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Articolo 1398 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Rappresentanza senza potere

Dispositivo dell'art. 1398 Codice Civile

Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli(1), è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto(2).

Note

(1) Tali ipotesi sono diverse da quella in cui il potere, che esiste, viene usato per uno scopo diverso da quello per cui è stato conferito, cioè subisce una deviazione (c.d. abuso di potere) poiché in tal caso l'atto è esistente.
(2) Il contratto è, quindi, inefficace ed il risarcimento è dovuto per la lesione del c.d. interesse negativo (v. 1337 c.c.), con esclusione, cioè, di quanto il terzo avrebbe potuto lucrare dal contratto. Del pari, è escluso che dal contratto possano essere vincolati il terzo o il (non) rappresentato.

Ratio Legis

La disposizione disciplina allo stesso modo l'ipotesi di assenza di potere (falsus procurator) e di eccesso nel suo uso poiché anche in tale ultimo caso il procuratore agisce, di fatto, senza potere. Dalla norma si desume che: il contratto non vincola il rappresentato, atteso che questi non ne aveva autorizzato il compimento; il contratto non vincola nemmeno il rappresentante poiché il terzo non voleva stipulare con lui. Tuttavia, questi non può rimanere privo di tutela ed, infatti, ha diritto al risarcimento del danno purché sia stato diligente e non abbia ignorato colpevolmente l'assenza del potere rappresentativo.

Brocardi

Certissimum est alterius contractu neminem obligari
Falsus procurator

Spiegazione dell'art. 1398 Codice Civile

I limiti della responsabilità del rappresentante senza potere

Nel caso di rappresentanza senza potere colui che ha agito come rappresentante non vincola il dominus, perché il suo atto non si può attribuire alla sfera giuridica del rappresentato, ed è responsabile del danno che il terzo ha sofferto per l'affidamento che ha fatto sull'esistenza del potere e sulla validità del negozio (cfr. art. 1338 cod. civ.); responsabilità che si contiene nei limiti del cosiddetto interesse negativo (cioè dell'interesse che il terzo avrebbe avuto a non concludere un negozio inefficace), comprendente i danni rappresentati dalle spese, dalle perdute occasioni di stringere altro negozio valido, dall'attività sprecata nelle trattative e sottratta ad altre utili occupazioni (non è escluso che in taluni casi l'ordinamento ritenga specificamente ob­bligato in proprio il falsus procurator verso il terzo (cfr. art. 1890 cod. civ.; art. II R. D. 14 dicembre 1933, n..1669, sulla cambiale ; art. 14 R. D. 21 dicembre 1933, n. 1736, sull'assegno bancario).

Ma, perché sussista cosiffatta responsabilità, deve concorrere, oltre la mancanza di colpa nel terzo contraente, la colpa o il dolo del rappresentante; se il rappresentante diede al terzo una sufficiente notizia delle facoltà ricevute, questi non avrà alcuna azione contro di lui, come espressamente dettava l'art. #1751# del codice civile del 1865; se il rappresentante versò in errore non imputabile circa i limiti delle sue facoltà, non incontra alcuna responsabilità verso il terzo contraente.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

263 Nel caso di rappresentanza senza poteri, mentre ho esplicitamente escluso che il rappresentante possa essere tenuto all'osservanza del contratto (salve naturalmente le diverse disposizioni in materia cambiaria) ho assoggettato la responsabilità di lui al presupposto della mancanza di buona fede, mentre ho chiarito il concetto di buona fede del terzo contraente (cui si riferisce l'art. 36 del progetto del 1936), come ignoranza senza colpa della mancanza di poteri (art. 282).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

638 Il negozio compiuto da chi ha contratto come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, non si può attribuire alla sfera giuridica del rappresentato: non vi è, in tal caso, la preventiva dichiarazione di volontà del rappresentato diretta all'appropriazione del negozio rappresentativo o, nel caso di eccesso dei poteri, una preventiva dichiarazione di approvazione del contenuto specifico del negozio. L'atto è frutto della sola volontà del rappresentante, e quindi è inefficiente per gli effetti che il terzo si riprometteva di conseguire. Il caso in cui manchi assolutamente il potere non si distingue dall'ipotesi in cui esso è stato esercitato al di là dei limiti per cui lo si era conferito. Anche nel secondo caso manca ogni potere per ciò che esorbita dai limiti prestabiliti. Una distinzione si può fare invece tra mancanza e abuso di poteri, pecche l'abuso è semplicemente una deviazione dal fine che l'atto doveva realizzare; è, cioè, esercizio illegittimo o anormale del potere conferito, che vizia l'atto piuttosto che renderlo giuridicamente inesistente, ma soltanto quando sia conosciuto o sia riconoscibile da parte del terzo. In alcuni casi, se manca il potere o si è ecceduto dai suoi limiti l'ordine giuridico garantisce il terzo ritenendo obbligato specificatamente in proprio colui che ha agito come rappresentante (art. 1890, riguardo all'assicurazione in nome altrui; art. 11 r. d. 14 dicembre 1933, n. 1669 per la cambiale; art. 14 r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 per l'assegno bancario); ma allora, più che mutare il soggetto del rapporto, probabilmente la legge pone un principio di responsabilità, che si risolve nell'esecuzione in forma specifica, se pure ad opera di altro soggetto, della prestazione promessa. Questo principio, giustificato da considerazioni particolari a singoli rapporti, non poteva essere generalizzato, e, dovendosi stabilire una sanzione a favore del terzo per la violazione dell'affidamento circa l'esistenza dei poteri, è sembrato più equo imporre al falsus procurator l'obbligo ai prestare il c. d. interesse negativo, cioè il danno che il terzo ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto (art. 1398). Altra volta, oltre che a proposito della rappresentanza, il codice ha accennato a questo speciale interesse (art. 1338, secondo comma); è opportuno ora chiarire che esso comprende i danni rappresentati dalle spese, dalle perdute occasioni di stringere altro valido contratto, dall'attività sprecata nelle trattative e sottratta ad altre utili applicazioni, ecc. A tale risarcimento però il terzo può aspirare solo se il dominus rifiuti di ratificare il contratto concluso in suo nome. All'uopo il terzo può invitare l'interessato o i suoi eredi a pronunciarsi sulla ratifica assegnando un termine; il silenzio dell'interessato o degli eredi equivale a rifiuto di apprendere gli effetti del contratto (art. 1399, quarto e quinto comma). Se l'interessato o gli eredi dichiarano di voler profittare dell'atto, la ratifica deve rivestire le forme prescritte dalla legge per la conclusione del contratto (art. 1399. primo comma); la ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi (art. 1399, secondo comma).

Massime relative all'art. 1398 Codice Civile

Cass. civ. n. 26871/2022

In tema di contratto stipulato da "falsus procurator", il potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato e, pertanto, il suo difetto è rilevabile anche d'ufficio; tuttavia il comportamento processuale dello pseudo rappresentato che, convenuto in giudizio, tenga un comportamento da cui risulti in maniera univoca la volontà di fare proprio il contratto concluso in suo nome e per suo conto dal "falsus procurator", opera anche sul terreno del diritto sostanziale e vale quale ratifica tacita di tale contratto. (Principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui l'inefficacia di un contratto di noleggio di una tendostruttura, in quanto concluso da un "falsus procurator", era stata eccepita, da parte dell'opponente al decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo, solo all'esito della consulenza tecnica grafologica che attestava la falsità di un documento dalla stessa prodotto, a fronte di un'iniziale difesa imperniata sulla diversa qualificazione del contratto alla stregua di compravendita, con deduzione dell'integrale pagamento del prezzo).

Cass. civ. n. 15841/2022

Colui che, in qualità di "falsus procurator", abbia stipulato un contratto in nome e per conto di un terzo, al quale poi succeda "mortis causa", non può eccepirne l'inefficacia per carenza del potere rappresentativo, dovendosi ritenere che, alla stregua delle regole della correttezza, egli sia automaticamente vincolato in proprio al negozio per effetto dell'accettazione dell'eredità.

Cass. civ. n. 4938/2022

La ratifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato dal "falsus procurator", non richiede necessariamente che il "dominus" manifesti per iscritto la volontà di far proprio quel contratto, potendo essere integrata anche dall'atto di citazione, notificato alla controparte e sottoscritto dal rappresentato o dal suo procuratore "ad litem", con il quale si chieda l'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c., trattandosi di atto scritto che, redatto per fini conseguenziali alla stipulazione del contratto preliminare medesimo, è incompatibile con il rifiuto dell'operato del rappresentante senza poteri.

Cass. civ. n. 41438/2021

In tema di rappresentanza senza poteri, se la domanda di accertamento dell'inefficacia del contratto sia proposta dallo pseudo rappresentato nei confronti sia del terzo che del falso rappresentante che lo ha stipulato, si determina un cumulo soggettivo che trasforma l'originario litisconsorzio facoltativo in litisconsorzio unitario-necessario di carattere processuale funzionale a prevenire l'eventuale contrasto di giudicati, sicché non può essere disposta la separazione delle cause ai sensi dell'art. 103, comma 2, c.p.c. e le vicende anomale del processo, come l'estinzione, concernono tutte le parti; pertanto, nell'ipotesi di mancata rinnovazione della citazione disposta in favore del rappresentante senza potere non costituitosi in giudizio, l'estinzione, ex art. 303, comma 3, c.p.c., va dichiarata con riferimento all'intero processo e non solo nei confronti della parte nei cui confronti non si è proceduto alla detta rinnovazione.

Cass. civ. n. 37722/2021

La trascrizione prevista dall'art. 2652, n. 6 c.c. riguarda le domande di nullità o di annullamento dei negozi giuridici e non è, quindi, applicabile ai negozi inefficaci, con la conseguenza che, in un negozio compiuto dal rappresentante senza potere, la sentenza con cui viene dichiarata l'inefficacia della vendita compiuta dal 'falsus procurator' è opponibile all'avente causa in buona fede da quest'ultimo, anche se la domanda è stata trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione della vendita.

Cass. civ. n. 29825/2019

La disciplina del negozio concluso da un rappresentante senza poteri di cui all'art. 1398 c.c. è applicabile a ogni tipo di rappresentanza, compresa quella derivante da un rapporto organico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione gravata che, con riferimento ad una convenzione di collaborazione stipulata dal direttore di un Azienda municipalizzata con un professionista, aveva ritenuto inefficace nei confronti dell'ente la clausola di rinnovo automatico della convenzione, perché eccedente il potere riconosciuto al direttore dalla delibera del consiglio di amministrazione).

Cass. civ. n. 18519/2018

In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell'apparenza del diritto e dell'affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA, 02/05/2012).

Cass. civ. n. 10600/2016

L'azione che tende a far dichiarare l'inefficacia del negozio nei riguardi del preteso rappresentato non è soggetta alla prescrizione quinquennale prevista dall'art. 1442 c.c., che colpisce solo l'azione di annullamento, ed è invece imprescrittibile.

Cass. civ. n. 12179/2014

In materia di rappresentanza, il principio dell'apparenza del diritto a tutela dell'affidamento del terzo contraente non trova applicazione nei confronti degli gli enti pubblici attesa la presunzione di conoscenza delle norme di legge che ne disciplinano in modo inderogabile la rappresentanza esterna, dovendosi tener conto che la volontà della P.A., esprimendosi in modo preciso e non ingannevole attraverso atti formali, emessi all'esito di un iter dettagliatamente descritto dalla legge, del quale i terzi hanno la possibilità di rendersi edotti, esclude, di norma, la configurabilità di un comportamento colposo dell'ente.

Cass. civ. n. 24133/2013

Il contratto concluso dal rappresentante senza potere non è nullo e neppure annullabile, ma soltanto inefficace nei confronti dello pseudo-rappresentato, fino all'eventuale ratifica di questo, e tale inefficacia (temporanea) è rilevabile unicamente su eccezione dello pseudo-rappresentato e non d'ufficio.

Cass. civ. n. 3787/2012

In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell'apparenza del diritto e dell'affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente.

Cass. civ. n. 12039/2010

La prescrizione del diritto del terzo al risarcimento del danno, e ai relativi interessi, nei confronti del "falsus procurator", decorre dalla conclusione del contratto perché il fatto costitutivo della responsabilità extracontrattuale di questi è il suo comportamento illecito, che ingenera l'affidamento incolpevole del terzo contraente sulla validità del contratto, e non la definitiva inefficacia di esso (come nel caso in cui sia decorso inutilmente il termine assegnato allo pseudo-rappresentato per la ratifica, ovvero sia scaduto il termine per la stipula del definitivo).

Cass. civ. n. 3364/2010

Nei contratti formali, per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", il principio dell'apparenza del diritto non può trovare applicazione rispetto alla rappresentanza, atteso che per i suddetti contratti sussiste un onere legale di documentazione della procura, dalla cui mancanza si deve dedurre l'esistenza di una colpa inescusabile dell'altro contraente.

Cass. civ. n. 23708/2008

In tema di rappresentanza, il principio dell'apparenza del diritto può essere invocato anche dal beneficiario di un contratto a favore di terzi. Ed invero, nel momento in cui dichiara di voler approfittare della stipulazione in suo favore, il terzo subentra nella stessa posizione dello stipulante, quanto alla validità ed all'efficacia della prestazione promessa in suo favore, potendogli essere opposte tutte le eccezioni di invalidità del contratto che potrebbero essere opposte allo stipulante e potendo egli paralizzare tali eccezioni sulla base delle medesime circostanze che potrebbe invocare lo stipulante, per tener fermi gli effetti del contratto, sicché, negando al terzo la possibilità di invocare il detto principio, si configurerebbe, in suo favore, un diritto "claudicante" e, comunque, minore di quello spettante allo stipulante, che eroga la sua prestazione in vista di una contropromessa giuridicamente completa nei suoi effetti, pur se destinata ad altri. (Principio affermato in relazione ad una polizza cauzionale stipulata con un rappresentante senza poteri dall'appaltatore su richiesta del committente e a favore di questi).

Cass. civ. n. 23199/2004

L'art. 1398 c.c., nel riconoscere la responsabilità del falsus procurator verso il terzo incolpevole, con il quale ha contrattato senza avere i poteri rappresentativi, dà rilievo soltanto alla posizione soggettiva del terzo contraente, che per ottenere il risarcimento del danno deve provare di avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto, mentre prescinde totalmente dal considerare la posizione soggettiva del falsus procurator, del quale, pertanto, resta irrilevante accertare l'intenzionalità o il dolo, ovvero la colpa nella causazione del danno. Una volta ravvisato il presupposto soggettivo per il risarcimento in capo al terzo rimane, d'altro canto, esclusa la possibilità di configurare, agli effetti dell'art. 1227 c.c., un concorso del fatto colposo del terzo stesso, giacché, il concorso del fatto colposo del creditore è ontologicamente inconciliabile con le situazioni — come quella di cui alla norma dell'art. 1398 —nelle quali operi il principio dell'apparenza del diritto, espressione del più — generale principio dell'affidamento incolpevole, in quanto l'esistenza di un comportamento colposo del terzo impedirebbe di ravvisarne l'affidamento incolpevole.

Cass. civ. n. 204/2003

In tema di rappresentanza, l'applicabilità del principio dell'apparenza del diritto richiede che il rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che al rappresentante apparente fosse stato effettivamente conferito il relativo potere e che il terzo abbia in buona fede fatto affidamento sulla esistenza di detto potere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva riconosciuto efficacia interruttiva della prescrizione di un credito vantato nei confronti di una società assicuratrice avente la veste di società in accomandita semplice, alla richiesta di indennizzo consegnata al socio accomandante di una società in accomandita semplice, che rivestiva la qualità di agente della società assicuratrice, il quale aveva stipulato il contratto di assicurazione e gestito il relativo rapporto).

Cass. civ. n. 11453/1998

Mentre la responsabilità del falsus procurator nei confronti del terzo contraente incolpevole è espressamente disciplinata dall'art. 1398 c.c., nessuna espressa disposizione contempla la responsabilità del terzo contraente nei confronti dello pseudo rappresentato, ingiustamente danneggiato dalla stipulazione del contratto a suo falso nome, donde l'applicabilità, a tale diverso rapporto, del generale divieto di neminem laedere, di cui all'art. 2043 c.c., con conseguente previsione della necessità dell'accertamento del dolo o della colpa, accertamento che costituisce questioni di fatto, come tale demandata al giudice di merito, e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivata.

Cass. civ. n. 6488/1997

I negozi stipulati, in rappresentanza di altri, da chi non abbia il relativo potere, sono privi di ogni efficacia come tali, potendo acquistarla soltanto in seguito all'eventuale ratifica da parte dell'interessato, ed esclusivamente nei confronti di quest'ultimo. Quanto al vincolo che si costituisce fra il falsus procurator ed il terzo contraente esso è limitato alla responsabilità di natura aquiliana dell'uno, per il danno sofferto, dall'altro, per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto, il quale — pertanto — di per sé è del tutto inefficace, salva l'eventualità della ratifica da parte dell'interessato. Quanto poi alla prevista necessità del consenso del falsus procurator, ai fini della risoluzione consensuale del negozio, essa si rende del tutto conseguenziale al principio per cui il «mutuo dissenso», come actus contrarius, deve provenire dagli stessi originari contraenti; ma il vincolo che esso scioglie non è un rapporto contrattuale che possa essere sorto fra loro, bensì la situazione di soggezione in cui versa il terzo, a fronte del potere di ratifica che compete all'interessato.

Cass. civ. n. 4258/1997

Il negozio concluso dal falsus procurator non è nullo e neppure annullabile, ma inefficace nei confronti del dominus fino alla ratifica di questi; tale inefficacia (temporanea) non è rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione dello pseudo rappresentato, non dell'altro contraente, al quale compete eventualmente solo il risarcimento del danno per avere confidato senza colpa nell'operatività del contratto.

Cass. civ. n. 9061/1995

Il contratto di natura privatistica stipulato dal legale rappresentante dell'ente pubblico in difetto dell'atto deliberativo dell'organo competente (ratifica) è assimilabile al negozio concluso dal falsus procurator ed è soggetto alla relativa disciplina (artt. 1388, 1398, 1399 c.c.). Nel suddetto contratto, la fattispecie soggettivamente complessa a formazione progressiva si perfeziona con la ratifica, senza la quale il negozio non è idoneo a produrre effetti nella sfera dello pseudo rappresentato ed il terzo contraente non ha titolo per esercitare nei confronti di quest'ultimo l'azione di inadempimento, che presuppone l'esistenza di un contratto valido ed efficace tra le parti — né può richiedere il pagamento di una penale, che si ricollega ad una responsabilità prettamente contrattuale — ma può solo invocare la responsabilità del falsus procurator per culpa in contrahendo ex art. 1398 c.c., assimilabile a quella precontrattuale (e limitata al c.d. interesse negativo).

Cass. civ. n. 3691/1995

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del terzo determina la modificazione produttiva di danno all'altrui diritto, ma dal momento in cui il danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile. Pertanto, la prescrizione del credito risarcitorio ex art. 1398 cod. civ. del contraente che abbia confidato senza colpa nella validità del contratto concluso dal "falsus procurator", decorre dalla data in cui il preteso rappresentato abbia reso palese la determinazione di non ratificare gli impegni presi in suo nome.

Cass. civ. n. 10709/1991

Il principio dell'apparenza del diritto può invocarsi in tema di rappresentanza solo in presenza di elementi obiettivi atti a giustificare l'opinione del terzo che contratta con il falsus procurator in ordine alla corrispondenza fra la situazione apparente e quella reale. Tale opinione deve essere ragionevole e cioè non determinata da un comportamento colposo del terzo medesimo, il quale non attenendosi ai dettami della legge o a quelli della normale diligenza trascuri di accertarsi della realtà facilmente controllabile e si affidi invece alla mera apparenza incorrendo in errore. L'accertamento degli elementi richiesti perché possa attribuirsi rilevanza giuridica del merito apparente, rientra nei compiti istituzionali del giudice del merito il cui apprezzamento è sottratto al sindacato di legittimità, qualora sia immune da vizi logici e giuridici.

Cass. civ. n. 8831/1990

La responsabilità risarcitoria del falsus procurator, di cui all'art. 1398 c.c., postula la conclusione di un contratto (idoneo a produrre effetti in capo al rappresentato a seguito di ratifica da parte del medesimo), e, pertanto, nel caso di preliminare di compravendita immobiliare, non è configurabile rispetto ad accordi carenti della dovuta forma scritta (artt. 1350 n. 1 e 1351 c.c.).

Cass. civ. n. 1841/1990

L'istituto della rappresentanza apparente — non espressamente codificato e da iscrivere, quindi, nelle ipotesi di cosiddetta apparenza colposa (o atipica), rinvenibile allo stato latente nel sistema, quale espressione del principio di autoresponsabilità — può essere utilmente invocato dal terzo che abbia ragionevolmente confidato nella situazione apparente solo se il suo errore (scusabile) sia imputabile (anche o solo) all'apparente rappresentato, per avere quest'ultimo posto in essere (pur se non preordinatamente) un comportamento oggettivamente idoneo ad ingenerare nella collettività il convincimento incolpevole, che egli abbia effettivamente conferito all'agente il potere di rappresentarlo.

Cass. civ. n. 2468/1988

Nel caso in cui un soggetto, qualificandosi, senza esserlo, rappresentante di un altro, assuma per quest'ultimo l'obbligo di concludere un contratto, la responsabilità risarcitoria del primo quale falsus procurator, per l'inefficacia del contratto preliminare concluso senza potere rappresentativo, non trova limite nell'obbligo eventualmente assunto in proprio dal medesimo di corrispondere al terzo contraente una determinata somma per l'ipotesi di mancata conclusione del contratto definitivo, configurandosi la relativa pattuizione come clausola penale accedente ad una autonoma promessa del fatto di un terzo ed idonea, pertanto, a limitare solo la responsabilità risarcitoria (di natura contrattuale) ex art. 1381 c.c. e non anche la responsabilità ex art. 1398 c.c., la quale ha natura extracontrattuale ed è insuscettibile di predeterminazione ai sensi dell'art. 1382 dello stesso codice.

Cass. civ. n. 9485/1987

Il principio posto nell'art. 1398 c.c. secondo cui degli atti posti in essere dal falsus procurator risponde esclusivamente costui a titolo di danno nell'ipotesi in cui il terzo abbia confidato senza sua colpa nella sussistenza in capo al medesimo del potere rappresentativo, non trova applicazione in caso di rapporto organico, atteso che l'attività dell'organo, tranne eccezioni ben determinate (attività assolutamente nulla, attività dell'organo incompetente nei confronti di un terzo in malafede, attività non riferibile all'ente) si configura giuridicamente quale attività dell'ente stesso, compresa quella compiuta dall'organo fuori dei limiti delle sue attribuzioni, ove il terzo nei cui confronti è stata compiuta non l'abbia, senza sua colpa e malgrado l'uso dell'ordinaria diligenza, rilevato.

Cass. civ. n. 6244/1981

La tutela dell'apparenza del diritto — che è da escludere, per l'inescusabilità della colpa, allorché la situazione reale avrebbe potuto essere agevolmente accertata con una condotta ispirata all'ordinaria diligenza nell'attività negoziale — ben può essere invocata allorché l'affidamento del terzo riguardi il mandato a compiere negozi per i quali la forma scritta sia prevista ad probationem, giacché in tal caso, a differenza dell'ipotesi in cui per l'atto da compiere sia richiesta la forma scritta ad substantiam, non sussiste un onere legale di documentazione della procura e, quindi, una colpa inescusabile di colui che contrae con il falsus procurator.

Cass. civ. n. 1756/1977

La responsabilità del falsus procurator, prevista dall'art. 1398 c.c. verso il terzo contraente che abbia senza colpa confidato nella efficacia del contratto, è rivolta a risarcire il contraente medesimo nei limiti del cosiddetto interesse negativo (attività espletata nelle trattative, spese sostenute, perdute occasioni di concludere altri contratti, ecc.), e non anche del danno derivante dal mancato adempimento del rappresentato, la cui configurabilità presupporrebbe l'esistenza di un contratto efficace. Pertanto, al fine di escludere la ricorrenza di detta responsabilità, non può aver alcun rilievo la circostanza che le obbligazioni contrattuali dei rappresentato (nella specie, promessa di vendita di un appartamento), ove efficaci, non sarebbero state adempiute, a causa d'impossibilità sopravvenuta (nella specie, per rifiuto di licenza di costruzione).

Cass. civ. n. 4581/1976

La responsabilità di chi abbia contratto come rappresentante senza poteri, prevista dall'art. 1398 c.c., configura un'ipotesi di culpa in contrahendo ed ha natura extracontrattuale, essendo fondata su di un comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede, che si traduce in fatto illecito, produttivo di danno, nel momento della stipulazione del negozio inefficace. Il perfezionamento di tale illecito non richiede il rifiuto di ratifica da parte del dominus, in quanto il sopraggiungere di detta ratifica può operare solo come causa di esclusione della responsabilità del falsus procurator, sempre che il terzo contraente non abbia già subito danni. Pertanto, sulle somme che il rappresentante senza poteri abbia ricevuto dal terzo contraente all'atto della stipulazione del contratto (nella specie, a titolo di caparra), e debba restituire al contraente medesimo a titolo di responsabilità ai sensi dell'art. 1398 c.c., il giudice deve riconoscere gli interessi compensativi con decorso dalla data di corresponsione delle somme stesse, quale momento di consumazione del fatto illecito e procedere anche d'ufficio alla rivalutazione di tali somme a titolo di svalutazione monetaria.

Cass. civ. n. 3422/1971

Per aversi responsabilità del falso procuratore il quale abbia indotto un terzo a contrattare confidando nella validità del contratto da lui concluso in nome di altri senza averne i poteri, occorre che il convincimento del terzo sia frutto di errore immune da colpa. È bensì vero che il terzo contraente ha soltanto la facoltà ma non l'obbligo di controllare se colui che si qualifica procuratore sia veramente tale, e che perciò il non aver fatto uso di tale facoltà non è di per sé sufficiente per costituire in colpa il terzo stesso; ma tale comportamento omissivo diventa colposo quando concorrano altri elementi; e un elemento in tal senso è la possibilità di controllare, attraverso i mezzi di pubblicità prescritti dalla legge, i reali poteri del sedicente rappresentante, anziché affidarsi alla mera apparenza.

Cass. civ. n. 2292/1971

Perché si abbia falsus procurator non basta contrattare nel nome e nell'interesse altrui, ma occorre che si contratti «come rappresentante», cioè facendo apparire che si abbiano i relativi poteri, mentre questi mancano o sono più limitati di quelli dichiarati; sicché ove nell'indicare la propria legittimazione al negozio si dichiari come limiti questa la ratifica, implicitamente si esclude che nel negozio si intervenga «come rappresentante», onde si resta fuori dalla fattispecie del falsus procurator, con la conseguenza che non è applicabile la disciplina del contratto da costui concluso.

Cass. civ. n. 1844/1971

L'art. 1398 c.c. secondo cui il rappresentante che ha ecceduto i limiti delle facoltà conferitegli è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto rappresenta un principio generale applicabile in ogni tipo di rappresentanza, anche a quella derivante da un rapporto organico. Pertanto è personalmente responsabile nei confronti del terzo l'amministratore di una società di capitali, che, agendo oltre i limiti dei poteri risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto della società, abbia cagionato un danno a chi abbia fatto ragionevole affidamento sull'esistenza dei suoi poteri rappresentativi.

Cass. civ. n. 3596/1969

Il rappresentante senza poteri che ponga in essere un atto unilaterale di remissione di debito incorre nella stessa responsabilità che l'art. 1398 c.c. prevede a suo carico nell'ipotesi che abbia contrattato nei confronti dell'altro contraente, il quale, confidando nella validità della remissione, non abbia pagato il debito alla scadenza e sia stato poi costretto a pagarlo maggiorato da interessi al tasso convenzionalmente stabilito. (Nella specie, il debitore era stato costretto a pagare, in unica soluzione, il capitale e otto annualità di interessi al tasso dell'8,50 per cento).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1398 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Pietro C. chiede
mercoledì 26/05/2021 - Lazio
“Spett.le Redazione,
Oggetto: ECOBONUS
Si ricorda, che “l’ecobonus” è una legge che permette di usufruire un credito per lavori fatti con l’obiettivo di avere interventi volti ad ottenere “efficienza energrtica” a costo zero.
Nell’assemblea condominiale del 27 ottobre 2020, un punto dell’ordine del giorno aveva solo deliberato d'incaricare il sig. P. Guglielmo di contattare un “tecnico idoneo ed abilitato allo studio di fattibilità di lavori finalizzati al miglioramento energetico degli edifici, fruendo dell’ecobonus del 110% tramite cessione del credito” ossia a costo zero.
Alla lettura del verbale, bob essendo stato presente, sapendo del “costo zero” che avrebbe richiesto “l’operazione ecobonus”, non ho dato peso per l’incarico diretto al sign. P., essendo a conoscenza che pure il tecnico e le aziende possono usufruire del credito nelle forme stabilite dalla legge e dalle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate,
Ma nel mese di febbraio (4 mesi circa, dopo l’assemblea del 27 ottobre 2020) senza nessuna decisione dell’assemblea condominiale, arriva nella casella della posta un preventivo del tecnico presentato dal sig. P., firmato dall’amministratore e consiglieri, per una spesa di euro 11.571,45, con allegato il primo dei tre bollettini di pagamento, quale quota a me spettante per euro 160,00 al mese per un totale di euro 480,00 per l’assegnazione dell’incarico dato autonomamente da questa amministrazione all’insaputa, e, senza il parere dell‘assemblea condominiale.
Ignota la forma di recupero della somma, non decisa da nessuna assemblea.
Occorre tener presente, che, per questi lavori, e richiesta una gara, con la possibilità di confrontare più preventivi, non aveva diritto, l’assemblea di dare a una sola persona la facoltà di presentare il preventivo in esclusiva senza rispettare la decisione dell’assemblea condominiale “Fruendo dell ’ECOBONUS con la cessione del credito”.
Si fa notare che:
All’art. 4 punto 4 dello stesso preventivo, si richiedeva prima della firma e quindi dell’incarico, il verbale con le decisioni prese a riguardo “sull’ecobonus” dall’assemblea condominiale.
Non risultando da nessuna parte che l’Assemblea condominiale abbia valutato il preventivo, deliberato la scelta del tecnico, e, il suo pagamento di Euro 11.570,
La richiesta di pagare il tecnico con questa cifra è nulla e assurda.
Occorreva fare una gara.
Si ricorda all’amministratore e ai condomini, che una delibera presa da un condominio fuori dall’assemblea condominiale, dopo una semplice consultazione o sotto forma di un documento scritto e firmato dai partecipanti al condominio, è detta inesistente (nuovo codice del condominio).
Il sottoscritto si rifiuta di saldare i bollettini di pagamento ricevuti per i motivi espressi, dove esistono i presupposti perché si ritiene nulla la ratifica su u atto inesistente.
Il condominio è stato messo alle strette, con un inganno, venuto fuori per aver dato la possibilità a una sola persona di presentare il preventivo, che ha mostrato un’interesse particolare su l’ecobonus al di fuori di quanto deliberato dall’assemblea, “Fruendo dell’ecobonus con la cessione del credito”
Per riparare, questa amministrazione, il 22-4-2021 nell’assemblea ordinaria condominiale, chiedeva di approvare un punto dell’ordine del giorno, così concepito: ”Discussione e ratifica del mandato e del compenso al tecnico come da missiva del 02-02-2021, in merito allo studio di fattibilità per l’ecobonus 110%, delibera assembleare del 27-10-2020.”
Il 27-10-20, si fa notare che: l’assemblea a tale problema non ha deliberato nulla. Ha dato solo la possibilità al sign. P. di ricercare un tecnico con le caratteristiche dettate dall’assemblea condominiale . Ripeto: “fruendo dell’ecobonus con la cessione del credito”. Nell’assemblea del 22-04-21, alla prima votazione il punto sull’ecobonus oltretutto, risultava bocciato, non veniva raggiunto un terzo dei millesimi. La volontà del condominio era espressa.
Il sign. P. (Presidente, per evidente interesse ) convinceva nell’assemblea una persona a votare in favore, e la stessa persona, dopo aver fatto inserire nel verbale la scritta ” Spero le decisioni prese come in questo caso, vengano adottate con le formalità di legge in futuro “, permettendo al presidente sig. P. di ripetere la votazione, il punto veniva così approvato.
La volontà del condominio veniva calpestata, due terzi dei condomini assenti e la prima votazione non raggiungeva il quorum necessario, la volontà del condominio era molto chiara.
Il sottoscritto ha fatto presente che non si poteva “ratificare” un atto fatto fuori dell’”assemblea condominiale”
Le condizioni in cui si svolgeva l’assemblea (terrazzo condominiale) con minaccia si temporale, pioggia, rientro nei locali, non ha permesso una regolare e pacifica assemblea.
Il punto in oggetto richiedeva da parte dei condomini, una maggiore attenzione, che non è stato possibile attuare.
Questo “ECOBONUS 110%, contiene molte insidie, con la partenza sbagliata, i condomini sono i responsabili, al minimo errore si ripaga tutto con sanzioni, interessi e spesa.
Il sistema non decolla per le troppe incognite che devono sopportare i professionisti.
Vedo che il condominio non ha valutato tutti gli aspetti che presenta l’ecobonus 110% che deve rispettare determinate regole per dare incarichi e pagamenti di servizi, in questo caso straordinari, oltretutto a costo zero come le norme prevedono.
Si fa presente che l’amministratore non è nei pieni poteri, è in prorogatio.
La normativa lo prevede, non si capisce perché per il nostro condominio non si applica?
Evitare il più possibile, che l’Agenzia delle Entrate e altri organismi di controllo, nell’eventualità di una verifica della documentazione, trovino irregolarità, accollando ai proprietari tutte le colpe.
Richiedendo ai soli proprietari quanto accreditato, con interessi e con sanzione per il motivo sopra esposto.
25/05/2221 In fede Pietro C.”
Consulenza legale i 06/06/2021
Nel quesito vi sono alcune considerazioni condivisibili ed altre meno. Sicuramente possiamo dire che il modus operandi adottato per iniziare l’iter per l’ottenimento del bonus 110% sia alquanto discutibile ed era l’amministratore il primo soggetto chiamato ad assicurarsi che le decisioni conseguenti fossero adottate con modalità conformi alle normative di legge. A tal proposito si ritiene utile iniziare il parere analizzando la sua posizione ed in particolare il fatto che lo stesso sia in prorogatio officii.

Se l’assemblea non ha rinnovato l’incarico all’amministratore del palazzo esso entra nel regime di prorogatio previsto dall’ 8° co. dell’art. 1129 del c.c. Tale regime impone che l’amministratore uscente si adoperi per porre in essere le attività urgenti necessari per evitare pregiudizio agli interessi comuni, in attesa che il suo ufficio venga ricoperto dal nuovo professionista. Nel concetto di attività urgente, ad esempio, può rientrare sicuramente il pagamento delle fatture in scadenza ma non certo quello di obbligare il condominio nei confronti di un tecnico per l’ottenimento di un bonus fiscale, attività che può essere propria solo di un amministratore nella pienezza dei suoi poteri. Si tenga presente poi che un amministratore in prorogatio, sempre a mente del co. 8° dell’art.1129 del c.c. non avrebbe diritto a percepire alcun compenso. In questo senso quindi è quantomai opportuno che l’assemblea provveda a nominare un nuovo amministratore o a rinnovare espressamente l’incarico a quello uscente. Se ciò non avviene è necessario che un singolo proprietario si attivi per richiedere la nomina di un professionista attraverso il ricorso alla autorità giudiziaria come previsto dal 1°co. dell’art. 1129 del c.c.
Affrontato questo primo punto veniamo a trattare il cuore del quesito.

Si concorda con il suo autore che l’assise nella riunione del 27.10.2020 conferiva al singolo condomino il compito di ricercare un tecnico edile affinché si procedesse agli studi di fattibilità prodromici all’ottenimento del bonus 110%, ma tale decisione non dava mandato al singolo condomino di stipulare col tecnico un contratto di conferimento di opera professionale, ma solo quello di ottenere dallo stesso un preventivo per la sua attività. Affinché il condominio potesse validamente vincolarsi era invece necessario indire una nuova riunione, convocata secondo le norme di legge, in cui fosse messo all’ordine del giorno l’approvazione del preventivo del tecnico scelto.
Tra l’altro è del tutto ininfluente il fatto che tale preventivo fosse stato approvato dal Consiglio di Condominio. Tale organo, previsto dal 2° co. dell’art.1130 bis del c.c., ha infatti solo funzioni consultive e di controllo e non può in nessun caso autorizzare nessuna spesa (in questo senso di recente Cass.Civ.,Sez.VI-2, n.7484 del 15.03.2019). Se la vicenda si fosse fermata qui, sicuramente si poteva concludere che il pagamento della somma di € euro 480,00 richiesto all’autore del quesito non era assolutamente dovuto.

L’amministratore, però, sicuramente consapevole degli errori commessi, nella successiva riunione del 22 aprile 2021 fa mettere all’ordine del giorno la ratifica di tutto l’operato finora compiuto in merito all’ incarico dato al tecnico edile e per quanto ci è dato capire l’assemblea approva tale punto all’ordine del giorno. Tale approvazione ha un effetto estremamente importante: essa infatti dà validità a tutti gli atti finora compiuti, vincolando l’intera compagine condominiale al pagamento del compenso del tecnico.

La posizione, infatti, del condomino che ha preso direttamente contatto con il tecnico, come anche quella del consiglio del condominio, può tranquillamente assimilarsi a quella del rappresentante senza potere previsto dall’art. 1398 del c.c. Il rappresentante senza potere è colui che contrae in nome e per conto di un determinato soggetto senza in realtà avere i poteri per spendere validamente il suo nome. In tal caso il successivo art. 1399 del c.c. prevede che l’attività giuridica compiuta dal falsus procurator possa essere fatta propria dal rappresentato attraverso un successivo atto di ratifica. Tali importanti principi trovano larga applicazione anche nel contesto condominiale, ed è assolutamente ammissibile che l’assemblea con una apposita delibera successiva possa fare propria l’attività giuridica compiuta in nome e per conto del condominio da chi in realtà non aveva alcun potere di rappresentanza sia esso: un singolo proprietario, un amministratore in regime di prorogatio o anche lo stesso consiglio di condominio.

Sicuramente anche le modalità con cui si è tenuta la votazione del 22.04.21 sono alquanto farraginose e sarebbe opportuno dare una occhiata a quel verbale per fornire magari considerazioni più precise sul punto, ma si teme che ogni contestazione a quella votazione non possa più essere mossa in quanto è ormai decorso il termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 del c.c.


Roberto D. S. chiede
venerdì 13/03/2020 - Abruzzo
“Buongiorno,
mi ritrovo a dover gestire una situazione un pò complessa.
A tal riguardo mi permetto di chiedere un Vs parere in merito, qualora possibile.
Trattasi di compravendita auto; più in particolare, ho acquistato un'auto da un venditore (società Alfa srl) risultato intermediario di un concessionario (proprietario/intestatario) Beta srl; le tappe della vicenda:
- in data 5.10.17 firma del contratto di vendita con Alfa srl e consegna dell'auto (con tanto permesso temporaneo di circolazione) il tutto contestualmente al pagamento a mezzo di assegno circolare intestato all'intermediario Alfa detto;
- in data 6.12.17 trascrizione al PRA effettuata dal concessionario Beta srl e non quindi dall'intermediario Alfa;
- in data 25.6.2018 consegna del libretto di circolazione e del certificato di proprietà digitale rilasciati sempre dal predetto concessionario Beta srl.
Oggi, il concessionario Beta srl mi richiede a mezzo di decreto ingiuntivo il pagamento dell'intero importo nonostante, come detto, vi sia stato il regolare pagamento, seppur l'assegno intestato ad Alfa srl e nonostante i suddetti passaggi/documenti, ovviamente tutti trasmessi all'avvocato di Beta prima dell'incardinazione del procedimento monitorio.
Ora la domanda è come posso tutelarmi in tal senso?
Ringrazio anticipatamente e cordialmente saluto.”
Consulenza legale i 14/03/2020
Per rispondere in maniera esaustiva al quesito in esame occorrerebbe esaminare se non altro il ricorso per decreto ingiuntivo.
Ad ogni modo, sulla base dei soli elementi in nostro possesso possiamo affermare in linea di massima quanto segue.

L’intermediario parrebbe essere stato una sorta di procuratore apparente dal momento che il concessionario ha chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per il pagamento della vettura in realtà già pagata all’intermediario.
Come ha osservato la Suprema Corte anche con la sentenza n. 14028 del 2013: “il pagamento fatto a persona non legittimata è inefficace nei confronti del creditore, tranne che quest'ultimo non lo ratifichi o non ne approfitti, con la conseguenza che il debitore rimane obbligato ad eseguire la prestazione anche in via giudiziaria. Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera invece il debitore di buona fede, ai sensi dell'art. 1189 cod. civ., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell'apparenza giuridica, fornisca la prova: 1) non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, 2) ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel "solvens" in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'"accipiens".
Tale principio è stato integralmente ribadito dalla Cassazione anche nella più recente ordinanza n.9758/2018.

Orbene, nella presente vicenda appaiono esservi state entrambe le condizioni richieste dalla giurisprudenza di legittimità:
- in primo luogo, visto per come si sono svolti i fatti, possiamo dire che Lei abbia confidato senza colpa nell’intermediario- venditore;
- in secondo luogo, il comportamento del concessionario appare essere stato colposo avendo fatto sorgere (o comunque rafforzare) in Lei una “ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi” del venditore.
Infatti, leggiamo nel quesito che Beta avrebbe provveduto non solo alla trascrizione al PRA ma anche alla consegna del libretto di circolazione e la rilascio del certificato di proprietà digitale.

Alla luce di ciò, riteniamo in astratto quindi fondata una opposizione al decreto ingiuntivo basata sulla tesi del pagamento in buona fede all’intermediario che andrebbe a sua volta chiamato in giudizio a garanzia .

Paolo C. chiede
sabato 17/08/2019 - Emilia-Romagna
“Per una garanzia fideiussoria la mia casa è stata messa all’asta. Per poterla riprendere io e mia moglie abbiamo usato una nostra società (omissis) srl al 50% ciascheduno. Ho venduto alcune proprietà disponibili ed ho prestato alla società i soldi per partecipare alla gara. Io però non potevo comparire così abbiamo dato il 99% delle quote ad un “amico” che ci ha fatto da prestanome. L’amministratore è rimasta mia moglie con 1% la quale ha vinto l’asta ed ha conferito alla società il bene. Per alcuni anni la società non ha mai operato e tutto è rimasto congelato in questa situazione anche se nel bilancio si è fatto comparire a debito il prestito effettuato e fatto prima della cessione di quote ed ora a credito soci primari.
Ora il prestanome per affari suoi poco chiari che non conosciamo, ha problemi finanziari ed improvvisamente ci siamo accorti che senza comunicare nulla da circa 6 mesi è riuscito a sostituirsi all’amministratore in toto ed a chiedere prestiti a banche e usurai. Ora la società ed i beni sono in pericolo e la persona, è introvabile pur disponendo di due indirizzi, email e Pec società. Fino al momento per cui mia moglie è stata amministratrice mai è stato compiuto qualcosa di illegale e tutti i movimenti sono dimostrabili. Ora non sappiamo più nulla e temiamo di non poter recuperare più la perdita del bene immobile in cui tra l’altro abitiamo.
Pensavamo di fare querela, ma è valida? Cosa fare ora per difenderci ?”
Consulenza legale i 24/08/2019
Ai sensi dell’art. 124 c.p. la querela può essere presentata entro tre mesi da quando è stato compiuto il fatto che costituisce reato. Se si tratta di reato permanente (come è, ad esempio, quello di maltrattamenti in famiglia) “il diritto di presentare querela può essere esercitato dall'inizio della permanenza fino alla decorrenza del termine di tre mesi dal giorno della sua cessazione e la sua effettiva presentazione rende procedibili tutti i fatti consumati nell'arco della permanenza” (Cass. 2241/2011).

Nella presente vicenda, non è chiaro in che modo il prestanome si sarebbe “sostituito” all’amministratore Sua moglie.
Tra l’altro, occorrerebbe sapere se anche il socio in questione (oltre l’amministratore, come previsto dall’art. 2475 bis bis c.c.) abbia o meno la rappresentanza legale della società. In difetto di quest’ultima, non è detto sia ipotizzabile un reato (a meno che non siano stati fatti documenti falsi o altro): potrebbe infatti semplicemente trattarsi di una questione civilistica rientrante nella fattispecie di cui all’art. 1398 c.c. (rappresentanza senza potere, falsus procurator).
In tale ultimo caso, la giurisprudenza prevalente di Cassazione ha evidenziato che “il contratto concluso dal rappresentante senza potere non è nullo e neppure annullabile, ma è soltanto inefficace, e configura tutt'al più fattispecie in via di formazione, fino all'eventuale ratifica da parte del rappresentato. Pertanto l'inefficacia degli atti compiuti dal rappresentante senza potere è quindi rilevabile solo su eccezione del rappresentato e non d'ufficio" (sentenza n.8152/2014).
In altra più recente pronuncia, la Suprema Corte ha ribadito tale assunto affermando che: “ il negozio compiuto dal falsus procurator non è invalido, essendo solo a formazione successiva, considerato che il dominus può ratificare e fare propri gli effetti del negozio concluso in suo nome con effetti retroattivi. La ratifica, pertanto, ha la funzione di sanare ex tunc gli atti compiuti dal falsus procurator ovvero da colui che abbia agito nella qualità di rappresentante ma in difetto del potere conferitogli dal rappresentato.” (Cass.2403/2016).
Di contro, profili penali sarebbero ravvisabili qualora il prestanome abbia in qualche modo posto in essere atti integranti un reato sia sotto il profilo oggettivo che quello soggettivo.
Ad esempio, laddove “al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, abbia indotto taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona , o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici (art. 494 codice penale).
Oppure laddove abbia posto in essere degli artifizi o raggiri che integrino il reato di truffa (art. 640 c.p.).
In caso poi abbia concluso contatti usurari, ricordiamo che ai sensi dell’art. 1815 c.c. secondo comma: “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

Alla luce di quanto precede, sulla base della situazione prospettata nel quesito, possiamo affermare quindi che presentare una querela sarebbe in linea teorica possibile ma occorrerebbe prima verificare che tipo di atti abbia posto in essere il prestanome.
Infatti, laddove non sia ravvisabile alcuna condotta che presenti gli elementi di un reato (documenti alterati, sostituzione di persona, artifizi o raggiri ecc.ecc.) una querela eventualmente presentata sarebbe destinata all’archiviazione.
In aggiunta e/o alternativa, suggeriamo comunque di inviare intanto una diffida scritta al prestanome (raccomandata a/r o pec) in cui viene rappresentato di non aver autorizzato alcun atto e/o assunzione di obbligazione, con riserva espressa di tutela legale anche a fini risarcitori. Ciò è consigliabile farlo anche laddove il prestanome non ritiri la corrispondenza.
Inoltre, sarebbe opportuno comunicare quanto precede anche ai soggetti che avrebbero concluso contratti con il predetto prestanome, tipo le banche.

ANTONIO L. chiede
venerdì 19/10/2018 - Calabria
“Articolo 1398 CC - Rappresentanza senza potere. Richiesta parere.
In costanza di una conduzione in fitto di un bene sotto sequestro ad una srl, in seguito ad archiviazione del procedimento penale, i custodi, in difformità al contratto (trattandosi di bene sequestrato, il prosieguo della locazione non era possibile), hanno consegnato il bene sequestrato con verbale di consegna e prosieguo del contratto fino alla scadenza. Il verbale, da parte conduttrice, è stato firmato da un falso procuratore generale, non identificato dai custodi e dal locatore, in quanto persona conosciuta come socio (factotum) ma non nella qualità.
Alla scadenza il bene non è stato consegnato, in modo pretestuoso.
Successivamente nell’ aprile 2017, viene raggiunto un accordo sulla consegna del bene. Tale accordo, che prevedeva la consegna a fine 2017, viene sempre firmato dal “falsus procurator” e la scadenza, non rispettata, viene protratta per altri due mesi e 9 giorni.
Il giorno successivo alla consegna delle chiavi, da parte locataria, viene eseguita, in assenza del falso procuratore invitato telefonicamente, una perizia sullo stato dei luoghi, che evidenzia danni di consistenza importante e ammanchi di entità importante.
In data 31/05/2018, tale perizia viene inviata a ½ pec alla srl che, in assenza di risposta, viene diffidata ad adempiere da parte della scrivente, in data 8/06/2018.
In data 14/06/2018, a firma di nominativo non noto, la locatrice contesta integralmente la nostra diffida del 8/6/2018 e si appella al successivo accordo firmato dal “falsus procurator”, non rispettato nella scadenza e, forse, motivo di nullità.
Confusi, in data 25/06/2018 a 1/2 PEC, dopo l’analisi di un recente camerale, abbiamo chiesto, in data 29/6/2018 con lettera firmata digitalmente, ragguagli sui poteri del “falsus procurator” in seno alla società …..srl, ribadendo che in mancanza ci saremmo attivati per la rifusione dei danni causati da un rappresentante senza poteri. Tale richiesta non ha avuto riscontro da parte della srl conduttrice dell’immobile.

Tenuto conto di quanto esposto si chiede;
1. La valenza del verbale di consegna del capannone da parte dei custodi, firmata da falso procuratore, in presenza di accettazione da parte nostra,in buona fede, del bene;
2. La valenza dell’accordo successivo (aprile 2017), non rispettato nella scadenza da parte locatrice che consegna il bene con oltre due mesi di ritardo;
3. Si può presumere il disconoscimento del “falsus procurator” da parte locatrice, in assenza di risposta alla nostra del 29/06/2018 e relativa documentazione sui poteri del falso procuratore, non presenti nel camerale;
4. Si possono chiedere i danni e il pagamento del fitto condonato in seguito ad accordo (aprile 2017) per il rilascio bonario dell’immobile in data dicembre 2017; in quanto accordo non rispettato nella scadenza e sottoscritto da socio privo di poteri;
5. La locatrice può far suo quanto sottoscritto dal falso procuratore; se si i tempi di prescrizione.
In attesa di risposta, suffragata di pronunciamenti della suprema Corte, si porgono saluti.”
Consulenza legale i 30/10/2018
Al di là di tutti i particolari che vengono riportati nel quesito posto, la problematica fondamentale che qui va affrontata è quella degli effetti che possono avere gli atti compiuti da colui che agisce nell’interesse di un altro soggetto, sia esso persona fisica o giuridica, senza averne i poteri.

Tuttavia, prima di affrontare tale problematica, occorre prestare bene attenzione agli atti che il soggetto, qualificato come falsus procurator, ha in questo caso posto in essere.

Il primo di essi è consistito nell’aver preso parte ad un verbale di consegna di bene immobile (un capannone) già detenuto a titolo di locazione dalla società conduttrice.

E’ questa un’attività che può definirsi di carattere puramente materiale, per la quale non occorre un vero e proprio potere rappresentativo nei confronti del soggetto in favore del quale la medesima viene realizzata, e che pertanto si ritiene sia stata legittimamente e validamente posta in essere dal colui che è risultato extraneus alla società conduttrice e che, relativamente a quest’ultima, non ha dichiarato la qualità che rivestiva.

In una simile attività non può intravedersi alcun carattere negoziale, essendosi quel soggetto limitato a ricevere in consegna il bene dai custodi giudiziari, consegna che, si ripete, si ritiene debba considerarsi posta in essere sulla base di quel contratto di locazione già in essere ed in precedenza stipulato tra la società conduttrice e la srl, a cui poi il bene era stato sequestrato.

Peraltro, si dice nel quesito che il c.d. factotum non ha dichiarato di agire “nella qualità” (si lascia intendere di socio o di rappresentante della società), il che induce a maggior ragione a dover escludere che si possa dire di essere in presenza di un rappresentante senza poteri o falsus procurator, poiché non vi è stata alcuna spendita di nome della società (il factotum non si è neppure qualificato).

Semmai, si ritiene sia più corretto intravedere nell’attività dallo stesso compiuta un’ipotesi di gestione di affari altrui, disciplinata dall’art. 2028 del c.c., ai sensi del quale è ammissibile che taluno, senza esservi obbligato, assuma scientemente la gestione di un affare altrui, conducendola a termine, quantomeno finché la parte nel cui interesse quella attività è stata posta in essere non sia in grado di provvedervi da se stesso.

In questo caso l’attività è consistita e si è esaurita solamente nel prendere in consegna un bene che già la società conduttrice avrebbe dovuto detenere in forza di regolare contratto di locazione e che si presume le sia stato solo temporaneamente sottratto a seguito del sequestro e restituito dai custodi giudiziari, per il tramite del factotum, ma pur sempre nella vigenza ed in forza dell’originario contratto.

Pertanto, ogni ritardo nella riconsegna del bene non sarà da addebitare al factotum che lo ha preso in consegna, ma esclusivamente alla società conduttrice.

Circa gli effetti giuridici degli atti posti in essere da colui che il legislatore definisce come gestore d’affari, va detto che essi devono farsi rientrare in quegli “altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico”, di cui si parla all’art. 1173 del c.c.

Ciò porta a ritenere senza alcun dubbio valido il verbale di consegna sottoscritto dal factotum (che si può più correttamente qualificare come gestore d’affari altrui) e dai custodi giudiziari, verbale da cui ne è potuta conseguire, sul piano fattuale, la prosecuzione nel rapporto di locazione ancora vigente, considerato che da nessuna parte risulta che i custodi abbiano sciolto quel contratto.

Qualche dubbio, invece, potrebbe sorgere sulla valenza del successivo accordo con cui è stata prorogata la consegna del bene ad una data successiva alla scadenza contrattuale, bene che tuttavia, ci si permette di osservare, veniva già detenuto abusivamente dalla società conduttrice e come tale ha continuato a detenerlo a seguito di quell’accordo.

Tale ultimo comportamento si ritiene, tuttavia, sia più che sufficiente per intravedere anche nella conclusione di quest’accordo un’attività gestoria di affari altrui, fatta successivamente propria dalla parte interessata (la società conduttrice), che ha continuato ad occupare il bene.

E’ il caso di sottolineare che, per quanto concerne l’ambito di applicazione di tale istituto giuridico (la gestione di affari altrui), essa può riguardare qualunque tipologia di atto giuridico, sia atti materiali che veri e propri negozi giuridici; secondo la tesi prevalente, infatti, il gestore non incontra alcun limite qualitativo e quantitativo nel compimento dei propri atti, potendo gestire qualunque affare altrui purché abbia carattere patrimoniale.
Sulla scorta di tale tesi si è sostenuto che egli possa compiere tanto atti di ordinaria quanto di straordinaria amministrazione; in questo caso è chiaro che si tratterebbe di un atto di ordinaria amministrazione, poiché dall’attività del gestore ne è dipesa in ogni caso la prosecuzione nella detenzione di un immobile per un periodo non superiore a nove anni (periodo oltre il quale la locazione assume natura di atto di straordinaria amministrazione).

Venendo adesso al punto nodale della questione, ossia quello della possibilità di avanzare una richiesta di risarcimento danni per ritardo nella consegna del bene e per danni materiali arrecati all’immobile, si ritiene che non possano esservi difficoltà al riguardo.

A prescindere dal ruolo che può aver assunto colui che ha preso in consegna il bene, una cosa è certa:
  1. quel bene è stato consegnato dai custodi giudiziari in adempimento di un precedente contratto di locazione, che non risulta mai essere stato sciolto;
  2. la società conduttrice si presume abbia continuato regolarmente ad occupare l’immobile, preso in consegna dal factotum, non avendo mai esercitato alcun recesso contrattuale dal contratto di locazione ed avendo, con l’occupazione, fatto proprio l’operato del gestore d’affari “sconosciuto”-

Tali elementi sono più che sufficienti per agire in giudizio contro la medesima società conduttrice e richiedere sia i canoni non corrisposti per il periodo di occupazione abusiva sia il risarcimento dei danni risultanti da perizia; entrambe le obbligazioni troveranno la loro fonte negli artt. 1590 e 1591 c.c. (si vedano in tal senso, tra le tante, Cass. n. 6291/1995; Cass. n. 6417/1998; Cass. n. 8913/2002; Cass. n. 14608/2004; Cass. n. 2525/2006; Cass. n. 7499/2007; Cass. n. 12962 del 14.6.2011).

Per quanto concerne i termini di prescrizione, trattandosi di obbligazioni derivanti da un contratto di locazione, varrà il termine di prescrizione quinquennale previsto dal n. 3 dell’art. 2948 del c.c..


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