Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 491 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito

Dispositivo dell'art. 491 Codice Penale

Se alcuna delle falsità prevedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo(1), ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata(2) o al portatore(3), e il fatto è commesso al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476 e nell'articolo 482.

Nel caso di contraffazione o alterazione degli atti di cui al primo comma, chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsità, soggiace alla pena stabilita nell'articolo 489 per l'uso di atto pubblico falso(4).

Note

(1) Si tratta di una particolare forma di testamento (art.602) che viene prodotta dal testatore senza l'ausilio di un notaio.
(2) In tali titoli di credito rientrano la cambiale, gli assegni bancari, le fedi di credito degli istituti di emissione, le fatture girabili, le fedi di deposito e le note di pegno, le lettere di vettura e le polizze di carico, i vaglia postali e telegrafici, i prestiti a cambio marittimo.
(3) Vengono definiti al portatore quei titoli che si trasferiscono mediante semplice consegna, ad eccezione di quelli emessi da governi e da istituti di emissione che dall'art. 458 sono equiparati alla moneta.
(4) Articolo modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.

Ratio Legis

La norma, che disciplina un'aggravante speciale del reato di falsità in scrittura privata di cui all'art. 485, trova la propria ratio nella necessità di tutelare atti privati quali il testamento olografo e i titoli di credito, considerati di grande importanza.

Spiegazione dell'art. 491 Codice Penale

La disposizione in oggetto opera una equiparazione, agli effetti della legge penale, tra gli atti pubblici (e scritture private) e altri documenti considerati di fondamentale importanza per il mondo dei traffici giuridici.

Tramite tale equiparazione, la falsità materiale commessa sui testamenti olografi, sulle cambialio su altri titoli di credito trasmissibili per girata non viene punita come mera falsità in scrittura privata ex art. 485, bensì come falsità materiale in atto pubblico (art. 476) o come falsità materiale commessa dal privato (art. 482), a seconda che il colpevole sia un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni oppure un comune cittadino (o un p.u. al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni).

Parimenti, a chi semplicemente faccia uso delle scritture predette senza concorrere nella contraffazione, soggiace alla pena stabilita dall'articolo 489, sempre per via della maggiore importanza attribuita a tali scritture o titoli dal legislatore.

Massime relative all'art. 491 Codice Penale

Cass. pen. n. 29567/2019

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen. ad opera del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, la condotta di falsificazione di un assegno circolare non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale, integrando un mero illecito civile, atteso che detto assegno è per sua natura non trasferibile.

Cass. pen. n. 39046/2019

In tema di falso, la contraffazione o alterazione di certificati di deposito bancario a scadenza vincolata, emessi dagli istituti bancari ai sensi dell'art. 12, comma 6, d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, integra il delitto di cui all'art. 491 cod. pen., trattandosi di titoli trasferibili.

Cass. pen. n. 15666/2019

La falsificazione materiale di un testamento olografo che istituisce l'agente quale erede universale del "de cuius" produce immediatamente l'acquisizione delle situazioni soggettive patrimoniali correlate a tale "status", ai sensi dell'art. 588 cod. civ., conseguendone che il delitto di cui all'art. 491 cod. pen. non può concorrere, in tal caso, con quello di truffa, che si presenta strutturalmente incompatibile in quanto richiede che l'arricchimento dell'agente derivi da un atto dispositivo della vittima, al quale questa sia stata indotta da artifici o raggiri.

Cass. pen. n. 25914/2018

In tema di reato di falsità in titoli di credito, la persona offesa dal reato coincide non soltanto con il soggetto al quale sia stata falsamente attribuita l'emissione dell'atto falsificato, ma anche con la persona che abbia ricevuto comunque un danno per l'uso che in concreto sia stato fatto del titolo poiché il reato in questione richiede, per la sua consumazione, non solo l'attività di formazione del titolo falso o l'alterazione del titolo vero, ma anche il successivo uso del titolo di credito falsificato.

Cass. pen. n. 20437/2018

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen., la condotta di falsificazione di un libretto postale non è più soggetta a sanzione penale. (In motivazione la Corte ha precisato che la negoziazione di buoni fruttiferi da parte di Poste S.p.a costituisce servizio di tipo bancario, disciplinato dal diritto privato, sicché tali documenti non possono essere considerati come titoli di credito trasmissibili per girata ex art. 491 cod. pen.).

Cass. pen. n. 14628/2018

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen. ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016, la condotta di falsificazione di assegno bancario avente clausola di non trasferibilità non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata.

Cass. pen. n. 13086/2018

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen. ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non traferibilità, in quanto il titolo è comunque girabile per l'incasso (c.d. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell'impiegato della banca e dell'istituto da questi rappresentato.

Cass. pen. n. 36670/2017

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen. ad opera del D.L.vo 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è comunque girabile per l'incasso (cd. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell'impiegato della banca e dell'istituto da questi rappresentato.

Cass. pen. n. 11999/2017

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen. ad opera del D.Lgs. n. 7 del 2016, la condotta di falsificazione di assegno bancario avente clausola di non trasferibilità non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata.

Cass. pen. n. 26812/2016

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen., da parte del d. lgs. n. 7 del 2016, la rilevanza penale dell'attività di falsificazione (ovvero utilizzazione dell'atto falso), realizzata secondo le modalità previste dagli articoli che precedono il predetto art. 491, è circoscritta alle scritture private indicate da quest'ultimo (testamento olografo, cambiale e titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore), sempre che il fine avuto di mira dall'agente sia quello di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno. (Fattispecie in tema di cambiali).

Cass. pen. n. 36911/2011

Vi è concorso formale tra il reato di falsità in titoli di credito e quello di ricettazione degli stessi, non solo perché non vi è alcun rapporto di continenza e quindi non si pone un problema di alternatività o specialità tra i due reati, ma anche in considerazione della diversità dei beni penalmente protetti dalle due fattispecie.

Cass. pen. n. 26493/2007

In tema di reato di falso in titoli di credito, persona offesa è non solo il soggetto a cui sia falsamente attribuita l'emissione dell'atto falsificato, ma anche quello che abbia ricevuto comunque un danno per l'uso in concreto fatto del titolo. (Nella specie la Corte ha riconosciuto la qualità di persona offesa del reato a Poste italiane s.p.a., in cui favore erano stato emessi dalla banca Commerciale Italiana quattro assegni circolari poi contraffatti).

Cass. pen. n. 19502/2006

In tema di falso, i certificati di deposito al portatore emessi da un istituto bancario non rientrano nella previsione di cui all'art. 458, secondo comma c.p., essendo configurabili, in relazione alla loro eventuale contraffazione o alterazione, esclusivamente i reati previsti dall'art. 491 c.p.

Cass. pen. n. 12711/2003

In tema di reati di falsità in titolo di credito, previsti dagli artt. 485 e 491 c.p., per persona offesa dal reato deve intendersi non soltanto il soggetto al quale sia stata falsamente attribuita l'emissione dell'atto falsificato, ma anche la persona che abbia ricevuto comunque un danno per l'uso che in concreto sia stato fatto del titolo.(Nella specie, la Corte ha riconosciuto la qualità di persona offesa, legittimata a presentare la querela ex art. 493 bis c.p., al beneficiario che aveva presentato all'incasso un assegno falsificato).

Cass. pen. n. 3925/2003

Il momento consumativo del delitto di falso materiale in cambiali è quello in cui si fa, per la prima volta, uso del titolo, vale a dire quando esso esce dalla sfera di disponibilità dell'agente, producendo i suoi effetti giuridici all'esterno nei confronti dei terzi, come nella ipotesi in cui venga presentata per lo sconto ad un istituto bancario.

Cass. pen. n. 10363/1999

In tema di falso in cambiale, il termine per la proposizione della querela decorre non dal momento in cui il soggetto legittimato ad avanzare l'istanza di punizione viene genericamente informato della messa in circolazione di un titolo ad apparente sua firma, ma dal momento in cui egli ha conoscenza degli estremi del titolo, anche per poterne riconoscere o disconoscere la sottoscrizione.

Cass. pen. n. 881/1999

In tema di emissione di assegno bancario, quando la firma di traenza risulti essere stata falsificata (tanto che sia riferibile al titolare del conto, quanto ad altra persona), ovvero venga apposta firma di persona inesistente, il rapporto tra il correntista e l'istituto di credito viene ad essere illecitamente strumentalizzato, con la conseguenza che, difettando la autorizzazione alla emissione del titolo, si configura sia il reato di falso in titolo di credito (non punibile tuttavia quando la firma apposta sia quella di persona inesistente), sia quello di emissione di assegno senza autorizzazione.

Cass. pen. n. 5427/1993

Colui che emette un assegno bancario, falsificando la firma del titolare del conto corrente risponde del delitto di falso previsto agli artt. 485 e 491 c.p. e non anche di quello di emissione di assegno senza autorizzazione. Ciò perché l'agente, ricorrendo alla falsificazione, si avvale del rapporto che lega il titolare del conto all'istituto di credito, ossia dell'autorizzazione del trattario, mentre il reato di cui all'art. 1, L. 15 dicembre 1990, n. 386, non diversamente dall'art. 116, n. 1 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, postula che l'emittente apponga la firma propria sul titolo, senza essere legato all'istituto di credito dal rapporto di conto corrente.

Cass. pen. n. 9034/1990

Commette il delitto di falsità in titoli di credito, punito dagli artt. 485-491 c.p., colui che sottoscrive per quietanza assegni bancari non trasferibili, intestati ad un omonimo, consegnatigli per errore dal portalettere.

Cass. pen. n. 5394/1989

La nullità di un determinato negozio non incide in alcun modo sulla sua natura giuridica, che deriva dalla sua particolare struttura e dal suo contenuto; pertanto, costituisce in ogni caso testamento olografo — equiparato, quoad penam, all'atto pubblico, per il combinato disposto degli artt. 491 c.p. e 587 c.c. — qualsiasi manifestazione di volontà, estrinsecatasi nella forma di cui all'art. 602 c.c., con la quale — secondo la definizione dell'art. 587 c.c. — «taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse». (Nella specie il ricorrente pretendeva che la nullità della scheda equivalesse ad escludere la sua natura testamentaria, con la conseguenza che si verteva in falso in scrittura privata non testamentaria).

Cass. pen. n. 4790/1988

Il falso in titoli di credito è reato di pericolo che ha per oggetto la mera possibilità della lesione giuridica dell'oggetto della tutela penale, tant'è che non è configurabile neppure l'ipotesi del tentativo.

Cass. pen. n. 5540/1982

Il reato di falsità in titolo di credito è, per effetto dell'art. 493 bis c.p., divenuto punibile a querela della persona offesa, come si evince dal capoverso della citata disposizione, la quale mantiene la procedibilità d'ufficio per le falsità concernenti un testamento olografo; sicché tale enucleazione, avente carattere di eccezione, testimonia che le falsità sulle altre scritture private equiparate agli atti pubblici quoad poenam sono punibili solo a seguito della privata doglianza.

Cass. pen. n. 465/1982

I documenti menzionati dall'art. 491 c.p. sono equiparati agli atti pubblici ai soli effetti della pena, mentre conservano i caratteri intrinseci della scrittura privata agli effetti dell'integrazione degli elementi costitutivi del reato.

In tema di falso per alterazione di titoli di credito, l'oggetto della tutela penale è costituito dall'affidamento dei terzi sugli elementi apparenti del titolo. Pertanto, in caso di modificazione o alterazione della data di emissione di un assegno bancario, operata dal prenditore del titolo, al fine di ottenere innanzi tempo la valuta, sussiste il falso in titoli di credito, ai sensi degli artt. 485 e 495 c.p., giacché per effetto di tale alterazione l'assegno viene ad esprimere un fatto diverso da quello che esprimeva nel suo tenore originario. In detto caso, ai fini della pretesa irrilevanza penale dell'alterazione in questione, non è applicabile il secondo comma dell'art. 31 R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, secondo cui l'assegno bancario presentato al pagamento prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno stesso della presentazione, in quanto la citata disposizione si riferisce alle sole ipotesi in cui la post-datazione è da ritenere giustificata. (Il ricorrente aveva dedotto che, poiché il titolo è pagabile indipendentemente dalla data di emissione, nessuna rilevanza può attribuirsi all'alterazione di detta data).

Cass. pen. n. 10265/1981

La legge penale tutela il documento non per il suo contenuto ma per la sua attitudine probatoria. Pertanto, l'invalidità del rapporto giuridico rappresentato nel documento non esclude il delitto di falso. Tale delitto può venir meno soltanto se si tratta di vizi formali che rendono l'atto giuridicamente irrilevante e non anche quando si tratta di vizi che lo rendono annullabile o nullo. Ne deriva che il documento, perché sia insuscettibile di protezione penale, deve essere privo dei requisiti essenziali richiesti dalla legge per il raggiungimento del suo scopo. (Nella specie si trattava di un testamento olografo le cui disposizioni erano colpite da nullità ex art. 692 codice civile abrogato).

Cass. pen. n. 6953/1981

Il fine di procurarsi un vantaggio, nel delitto di falsità in titoli di credito previsto e punito dagli artt. 485 e 491 c.p. sussiste anche nel fatto di chi, falsificando la firma di girata su un assegno di conto corrente, intende superare l'ostacolo frapposto dall'assenza dell'emittente al sollecito riordino dei propri affari e di quelli personali dell'emittente medesimo.

La girata di un assegno bancario in favore di istituto di credito, che, alla stregua della lettera del documento, risulti «piena» e non «per l'incasso», legittima l'istituto medesimo all'esercizio del credito nomine proprio, onde permanendo in tal caso la destinazione del titolo alla circolazione, l'eventuale falsificazione della girata al banchiere è punibile non a norma dell'art. 485, bensì a norma dell'art. 491 c.p.

Cass. pen. n. 6940/1981

La tutela penale predisposta dall'art. 491 c.p. in relazione alla falsità in titoli di credito, ha per oggetto anzitutto la fede pubblica, che rispetto alla norma si pone come interesse primario, ed ha anche per oggetto il diritto di credito che nel titolo è incorporato, con la conseguenza che la lesione di tale diritto patrimoniale deve ritenersi ricompresa nell'ambito della previsione normativa. Ne deriva che l'importo del titolo deve essere preso in considerazione e valutato come «danno», ai fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., quale diminuzione patrimoniale determinata direttamente dall'azione del colpevole con la compiuta falsificazione del titolo e con la sua negoziazione mediante trasferimento ad altri o mediante presentazione per l'incasso.

Cass. pen. n. 4075/1981

Poiché l'uso del documento costituisce parte integrante della condotta criminosa, correttamente si deduce che si è in presenza di una pluralità di reati dal fatto che mentre la falsificazione delle cambiali venne eseguita in un unico contesto di tempo e di azione, il loro uso non avvenne contestualmente.

Cass. pen. n. 344/1981

La falsità di un assegno privo di alcuni elementi essenziali, quali l'indicazione del prenditore, la data e il luogo di emissione, purché munito della sottoscrizione del traente, integra la fattispecie criminosa di cui all'art. 491 c.p., e non già quella meno grave di cui all'art. 485 stesso codice; si ha, infatti, emissione in senso tecnico dell'assegno bancario, indipendentemente dal suo riempimento, per cui le irregolarità, che ai fini civili possano comportarne la nullità, non escludono, agli effetti penali, la particolare tutela predisposta per i titoli all'ordine.

Cass. pen. n. 13301/1980

L'alterazione della cambiale consiste nella sostituzione della data di scadenza originaria con altra più lontana, effettuata dal debitore senza il consenso di tutti i firmatari del titolo al fine di conseguire una proroga del termine di adempimento e, se seguita dall'utilizzazione del titolo stesso, costituisce falsità punibile. In tema di falsità per alterazione dei titoli di credito l'oggetto della tutela penale è dato, infatti, dall'affidamento dei terzi sugli elementi apparenti del titolo e l'arbitraria modifica della data di scadenza è idonea, quanto meno, ad ingenerare nei terzi la convinzione che essa sia stata effettuata prima del rilascio del documento.

Cass. pen. n. 12056/1980

L'art. 491 c.p., che punisce la falsità in titoli di credito, configura, rispetto al delitto di falsità in scrittura privata, una circostanza aggravante e non un'ipotesi autonoma di reato, in quanto i documenti in esso elencati sono equiparati agli atti pubblici soltanto ai fini della pena (con la conseguenza che, anche in relazione alla loro falsificazione, è sempre necessario che ricorrano, per la configurabilità del reato, tutti i requisiti oggettivi e soggettivi, richiesti dall'art. 485 c.p. come fattori di differenziazione della falsità in scrittura privata rispetto alla falsità in atti pubblici) ed in quanto l'elemento che distingue l'ipotesi di cui all'art. 491 da quella di cui all'art. 485, attenendo all'oggetto materiale, non influisce in alcun modo nella struttura tipica del reato, determinando soltanto una variazione in più della pena.

Cass. pen. n. 4400/1980

L'art. 491 c.p., che equipara determinate scritture private agli atti pubblici agli effetti della pena, non richiama accanto all'art. 485 anche l'art. 486, che prevede le falsità — ideologiche e non materiali — commesse in scritture private in bianco. Il legislatore non ha voluto evidentemente inasprire le pene quando trattasi di falsità ideologiche nelle scritture private suddette. Anche in questi casi, pertanto, si applica la pena stabilita nell'art. 486 per tutte le scritture private, senza distinzione alcuna.

Cass. pen. n. 3886/1980

Il delitto di falsità in cambiali, come quello di falsità in scrittura privata in genere, non ammette tentativo perché basta un solo atto di uso per consumarlo.

Cass. pen. n. 2672/1980

In caso di sottoscrizione della cambiale con nome diverso da quello anagrafico il delitto di falso può essere escluso solamente nel caso in cui il diverso nome riveli sicuramente e immediatamente la vera persona dell'autore essendo con tale nome conosciuto nei rapporti sociali. In tal caso, infatti, la sottoscrizione implica un errore sul nome, ma non anche sulla identità della persona dell'autore del titolo.

Cass. pen. n. 2647/1980

Per quanto riguarda la cambiale falsificata, l'uso non si esaurisce nella girata o nella presentazione per l'incasso, ma comprende qualsiasi sua utilizzazione, come il porla a fondamento di un'azione giudiziaria.

Cass. pen. n. 584/1980

Agli effetti del falso documentale è cambiale anche il titolo privo di alcuno dei requisiti prescritti dalla legge, purché contenga la firma dell'emittente e sia trasmissibile per girata (nella specie il titolo mancava dell'espressione «pagherò»).

Cass. pen. n. 371/1980

Il delitto di falsità in cambiale non lede un bene giuridico disponibile bensì un preminente interesse sociale qual è quello della pubblica fede documentale. Conseguentemente non può trovare applicazione l'esimente del consenso dell'avente diritto.

Cass. pen. n. 10955/1978

Il fine di procurarsi un vantaggio, nel delitto di falsità in titoli di credito, previsto e punito dagli artt. 485 e 491 c.p., può riguardare qualsiasi utilità patrimoniale o non patrimoniale, legittima o illegittima, e qualsiasi aspetto delle relazioni sociali. Sussiste pertanto il fine di vantaggio, nel senso predetto, nel fatto di chi, falsificando la firma di girata su un assegno bancario col consenso dell'emittente, vuole evitare il fastidio di recarsi al domicilio di quest'ultimo, oppure rendere un favore allo stesso emittente.

Cass. pen. n. 9447/1978

L'equiparazione quoad poenam dei titoli di credito trasmissibili per girata agli atti pubblici trova la sua giustificazione nella necessità di rafforzare la tutela di documenti che per loro natura sono destinati alla circolazione. Se, pertanto, per effetto di una delle clausole che possono essere apposte sui titoli è soppressa la destinazione alla circolazione, all'atto dell'emissione o successivamente, viene meno la ragione della maggiore tutela penale e il titolo di credito ai fini della falsificazione riacquista la sua intrinseca natura di scrittura privata. Tuttavia, la clausola di intrasferibilità deve essere apposta sul titolo di credito ed è, invece, priva di effetti ai fini della circolazione se è oggetto di una convenzione extracartolare. E pertanto, la cambiale conserva la qualità di titolo di credito trasmissibile per girata, soggetta alla sanzione prevista dall'art. 491 c.p., e non a quella prevista dall'art. 485 c.p., se l'emittente e il prenditore pattuiscono che la cambiale ha scopo di garanzia e non deve essere messa in circolazione senza, però, apporre sul titolo la clausola di intrasferibilità od altre equivalenti. Il patto, difatti, valido tra le parti, non impedisce la circolazione del documento come titolo di credito, non essendo opponibile al legittimo possessore della cambiale.

Cass. pen. n. 608/1978

Ad integrare l'elemento soggettivo del reato di falso in assegno, è sufficiente il semplice scopo di procurare a sé o ad altri una qualsiasi forma di utilità, patrimoniale o non patrimoniale, non essendo richiesto il fine ingiusto di arrecare danno a terzi.

Ai fini della consumazione del delitto di falso in assegni, la condizione dell'uso si verifica con qualsiasi forma di circolazione e di utilizzazione del titolo falsificato, e cioè quando l'assegno esce dalla disponibilità individuale del colpevole per una destinazione ed un impiego giuridicamente rilevanti, collegati al conseguimento di uno degli scopi inerenti alla funzione del titolo (nella specie, la presentazione per l'incasso).

Cass. pen. n. 6873/1976

L'autenticità dei titoli di credito trasferibili mediante girata è tutelata penalmente in vista del pericolo che la loro irregolare circolazione possa ledere anche diritti diversi da quelli dei loro originari negoziatori. Pertanto non vale ad escludere la punibilità del falso il fatto che l'agente si sia servito dell'assegno con la firma apocrifa allo scopo di sventare un tentativo di truffa ai suoi danni.

Cass. pen. n. 537/1973

Il delitto di falsità in cambiale offende non solo il bene primario della pubblica fede, ma anche quello patrimoniale delle persone cui sia stato negoziato il titolo e consente quindi il risarcimento del danno. Pertanto l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. è applicabile al delitto di falso in cambiale solo nell'ipotesi della riparazione del danno e non in quella dell'attivo ravvedimento.

Notizie giuridiche correlate all'articolo

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

Consulenze legali
relative all'articolo 491 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Donatella T. chiede
sabato 08/10/2022 - Lombardia
“Un conoscente di famiglia avvocato, in seguito a consulenza informale fatta a mio marito che aveva ricevuto una denuncia in seguito ad incidente stradale con ferito, gli fece firmare un foglio in bianco (completamente in bianco) dicendogli che l'avrebbe usato per accedere, con la sua autorizzazione che avrebbe provveduto in seguito a compilare, agli atti della polizia relativi all'incidente. Mio marito firmò, in quanto molto agitato e preoccupato, senza rifletterci molto (essendo appunto un conoscente stretto di famiglia e non un estraneo). In seguito decise di non procedere con un avvocato privato (non gli conferì quindi l'incarico), ma di lasciare che se ne occupasse l'assicurazione con i propri legali. Quindi quella firma non servì, ma quel foglio noi non l'abbiamo più visto. Sono passati diversi anni, e noi vorremmo capire cosa potrebbe succedere (questo avvocato potrebbe creare false lettere di testamento o lasciti a suo favore?). Vorremmo capire eventualmente come tutelare ciò che possediamo, visto che ora abbiamo anche due figlie da crescere e siamo abbastanza preoccupati. Viviamo in una casa intestata ai miei suoceri, quindi attualmente non siamo i formali proprietari, ma ci stiamo chiedendo se è necessario (ed eventualmente come dobbiamo fare) adottare qualche provvedimento, pensando al futuro e a quando i suoceri non ci saranno più, e si dovrà parlare di eredità.
Grazie in anticipo e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 14/10/2022
Il foglio sottoscritto da suo marito conteneva una autorizzazione all’avvocato (amico di famiglia) ad effettuare l’accesso, per suo conto, “agli atti della polizia relativi all’incidente”.
Tale incarico consentiva semplicemente al legale di poter ottenere informazioni per il proprio assistito, in suo nome e per suo conto. Che si tratti di un semplice accesso agli atti, o di una richiesta ex art. 335 del c.p.p., per vedere se nei confronti del soggetto sono in corso delle indagini da parte del Pubblico Ministero, tale autorizzazione era comunque limitata a questo.
Di certo, tale foglio non può essere equiparato ad un formale conferimento d’incarico a favore dell’avvocato né, tantomeno, ad una procura alle liti, come già correttamente osservato nel quesito.

Tale documento in bianco contenente la firma di un soggetto potrebbe - tuttavia - astrattamente prestarsi a degli abusi in relazione al suo corretto utilizzo.
Ciononostante, è opportuno operare talune precisazioni, al fine di meglio comprendere l’effettiva portata di tale rischio, e quali ne sarebbero - eventualmente - le conseguenze.

Per riprendere gli esempi posti dal quesito, è bene innanzitutto osservare che il testamento è un negozio unilaterale personalissimo con cui si dispone in vita delle proprie sostanze, per il momento in cui si avrà cessato di vivere. Per prevedere dei lasciti a suo favore, l’avvocato di cui si discute dovrebbe dolosamente falsificare il documento contenente la firma di suo marito, e tale procedimento dovrebbe passare inosservato al notaio che andrà ad aprire la scheda testamentaria, dando esecuzione al testamento. Ciò si rivelerebbe particolarmente difficile in caso di testamento olografo; ricordiamo che il testamento olografo, oltreché sottoscritto dal de cuius, deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal testatore.
Anche il testamento segreto, pur non scritto di pugno dal testatore, potendo essere steso anche da un terzo o dal testatore con mezzi meccanici, deve poi in ogni caso essere consegnato personalmente dal testatore al notaio, che ne accerterà l’identità, in presenza di due testimoni.

Falsificare un testamento, peraltro, espone a conseguenze, civili e penali, di non poco conto.
Innanzitutto, il testamento - che dovesse accertarsi essere falso - sarebbe radicalmente nullo e non potrebbe produrre alcun effetto dal punto di vista civilistico. L'art. 491 del c.p., inoltre, prevede che "se alcuna delle falsità prevedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore e il fatto è commesso al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476 e nell'articolo 482”.

Nel caso in cui si venisse quindi a conoscenza dell’esistenza di un testamento falso, sarebbe possibile sporgere querela ai carabinieri, o anche semplicemente chiedere al giudice civile che dichiari la nullità di tale disposizione testamentaria.

Ragionando in astratto, ciò che potrebbe accadere, semmai, più che la falsificazione di un testamento, che si rivela nella pratica piuttosto complicata, potrebbe essere la compilazione del foglio con - per esempio - un riconoscimento di debito a favore dell’avvocato, del quale sarebbe debitore il marito che ha sottoscritto il foglio.
Anche in tal caso, ovviamente, si tratterebbe chiaramente di una falsificazione, che andrebbe a configurare una ipotesi di reato: falsità materiale commessa dal privato, prevista e disciplinata dall’art. 482 del c.p..

In dottrina si suole parlare, in casi come questi, di “abuso di biancosegno”, intendendosi con tale fattispecie il riempimento di un documento in bianco, e solamente firmato, con contenuti mai veramente concordati.
La Corte di Cassazione si è più volta espressa su casi del genere, distinguendo tra i casi di riempimento abusivo del foglio in bianco contrariamente agli accordi e riempimento abusivo al di fuori di ogni tipo di patto. La prima fattispecie ricorre - come nel caso di specie - quando il sottoscrittore, pur riconoscendo implicitamente la sottoscrizione, intenda denunciare che il riempimento abusivo della scrittura sia avvenuto in un momento successivo, in violazione del patto di riempimento che era stato concordato inizialmente. In tali casi, il riempimento contrario agli accordi della scrittura privata può essere dimostrato con qualsiasi mezzo di prova idoneo in tal senso.
In particolare, in questo caso la scrittura privata è esistente, e il sottoscrittore dispone innanzitutto dell’azione contrattuale di nullità o di annullamento del documento in questione. Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che: “quando la difformità della dichiarazione rispetto alla convenzione sia tale da travolgere qualsiasi collegamento tra la dichiarazione e la sottoscrizione” è necessario esperire la querela di falso. (Cass. II, 27.8.2007, n. 18059). Quindi, nel caso che occupa, per tutelarsi da un eventuale riempimento del documento contrario ai patti, sarebbe necessario valutare anche l’opportunità di promuovere una formale querela di falso avente ad oggetto il documento sottoscritto.

In ogni caso, attualmente poco si può fare per difendersi dagli eventuali comportamenti scorretti, e molto gravi, che l’avvocato in questione potrebbe commettere, poiché nessun comportamento illecito è ancora stato commesso e non esistono specifiche azioni per tutelarsi preventivamente. Si potrebbe valutare semplicemente, e se i rapporti sono ancora buoni, di chiedere all'interessato una bonaria restituzione del documento in questione, ammesso e non concesso che lo stesso sia stato conservato.
Nel caso in cui dovessero insorgere in futuro delle problematiche correlate al cattivo uso del foglio bianco in questione, la cosa migliore sarebbe sicuramente quella di rivolgersi ad un avvocato specializzato nella materia, che possa aiutare il cliente nella migliore e più efficace gestione della vertenza.

Valerio C. chiede
martedì 22/10/2019 - Lombardia
“Avevo una zia che è deceduta nel luglio 2019 senza figli e un marito già defunto, lo stesso giorno la cognata di mia zia ha consegnato a mio fratello ( per opportunità chiamerò A ), in mia presenza ( D ) ed in presenza di sua figlia, una busta chiusa con indicate le sue volontà da consegnare ad un suo condomino in cui era in confidenza. Una volta raggiunta casa di mia zia ( A e D ) per recuperare indumenti e documenti da portare in ospedale, ho chiesto a mio fratello di aprire la busta per verificare se c'erano delle indicazioni per la tumulazione della salma nel cimitero di Varese. Mio fratello per ben 2 volte mi ha risposto "si dopo lo apriamo e vediamo". Poi sono uscito a portare in ospedale quanto di necessario per mia zia. Ci siamo rivisti 1 ora dopo presso l'ag. delle pompe funebri e alla mia richiesta se aveva aperto la busta mi ha risposto di si ma che non c'era niente di particolare solo un lascito di un box a sua figlia. Ho chiesto di vedere il documento e ho notato che era il testamento olografo di mia zia.
Chiedo a questo punto se sia corretto che sia stata aperta la busta indirizzata ad altri da parte di mio fratello (A) e se il fatto di averla aperta non in presenza di altri testimoni sia legalmente corretto ? Tra l'altro nel testamento è stato indicato il lascito del appartamento di mia zia con indicata la via il numero civico corretto ma il n. del piano errato. Chiedo se ci siano i termini legali per farlo invalidare in quanto ho il sospetto che:
1) il testamento originale sia stato sostituito con un altro che risale al 2012, mentre io ero assente (D), in quanto i beneficiari dell'appartamento sono indicati solamente le 3 figlie di mio fratello (A) e il figlio di mio fratello (B) ( noi siamo 4 fratelli A,B,C,D discendenti da parte di mio padre e 7 pronipoti ).
2) nel testamento viene indicato anche come erede di quel rimane sul C/C il suo condomino e destinatario della busta contenente il testamento, tra l'altro lavorava ( adesso è in pensione ) nell'agenzia dove mia zia aveva il c/c e lui stesso aveva la firma per operare sul c/c stesso ( è formalmente corretto ? ).
Tutto questo mi lascia molto perplesso sulle volontà vere di mia zia; il fatto è che gli altri 2 suoi nipoti ( C e D ) non siano stati menzionati nelle volontà. Mia zia soleva spesso dire di stare tranquilli e che avrebbe lasciato ai suoi nipoti (A_B_C_D ) tutti i suoi averi in parti uguali.
Mi può indicare se ci sono elementi utili per poter far invalidare il testamento ?
Attualmente l'originale è in mano a mio fratello (A) che non ha ancora depositato al notaio le volontà di mia zia.
Grazie per la risposta.”
Consulenza legale i 29/10/2019
Una premessa va preliminarmente fatta: poiché la zia è deceduta senza figli e coniuge (e si presume anche senza ascendenti, dato che non viene fatto alcun cenno ad essi), non vi è alcuna quota di eredità da riservare in favore di soggetti c.d. legittimari, non rientrando alcuno dei successibili in tale categoria (per l’art. 536 del c.c. sono tali, per l’appunto, soltanto coniuge, figli e ascendenti).
Inoltre, avendo la zia deciso di redigere testamento con cui individuare i soggetti in favore dei quali sarebbero dovuti essere divisi i suoi beni, non si apre la successione legittima ed è destinata ad operare soltanto quella testamentaria, essendo la volontà del de cuius sovrana.

Fatte queste premesse, il problema che adesso rimane da affrontare è quello della presunta falsità del testamento detenuto dal fratello A, considerato che vi sono alcune circostanze sospette che lasciano presumere che questi abbia potuto sostituire quel documento.
Deve intanto ricordarsi che falsificare un testamento non è un’azione di poco conto e che alla base di essa normalmente si pongono ragioni e interessi molto forti, e ciò in considerazione del fatto che l’art. 491 del c.p. configura la falsificazione del testamento come un vero e proprio reato, a cui andranno applicate le pene di cui all’art. 476 del c.p. e art. 482 del c.p. se il fatto è stato commesso con l’obiettivo di recare a sé o ad altri un vantaggio.
Ciò significa che, se si ha certezza del compimento di un tale atto da parte del fratello A, si potrebbe intanto procedere sporgendo querela alle competenti autorità, Polizia o Carabinieri.
Ciò che si raccomanda, in tal caso, è di non indicare nella querela il nome di colui che si sospetta abbia potuto falsificare quel documento, in quanto, qualora ne venisse fuori che non è vero, si corre il rischio di incorrere nel reato di calunnia.
Qualora, invece, le autorità competenti dovessero ravvisare gli estremi di una falsificazione di quel testamento, prenderà il via un procedimento penale, all’esito del quale verranno accertati la falsità ed il falsificatore, il quale ultimo, oltre alle conseguenze penali, dovrà subire anche la dichiarazione di indegnità a succedere (sanzione questa di tipo civilistico).

Questo se si ha intenzione di procedere penalmente, mentre se l’effetto che si vuole ottenere è solo quello della dichiarazione di nullità del testamento, occorrerà instaurare un apposito procedimento civile (formulando una domanda c.d. di accertamento negativo), che, va detto, non è indubbiamente dei più semplici.
Infatti, incomberà su chi contesta l’autenticità del documento dimostrarne la falsità, dando prova in giudizio, mediante una perizia calligrafica, che quella scrittura olografa non è stata redatta dal defunto, ma da un’altra persona.

Indubbiamente, per instaurare questo tipo di procedimento occorre avere un interesse ad agire, interesse che in questo caso sussiste in capo a chi pone il quesito, in quanto, qualora si riuscisse a dimostrare la falsità del testamento, lo stesso verrebbe dichiarato nullo, con la conseguenza che si aprirebbe la successione legittima e che tra gli eredi legittimi vi sarebbe anche chi ha fatto invalidare il testamento.
Si ritiene utile ricordare che il procedimento giudiziale volto all’accertamento della falsità del documento deve necessariamente essere preceduto dalla mediazione civile.
Per quanto riguarda le modalità di scoperta di quel testamento, può dirsi che non vi è nulla di anomalo, in quanto il codice civile, all’art. 620 del c.c. attribuisce a chiunque sia in possesso di un testamento olografo, per averlo rinvenuto o perché gli sia stata consegnato da altri, di presentarlo ad un notaio per la pubblicazione una volta avuta notizia della morte del testatore.
La presenza dei testimoni, a cui si fa riferimento nel quesito, invece è richiesta nel momento in cui il notaio procederà alla pubblicazione del testamento, a seguito della quale sarà possibile dare esecuzione alla volontà in esso espressa.

Infondati sono anche i dubbi circa la validità della disposizione avente ad oggetto l’appartamento della de cuius, in quanto è sufficiente indicare anche il solo Comune in cui si trova l’immobile o, nel caso di più immobili, la via, ma non anche il numero civico; peraltro, se si tratta dell’immobile in cui la zia viveva, sarebbe stato perfino sufficiente dire “lascio la mia casa di abitazione a….” bastando tale espressione per individuare con certezza a quale immobile la zia abbia inteso riferirsi.
Si evidenzia a tal proposito che ex art. 606 c.c. il testamento è nullo soltanto se manca l’autografia o la sottoscrizione, annullabile per ogni altro difetto di forma; l’errata indicazione del piano non può assumere rilevanza né ai fini della nullità e neppure ai fini della sua annullabilità.

In ordine al punto 2 del quesito, ove viene posta in dubbio la volontà dispositiva in favore del condomino (a cui la busta, peraltro, avrebbe dovuto essere consegnata), si dovrebbe anche in questo caso impugnare la disposizione testamentaria ex art. 624 del c.c. perché effetto di violenza, il che comporta la necessità di assolvere ad un complesso onere probatorio (occorrerebbe avere degli elementi di prova abbastanza certi su cui fondare i propri sospetti).
Fatte le considerazioni e valutazioni giuridiche che precedono e volendo a questo punto rispondere alla domanda se si ritiene che vi siano elementi utili per poter fare invalidare il testamento, può dirsi che, sulla base delle considerazioni sopra svolte e degli avvenimenti per come vengono descritti nel quesito, non si hanno a disposizione validi argomenti per avventurarsi in una causa di falsità e/o invalidità di quel testamento, né tantomeno per procedere penalmente (anche se ci si rende conto che quest’ultima ipotesi non rientra nelle intenzioni di chi ha posto il quesito).