senza apportare un aumento di altezza del palazzo o del corpo di fabbrica.

E’ importante sottolineare, inoltre, come l’art. 1127 del c.c. attribuisce direttamente al proprietario esclusivo del lastrico solare una vera e propria facoltà di sopraelevare nuove fabbriche, e per questo non può essere soggetta ad alcuna autorizzazione assembleare, né riconoscimento da parte degli altri condomini (si veda Cass.Civ.,sez.II, del 06.12.2000 n.15504).

Detto ciò, la facoltà di cui all’art. 1127 del c.c. incontra importanti limiti indicati dallo stesso 2°comma della norma:
1. la nuova opera pregiudica la staticità dello stabile;
2. il titolo di acquisto esclude la possibilità di sopraelevare (aspetto già sopra analizzato);
3. la nuova opera pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio o diminuisce la luce e l’aria dei piani sottostanti.
Posto che il quesito non pone problemi in merito alla staticità dell’edificio non si analizzerà tale aspetto; ci si soffermerà invece sul pregiudizio all’aspetto architettonico e sulla diminuzione della luce e dell’aria dei piani sottostanti.

In merito al pregiudizio dell’aspetto architettonico è importante sottolineare che tale concetto non coincide con quello di decoro architettonico di cui al co.4° dell’art. 1120 del c.c.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente il diritto di sopraelevare non è subordinato al rispetto assoluto delle linee architettoniche dell’edificio, come invece nella norma sulle innovazioni di cui all’art.1120 del c.c., ma non deve comunque comportare un peggioramento dell’aspetto dell’immobile nel suo complesso.
In questo senso Cass. Civ.,Sez.II, n.10048 del 24.04.2013 chiarisce che l’intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicare l’originaria fisionomia e alterare le linee impresse dal progettista.

In merito alla diminuzione dell’aria e della luce del piano sottostante è importante sottolineare come la giurisprudenza abbia precisato che essa deve essere di notevole entità, e che gli appartamenti pregiudicati non devono essere necessariamente quelli sottostanti alla sopraelevazione, potendo essere situati anche in altra posizione.

Anche se non espressamente previsto dalla legge, la giurisprudenza ritiene inoltre perfettamente applicabile alla costruzione in sopraelevazione la disciplina delle distanze legali tra costruzioni su fondi finitimi di cui agli artt. 873 e ss. del c.c. (si veda Cass. Civ.,Sez.II, n.5246 dell’11.06.1997).

Pertanto se la sopraelevazione pregiudica la luce o l’aria delle altre unità abitative, lede l’aspetto architettonico dello stabile o non rispetta la normativa sulle distanze degli edifici l’amministratore o in alternativa anche i singoli condomini possono adire l’autorità giudiziaria al fine di chiedere la demolizione dell’opera costruita e l’eventuale risarcimento del danno. Tali azioni si prescrivono entro 20 anni dalla realizzazione dell’opera. In questo senso è interessante precisare che, in linea teorica, il condomino che ha titolo per esercitare le facoltà di cui all’art.1127 del c.c. non ha alcun obbligo legislativamente previsto di informare l’amministratore o gli atri proprietari delle modalità di esecuzione dell’opera né del giorno di inizio dei lavori: pertanto l’azione giudiziaria volta a richiedere la remissione in pristino dello stato dei luoghi (demolizione) e il risarcimento del danno potrà essere iniziata anche a lavori oramai ampiamente terminati.

Fermo restando che ogni valutazione sul caso specifico deve essere anche supportato da idoneo parere di un tecnico edile, si ritiene che l’autore del quesito, sulla base di quanto da questi riferito, possa utilmente spendere come mezzo di difesa al fine di impedire la realizzazione dell’opera di sopraelevazione la rilevante diminuzione della luce e dell’aria che deriverebbe alla sua proprietà, sia eventualmente il mancato rispetto della normativa sulle distanze nelle costruzioni. In merito alla violazione dell’aspetto architettonico dell’edificio è opportuno rimandare ogni valutazione nel momento in cui l’opera viene posta in essere.
Qualora si decidesse di non ostacolare la realizzazione dei nuovi locali sul lastrico solare, si ritiene che sulla base del nuovo filone giurisprudenziale inaugurato nel 2007 si avrà comunque diritto alla indennità di cui al 4° co. dell’art.1127 del c.c. Si tenga conto del fatto che, anche se i lavori non comporteranno un innalzamento del fabbricato principale, da quanto ci è dato capire essi comporteranno comunque una modifica dei volumi del corpo di fabbrica dei box auto.

Daniele C. chiede
sabato 26/01/2019 - Lombardia
“Ho acquistato, in un condominio, un appartamento all'ultimo piano già collegato internamente al sottotetto di proprietà.
Il comune mi autorizza ad alzare il tetto (colmo e gronde) per ottenere l'abitabilità del sottotetto, senza richiedermi autorizzazioni condominiali.
Poiché su una porzione del tetto esistono dei pannelli solari condominiali, che producono acqua calda in ausilio alla caldaia condominiale, ho chiesto informazioni all'amministratore in merito alla possibilità di staccare temporaneamente i pannelli per poi riposizionarli al loro posto, accollandomi tutti i costi inclusi quelli legati al maggior consumo della caldaia condominiale, che lavorerebbe senza ausilio dei pannelli nel periodo dei lavori.
L'amministratore sostiene che io debba passare in assemblea condominiale, lo ritenete corretto o lui dovrebbe limitarsi a prendere atto dei miei lavori e indicarmi quanto pagare per indennizzare il condominio dei maggiori costi sopra citati senza richiedermi di passare in assemblea?
Nel caso, ritenete che in assemblea io debba richiedere l'autorizzazione a staccare questi pannelli o semplicemente limitarmi a informare i condomini del temporaneo distacco dei pannelli per eseguire lavori di ristrutturazione nella mia proprietà?
Se fosse sufficiente informare i condomini posso farlo con una lettera in ogni casella postale anziché attendere l'assemblea?
L'assemblea potrebbe vietarmi la temporanea rimozione dei pannelli?
L'assemblea potrebbe eventualmente vietarmi di eseguire i lavori di rialzo nonostante l'autorizzazione comunale?
Si consideri che potrei decidere di rialzare solo una parte del tetto e non toccare la parte si cui sono installati i pannelli, ovviamente otterrei l'abitabilità di meno mq, ma in questo caso potrei non dover informare nessuno avendo già l'autorizzazione comunale?
Il regolamento condominiale non argomenta in merito e non ci sono delibere assembleari in tema.
Ringrazio fin da ora per i dettagli che mi fornirete.”
Consulenza legale i 01/02/2019
L’art. 1127 del c.c., norma non novellata dalla riforma del diritto condominiale del 2012, attribuisce al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio,o al proprietario del lastrico solare, la facoltà di elevare nuovi piani o nuove fabbriche.
E’ interessante notare come il concetto di sopraelevazione è stato via via interpretato in maniera sempre più estensiva dalla giurisprudenza, in quanto, se prima del 2007 i giudici ritenevano che rientrasse nel concetto di elevazione utile ai sensi dell’art. 1127 del c.c., solo l’ intervento edile che comportasse un innalzamento dell’edificio, dopo l’ importante arresto delle Sezioni Unite n.16794 del 30.07.2017, viene riconosciuta dovuta l’indennità di sopraelevazione anche dal proprietario dell’ultimo piano dell’edificio che si limita ad apportare un incremento della superficie e della volumetria del proprio appartamento, senza apportare un aumento di altezza del palazzo.

L’art 1127 del c.c. attribuisce direttamente agli aventi diritto una vera e propria facoltà di sopraelevare nuove fabbriche, e per questo non può essere soggetta ad alcuna autorizzazione assembleare, né riconoscimento da parte degli altri condomini (si veda Cass.Civ.,sez.II, del 06.12.2000 n.15504).
Come conseguenza di quanto detto, la giurisprudenza costante riconosce al soggetto che ha diritto di effettuare la sopraelevazione,la possibilità di utilizzare tutte le parti e i beni comuni dell’edificio inclusa la possibilità di demolirle o interromperli, fermo restando l’obbligo, una volta terminato i lavori, di ripristinare nello stato antecedente le parti comuni dell’edificio coinvolte e i servizi condominiali che si sono dovuti temporaneamente cessare.

Vi sono solo tre ipotesi che possono escludere il diritto di cui all’art.1127 del c.c.:
1. La sopraelevazione pregiudica la statica dell’edificio: in questo caso è lo stesso comma 2° dell’art. 1127 del c.c. che esclude l’operatività delle facoltà riconosciute dalla norma.

2. La sopraelevazione limita la luce o l’aria dei piani sottostanti o pregiudica il decoro architettonico dell’edificio: in questo caso i condomini possono opporsi alla sopraelevazione chiedendo, se sono iniziati i lavori, la loro rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi nella situazione antecedente.

3. Il titolo esclude espressamente il diritto di sopraelevazione; in questo senso il diritto di sopraelevazione viene escluso se il rogito di acquisto dell’appartamento all’ultimo piano (o del lastrico solare), escluda espressamente le facoltà di cui all’art. 1127 del c.c., o le stesse vengano riservate all’originario costruttore dell’immobile.
Il diritto di sopraelevazione può essere escluso anche da un regolamento condominiale di natura contrattuale.

Venendo a trattare nello specifico del caso proposto, posto il fatto che non sembrano sussistere uno dei casi sopra elencati che escludano il diritto di sopraelevazione, l’autore del quesito ha tutto il diritto di effettuare i lavori descritti per tutta la superficie del suo appartamento. L’ assemblea condominiale non potrà impedire la realizzazione dei lavori, a meno che gli stessi non limitino la luce e l’aria dei piani sottostanti o pregiudichino il decoro architettonico, anche se il quesito non dà elementi sufficienti per pensare che sussistano tali problematiche. Ad ogni modo nulla vieta che l’intera compagine condominiale o un singolo proprietario, possano incaricare un legale per mezzo del quale, accampando tali motivazioni, tentino di ostacolare la realizzazione dell’opera.

Privo di fondamento è, inoltre, la convinzione dell’ amministratore di condominio che sia necessaria l’autorizzazione della assemblea per procedere alla rimozione dei pannelli solari. Alla luce di quanto sopra detto, il proprietario dell’ultimo piano ha tutto il diritto di distaccare i pannelli solari, al fine di procedere ai lavori di innalzamento del fabbricato: sarà però obbligato, una volta che gli stessi siano giunti al termine, a ripristinare a sue spese la loro completa funzionalità.

Le norme del codice civile non prevedono espressamente alcun obbligo da parte di chi effettua la sopraelevazione di dare notizia all’amministratore e ai singoli condomini circa l’inizio dei lavori.
Tuttavia, per un discorso di buon vicinato e per evitare che il distacco improvviso dei servizi condominiali possa comportare l’insorgere di danni agli altri condomini, si consiglia fortemente di spedire all’ufficio dell’amministratore di condominio, e magari anche alle abitazioni degli altri proprietari, una raccomandata con ricevuta di ritorno. Con tale raccomandata si notizierà l’intera compagine condominiale circa:
- il giorno di inizio dei lavori
- il giorno in cui gli stessi avranno presumibilmente termine
- quando i pannelli solari verranno distaccati e - la data possibile di quando gli stessi torneranno operativi.

Ci si ricordi che una volta terminati i lavori ai sensi del comma 4° dell’art 1127 del c.c., chi effettua la sopra elevazione sarà obbligato a corrispondere agli altri proprietari l’indennità determinata dai criteri indicati dalla parte finale di tale comma. In qualità di rappresentante di tutti i proprietari il quantum debeatur di tale indennità potrà essere liquidato e comunicato ai soggetti obbligati dall’amministratore.
È necessario segnalare che il momento della determinazione e della liquidazione della indennità potrebbe essere foriero di litigi e contenziosi all’interno del condominio. Al fine di evitarli sarebbe opportuno che la determinazione della indennità sia affidata ad un perito nominato o dalla assemblea condominiale o anche su accordo raggiunto fra tutti i proprietari. Tale perito potrà determinare prima della realizzazione dei lavori, la somma dovuta ai sensi del 4°comma dell’art 1127 del c.c., tenendo conto anche dei disagi patiti dal condominio per il distacco dei pannelli solari. L’indennità così determinata diverrà però esigibile dagli altri condomini solo al termine dei lavori. Si tenga presente che il coinvolgimento dell’organo assembleare nella soluzione descritta deve essere rivolto non ad autorizzare i lavori o le loro modalità esecutive, potere che non è nelle prerogative di tale organo, ma alla nomina di un perito, che avendo la fiducia della assemblea determini l’indennità di sopraelevazione.
La strategia suggerita, ovviamente, dà per presupposto che la scelta di esercitare la facoltà di sopraelevazione non abbia causato eccessivi malumori all’interno della compagine condominiale, oltre a quelli già segnalati nel quesito.

Ing. M. C. chiede
mercoledì 20/06/2018 - Puglia
“Salve a tutto lo Staff.
Sono stato incaricato per l'esecuzione di una CTU. Vi spiego in breve la situazione in esame.
Il Sig. "A" è proprietario di un immobile di circa 50mq seminterrato. Il suo lastrico solaio è di proprietà esclusiva del Sig."B", il quale è proprietario di un immobile posto al piano rialzato. I due immobili non giacciono sulla stessa area di sedime, ma sono sfalsati in verticale. Unico elemento strutturale verticale in comune è una parete portante, la quale nell'immobile del sig. "A" è perimetrale controterra, invece al piano superiore (immobile del Sig. "B"), essa è perimetrale con affaccio sul lastrico solaio succitato, con destinazione a terrazzo.
Quando il Sig. "B" acquista il proprio immobile, sull'atto di compravendita è espressamente scritto che esso diviene proprietario dei locali dell'immobile e del terrazzo antistante (lastrico solaio di "A"). Inoltre, su parte di tale terrazzo, vi era realizzata una tettoia in metallo e telo in tessuto.
Il Sig. "B" in un secondo momento decide di sostituire la tettoia in materiale metallico con una in C.A. delle medesime dimensioni presentando regolare progetto alle autorità competenti.
A questo punto il Sig. "A" chiede al Sig. "B" di pagargli un'indennità per sopraelevazione.
Si precisa che:
- i due immobili hanno accesso indipendente su una stessa strada in comune;
- i due immobili hanno la stessa particella, ma sub diverso;
- la dichiarazione di ultimazione dei lavori è stata comunicata circa 2 anni dopo il reale termine e che ciò avveniva circa 5 anni fa;
- la richiesta di indennizzo è nata con l'apertura dell'attuale procedimento cui sono stato nominato CTU, ovvero circa 5 anni fa.
Alla luce di quanto sopra, Vi chiedo:
- dal momento che l'unico elemento in comune per fisicità e non per diritto ai due immobili sono la parete portante, il lastrico solare sistemato a terrazzo e il numero particellare, E' il caso di considerare gli immobili come condominio? E quindi ricadere nel caso di applicazione dell'art. 1127 del c.c.?
- dal momento che il Sig. "B" ha variato il materiale con cui era costruita la precedente tettoia (da elementi metallici ad un un C.A.), lasciandola comunque aperta su tre lati, E' il caso di riconoscere un indennità per sopraelevazione al Sig. "A"?
- in caso positivo al precedente quesito, a che epoca devo valutare l'indennità? Alla data di ultimazione lavori, alla data di apertura del processo o al oggi?”
Consulenza legale i 23/06/2018
Per rispondere alle domande contenute nel quesito, occorre in primo luogo individuare il concetto di condominio dal punto di vista giuridico.
La normativa di riferimento è contenuta nel codice civile agli articoli 1117 e seguenti, nel capo del titolo dedicato alla comunione.
La caratteristica principale del condominio rispetto alla più generale disciplina della comunione va individuata nel fatto che nel condominio coesistono parti di proprietà esclusiva accanto a parti di proprietà comune.
Ciò precisato, è sufficiente la presenza di due differenti proprietari esclusivi di diverse porzioni dell'immobile perché si debba applicare la disciplina del condominio (il cd. condominio minimo).
Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 2046/2006, hanno chiarito che:"se nell'edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio - considerato come situazione soggettiva o come organizzazione - sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificatamente previste per il condominio negli edifici".
Inoltre, il condominio può svilupparsi sia in senso verticale che orizzontale.

Alla luce di quanto precede, rispondendo alla prima domanda contenuta nel quesito, possiamo senza dubbio ritenere che i due immobili costituiscano un condominio e possa dunque trovare applicazione la disciplina prevista dal richiamato art. 1127 c.c.
Quanto al muro portante, per espressa previsione legislativa all’art. 1117 c.c., esso è compreso nelle parti comuni.
Quanto al lastrico solare, anche se è di proprietà esclusiva di uno solo dei condomini, dal momento che costituisce il solaio dell’immobile del Sig. A “svolge funzione di copertura del fabbricato e, perciò, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 cod. civ.” (Cass. 17 marzo 2003, n. 642).
Infatti, come previsto espressamente dall’art. 1126 c.c., chi ha l'uso esclusivo è tenuto a contribuire per un terzo nella spesa della manutenzione del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve (il signor A in tal caso) in proporzione del valore del piano o della porzione di piano.

Con riguardo alla seconda domanda contenuta nel quesito, si osserva quanto segue.
La sola variazione del materiale del tettoia, senza aumento di volumetrie, non comporta un diritto di indennità di sopraelevazione nei confronti dell’altro condomino.
Infatti, secondo interpretazione costante di giurisprudenza, “L’indennità di sopraelevazione, di cui all’art. 1127 cod. civ., è dovuta, quale conseguenza della realizzazione del nuovo piano, in ogni ipotesi di costruzione oltre l’ultimo piano, indipendentemente dall’entità dell’innalzamento stesso. Quel che conta è che vi sta stato un aumento della superficie e della volumetria, indipendentemente dal fatto che esso dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato” (Cass. Sez.Unite n.16794 del 2007).
Nel caso in esame non appare, appunto, che vi sia stato un aumento nè di superficie né di volumetria, rimanendo i tre della tettoia aperti come nella situazione precedente la sostituzione dei materiali. L’unica eccezione che potrebbe essere sollevata dall’altro condomino (il Sig. A) potrebbe riguardare semmai gli aspetti relativi al decoro architettonico ed a eventuali problematiche di staticità (considerato il passaggio da una mera tettoia di metallo ad una in C.A.).

Stando così le cose, non è necessario individuare a che epoca valutare l’indennità (che in questo caso non è dovuta). Ad ogni modo, solo per completezza, si specifica che laddove fosse stata dovuta, l’epoca da prendere in considerazione sarebbe stata quella relativa al momento in cui sono stati ultimati i lavori, come si può desumere da quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 1127 c.c.

Gennaro D. C. chiede
domenica 02/10/2016 - Campania
“Un Condomino ha realizzato una mansarda autorizzata dalla maggioranza dei Condomini , però , a seguito di tale evento senza autorizzazione ha usufruito dei sottoservizi di acqua ; luce; e gas , sottoservizi da noi tutti realizzati ex novo lo scorso anno con somme esose.
Non avendo le nuove quote millesimali a seguito realizzazione mansarda come può avvenire il riparto , e se deve pagare , precisando che a giorni dobbiamo iniziare altri lavori "pavimentazione viale".
Si precisa infine che la mansarda è occupata dalla figlia , marito della stessa e figlio , precisando ancora che abitano da circa otto mesi e non pagano quote condominiali mensili.
A dire dell ' amministratore non può emettere bollettini di pagamenti perché non sono state fatte le nuove tabelle millesimali, E' vero?e se così come ovviare.
In attesa di risposta ringrazio e saluto.”
Consulenza legale i 05/10/2016
La realizzazione della mansarda, avvenuta a seguito di specifica autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale, è pienamente legittima.
Occorre verificare innanzitutto se per la costruzione della mansarda si è reso necessario effettuare una sopraelevazione del condominio: la creazione di un piano in più, o comunque un innalzamento dell’ultimo piano. In tal caso infatti soccorrerebbe, nella Vostra situazione, l’art. 1127 c.c. che, all’ultimo comma, prevede la c.d. indennità di sopraelevazione. Nel caso in cui il condomino non avesse proceduto al pagamento dell’indennità, ben sarebbe possibile agire in giudizio per ottenerla.

Diverso è il caso in cui non vi sia sopraelevazione: nessuna indennità è dovuta. Per ciò che concerne l’allaccio ai servizi comuni, nulla è dovuto dal condomino costruttore: si tratta di lavori già effettuati dal condominio, quindi nulla è dovuto per un’obbligazione sorta in tempo anteriore rispetto alla realizzazione della mansarda.

Ciò non toglie che vi è il problema delle tabelle millesimali: se le Sezioni Unite della Cassazione avevano stabilito la possibilità di revisionare le tabelle “a maggioranza” (sent. 9/8/2010 n. 18477), il legislatore ha nuovamente optato per l’unanimità. A seguito della riforma del 2012 (legge 220/2012), infatti, le tabelle millesimali possono essere modificate solo con l’unanimità dei condomini (art. 69 disp. att. c.c.).

Vi è però un’eccezione prevista dallo stesso art. [[n69 disp att cc]] c.c.: le tabelle millesimali possono essere modificate con la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c. – pari alla “maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio” – “quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione”.

In altre parole: se, con la costruzione della mansarda, l’unità immobiliare del condomino costruttore ha visto un’alterazione per più di un quinto del suo valore proporzionale (rispetto alle altre unità immobiliari), gli altri condomini, a maggioranza, possono chiedere ed ottenere la variazione delle tabelle millesimali a spese del condomino costruttore. Naturalmente, se ciò non è avvenuto (occorre avere una stima della superficie della mansarda), la variazione è possibile solo con l’unanimità e con le spese ripartite tra i condomini.

Eduardo A. chiede
venerdì 30/09/2016 - Sicilia
“In data 24/12/2000 sottoscrivo atto di compravendita dell'aria sovrastante il 1° piano e la relativa copertura a favore di mia figlia.
La vendita avviene con tutti i diritti, azioni, ragioni, accessori ed accessioni, dipendenze e pertinenze, servitù attive e passive , tutto incluso e nulla eccettuato.
Per effetto dell'atto di compravendita la concessione per la sopraelevazione a 2° piano e copertura a falde inclinate , depositata a mio nome prima della stipula dell'atto di compravendita,venne rilasciata a nome di mia figlia.
Prima della stipula dell'atto il vano scala era sprovvisto di portone d'ingresso , l'accesso al vano scala avveniva attraverso l'attiguo magazzino utilizzato anche come garage per l'autovettura.
I lavori per un futuro inserimento del portone d'ingresso sul muro perimetrale erano stati predisposti.
Il magazzino ed il vano scala furono accatastati b.c.n.c.
Nel progetto ,da me depositato ,era previsto l'inserimento del portone d'ingresso sul muro comune del vano scala per scindere il mio magazzino a divenire b.c.
Mia figlia realizzo le opere autorizzate non rispettando gli elaborati di progetto ; in pratica il portone d'ingresso fu inserito ma nella copertura a falde inclinate furono realizzate camere da letto e bagno estendendo la superficie del piano sulla scala comune tale da impedire l'accesso al lastrico solare e relativa terrazza.
Mia figlia ed il Tecnico progettista non hanno inoltrato la pratica doc fa per il cambio di destinazione d'uso , mia figlia non ha voluto darmi copia della chiave del portone d'ingresso ma esige copia della chiave d'accesso al magazzino attraverso il quale accedo al mio appartamento.
Gli esposti presentati all'agenzia del territorio ed al Sindaco non hanno dato alcun risultato.
Quali sono i miei diritti sia sul portone d'ingresso che sul lastrico solare e relativa terrazza?.
Grazie”
Consulenza legale i 07/10/2016
L’indispensabile premessa, anche se forse superflua, è che - a seguito dell'avvenuta compravendita - ci troviamo di fronte ad un condominio, apparentemente minimo (ovvero composto da due soli partecipanti), e che quindi devono applicarsi in materia le norme del codice civile ad esso relative.

Ciò detto, partendo dal portone d’ingresso, non c’è dubbio che quest’ultimo costituisca “parte comune”, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ.: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio (…): 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; (…)”.

Le modificazioni di un bene condominiale per iniziativa del singolo condomino, sono lecite nelle sole ipotesi in cui esse, oltre a non compromettere la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico ed a non alterare la destinazione del bene, non siano lesive dei diritti degli altri condomini relativi al godimento sia delle parti comuni interessate alla modificazione, sia delle parti di loro proprietà.
In particolare, con riferimento alle disposizioni del Codice civile, la libertà del singolo condomino, nell'uso individuale della cosa comune e nella possibilità di apportarvi modifiche, è sancita – per quel che qui interessa - dall’articolo 1102 (“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”), ma circoscritta e condizionata dai limiti fissati dall’art. 1120 (“I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”).

Con riferimento a quest’ultimo articolo, è evidente che se i condomini sono solamente due, ogni decisione inerente la modifica delle parti comuni dovrà ottenere il consenso di entrambi.
Nella fattispecie concreta, l’apertura dell’ingresso nel muro perimetrale è stata senz’altro autorizzata e realizzata di comune accordo; pertanto, il padre/condomino che abita l’edificio e che utilizza le scale avrà pieno diritto di utilizzare anch’egli il portone d’ingresso realizzato nel muro perimetrale, per accedere al comune vano scala ed alla sua proprietà individuale.
Qualora tale diritto venga violato, egli potrà rivolgersi all’Autorità giudiziaria.

Per quanto riguarda invece il lastrico solare, la situazione è diversa, perché nel caso concreto non siamo di fronte alla sopraelevazione da parte del proprietario del solo ultimo piano dell’edificio, a fronte di un lastrico solare di proprietà comune. Nel nostro caso, infatti, è stata venduta alla figlia la copertura del condominio, con diritto di esclusiva, compreso l’uso esclusivo della colonna d’aria sovrastante.

Nel caso di sopraelevazione all’ultimo piano di un edificio, si applica l’art. 1127 cod. civ., secondo il quale: “Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare”.

Ed infatti la giurisprudenza stabilisce: “In tema di condominio, in presenza di una terrazza o di un lastrico solare di proprietà comune è consentita la sopraelevazione al proprietario dell'ultimo piano, il quale è però tenuto al rispetto dei limiti imposti dall'art. 1127 c.c. e a non escludere gli altri condomini da qualsiasi concreta possibilità di usufruire del bene” (T.A.R. Catanzaro, (Calabria), sez. I, 19/11/2015, n. 1749).

Come già sopra accennato, nel caso in esame la figlia è divenuta, in virtù della compravendita, proprietaria esclusiva della copertura e del lastrico solare dell’edificio e come tale ha il diritto di utilizzarlo come meglio crede, senza che gli altri condomini possano accedervi. Il diritto, quindi, di utilizzare la terrazza sovrastante l’edificio spetterà solo alla proprietaria esclusiva. Altra cosa è, invece, il diritto dell’altro condomino a ricevere l’indennità di cui parla l’art. 1127 cod. civ..

Su questo punto non esiste un orientamento costante e conforme in giurisprudenza.
Una datata sentenza della Corte di Cassazione recita “In tema di condominio di edifici, qualora colui che sopraeleva sia per titolo proprietario esclusivo non solo dell'ultimo piano o del lastrico solare, ma anche della colonna d'aria soprastante, non è concepibile un indennizzo per la utilizzazione di un bene che è proprio di chi lo usa a suo vantaggio mediante la sopraelevazione e che, per essergli stato attribuito in proprietà esclusiva di fronte agli altri condomini dell'edificio, non ammette possibilità di sfruttamento da parte di costoro” (Cassazione civile, sez. II, 14/10/1988, n. 5556) ed una pronuncia più recente del T.A.R. afferma ancora: L'attributo esclusivo contenuto nell'art. 1127 c.c., letto in collegamento con l'art. 1126 c.c., riferito alla proprietà del lastrico solare non designa affatto la unititolarità del diritto bensì la proprietà non condominiale, vale a dire intende creare una contrapposizione con tutto ciò che è condominiale; proprietà esclusiva sta per non condominiale, ossia il lastrico solare di proprietà esclusiva non rientra nella disponibilità del condominio”. (T.A.R. Genova, (Liguria), sez. I, 23/12/2009, n. 3894).
Tuttavia, una più recente Cassazione, conduce il seguente ragionamento: “L'indennità prevista dall'ultimo comma dell'art. 1127 c.c. trae fondamento dalla considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell'ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio che, ai sensi dell'art. 1118, comma 1, c.c., è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene. Pertanto, il legislatore ha inteso compensare in parte i condomini, assumendo a parametro il valore del suolo occupato, che costituisce l'unica parte comune del suolo occupato, suscettibile di valutazione autonoma. Ne consegue che un titolo, attributivo al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare della proprietà esclusiva della colonna d'aria, non è idoneo ad esonerare dall'obbligazione di pagamento dell'indennità prevista per la sopraelevazione, poiché al titolo in questione, ai sensi dell'art. 1424 c.c., potrebbe essere riconosciuta solo la più limitata efficacia di rinuncia da parte degli altri condomini alla (futura ed eventuale) indennità di cui all'art. 1127 c.c.; rinuncia che, essendo priva di effetti reali, non impegnerà gli aventi causa a titolo particolare dagli originari stipulanti” (Cassazione civile, sez. II, 16/06/2005, n. 12880).

A parere di chi scrive, quindi, il padre non potrà più accedere alla terrazza ed utilizzarla, ma avrà diritto all’indennità di legge a titolo di ristoro.

Roberta D. M. chiede
mercoledì 10/02/2016 - Campania
“Roberta - Campania
In un vecchio edificio composto da un piano terra ed un primo piano con sovrastante lastrico solare, di proprietà esclusiva, un quarto circa della superficie in pianta dell'edificio è caratterizzato dall'esistenza di un vano cantinato interrato appartenente ad altra proprietà. Orbene volendo procedere alla sopraelevazione del 2° piano, sfruttando la legge regionale sul piano casa, che insiste anche sulla verticale della cantina de quo si domanda se si rientra nella fattispecie dell'Art. 1127 c.c. e se ci siano motivi ostativi alla sopraelevazione di cui sopra.
Grazie”
Consulenza legale i 19/02/2016
Dalla ricostruzione prospettata del caso di specie, sembra doversi confermare che la questione sia riconducibile all'art. 1127 del c.c., il quale prevede la facoltà, per il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, o del proprietario esclusivo del lastrico solare, di costruire un nuovo piano (art. 1127, comma 1, del c.c.).
Viene fatta salva l'ipotesi che sia diversamente previsto dal titolo. In particolare, occorre valutare se esiste un previo divieto di sopraelevazione, che può essere contenuto nei singoli atti di acquisto degli immobili di proprietà individuale.
"La facoltà di sopraelevare spetta ex lege al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio (o al proprietario esclusivo del lastrico solare) e il suo esercizio, che non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, può essere precluso soltanto in forza di un'espressa pattuizione che, in sostanza, costituisca una servitus altius non tollendi a favore degli stessi" (cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, 9 luglio 2015, n. 651).
Il divieto di sopraelevazione potrebbe anche essere contenuto in un regolamento condominiale di natura contrattuale, come chiarito dalla giurisprudenza più risalente: "il divieto di sopraelevazione, previsto in un regolamento condominiale di natura contrattuale, avente sostanzialmente natura di servitutis altius non tollendi a carico dell’ultimo piano dell’edificio ed a favore sia delle parti di proprietà comune che di quelle di proprietà esclusiva, può essere fatto valere da ciascuno dei condomini sia come tale che quale proprietario esclusivo di una porzione dell’edificio" (Cass. Civ., Sez. II, 25 ottobre 1988, n. 5776).
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono (art. 1127, comma 2, del c.c.).
La giurisprudenza ha chiarito la portata di tale disposizione: "l'art. 1127 comma 2 c.c., il quale fa divieto al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condomini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite, impedisce altresì di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, fondandosi la necessità di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosità, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell'edificio, atteso che tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 26 aprile 2013, n. 10082).
Inoltre, i condomini possono opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti (art. 1127, comma 3, del c.c.).
Con riferimento alla nozione di aspetto architettonico di cui all'art. 1127 c.c. essa "non coincide con quella di decoro di cui all'art. 1120 c.c., che è più restrittiva: l'intervento edificatorio quindi deve essere decoroso, rispetto allo stile dell'edificio, e non deve rappresentare comunque una rilevante disarmonia rispetto al preesistente complesso tale da pregiudicarne le originarie linee architettoniche, alterandone la fisionomia e la peculiarità impressa dal progettista" (cfr. Cass. Civ, Sez. II, 24 aprile 2013, n. 10048).

Sebastiano C. chiede
domenica 04/10/2015 - Veneto
“Abito in un condominio di quattro piani costruito nel 1982. Il proprietario di un appartamento al secondo piano ha sopraelevato il suo terrazzo di proprietà esclusiva, creando diversi problemi alla staticità dell'edificio, chiudendo una finestra che forniva luce e aria al vano scala e andando a costruire fin sotto le finestre dell'appartamento del terzo piano, togliendo una parte della vista agli abitanti di quella unità abitativa.
Il condomino sostiene di aver agito in base all'art. 1127 c.c. e che quindi non occorreva chiedere il consenso dell'assemblea condominiale.
1. POTEVA IL PROPRIETARIO DELL’APPARTAMENTO AL 2° PIANO, REALIZZARE LA SOPRELEVAZIONE SOPRA L’ADIACENTE TERRAZZA A LIVELLO, IN APPLICAZIONE DELL’ART.1127 C.C.?
2. ANCHE NELLA DENEGATA IPOTESI CHE LA COSTRUZIONE IN QUESTIONE SI FOSSE POTUTA CONSIDERARE, VERAMENTE E A TUTTI GLI EFFETTI, REALIZZABILE IN QUANTO IN APPLICAZIONE DELL’ART. 1127 C.C., CONSIDERATI PERO’ GLI ABUSI COMMESSI PER SUPERARE PREPOTENTEMENTE GLI OSTACOLI RISCONTRATI, NON SI RITIENE CHE LA SOPRELEVAZIONE EFFETTUATA SI POSSA CONSIDERARE COMUNQUE “ILLEGITTIMA” E CHE SI ABBIA IL DIRITTO DI CHIEDERE LA RIMESSA IN PRISTINO CON IL RISARCIMENTO DANNI?
3. POICHE' IL DIRITTO DI SOPRAELEVAZIONE NON PUO' ESSERE ESERCITATO, INNANZITUTTO, QUANDO MINACCIA LA STABILITA' O LA SICUREZZA DEL FABBRICATO, NON ESSENDO STATA DEPOSITATA IN COMUNE UNA IDONEA DICHIARAZIONE DI IDONEITA’ STATICA, SI PUO' CHIEDERE LA MESSA IN PRISTINO MEDIANTE LA DEMOLIZIONE DELLA SOPRAELEVAZIONE, IL RISANAMENTO DELLE STRUTTURE, IL RISARCIMENTO DEI DANNI?
[n.d.r. quesito riformulato in forma sintetica dalla Redazione]
Consulenza legale i 07/10/2015
La risposta al primo quesito appare da subito negativa.
Difatti, la costruzione realizzata dal condomino non sembra rivestire la caratteristica di "sopraelevazione" richiesta per poter applicare l'art. 1127 c.c. ed inoltre difetterebbe la qualità soggettiva richiesta dalla norma.

In mancanza di una specificazione legislativa circa il concetto di sopraelevazione, si deve guardare alla giurisprudenza.
Circa la questione relativa alla possibilità di considerare sopraelevazione anche la semplice modifica che non tocchi i limiti del fabbricato (cioè che non "sposti in alto" l'edificio), la Corte di Cassazione ha sostenuto che si è in presenza della sopraelevazione ex art. 1127 c.c., laddove non ci si limiti a modificazioni soltanto interne, contenute negli originari limiti del fabbricato (Cass., Sezioni Unite, n. 16794/2007).

In ogni caso, dirimente nel caso di specie è il fatto che chi ha chiuso il proprio terrazzo non è il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, né il proprietario esclusivo del lastrico solare: da ciò consegue che il condomino proprietario dell'appartamento al secondo piano, nel caso di specie, non può invocare l'art. 1127, poiché la norma non gli è semplicemente applicabile.

Come inquadrare, quindi, le opere realizzate da quel condomino? Sembra che egli abbia effettuato una chiusura del proprio balcone/terrazzo, realizzando di fatto una veranda chiusa da tutti i lati.

Si tratta di intervento configurabile come opera su parti di proprietà esclusiva e trova quindi applicazione l'art. 1122 del c.c., il quale oggi recita: "Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea". Prima della riforma del 2012, la norma stabiliva solamente "Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio".

Nel caso di specie, la costruzione ha inciso e leso diversi diritti degli altri condomini.

a) La realizzazione della veranda ha comportato la chiusura di una luce su un muro perimetrale che forniva luminosità e aria alla rampa di scale interna, parte comune dell'edificio.
La giurisprudenza ha confermato che sono ammissibili gli interventi sul muro comune, come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti ... in quanto ai sensi dell'articolo 1102 c.c. sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia, nell'esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti consistenti nel "non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all'articolo 1120 c.c." (Cass. civ. sez. II, 3.1.2014, n. 53). La totale chiusura della finestra ha comportato l'impedimento per gli altri condomini di godere di luce e aria nel vano scale, con conseguente lesione del diritto al paritario uso di quel muro comune dell'edificio.
E' del tutto evidente, quindi, che l'assenza di un previo consenso assembleare alla chiusura della finestra comporta l'illegittimità dell'opera, con facoltà dei condomini di chiedere il ripristino dei luoghi e/o il risarcimento dei danni.

b) Si ravvisa anche il pregiudizio alla stabilità e sicurezza dell'edificio, in quanto l'opera di chiusura della veranda ha causato dei dissesti che hanno compromesso la sicurezza statica dell’edificio. Questa circostanza dovrà essere provata dagli altri condomini mediante una perizia tecnica che evidenzi come gli interventi edilizi hanno creato danni alla struttura. Il rimedio può essere sia quello della demolizione dell'opera, sia il risarcimento del danno, in ogni caso con intervento sulle parti strutturali dell'edificio che sono state interessate dalle lesioni e costituiscono fonte di potenziale pericolo per la sicurezza di tutto lo stabile. Sarà il giudice di merito a dover stabilire qual è la soluzione più congrua per il caso di specie.

c) Non va sottovalutata anche la lesione del decoro architettonico. Si tratta di concetto che attiene all'insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali dell'edificio condominiale, idonee a conferire al fabbricato una propria identità. La compromissione del decoro architettonico ha costituito da sempre un limite alle opere individuali del condomini, anche su parti private, prima solo in giurisprudenza e oggi anche per espressa previsione legislativa (v. cit. art. 1122 c.c.).

d) La nuova costruzione appare irrispettosa delle distanze legali dalle vedute, in particolare da quella dell'appartamento del terzo piano.
Nello specifico, appare potenzialmente leso il diritto di veduta del condomino del piano superiore, inteso come il diritto del titolare di un fondo di affacciarsi e godere della vista o comunque, nel caso di edifici confinanti, di affacciarsi sul fondo del vicino senza incontrare, prima d'una certa distanza, ostacoli di sorta (art. 907 del c.c., articolo applicabile anche in condominio). Il diritto di veduta è collegato all'esistenza di aperture che consentono, appunto la veduta (che può esistere fin dalla costruzione dell'edificio, come nel nostro caso). Inoltre, trattandosi di un'opera visibile, all'apertura di una veduta può seguire l'acquisto per usucapione del diritto di affacciarsi (c.d. servitù di panorama), che nel nostro caso potrebbe anche essere sorta visto che l'edificio è stato eretto nel 1982 e sarebbe trascorso il termine ventennale per l'usucapione della servitù.
Secondo una parte importante delle pronunce della Cassazione, esistendo un diritto di veduta, verrebbe meno anche il diritto del condomino - solitamente invocato in questi casi - ad utilizzare la parte comune (muro comune nel nostro caso) garantendo il pari uso agli altri condomini, ai sensi dell'art. 1102 c.c.
Pertanto, risulterebbe illegittima la costruzione realizzata senza il rispetto della distanza di tre metri in appiombo dalla veduta preesistente (in particolare, il terzo comma dell'art. 907 dice che "Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia").

Quali sono i rimedi processuali per i condomini?

E' possibile instaurare un giudizio ordinario civile allo scopo di ottenere la rimessione in pristino dei luoghi e il risarcimento del danno (attenzione, la materia condominiale rientra tra quelle per cui risulta obbligatoria la mediazione civile).
Nel corso del giudizio, si dovrà provare la lesione alla stabilità dell'edificio (si dovrà chiedere al giudice di disporre una consulenza tecnica d'ufficio) e la lesione del decoro architettonico. La chiusura della finestra condominiale sembra configurare in sé un pregiudizio ai diritti degli altri condomini, senza dover dare una particolare prova di tale danno. Naturalmente, si consiglia di dimostrare tutti i danni subiti, per ottenere un completo ristoro degli stessi.

Il condomino proprietario dell'appartamento al terzo piano, leso nel suo diritto di veduta, potrà intervenire personalmente nel giudizio per far valere le proprie ragioni: la violazione delle norme sulle distanze legali può essere semplicemente evinta dalle planimetrie e conformazione dei luoghi prima e dopo le opere di trasformazione del balcone in veranda. Rispetto alla servitù di panorama, si dovrà dare prova della nascita della stessa per usucapione.

In caso di urgente necessità di intervenire sull'edificio condominiale con opere riparatrici dei danni, si possono valutare altre due strade più rapide:
- la richiesta di un accertamento tecnico preventivo (art. 696 del c.p.c.), in modo da avere per il futuro un documento che accerti in contraddittorio lo stato dei luoghi;
- l'azione di denunzia di danno temuto (art. 1172 del c.c.), con cui si chiede al giudice di provvedere urgentemente ad ovviare il pericolo che incombe su una propria cosa, che deriva da un edificio o qualsiasi altra cosa posta su un fondo altrui.
Si consiglia di prendere contatto con un legale per valutare quale rimedio processuale conviene adottare nella fattispecie concreta.

Bruno S. chiede
venerdì 02/10/2015 - Sardegna
“Scrivo in nome e per conto di mia figlia che è proprietaria esclusiva di un appartamento e del relativo sovrastante lastrico solare. La primitiva proprietaria aveva il diritto di sopraelevazione come trascritto nell'atto di acquisto dell'immobile. Mia figlia è tenuta a riconoscere l'indennizzo di cui all'art. 1127 c. 4° del vigente c.c. ai condomini che ne faranno richiesta? Ringrazio e porgo distinti.”
Consulenza legale i 08/10/2015
Occorre innanzitutto capire se l'obbligo di pagare l'indennizzo consegua sempre al diritto di sopraelevare; in secondo luogo va indagato se esso si trasmetta in caso di cessione della proprietà cui inerisce.

Quanto alla prima questione l'art. 1127 del c.c. riconosce il diritto di sopraelevazione al proprietario dell'ultimo piano e del lastrico solare di un condominio e, al contempo, stabilisce che agli altri condomini spetta un indennità. Il fondamento dell'indennità viene rinvenuto nel fatto che la sopraelevazione aumenta, a favore di chi vi provvede, il diritto sulle parti comuni dell'edificio. In sostanza essa rappresenta una compensazione per quell'aumento. Da ciò si comprende come l'indennizzo rappresenti una conseguenza necessaria della sopraelevazione: chi procede a sopraelevare deve corrisponderlo.
In realtà si potrebbero formulare due ipotesi in cui l'obbligo di pagare l'indennità non sussiste:

1) chi sopraeleva ha già acquistato la proprietà della colonna d'aria sovrastante, in cui andrà a sopraelevare. Tuttavia è da rilevare come la giurisprudenza ritenga, in relazione a questa ipotesi, che la colonna d'aria non costituisce un bene oggetto di diritti autonomi rispetto al diritto di sopraelevare ma è lo spazio nel quale questo diritto si sviluppa (Cass. 22032/2004). Pertanto anche l'eventuale acquisto di questa colonna d'aria (acquisto che di per sé potrebbe essere inutile, essendo il diritto di sopraelevare già compreso in quello di proprietà del lastrico o dell'ultimo piano) non farebbe venir meno l'obbligo dell'acquirente di corrispondere l'indennità ex art. 1227 co. 4 c.c..
2) tutti i condomini si accordano al fine di rinunciare all'indennità. In questo caso l'indennità non sarebbe dovuta. Peraltro si tratterebbe, comunque, di un atto avente valore non reale ma meramente obbligatorio, cioè vincolante solo per le parti che vi aderiscono e non per i loro aventi causa a titolo particolare (Cass. 12880/2005). Quindi se tutti i condomini rinunciassero di comune accordo all'indennità ma uno dovesse poi vendere il proprio appartamento ad altri l'acquirente non sarebbe vincolato e potrebbe comunque chiedere l'indennità di sopraelevazione.

La seconda questione è se il diritto a sopraelevare (e, salvi i casi espressi, quello all'indennizzo degli altri condomini) si sia trasferito dalla prima proprietaria alla figlia del richiedente quale [def re=3435]acquirente[/def] dell'appartamento.
Secondo la tesi maggioritaria il diritto di sopraelevare configura un diritto di superficie (Cass. S.U. 16794/2007; Cass. 7051/2004). Ai sensi dell'art. 952 del c.c. il diritto di superficie è il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione; esso viene costituito dal proprietario del suolo stesso a favore di un altro soggetto. Ciò che rileva è che esso è un diritto reale, vale a dire un diritto collegato alla res, all'immobile a causa del quale sorge. Una delle caratteristiche dei diritti reali è che essi, per definizione, sono collegati al bene cui ineriscono e sono indifferenti alla circolazione di questi beni. In altri termini il diritto segue il bene e spetta al suo proprietario per il solo fatto che è tale. Pertanto esso spettava alla prima proprietaria e spetta, oggi, alla figlia del richiedente quale acquirente dell'appartamento e del lastrico solare.
L'unico limite è dato, in tal senso, dal rispetto della disciplina della trascrizione (art. 2643 del c.c.). In particolare, ritenendo che il diritto di sopraelevazione sia assimilabile a quello di superficie, si potrebbe ritenere sussistente l'obbligo ditrascrizione ex art. 2643 c.c. n. 2. Da come il quesito è posto sembra evincersi che questo adempimento è stato rispettato in occasione di tale vendita e che, quindi, il diritto è stato regolarmente costituito ed è opponibile a terzi.

In conclusione, sulla base del quesito formulato e di quanto fin qui esposto, si può ritenere che anche la nuova proprietaria dovrà corrispondere l'indennità nel caso in cui decidesse di sopraelevare.

Giuliana C. chiede
domenica 24/05/2015 - Lazio
“Con riferimento al dettato art. 1127 C.Civile e alle disposizioni della L.R. LAZIO - 16/04/2009 , n. 13 – B.U.R. 21/04/2009 , n.15, nonché al dettato del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, chiedo il parere legale sulla seguente questione, con servizio a pagamento, e cortese urgente risposta:

Premesse:
Condominio edificato in Roma nel 1998, fascia esterna del GRA.
Gli appartamenti del 5°piano hanno come pertinenza la soprastante soffitta e terrazzo/lastrico solare, con accesso indipendente dalle scale condominiali (i restanti appartamenti hanno come pertinenza le cantine nel piano interrato).
Sul piano delle soffitte affacciano anche il lavatoio e la cabina ascensore, nonché i lastrici solari ad uso condominiale, tutti perfettamente e indipendentemente fruibili dai Condomini.
Ogni soffitta/terrazzo funge da solaio/lastrico solare al solo appartamento sottostante pertinenziale, non ad altri spazi condominiali o privati, se non alla relativa colonna di appartamenti. Il loro accesso e fruizione è quindi di uso esclusivo del Condomino Proprietario.

La domanda è:
volendo applicare la legge sul recupero dei sottotetti, anche alla luce del dettato codicistico sulle sopraelevazioni, attuando nel totale rispetto delle norme vigenti la sopraelevazione di 50 cm della porzione di tetto pertinenziale, il Condomino interessato è svincolato dall’assenso dell’Assemblea Condominiale? A mio avviso è così, non causando alcun limite alla fruibilità delle proprietà comuni ed eseguendo a regola d’arte la ristrutturazione edilizia secondo TU edilizia art.3, co. 1, lettera d), ma naturalmente chiedo il vostro più illuminato parere.
A disposizione per ogni chiarimento, porgo i miei ringraziamenti”
Consulenza legale i 25/05/2015
Il proprietario esclusivo del lastrico solare ha la facoltà di sopraelevare, ai sensi dell'art. 1127 del c.c.
A livello codicistico, vanno considerati solo i seguenti aspetti:
- se le condizioni statiche dell'edificio non consentono di sopraelevare, è necessario il consenso unanime di tutti i condomini;
- se la sopraelevazione pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti, gli altri condomini possono opporsi.
La giurisprudenza ha chiarito che "La norma dell’art. 1127 cod. civ. sottopone il diritto del proprietario dell’ultimo piano a tre limiti dei quali il primo (condizioni statiche) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se con il consenso unanime dei condomini il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti (turbamento delle linee architettoniche, diminuzione di aria e luce) presuppongono l’opposizione facoltativa dei singoli condomini controinteressati" (Cass. civ., sez. II, 26.5.1986, n. 3532).

Si dovrà valutare se esiste un previo divieto di sopraelevazione, che può essere contenuto nei singoli atti di acquisto degli immobili di proprietà individuale (integrando "una servitus altius non tollendi, che si concreta nel dovere del proprietario del fondo servente di astenersi da qualunque attività edificatoria che abbia come risultato quello di comprimere o ridurre le condizioni di vantaggio derivanti al fondo dominante dalla costituzione della servitù", Cass. civ., sez. II, 12.10.2009, n. 21629) oppure previsto in un regolamento condominiale di natura contrattuale ("Il divieto di sopraelevazione, previsto in un regolamento condominiale di natura contrattuale, avente sostanzialmente natura di servitutis altius non tollendi a carico dell’ultimo piano dell’edificio ed a favore sia delle parti di proprietà comune che di quelle di proprietà esclusiva, può essere fatto valere da ciascuno dei condomini sia come tale che quale proprietario esclusivo di una porzione dell’edificio", Cass. civ., sez. II, 25.10.1988, n. 5776).

Si può, quindi, concludere affermando che la facoltà di sopraelevare spetta al proprietario esclusivo del lastrico solare per legge, salve le limitazioni di cui al secondo e terzo comma dell’art. 1127 c.c. L'esercizio di tale facoltà non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, ma può soltanto essere vietato in forza di un’espressa pattuizione, costitutiva di una servitù assimilabile a quella non aedificandi (cfr. Cass. civ., sez. II, 28.1.1983, n. 805).

Tamara chiede
mercoledì 06/04/2011 - Puglia
“Quando si parla di "numero di piani" nel calcolo dell'indennità, si fa riferimento solo ai piani fuori terra, o anche ai piani interrati (cantine, garage) e ai vani tecnici sui lastrici?
Grazie.”

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