Questa disposizione risolve due questioni sulle quali si era dibattuto in dottrina all’epoca del vecchio codice del 1865.
La prima: se una donazione fatta congiuntamente a favore di più persone, senza che tra queste si sia proceduto dal donante ad attribuzioni di parti, debba ritenersi come fatta per beneficare tutti i donatari in parti uguali. Il codice stabilisce questa soluzione, che però risponde ad una mera presunzione: il che significa che è sempre salva una diversa volontà del donante.
L’altra controversia verteva sulla possibilità o meno di estendere alla donazione l’istituto dell’accrescimento - ammesso, sotto determinati presupposti, in materia successoria - per le quote che si fossero rese vacanti.
La dottrina prevalente negava il verificarsi ex lege dello ius adcrescendi tra condonatari; questa soluzione, che rispondeva a quella accolta dal diritto romano per il quale l’accrescimento non si estendeva oltre l’istituzione d’erede o di legato, veniva spiegata con varie considerazioni, tra le quali decisive erano che il presupposto su cui si fondava lo ius adcrescendi nelle successioni testamentarie non si verificava nelle donazioni e che l’istituto non era stato esteso dal codice anche alle donazioni, alle quali invece pur erano state dichiarate applicabili altre norme disciplinatrici della successione mortis causa. Ma la stessa dottrina era pressoché concorde nell’ammettere la validità di un diritto di accrescimento ex voluntate donantis, ed una conferma di ciò era desunta dall’art. #1073# del vecchio codice che consentiva l’apponibilità alle donazioni della sostituzione volgare (secondo alcuni, il diritto di accrescimento si risolverebbe, in sostanza, in una presunta sostituzione reciproca).
Oggi questa opinione è legislativamente prevista dal secondo comma dell’art. 320, il quale, però, esige, perché si verifichi l’acquisto da parte dei condonatari della quota resasi vacante: a) che esso sia stato espressamente disposto dal donante: non sarebbe, quindi, legittimato l’acquisto, in base ad una volontà presunta o tacita del donante; b) che la quota donata congiuntamente e per quote eguali - cioè non con determinazione numerica di quote - si renda vacante a causa della mancata accettazione da parte di uno dei donatari, sia che costui non voglia (rinuncia), sia che non possa (premorienza) accettare; va, perciò, escluso, pur essendovi una precisa volontà del donante, che l’accrescimento si attui dopo che la quota di un donatario sia stata accettata.