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Articolo 531 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Inventario, amministrazione e rendimento dei conti

Dispositivo dell'art. 531 Codice Civile

Le disposizioni della sezione II del capo V di questo titolo(1), che riguardano l'inventario, l'amministrazione e il rendimento di conti da parte dell'erede con beneficio d'inventario [484 ss.], sono comuni al curatore dell'eredità giacente, esclusa la limitazione della responsabilità per colpa(2).

Note

(1) L'inventario, l'amministrazione e il rendimento dei conti dell'eredità giacente sono disciplinati dalle norme dettate in tema di accettazione con beneficio di inventario di cui agli articoli 484 ss. del c.c., con l'esclusione di quelle sulla perdita del beneficio d'inventario (v. articoli 485, 488, 493, 494, 505 del c.c.) e quelle che impongono all'erede di offrire una garanzia adeguata (v. 492 del c.c.).
(2) Il curatore è responsabile anche per colpa lieve, secondo il parametro di diligenza richiesto al buon padre di famiglia (v. art. 1176 del c.c.), diversamente dall'erede beneficiato che risponde solo per colpa grave (v. art. 491 del c.c.).

Ratio Legis

Il curatore dell'eredità giacente, a differenza dell'erede beneficiato, risponde anche per colpa lieve perchè amministra i beni ereditari nell'interesse altrui.

Spiegazione dell'art. 531 Codice Civile

Agli artt. 529, 530 e 531 sono delineati quelli che sono gli obblighi ed i poteri del curatore dell’eredità giacente; ad essi, però, va fatto precedere l’art. 193 disp. att. cod. proc. civ. per cui il curatore, appena nominato e prima di ingerirsi nell’amministrazione, deve prestare giuramento di custodire fedelmente i beni dell’eredità. L’obbligo di prestare il giuramento è un obbligo meramente morale; il che è facile comprendere in quanto non da esso ma dalla legge direttamente derivano al curatore determinati doveri indicati dall’art. 529.
Ma questi sono alcuni degli atti che può compiere il curatore e propriamente tutti gli atti per i quali non occorre l’autorizzazione del tribunale, perché sono di semplice amministrazione; è vero che in quell’articolo si parla anche di vendita dei beni mobili ed immobili, ma vi si parla in relazione all’obbligo del curatore di versare il denaro ricavatone presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale. Ciò, tuttavia, non induce a ritenere che il curatore non possa procedere alla vendita o ad altro atto di disposizione di beni compresi nell’eredità: se così fosse si paralizzerebbe la sua attività che consiste non solo nel compiere gli atti di ordinaria amministrazione, ma di evitare anche che alcuni beni possano deteriorarsi o distruggersi, il che si ottiene appunto con la vendita dei medesimi e con la surrogazione della cosa col suo valore: il denaro. Il curatore, quindi, potrà compiere anche tali atti di disposizione ma - ed è ovvio - dovrà per essi ottenere la preventiva autorizzazione del tribunale: ciò è detto espressamente dall’art. 783 c.p.c., ma risulta anche dall’art. 531 in cui, per quel che riflette il modo di compiere l’inventario, di amministrare e di rendere i conti da parte del curatore, si dichiarano applicabili le analoghe disposizioni dettate per l’erede che accetta con beneficio d’inventario ed a questo la legge riconosce appunto il potere di procedere - debitamente autorizzato dal magistrato - alla vendita dei beni ereditari.

Gli atti compiuti dal curatore nelle forme di legge ed entro i limiti delle sue attribuzioni hanno efficacia tanto rispetto all’erede, quanto rispetto ai creditori di costui e del de cuius. Per gli atti che eccedono quei limiti o che non siano conformi alla legge deve ritenersene la nullità, e sotto questo punto di vista non è corretta la globale estensione che l’art. 531 fa al curatore delle norme relative all’erede con beneficio d’inventario; basterà, infatti, considerare che mentre gli atti compiuti da questo senza le forme abilitative comportano la sua decadenza dal beneficio ma restano efficaci, per il curatore, invece, si ha la nullità degli atti e un'eventuale sua responsabilità, ma alcuna rilevanza nei confronti dell’ufficio.

Tra i compiti affidati al curatore, il nostro codice ne indica uno che non era affatto previsto dal codice del 1865, né dal tuttora vigente c.p.c.: il pagamento dei debiti ereditari. Questa facoltà del curatore, sancita dall’art. 530, autorizzata e controllata dal tribunale, sotto la cui vigilanza, in fondo in fondo, si svolge l’amministrazione dell’eredità giacente, si comprende: il pagamento dei debiti che il curatore può eseguire è l’adempimento di obbligazioni o dell’eredità o imposte dal de cuius; si tratta, quindi, di oneri che colpiscono i beni e prescindono dalla persona dell’erede. D’altra parte, non sarebbe stato né giusto né opportuno subordinare gli interessi dei creditori e dei legatari al rendersi noto dell’erede. Ma, pur accordata quella facoltà, essa deve non solo essere autorizzata dal tribunale, ma svolgersi anche in forme determinate; è libera nel senso, cioè, che il curatore paga i creditori ed i legatari man mano che si presentano, ma è vincolata se da parte di costoro vi sono delle opposizioni poiché, in tal caso, il curatore deve provvedere ad iniziare la procedura di liquidazione concorsuale analoga a quella imposta, nella identica ipotesi, all’erede beneficiato. Lo stesso obbligo è in capo ai curatori già nominati, quando, sussistendo opposizioni di creditori o legatari, il tribunale ritenga opportuno disporre la liquidazione concorsuale. È il caso di far notare che la procedura concorsuale iniziata dal curatore cesserà se il chiamato accetta puramente e semplicemente e sarà dal medesimo continuata se la sua aditio avviene con beneficio d’inventario.

La responsabilità del curatore per gli atti che compie è quella del buon padre di famiglia; l’articolo in esame, dopo aver esteso al curatore le norme dettate per l’erede beneficiario circa l’inventario, l’amministrazione dei beni ed il rendimento del conto, esclude che tale equiparazione possa estendersi anche al grado della colpa grave prevista invece per l’erede beneficiario, proprietario delle cose; il curatore, invece, mero amministratore, dovrà rispondere per colpa lieve.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

257 Per maggiore chiarezza ho espressamente avvertito che la norma relativa alla responsabilità dell'erede con beneficio d'inventario, secondo la quale questi è tenuto soltanto per colpa grave, non si estende al curatore dell'eredità giacente.

Massime relative all'art. 531 Codice Civile

Cass. civ. n. 16428/2009

In tema di imposte di successione, il curatore dell'eredità giacente, in quanto soggetto obbligato, ai sensi dell'art. 28, comma 2, del D.L.vo n. 346 del 1990, alla presentazione della dichiarazione di successione, è tenuto, ai sensi dell'art. 36, commi 3 e 4 del D.L.vo n. 346 del 1990, al pagamento del relativo tributo, nei limiti del valore dei beni ereditari in suo possesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 531 Codice Civile

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H. P. chiede
domenica 10/09/2023
“Mi riferisco al parere da voi redatto di recente (rif Q202334357) e in cui mi avete parlato della possibilità di revocare l'istanza di nomina di curatore di eredità, istanza che ho fatto dietro consiglio del notaio che ha eseguito per conto mio l'inventario dei beni di mio marito ai sensi dell'art 485 cc e successiva rinuncia all'eredità essendo le passività nel eredità largamente superiori alle attività (circa €30.000,00 di attivo a fronte di almeno €115.000 di passivo con possibilità di altri debiti non ancora comunicati dall'Agenzia delle Entrate). A parere del notaio la mia continuata 'detenzione' di beni che non ho titolo per amministrare poteva essere problematico ed era meglio far vedere che mi sono attivata per disfarmi di questi beni.
Vi comunico che l'istanza di nomina è stata depositata alla fine di luglio da un'avvocato di Empoli, la quale mi ha comunicato in data 8/09/23 scorso che la data di udienza fissata per la nomina e giuramento è il 18/09/23 alle ore 13.30 presso il tribunale di Firenze.
Nel mese di agosto, avendo visto che le spese di curatela sono a carico di chi chiede la nomina del curatore (io in questo caso), sono entrata nel panico e ho chiesto all'avvocato di revocare la domanda, come vi avevo già spiegato.
Dopo essersi consultata con il notaio mi ha ricontattato dicendo che tale azione non conveniva perché potrebbe essere interpretato come 'rinuncia alla rinuncia all'eredità'. Non saprei perché. Ha detto anche che secondo lei (ma non so come fa a saperlo) il processo di curatela non sarebbe lunga, nè particolarmente dispendiosa essendo stato l'inventario già predisposto dal notaio. Sostiene anche che il compenso del curatore sarà preso dall'attivo ereditario in quanto io sono rinunciataria, ma mi chiedo cosa succede se e quando l'attivo si esaurisce? E come si fa a capire quando si esaurisce? C'è un monitoraggio costante durante la curatela sulle spese e compensi che via via la curatela genera? Viene a un certo punto meno la necessità di avere un curatore perché esaurito l'asse ereditario (usato per pagare la curatela) e quindi la procedura si chiude in automatico, oppure continua la ricerca di eredi disposti a pagare le passività (azione inutile e senza giustificazione alcuna credo)? E non dovrebbe essere prioritario per il curatore liquidare i creditori prima di cercare eventuali ulteriori eredi?
La stessa avvocato sosteneva che la ricerca degli eredi non sarà lunga e che il curatore prenderà informazioni dalla figlia e dal fratello su altri eventuali eredi. Ma nella loro famiglia gli eredi sono tanti e sconosciuti (non hanno mai veramente avuto rapporti con i fratelli del padre ed i loro figli, nipoti ecc e non saprebbero come si chiamano nè dove vivono). Ma se vanno cercati per forza gli eredi fino al sesto grado (secondo me inutilmente in questo caso poiché l'attivo ereditario è minimo e servirebbe (secondo il notaio e l'avvocato) a compensare il curatore. Ma vorrei sapere per certo che è così.
Scusatemi se non sono sintetica, ma sono sempre nel panico.
In sostanza, ho bisogno di sapere:
1) se revocando l'istanza di nomina del curatore come da voi suggerito ai sensi dell'art. 742 del cpc (esplicitando bene i motivi, cioè che l'ho fatto dietro consiglio del notaio, credendo di agire nell'interesse del creditore ma non essendo stata informata della possibilità che avrei potuto essere chiamata a pagare il compenso e le spese dello stesso), ciò può realmente configurarsi come 'rinuncia alla rinuncia', come sosteneva l'avvocato? Ho rinunciato all'eredità per chiamarmi fuori da questa situazione. Dover pagare le spese di curatela sarebbe un altro incubo.
2) se è vero che avendo io rinunciato, il compenso e spese del curatore si prendono dall'asse ereditario?
3) se vi è un monitoraggio del compenso e delle spese del curatore nel periodo di attività (per permettere di sapere in quale momento l'attivo è stato esaurito e che la curatela sarebbe quindi da chiudere)?
4) se in un caso come questo in cui l'attivo è di soli circa €30.000,00 e il passivo almeno 4 volte tanto con possibilità che ulteriori debiti non quantificabili possono venire fuori in futuro ha senso cercare altri eredi (oltre ai tre nominati nel testamento che hanno tutti rinunciato) fino al sesto grado desiderosi di accettare una eredità di sole o principalmente passività)? Mi sembrerebbe un inutile perdita di tempo e soldi, oltre che impresa difficile non sapendo chi potrebbero essere questi eredi. Non è (e qui mi ripeto) prioritario salvaguardare l'attivo per soddisfare almeno parzialmente i creditori?
Per l'ordine degli avvocati di Modena ho trovato una tabella guida alla liquidazione dei compensi ai curatori. Mi chiedo se vale solo per le istanze di nomina curatore fatte d'ufficio o se vale per qualunque ricorrente, anche un privato o un rinunciatario. Mi chiedo se tali tabelle esistono presso tutti i tribunali d'Italia.
Vi ringrazio di ogni chiarimento in proposito che possiate fornire. Sono davvero in difficoltà.”
Consulenza legale i 20/09/2023
Tutti i dubbi che nel quesito vengono manifestati possono sostanzialmente ricondursi a quelle che potrebbero essere le conseguenze in caso di revoca dell’istanza con la quale è stata chiesta la nomina di un curatore ed al regime delle spese necessarie per compensare l’operato del curatore.
In effetti, ha ragione il notaio a cui ci si è rivolti quando afferma che il possesso dei beni del defunto coniuge avrebbe potuto costituire un ostacolo per una successiva rinunzia all’eredità, e ciò perché eventuali creditori avrebbero potuto eccepire il configurarsi di una accettazione tacita di quell’eredità per intervenuta confusione con i beni del chiamato.
La nomina del curatore e l’inventario dallo stesso redatto, invece, consentiranno non solo di tenere separati i due patrimoni (quello del de cuius e quello del chiamato all’eredità), ma anche di determinare con esattezza i beni che compongono il patrimonio ereditario, comprese le passività.

Non si concorda, invece, su quanto dal medesimo professionista sostenuto, ovvero sulla possibile configurabilità di una eventuale revoca dell’istanza di nomina del curatore quale rinunzia tacita all’atto di rinuncia all’eredità già posto in essere.
Una conseguenza di questo tipo, piuttosto, potrebbe essere l’effetto, come si è detto prima, della circostanza di continuare ad avere il possesso e la gestione dei beni ereditari, non essendovi più un curatore a cui trasmettere il possesso di quegli stessi beni.

Tuttavia, rileggendo il precedente quesito n. 34357, qui richiamato, si è avuto modo di focalizzare l’attenzione su quanto asserito nella parte iniziale dello stesso, ove si afferma quanto segue:
Ho pertanto chiesto al notaio di redigere l’inventario dei beni (di cui, da moglie, avevo ed ho il possesso) e ho rinunciato all’eredità…”.
Ebbene, quanto ivi sostenuto, può assumere un’importanza di non poco rilievo nel caso in esame, in quanto se l’adempimento a cui ci si riferisce (la redazione dell’inventario da parte del notaio) è stato in effetti posto in essere nel rispetto dei tempi scanditi dalla legge, non vi sarebbe più ragione adesso di fare istanza per la nomina del curatore dell’eredità giacente, lasciando che a tale nomina vi provveda d’ufficio il Tribunale competente.

Ci si intende riferire, nell’affermare ciò, a quanto espressamente disposto dall’[[ 485cc]], nella parte in cui è detto che se il chiamato all’eredità, che sia anche possessore dei beni ereditari, compie l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione (salvo autorizzazione ad eventuale proroga), lo stesso ha poi un termine di quaranta giorni dalla data di ultimazione dell’inventario per decidere se accettare o rinunziare all’eredità.
Pertanto, se l’inventario e la rinunzia all’eredità a cui si fa cenno nel quesito sono stati posti in essere rispettando i termini sopra visti, si ritiene che non possa esservi alcuna ragione per dover fare istanza di nomina di un curatore dell’eredità giacente.
Sarà il Tribunale, eventualmente, su richiesta di uno o più creditori ereditari, a nominare un curatore dell’eredità giacente, con la conseguenza che, in tal caso, trattandosi di nomina d’ufficio, lo stesso curatore, onde ottenere il compenso a cui ha diritto ed il rimborso delle spese sostenute, potrà eventualmente insinuarsi nella procedure esecutive attivate a carico dei beni dell’eredità giacente dopo la chiusura della procedura.

Pertanto, cercando adesso di rispondere alle singole domande poste, va precisato quanto segue:
a) una eventuale istanza di revoca del curatore già nominato non può di per sé solo configurarsi come rinuncia della rinunzia all’eredità.
Semmai, l’assenza di un curatore potrebbe avere come conseguenza, in un caso come quello di specie (in cui il rinunziante continui ad avere il possesso dei beni ereditari), che eventuali creditori possano decidere di agire in giudizio per dimostrare che il rinunziante abbia di fatto, con il suo comportamento, posto in essere atti da cui poter desumere la sua volontà di revocare tacitamente la rinunzia già formalizzata.
E’ pur vero, a tale riguardo, che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 37297 del 28 dicembre 2022, ha affermato il principio secondo cui non è ammissibile una revoca tacita della rinunzia all’eredità; tuttavia, nel corpo di tale sentenza si legge che “…in tema di rinunzia all’eredità – la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile“.
Da ciò se ne può desumere che la revoca tacita della rinuncia è da considerare inammissibile soltanto nel caso in cui il rinunciante abbia definitivamente perso il diritto di accettare per sopraggiunto acquisto da parte dei chiamati successivi (presupposto che qui manca).

b) Alla domanda se è vero o meno che in caso di rinuncia le somme occorrenti per pagare il compenso del curatore e le spese dallo stesso sostenute debbano essere prelevate dall’asse ereditario, si ritiene di aver dato in più occasioni risposta.
Si ripete che, se il curatore è stato nominato ad istanza di parte, in assenza di attivo ereditario sarà l’istante a dover corrispondere le somme a tal titolo necessarie.
c) Altra domanda è quella relativa alla possibilità o meno di monitorare le spese che il curatore sostiene nel corso della sua attività.
La risposta è positiva, in tal senso dovendosi argomentare dal disposto di cui all’art. 531 c.c., il quale a sua volta richiama le norme dettate per l’erede che accetta con beneficio di inventario e, tra queste, l’art. 496 del c.c., il quale pone a carico di quest’ultimo l’obbligo del rendimento del conto.
Il rendiconto deve essere approvato da Tribunale che esercita la vigilanza sul suo operato (art. 782 del c.p.c.).
d) Viene chiesto ancora se, in caso di passività che superino abbondantemente il valore dell’attivo, possa avere senso l’attività di ricerca degli eredi da parte del curatore.
Purtroppo la risposta è positiva, rientrando tale attività tra i compiti primari del curatore e non distinguendo la legge il caso di un’eredità attiva da quella di un’eredità passiva.
Si tenga presente, infatti, che fin quando il curatore non avrà terminato di individuare i potenziali chiamati all’eredità, non potrà cessare dalle sue funzioni, come dispone chiaramente l’art. 532 del c.c..
E’ evidente, tuttavia, che se nel frattempo è venuto meno l’attivo ereditario per soddisfacimento dei debiti (o almeno di parte di essi), non sussistendo più un patrimonio da conservare e amministrare, le funzioni del curatore vengono egualmente a cessare, anche se parte della dottrina è di avviso contrario sul presupposto che sussisterebbe pur sempre l'eventualità che si scoprano altri beni precedentemente ignoti.
e) Ultimo aspetto che rimane da chiarire è quello relativo alle modalità di liquidazione del compenso e delle spese al curatore.
Al riguardo va detto che, sebbene alcuni Tribunali possano avere deciso di attenersi a delle tabelle adottate dai singoli ordini professionali, allo stato attuale la legge non detta alcun criterio preciso per la determinazione del quantum, spettando così al giudice tenere conto a tal fine della natura, dell’entità e dei risultati delle prestazioni svolte.
Generalmente, nel silenzio della legge, si tende a fare applicazione dei criteri relativi all’ordine professionale a cui il curatore appartiene, e così, ad esempio a quanto disposto dall’art. 26 DM 147/2022 nel caso di curatore svolgente la professione di avvocato, ovvero all’art. 19 del DM 140/2012 per i commercialisti.

P. S. chiede
martedì 27/06/2023
“Sono curatore di una eredità relicta. Avendo disposto la vendita dell'unico immobile gravato da ipoteca ho presentato nel novembre scorso il piano di riparto per masse della eredità in modo tale da poter soddisfare il creditore ipotecario al momento dell'atto di cessione presso il notaio. Non ho potuto procedere con la contestuale chiusura della procedura perché era ancora in corso un piano di rientro con l'ex inquilino per canoni di locazione arretrati e non pagati. Purtroppo nel redigere il piano di riparto ho omesso di inserire le spese da me anticipate per la presentazione della dichiarazione di successione e circa 2 mesi fa il Comune ha precisato l'imposta IMU da versare. Ergo il piano approvato dal Giudice è errato. Cosa mi consigliate di fare? Chiedere una rettifica? Ma in questo caso come dovrei comportarmi con le somme già versate al creditore ipotecario, mi dovrebbe restituire la differenza che risulterebbe dal nuovo piano di riparto? Ringraziandovi per la risposta porgo cordiali saluti. Il curatore”
Consulenza legale i 03/07/2023
Purtroppo non vi è una norma, né tra quelle dettate dal codice civile (artt. 528 e ss. c.c.) nè tra quelle dettate dal codice processuale civile (artt. 780 e ss. c.p.c.) che prenda in considerazione tale ipotesi.
In linea generale, nel momento in cui il curatore chiede al giudice, ex art. 530 del c.c., di essere autorizzato al pagamento dei debiti secondo il piano di riparto da lui stesso redatto, dovrebbe previamente aver accantonato le somme necessarie a coprire i crediti prededucibili, quali le spese della procedura ed il compenso al medesimo spettante.
Infatti, il programma di gestione/liquidazione del patrimonio ereditario che gli viene affidato prevede che il curatore, entro 60 giorni dalla redazione dell’inventario, o diverso termine concesso dal giudice in ragione della complessità del caso, debba depositare una relazione iniziale, in cui oltre a dare conto dell’intervenuto inventario, dovrà indicare, sulla base dei debiti accertati come esistenti e dell’attivo acquisito:
a) il programma di gestione e liquidazione dei beni relitti con le relative modalità, tempistiche e possibili costi;
b) il programma di estinzione progressiva dei debiti in base ai criteri di liquidazione individuale o concorsuale;
c)le somme che intende accantonare per le spese di procedura compreso il compenso del curatore e quelle connesse alla gestione e liquidazione dei beni.

Pertanto, se il piano di riparto approvato dal giudice e, peraltro, non opposto, non soltanto è divenuto definitivo, ma si è dato allo stesso perfino esecuzione (con il soddisfacimento del creditore ipotecario), si ritiene che non vi sia più alcuna possibilità di chiederne una revisione, anche in considerazione del fatto che tale piano costituisce il risultato ultimo di una pregressa attività e di atti allo stesso prodromici, nel compimento dei quali le voci omesse non sembra che siano mai state prese in considerazione (oggetto di revisione dovrebbe essere, piuttosto, l’intera procedura fino a questo momento posta in essere).

Stando così le cose e non esistendo un rimedio specifico per mezzo del quale far valere eventuali errori od omissioni in cui il curatore è incorso, si ritiene che l’unico modo attraverso cui sottoporre all’attenzione del Giudice le problematiche esposte nel quesito sia quello di predisporre, prima di presentare l’istanza di chiusura della curatela, un rendiconto ex art. 531 c.c., dal quale far emergere le voci omesse, illustrando al Giudice le ragioni di tali omissioni e chiedendo allo stesso istruzioni sulle soluzioni adottabili.
Sarà il giudice, eventualmente, a valutare se revocare con proprio provvedimento il piano di riparto già approvato, ad approvarne uno nuovo ed a disporre in danno del creditore, che già è stato liquidato, la restituzione alla curatela di parte delle somme già ricevute.

Si tenga presente che, qualora il Giudice dovesse pervenire ad una soluzione di questo tipo, il provvedimento dallo stesso emesso sarebbe titolo eseguibile nei confronti del creditore ipotecario per la restituzione della somme indebitamente percepite in forza del piano di riparto successivamente revocato.

P. S. chiede
venerdì 27/01/2023 - Toscana
“Buongiorno, in qualità di curatore di eredità giacente avrei la necessità di chiarire un dubbio legato alla applicazione dell'art. 499 c.c. in presenza di legati immobiliari. Io interpreterei la norma nel senso di immettere nel possesso i legatari ex art. 649 c.c. in quanto nel legato di specie avviene immediatamente il passaggio diretto di proprietà (i legati sono già stati trascritti dal notaio al momento della apertura della successione) trattenendo solamente quegli immobili ove siano ricoverati beni mobili acquisiti al patrimonio ereditario e non oggetto di legato fino al termine dell'inventario. Riterrei che qualora i creditori chiedessero il soddisfacimento del loro credito potranno approntare azione di regresso nei confronti dei legatari ex art. 495 comma 2 c.c.. Premetto che siamo in presenza di testamento pubblico e che erede universale è stata nominata una associazione ONLUS alla quale è stato affidato, sempre da testamento, l'onere di pagare tutti i debiti ereditari. Sono stati comunque acquisiti al patrimonio ereditario beni immobili di valore (al momento) più che capiente rispetto ai debiti ereditari e pertanto la problematica relativa al mancato soddisfacimento dei creditori sia al momento molto remota. Potreste darmi conferma che il mio modus operandi sia corretto (un immobile vuoto l'ho già consegnato)? Ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 02/02/2023
Le norme che trovano applicazione nel caso in esame sono quelle dettate dagli artt. 528 e ss. c.c., relative appunto all’istituto dell’eredità giacente.
Finalità precipua di tale istituto giuridico è quella di assicurare la conservazione e l’amministrazione del patrimonio ereditario nel periodo intercorrente tra l’apertura della successione e quello dell’eventuale accettazione da parte del chiamato, allorquando in particolare vi siano particolari esigenze gestorie non rinviabili al momento in cui, con l’accettazione, si realizzerà l’effetto devolutivo.

Tra le predette norme assume particolare rilievo, per quanto qui interessa, l’art. 531 c.c., il quale, con riferimento agli obblighi di inventario, amministrazione e rendimento di conti da parte del curatore, estende al medesimo la disciplina contenuta nella Sezione II del Capo V, Titolo I, Libro Secondo del codice civile, ovvero le norme che lo stesso codice detta per l’erede che decide di accettare con beneficio di inventario.
Si tratta degli articoli che vanno dal 484 al 511 c.c., tra i quali è compreso, dunque, anche l’art. 499 del c.c., a cui si fa riferimento nel quesito.
Ora, occorre intanto ricordare che presupposto indispensabile per procedere al pagamento dei creditori è che il curatore sia stato debitamente autorizzato dal Tribunale ex art. 530 comma 1 c.c., autorizzazione che la medesima norma richiede anche per poter dare corso al pagamento dei legati (generalmente, comunque, il giudice, nello stesso decreto di nomina, autorizza il curatore al pagamento dei creditori e dei legatari).

Precisato ciò ed a prescindere dalla forma di liquidazione di cui ci si avvarrà (si presume che il curatore abbia deciso di avvalersi della liquidazione individuale), una cosa è certa, ovvero che qualora il de cuius abbia disposto la devoluzione di alcuni beni particolari facenti parte del suo patrimonio mediante attribuzione a titolo particolare (c.d. legato di specie), troverà applicazione non soltanto l’art. 649 del c.c., ma anche l’ultimo comma dell’art. 499 c.c.

Quest’ultima norma disciplina proprio il caso in cui tra i successori vi siano dei legatari di specie, lasciando chiaramente intendere che si debba procedere alla liquidazione dei beni che ne costituiscono oggetto soltanto qualora nell’eredità non vi siano beni sufficienti a soddisfare i creditori e precisando ancora che “…sulla eventuale somma che residua dopo il pagamento dei creditori il legatario di specie è preferito agli altri legatari”.
Pertanto, considerato quanto viene detto nel quesito, ovvero che “Sono stati comunque acquisiti al patrimonio ereditario beni immobili di valore al momento più che capiente rispetto ai debiti ereditari”, può darsi conferma del fatto che il modus operandi finora seguito è corretto e rispettoso del dettato normativo, tenuto conto che ciò che costituisce oggetto di un legato di specie dovrà e potrà formare oggetto di liquidazione soltanto se nell’eredità non vi sono altri beni capaci di poter soddisfare le ragioni creditorie.

Corretta è anche l’osservazione contenuta nel quesito nella parte in cui è detto che, nel caso di legato di specie, il passaggio della proprietà del bene contemplato dal legato si realizza immediatamente al momento stesso dell’apertura della successione, avendo difatti già il notaio provveduto alla relativa trascrizione nei Registri immobiliari.
Resta soltanto l’obbligo in capo al curatore di trasferire il possesso della cosa legata, secondo quanto espressamente disposto dal terzo comma dell’art. 649 del c.c., obbligo a cui il curatore sta correttamente adempiendo.

Corretto, infine, è anche il riferimento che nel quesito va fatto al secondo comma dell’art. 495 del c.c., sia perché rientra in quel gruppo di norme richiamate dall’art. 531 c.c. sia perchè dà ulteriore conferma di quanto fin qui sostenuto, ovvero che i legatari di specie hanno il pieno diritto di conseguire la cosa determinata che il testatore ha voluto loro attribuire con preferenza rispetto ai creditori, salvo il diritto di questi ultimi di agire in regresso.