AUTORE:
Elisa Cofano
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą Cattolica del Sacro Cuore di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Un’analisi accurata della tutela dei terzi nei procedimenti di s.c.i.a. non può che partire da un dato evidente: la garanzia dei terzi costituisce il discrimen tra diritto pubblico e diritto comune ed è proprio in materia edilizia che il tema della tutela dei terzi è ora più che mai al centro di dibattito, poiché in questo ambito il contenzioso trova ampio spazio di espressione, essendo caratterizzato più di altri da una dialettica tra opposti interessi. Del resto, la peculiarità e la portata innovatrice dell’istituto della s.c.i.a., nato come strumento di semplificazione dell’attività amministrativa, atto quantomeno ad attenuare la crisi di efficienza della pubblica amministrazione, risiede nell’effetto prodotto nel panorama dottrinale e giurisprudenziale fin dalla sua entrata in vigore.
Dubbi interpretativi hanno visto affiancarsi eterogenee soluzioni ermeneutiche, spesso tra loro divergenti, ed una successiva altrettanto cospicua legislazione è andata a disciplinare fattispecie particolari correlate alla figura della segnalazione certificata. Ne deriva che le numerose variazioni prodotte e l’ampio dibattito sull’utilità e l’effettività dell’istituto rendono tutt’altro che agevole la trattazione della tematica della s.c.i.a., che presa nel suo complesso ha rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” sia nel modo di intendere il rapporto tra privato e pubblica amministrazione sia in relazione ai principi generali governanti la materia.
È bene sottolineare un aspetto che ritornerà spesso nella trattazione: il quadro strutturato a seguito delle riforme susseguitesi dal Novanta in poi non elimina affatto il potere della pubblica amministrazione in merito al controllo delle attività private, in quanto dinanzi all’attività liberalizzata e semplificata nei suoi aspetti procedimentali residuano pur sempre ben specifici poteri in capo alla p.a., attraverso il controllo ex post dei requisiti che, solo se sussistenti, legittimano l’attività privata.
Proprio al fine di comprendere tale complicato quadro normativo, si affronterà la questione dapprima fornendo un quadro storico dell’evoluzione normativa dell’istituto, per poi entrare nel merito della disciplina e dei dubbi interpretativi generati dalla stessa.
Il percorso analitico mantiene, infatti, come filo conduttore, la disamina delle principali pronunce della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, attraverso l’analisi di operatori di sistema di notorio rilievo, per poi trarne soggettive considerazioni.
Come si avrà modo di vedere, per rispondere alla maggior parte degli interrogativi sul tema, preliminare questione da affrontare sarà la qualificazione giuridica dell’istituto: se semplice atto privato - sia oggettivamente che soggettivamente - oppure provvedimento tacito - oggettivamente e soggettivamente amministrativo -; se ne dedurrà dalla risposta tanto l’ascrizione della s.c.i.a. tra gli istituti o di semplificazione dell’attività amministrativa o di liberalizzazione delle attività private quanto il regime di tutela nei confronti del terzo e le azioni da lui esperibili.
Conseguenze applicative avrà anche il confronto tra la s.c.i.a. e l’istituto del silenzio-assenso per comprendere se la prima rappresenti o meno un’altra forma attraverso cui la p.a. esprima tacitamente il suo consenso sull’esercizio di una data attività.
Il problema della legittimità costituzionale dell’articolo 19 della legge del 1990, n. 241 - costante punto di riferimento di questa trattazione - e le richieste della stessa Corte costituzionale, affinché il lavoro del legislatore continui in un’ottica di precisazione per colmare i vuoti della disciplina, dimostrano che si è davanti ad un percorso ancora in itinere.
Tra le più significative manovre di riforma si annovera senza dubbio la legge del 2015, n. 124 - c.d. riforma Madia -, la quale ha avuto il merito di mettere in luce alcune importanti zone d’ombra della materia, ma - come si apprenderà presto nel corso dell’analisi - anche questo intervento riformatore, eliminando alcune falle, ne andò ad aprire altre.
Del resto, la recente mole di materiale sull’argomento è dimostrativa tanto dell’attuale interesse suscitato dalla disamina dell’argomento quanto della difficoltà di garantire un’univoca retta direttiva che chiarifichi semel pro semper gli innumerevoli interrogativi ancora irrisolti.
Per tutte queste ragioni il tema verrà affrontato prospettando non solo tutte le problematiche emerse, ma anche tutte o - quantomeno - le principali teorie, che hanno tentato in vario modo di districare una normativa spesso frettolosamente confusa e generica, avente sovente come conseguenza quella di non riuscire a pervenire per molti degli interrogativi sollevati ad un’unica soluzione.
Dubbi interpretativi hanno visto affiancarsi eterogenee soluzioni ermeneutiche, spesso tra loro divergenti, ed una successiva altrettanto cospicua legislazione è andata a disciplinare fattispecie particolari correlate alla figura della segnalazione certificata. Ne deriva che le numerose variazioni prodotte e l’ampio dibattito sull’utilità e l’effettività dell’istituto rendono tutt’altro che agevole la trattazione della tematica della s.c.i.a., che presa nel suo complesso ha rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” sia nel modo di intendere il rapporto tra privato e pubblica amministrazione sia in relazione ai principi generali governanti la materia.
È bene sottolineare un aspetto che ritornerà spesso nella trattazione: il quadro strutturato a seguito delle riforme susseguitesi dal Novanta in poi non elimina affatto il potere della pubblica amministrazione in merito al controllo delle attività private, in quanto dinanzi all’attività liberalizzata e semplificata nei suoi aspetti procedimentali residuano pur sempre ben specifici poteri in capo alla p.a., attraverso il controllo ex post dei requisiti che, solo se sussistenti, legittimano l’attività privata.
Proprio al fine di comprendere tale complicato quadro normativo, si affronterà la questione dapprima fornendo un quadro storico dell’evoluzione normativa dell’istituto, per poi entrare nel merito della disciplina e dei dubbi interpretativi generati dalla stessa.
Il percorso analitico mantiene, infatti, come filo conduttore, la disamina delle principali pronunce della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, attraverso l’analisi di operatori di sistema di notorio rilievo, per poi trarne soggettive considerazioni.
Come si avrà modo di vedere, per rispondere alla maggior parte degli interrogativi sul tema, preliminare questione da affrontare sarà la qualificazione giuridica dell’istituto: se semplice atto privato - sia oggettivamente che soggettivamente - oppure provvedimento tacito - oggettivamente e soggettivamente amministrativo -; se ne dedurrà dalla risposta tanto l’ascrizione della s.c.i.a. tra gli istituti o di semplificazione dell’attività amministrativa o di liberalizzazione delle attività private quanto il regime di tutela nei confronti del terzo e le azioni da lui esperibili.
Conseguenze applicative avrà anche il confronto tra la s.c.i.a. e l’istituto del silenzio-assenso per comprendere se la prima rappresenti o meno un’altra forma attraverso cui la p.a. esprima tacitamente il suo consenso sull’esercizio di una data attività.
Il problema della legittimità costituzionale dell’articolo 19 della legge del 1990, n. 241 - costante punto di riferimento di questa trattazione - e le richieste della stessa Corte costituzionale, affinché il lavoro del legislatore continui in un’ottica di precisazione per colmare i vuoti della disciplina, dimostrano che si è davanti ad un percorso ancora in itinere.
Tra le più significative manovre di riforma si annovera senza dubbio la legge del 2015, n. 124 - c.d. riforma Madia -, la quale ha avuto il merito di mettere in luce alcune importanti zone d’ombra della materia, ma - come si apprenderà presto nel corso dell’analisi - anche questo intervento riformatore, eliminando alcune falle, ne andò ad aprire altre.
Del resto, la recente mole di materiale sull’argomento è dimostrativa tanto dell’attuale interesse suscitato dalla disamina dell’argomento quanto della difficoltà di garantire un’univoca retta direttiva che chiarifichi semel pro semper gli innumerevoli interrogativi ancora irrisolti.
Per tutte queste ragioni il tema verrà affrontato prospettando non solo tutte le problematiche emerse, ma anche tutte o - quantomeno - le principali teorie, che hanno tentato in vario modo di districare una normativa spesso frettolosamente confusa e generica, avente sovente come conseguenza quella di non riuscire a pervenire per molti degli interrogativi sollevati ad un’unica soluzione.