Il dipendente può utilizzare il periodo di congedo per una vacanza personale?
Il congedo straordinario è il periodo massimo di due anni nel corso del quale il lavoratore, che assiste un familiare con disabilità grave ai sensi del comma 3 dell’art. 3 della legge 104, può assentarsi dal lavoro al fine di garantire una maggiore assistenza al disabile.
Peraltro, è un periodo di assenza retribuito (ossia, durante il congedo, il dipendente riceve un’indennità economica) e coperto da contribuzione figurativa ai fini della pensione.
In linea generale, l’art. 3, comma 1 della Legge 104 precisa chi può godere delle agevolazioni 104. Si tratta di coloro che hanno una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabile o destinata ad aggravarsi con il tempo. Questa minorazione deve essere causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione sul posto di lavoro e deve determinare emarginazione o svantaggio sociale.
Il successivo comma 3 dell’art. 3 disciplina il caso dei disabili gravi. In particolare, la disabilità acquista un carattere di gravità quando, in relazione all’età del soggetto, la minorazione ha ridotto l’autonomia personale e ha reso necessaria un’assistenza generale, permanente e continuativa.
Dunque, è possibile fare una vacanza durante il congedo 104?
Il dipendente ha l’obbligo di comportarsi in modo tale da non violare quanto previsto dalla normativa e realizzare lo scopo per cui il congedo straordinario viene riconosciuto: ossia, assicurare una maggiore assistenza al familiare disabile grave.
Detto in parole povere, il lavoratore non può utilizzare il congedo straordinario per farsi una vacanza personale perché, semplicemente, ciò vorrebbe dire affidare temporaneamente il disabile a qualcuno o, addirittura, abbandonarlo a se stesso per qualche tempo.
Questo comportamento non solo non è compatibile con le finalità dei benefici 104, ma può anche esporre al pericolo di una denuncia per la commissione di un reato.
Cosa si rischia a fare un viaggio di piacere mentre si usufruisce del congedo 104?
È chiaro che un discorso diverso va fatto quando il lavoratore deve accompagnare il disabile in vacanza per bisogni propri di quest’ultimo (ad esempio, esigenze di salute o su consiglio del medico). Qui, la situazione cambia completamente.
Infatti, la normativa non vieta al lavoratore di muoversi con il disabile. Quindi, in questo caso, è legittimo usare il congedo straordinario per accudire il familiare con disabilità durante il soggiorno, ma sempre a condizione che l’assistenza sia costante ed effettiva e non venga delegata ad altri soggetti.
Peraltro, garantire un’assistenza sistematica non determina, per il lavoratore, l’obbligo di assistere il disabile in modo continuativo, 24 ore su 24. Come precisato dalla Corte di Cassazione, la legge richiede, piuttosto, un’assistenza che venga prestata in modo costante e con la flessibilità dovuta anche ai bisogni del lavoratore.
Di conseguenza, mentre usufruisce dei periodi di congedo straordinario, il lavoratore può prendersi dei momenti di riposo per riprendersi dallo sforzo che l’assistenza ad un disabile grave può portare. Tuttavia, deve trattarsi di un’assenza temporanea. D’altra parte, un’assenza, che si estende per molto tempo, non può certamente essere conciliabile con un'attività di assistenza costante.
Quindi, quale reato si commette se si sfrutta il congedo 104 per farsi una vacanza?
Quando il lavoratore utilizza il periodo di congedo straordinario per farsi un viaggio personale e non presta alcuna assistenza al disabile, corre un bel rischio poiché sta commettendo un reato. Il pericolo è quello di essere denunciato per il reato di truffa aggravata.
In conclusione, l’importante è avere comportanti che siano compatibili con le finalità che la Legge 104 si è prefissata con la misura del congedo straordinario: cioè, facilitare il lavoratore al fine di garantire un’assistenza costante ed effettiva al disabile grave.