(massima n. 2)
L'eventuale concessione al chiamato in ordine successivo di un termine per l'accettazione dell'eredità è ininfluente ai fini della revocabilità della rinunzia poiché la concessione del termine, secondo la sua funzione tipica, determina l'abbreviazione del tempo per l'accettazione, ma non comporta ex se il sorgere del presupposto della revoca, che rimane pur sempre costituito dalla mancata accettazione del chiamato in ordine successivo. In sostanza, quando la rinunzia proviene da chi sia chiamato all'eredità congiuntamente con altri, i quali abbiano già accettato, l'inutile decorso del termine ex art. 481 c.c. al chiamato in ordine successivo anticipa l'effetto automatico dell'accrescimento, altrimenti destinato a realizzarsi solo con il compimento della prescrizione o con la rinunzia del chiamato per rappresentazione, e sempre che quest'ultimo non abbia a sua volta discendenti. L'accrescimento rimane definitivamente impedito se, prima della scadenza del termine, il rinunziante revochi la rinunzia. Identicamente, quell'effetto non si realizza se il chiamato per rappresentazione esercita il proprio diritto di accettare l'eredità nel termine accordato.