(massima n. 1)
In tema di espropriazione forzata immobiliare su bene indiviso, in forza di pignoramento limitato alla quota di spettanza del debitore, il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di adottare i provvedimenti contemplati dall'art. 600 c.p.c. e configuranti atti esecutivi in senso proprio, resta soggetto, oltre che alla sussistenza dell'indicato presupposto del pignoramento di sola quota, alle modalità ed ai criteri fissati dalla norma medesima, che prevede, in via principale, la separazione di detta quota in natura, e, solo quando ciò sia impossibile, consente la scelta fra la vendita della quota stessa e la divisione della comunione, da disporsi con un ordine del medesimo giudice della esecuzione di trattazione ed istruzione della causa davanti a sé (quale giudice istruttore), ove la competenza spetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene e siano presenti nel processo esecutivo tutti gli interessati, ovvero, in difetto di tali condizioni, con ordine di instaurazione di autonomo procedimento e fissazione all'uopo di termine perentorio. L'inosservanza di detti principi (ivi inclusa, pertanto, la inapplicabilità dell'art. 600 cit., perché l'esecuzione, sia pure a seguito di riunione di pignoramenti, venga a svolgersi in danno di tutti i comproprietari) si traduce in un vizio di legittimità del relativo atto esecutivo, e come tale è deducibile dagli interessati con l'opposizione contemplata dall'art. 617 c.p.c.