Cass. civ. n. 18718/2021
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell'art. 415 c.p.c., nella parte in cui non prevede che l'obbligo di notifica al convenuto del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza contenga l'avvertimento di cui all'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c., non comportando tale mancata previsione alcuna lesione del diritto di difesa od al giusto processo e ciò, tanto più, in considerazione di quanto affermato dalla Corte costituzionale (decisioni n. 65 del 1980 e n. 191 del 1999), rientrando nell'ampia discrezionalità del legislatore la regolazione degli istituti processuali, salvo il limite della palese irrazionalità o dell'arbitrio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 30/11/2018).
Cass. civ. n. 2673/2021
In tema di mancata osservanza del termine dilatorio di comparizione, la nullità dell'atto introduttivo del giudizio per violazione dei termini a comparire è sanata dalla costituzione del convenuto; tuttavia, ove quest'ultimo eccepisca, costituendosi, tale vizio, il giudice è tenuto a fissare nuova udienza nel rispetto dei suddetti termini, dovendosi presumere che tale violazione abbia impedito al convenuto, che pure si sia difeso nel merito, una più adeguata difesa. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 05/04/2016).
Cass. civ. n. 10516/2019
In tema di rito del lavoro, la disposizione dell'art. 428, primo comma, c.p.c., secondo la quale l'incompetenza territoriale può essere rilevata d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'art. 420 c.p.c., va intesa - avuto riguardo alla disciplina riservata all'incompetenza dal nuovo art. 38 c.p.c. (come sostituito dall'art. 4 della l. n. 353 del 1990) - nel significato che detta incompetenza può essere rilevata non oltre la prima udienza in senso cronologico, ossia quella fissata con il decreto contemplato dall'art. 415 c.p.c., in quanto il legislatore, con la nuova normativa, ha inteso accelerare al massimo i tempi di risoluzione delle questioni di competenza. (Regola competenza).
Cass. civ. n. 19083/2018
Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, l'omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza comporta la decadenza dall'impugnazione con conseguente declaratoria di improcedibilità del gravame, non essendo consentito al giudice assegnare all'appellante un termine per la rinnovazione di un atto mai compiuto, né, a tal fine, assume rilevanza la mancata comunicazione del decreto di fissazione di udienza da parte della cancelleria quando dagli atti processuali risulti in modo certo che l'appellante abbia, comunque, acquisito conoscenza della data fissata per la discussione della causa. (Nella specie, la prova della conoscenza è stata desunta dal deposito di un'istanza di anticipazione di udienza).
Cass. civ. n. 24031/2017
L'effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell'atto giudiziale o stragiudiziale del creditore; esso, pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell'atto al convenuto.
Cass. civ. n. 9222/2015
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, previsto dall'art. 415, quarto comma, cod. proc. civ., ha natura ordinatoria ed è pertanto prorogabile ad istanza di parte, prima della scadenza, risultando garantite le esigenze del contenimento del processo entro limiti ragionevoli e di salvaguardia del diritto di difesa della controparte dalla natura perentoria del termine per la costituzione in giudizio del convenuto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato l'eccezione di tardività della notifica del ricorso - di impugnativa di licenziamento - con pedissequo decreto e, ritenuta la contumacia del datore di lavoro, affermato l'illegittimità del recesso per difetto di prova della giustificato motivo oggettivo).
Cass. civ. n. 1483/2015
Nel rito del lavoro, nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienza, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, per la rinnovazione della notifica.
Cass. civ. n. 12521/2014
Il mutamento del precedente orientamento giurisprudenziale, che ha portato a ritenere improcedibile l'appello ove non sia avvenuta la notificazione del ricorso, tempestivamente presentato nel termine di legge, e del decreto di fissazione dell'udienza poiché non è consentito al giudice assegnare all'appellante, ex art. 421 cod. proc. civ., un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 cod. proc. civ., costituisce un radicale cambiamento di un consolidato orientamento ad opera del giudice della nomofilachia, trovando conseguentemente applicazione - per le vicende anteriori al suddetto intervento giurisprudenziale - i principi a tutela dell'effettività dei mezzi di azione e difesa in materia di "prospective overruling".
Cass. civ. n. 12516/2014
Solo la comunicazione al creditore della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione, con effetto permanente fino al termine di venti giorni successivi alla conclusione della procedura conciliativa, ai sensi dall'art. 410, secondo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 30197/2008
Nel rito del lavoro, l'erronea indicazione della data dell'udienza di discussione nel decreto di fissazione emanato dal giudice ai sensi dell'art. 415 cod. proc. civ., dovuta ad anticipazione di detta data rispetto a quella di redazione del decreto e, quindi, di notifica dello stesso (nella specie, la data d'udienza era stata fissata per il 2 febbraio 2004 ed il decreto di fissazione portava la data dell'11 ottobre 2004), non integra un'ipotesi di nullità del ricorso tutte le volte in cui l'errore sia immediatamente riconoscibile e il convenuto possa superarlo intuitivamente in base al tenore dell'atto, tenendo presenti i termini a comparire, ovvero, tutte le volte in cui il convenuto stesso possa facilmente attivarsi, secondo il dovere di lealtà processuale (art. 88 cod. proc. civ), per conoscere la data esatta di comparizione. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito che, nell'affermare apoditticamente la facile riconoscibilità dell'errore di fissazione dell'udienza, era però del tutto carente di motivazione in ordine al profilo della riparabilità dell'errore da parte dell'interessato, tenuto conto anche della peculiarità del rito del lavoro, in cui l'udienza è fissata direttamente dal giudice assegnatario del processo).
Cass. civ. n. 21447/2007
Nelle controversie di lavoro, la spedizione dell'atto introduttivo del giudizio a mezzo del servizio postale, pur se pervenuto nella cancelleria del giudice del lavoro nei termini di legge, integra una modalità non prevista in via generale (salva l'espressa eccezione rappresentata dall'art. 134 disp. att. c.p.c. per il deposito del ricorso per cassazione e del controricorso) ed è carente del requisito formale indispensabile (il deposito in cancelleria ex art. 415 c.p.c.) per il raggiungimento dello scopo, cui è destinato dalla legge, conseguendone la nullità della prescelta modalità di proposizione del ricorso, nella specie in opposizione a decreto ingiuntivo, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, c.p.c. e la rilevabilità d'ufficio e l'insanabilità del relativo vizio, ancorché il cancelliere abbia erroneamente proceduto all'iscrizione a ruolo della causa relativa. (v. Corte Cost. n. 34 del 2007).
Cass. civ. n. 13162/2006
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, il giudice, accogliendo un'istanza cosiddetta «di anticipazione» e fissando una nuova udienza di discussione, sostituisce il nuovo decreto al primo, del quale sono eliminati tutti gli effetti, compresa la notificazione eseguita in base ad esso. Conseguentemente, solo con riferimento al secondo decreto opera, il precetto di cui all'art. 415, comma quinto, c.p.c.
Cass. civ. n. 5894/2006
Nel giudizio di primo grado secondo il rito del lavoro, la circostanza che il ricorso (con il decreto di fissazione dell'udienza ex art. 420 c.p.c.) non sia notificato alla parte convenuta, ove questa si costituisca, non dà luogo ad alcuna nullità insanabile, bensì, qualora tale parte lamenti l'inesistenza della notificazione e, quindi, della vocatio in ius, alla conseguenza che questa deve ritenersi coincidente e, quindi, verificata, soltanto con la costituzione (con conseguente salvezza di eventuali diritti quesiti, per i quali il momento della verificazione degli effetti della vocatio rilevi, come per gli effetti sostanziali della domanda) e che alla stessa parte dev'essere garantita la possibilità, se lo chieda, di un rinvio dell'udienza di discussione in modo da potere beneficiare del termine per la costituzione di cui avrebbe beneficiato qualora la notificazione vi fosse stata, a garanzia del suo diritto di difesa.
Cass. civ. n. 10782/2003
Nei procedimenti contenziosi che iniziano con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice adito anteriormente alla notificazione, il compimento della formalità del deposito coincide con la proposizione della domanda, sulla validità della quale non possono riverberarsi, ostandovi il disposto dell'art. 159 c.p.c., i vizi incidenti sulla successiva fase della vocatio in ius, attuata mediante la notificazione del ricorso stesso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza. Ne consegue che il giudice di appello, il quale accerti l'inesistenza agli atti dell'originale della notifica del ricorso introduttivo del giudizio in primo grado, una volta dichiarata la nullità della notificazione, e, conseguentemente, della sentenza, deve rimettere la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, primo comma, c.p.c., perché questi, previa fissazione di una nuova udienza, assegni al ricorrente un nuovo termine, ai sensi dell'art. 291, primo comma, c.p.c., per rinnovare la notifica del ricorso, unitamente al decreto di fissazione della nuova udienza.
Cass. civ. n. 6490/2003
Nel rito del lavoro, il principio dell'iniziativa di parte è temperato da quello di impulso d'ufficio, in base al quale è onere dell'ufficio dare comunicazione alle parti dei provvedimenti giudiziali essenziali a garantire il contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio, emettendo un provvedimento di remissione in termini in favore della parte alla quale non era stato comunicato, a cura della cancelleria, il decreto di fissazione della prima udienza).
Cass. civ. n. 3251/2003
In materia di opposizione a ordinanza ingiunzione per violazione di norme di previdenza obbligatoria, non sussiste l'obbligo della cancelleria di comunicare all'opponente, che sia ritualmente costituito con difesa tecnica, l'avvenuta emissione del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, non essendo tale obbligo previsto nella disciplina di cui all'art. 415 c.p.c. (reso applicabile per il rinvio previsto dall'art. 442 c.p.c., a sua volta richiamato dall'art. 35 legge n. 689 del 1981); né la mancata previsione di tale comunicazione suscita dubbi di illegittimità costituzionale, in relazione alla differenza di disciplina rispetto al procedimento di opposizione ex art. 23 legge n. 689 del 1981 e alla garanzia costituzionale del diritto di difesa, posto che, da un lato, il procedimento ex art. 23 cit. pone una disciplina processuale specifica, consentita alla discrezionalità del legislatore, che non assurge a paramentro di tutela minima della difesa e che, dall'altro, alla mancanza della predetta comunicazione nella fase introduttiva del giudizio la difesa tecnica dell'opponente può facilmente sopperite mediante l'adempimento di un onere, non vessatorio, di diligenza e di collaborazione con l'ufficio giudiziario.
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Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la mancata notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, da parte del ricorrente che abbia ritualmente depositato l'atto introduttivo, può essere sanata mediante assegnazione di un nuovo termine per la notifica, ex art. 291 c.p.c., a condizione che almeno una delle parti sia comparsa all'udienza originariamente fissata, non potendo il giudice, in caso contrario, disporre d'ufficio la prosecuzione del giudizio contro il disinteresse della parte.
Cass. civ. n. 122/2001
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, il giudice d'appello che rilevi la nullità dell'introduzione del giudizio, determinata dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione stabilito dall'art. 415, quinto comma, c.p.c., non può dichiarare la nullità e rimettere la causa al giudice di primo grado (non ricorrendo in detta ipotesi né la nullità della notificazione dell'atto introduttivo, né alcuna delle altre ipotesi tassativamente previste dagli artt. 353 e 354, primo comma, c.p.c.), ma deve trattenere la causa e, previa ammissione dell'appellante ad esercitare in appello tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato, decidere nel merito.
Cass. civ. n. 7227/2000
Nel rito del lavoro, la nullità, attinente alla fase della vocatio in ius, prodotta dalla mancata indicazione nella copia notificata del ricorso della data dell'udienza fissata dal giudice per la comparizione delle parti, determina – in caso di mancata costituzione del convenuto – la nullità di tutti i successivi atti del processo, la cui dichiarazione, da parte del giudice d'appello, se non pregiudica la validità del ricorso e il diritto dell'attore alla decisione, comporta non già la prosecuzione del giudizio nel grado d'appello, ma la rimessione della causa al giudice di primo grado, a norma dell'art. 354 c.p.c. Infatti la ratio legis alla base delle ipotesi di tale rimessione sussiste pienamente anche riguardo alla nullità in esame, poiché, non essendo state poste in essere le condizioni minimali per l'esercizio del diritto di difesa in primo grado, in danno di una delle parti, la mancata regressione del giudizio al primo grado sarebbe lesiva dei fondamentali principi di parità tra le parti nel processo e di garanzia del contraddittorio, in particolare comportando una grave distorsione nell'equilibrio e nella struttura stessa del processo del lavoro, nonché l'espropriazione del convenuto della possibilità di ricorrere ai mezzi di tutela, quale la proposizione della domanda riconvenzionale, esperibili soltanto in primo grado.
Cass. civ. n. 14637/1999
Nel rito del lavoro, la mancanza nella copia notificata del ricorso della sottoscrizione da parte del ricorrente della procura in calce e della relativa sottoscrizione per autentica del difensore determinano – ove invece tali sottoscrizioni siano presenti sul ricorso introduttivo originale – una nullità che è sanata dalla costituzione in giudizio del convenuto.
Cass. civ. n. 729/1999
Nel rito del lavoro la domanda introduttiva deve ritenersi proposta con il deposito del ricorso, mentre del tutto autonoma rispetto ad essa si presenta la fase successiva attinente all'evocazione in giudizio del convenuto. Ne consegue che l'eventuale mancanza, nella copia notificata del ricorso introduttivo e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, dell'indicazione della data dell'udienza stessa quale prevista nell'originale incide esclusivamente sulla validità della notificazione dell'atto.
Cass. civ. n. 5029/1993
La disposizione che impone la verifica dell'osservanza dei termini minimi di comparizione in relazione alla data dell'udienza originariamente fissata e non a quella conseguente a successivo rinvio, ancorché testualmente dettata dall'art. 70 bis disp. att. c.p.c. con riguardo al rito ordinario, trova applicazione anche nel rito speciale del lavoro, non essendo incompatibile con le ivi previste modalità introduttive del procedimento (ricorso, in luogo della citazione) e non essendo stata attuata tale specialità attraverso un corpus autonomo di norme, ma con l'inserimento nel detto codice di una serie di disposizioni che si integrano e si completano, nei limiti della compatibilità, con quelle dettate per il rito ordinario.
Cass. civ. n. 2/1993
Il principio secondo cui nel rito del lavoro tanto la nullità radicale o l'inesistenza giuridica oppure l'omissione della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienza quanto la nullità dovuta al mancato rispetto del termine minimo di comparizione (artt. 415, comma quinto, e 435, comma terzo, c.p.c.) sono vizi passibili di sanatoria, operante in ogni caso con effetto ex nunc, mediante la costituzione del convenuto, o mediante la rinnovazione disposta dal giudice, è applicabile anche al giudizio di rinvio, nel quale il ricorso in riassunzione deve essere proposto entro l'anno (a pena di estinzione del processo) mediante deposito nella cancelleria del giudice competente, con la conseguenza che anche l'inesistenza o l'omissione della notifica del ricorso in riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza è (in caso di mancata costituzione della controparte) suscettibile di sanatoria, con effetto ex nunc, mediante la rinnovazione (per ordine del giudice) della notifica stessa.
Cass. civ. n. 4676/1992
Nel rito del lavoro, per individuare, ai fini della litispendenza (e della continenza), il giudice preventivamente adito, deve farsi riferimento al deposito del ricorso presso la cancelleria, realizzandosi in tale momento, con l'adizione del giudice, l'instaurazione del rapporto tra due dei tre soggetti (tra i quali si svolge il processo) e non alla successiva notificazione del ricorso medesimo con in calce il decreto di fissazione dell'udienza, secondo il criterio del terzo comma dell'art. 39 c.p.c., la cui applicazione comporta la dipendenza dal giudice (ed in particolare, dalla tempestività o meno dell'emanazione del decreto di fissazione dell'udienza ai sensi del secondo comma dell'art. 415) della possibilità per il ricorrente di notificare l'atto introduttivo del giudizio e di determinare la pendenza della lite ai sensi del citato art. 39.
Cass. civ. n. 11134/1990
Nel rito del lavoro l'art. 415 c.p.c., il quale prevede che tra la data di notificazione al convenuto del ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione e la data di questa deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni, non trova applicazione nel caso di prosecuzione del processo che sia stato sospeso, che resta disciplinato dall'art. 297, ultimo comma, c.p.c., il quale prevede che il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato nel termine stabilito dal giudice.
Cass. civ. n. 4936/1990
Nel caso in cui il ricorso, con il pedissequo decreto ai sensi dell'art. 415 c.p.c., sia stato notificato al procuratore domiciliatario della parte nel pregresso procedimento ex art. 700 c.p.c., non si configura la nullità radicale o inesistenza giuridica della notificazione, sanabile con effetto ex nunc mediante la costituzione del convenuto o la rinnovazione della notifica stessa, che è ravvisabile solo quando questa sia stata eseguita a terzi od in luogo assolutamente non riferibile al destinatario dell'atto, bensì una nullità, sanabile con efficacia ex tunc.
Cass. civ. n. 1454/1989
Nel nuovo rito del lavoro – applicabile anche alle controversie in materia agraria – la nullità derivante dalla mancata osservanza del termine, non inferiore a trenta giorni, che a norma del quinto comma dell'art. 415 c.p.c. deve intercorrere tra la data di notificazione del ricorso introduttivo, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione, e la data di quest'ultima, resta sanata, con effetti ex nunc, dalla costituzione del convenuto, che determina la instaurazione di un valido rapporto processuale.
Cass. civ. n. 643/1986
Nel nuovo rito del lavoro, l'obbligo dell'attore di depositare i documenti contestualmente al ricorso è previsto, nonostante il difetto di esplicita disposizione di legge, a pena di decadenza, analogamente a quanto l'art. 416 c.p.c. stabilisce per il convenuto, senza che possa rilevare la brevità del termine intercorso tra il deposito del ricorso e quello dei documenti.
Cass. civ. n. 117/1986
Nel nuovo rito del lavoro – applicabile anche alle controversie in materia di recesso da contratto di locazione – la nullità derivante dalla notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di discussione in una data non anteriore di 30 giorni da quella di tale udienza resta sanata dalla costituzione del convenuto ovvero – davanti al conciliatore, ove le parti, a norma dell'art. 82 c.p.c., possono stare in giudizio personalmente – dalla comparizione personale del convenuto medesimo.
Cass. civ. n. 5155/1985
L'opposizione a decreto ingiuntivo, ove si tratti di crediti basati su alcuno dei rapporti di cui all'art. 409 c.p.c., sub art. 1 della L. 11 agosto 1973, n. 533, deve essere proposta in conformità delle norme introdotte da tale legge, e cioè con ricorso depositato in cancelleria (art. 415 c.p.c., nuovo testo) entro il termine di venti giorni dalla notificazione dello stesso decreto ingiuntivo (art. 641 c.p.c.), dovendosi per procedimento ordinario di opposizione (art. 645, comma secondo, c.p.c.) intendere quello proprio afferente ai rapporti per i quali il procedimento monitorio è stato instaurato. Pertanto, la opposizione proposta con atto di citazione notificato entro il detto termine ma depositato successivamente è da considerare tardiva e tale decadenza è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado (anche per la prima volta in sede di legittimità), non rilevando né l'attività compiuta dalla controparte, giacché la sanatoria prevista dall'art. 156, terzo comma, c.p.c. non si estende alle decadenze per inosservanza di termini perentori, né il provvedimento del giudice che, ai sensi dell'art. 426 c.p.c., abbia disposto il passaggio dal rito ordinario a quello speciale.
Cass. civ. n. 5125/1985
I termini per la produzione di documenti, sia nelle controversie individuali di lavoro che in quelle in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, sono stabiliti esclusivamente a tutela degli interessi delle parti, ai sensi degli artt. 415, primo comma, 416, terzo comma, e 442, primo comma c.p.c., sicché la tardività della esibizione e del deposito dei documenti medesimi, se non eccepita nell'udienza fissata per la decisione della causa (art. 420 c.p.c.), non è più deducibile utilmente, né può essere rilevata dal giudice. Ne deriva l'ulteriore conseguenza che, in una controversia in tema d'invalidità pensionabile, le certificazioni sanitarie, della cui produzione non sia stata ritualmente eccepita la tardività, vanno esaminate dal giudice – anche ai fini dell'applicabilità del disposto del primo comma dell'art. 445 c.p.c. – ancorché la produzione di detta documentazione sia stata posteriore all'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio.
Cass. civ. n. 2511/1985
Nel nuovo rito del lavoro, la costituzione del convenuto comporta sanatoria, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 156 c.p.c., del vizio di notifica del ricorso introduttivo per inosservanza del termine dilatorio stabilito, come spatium deliberandi per il convenuto, dagli ultimi due commi dell'art. 415 c.p.c.
Cass. civ. n. 1309/1985
La procura speciale al difensore, per l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo per credito derivante da rapporto di lavoro o previdenziale, può essere validamente apposta in calce o a margine della copia notificata del ricorso dell'opposto e del pedissequo decreto, sempreché dalla circostanza che detta copia sia stata depositata con il ricorso introduttivo del giudizio di opposizione o da altri elementi presuntivi – la cui valutazione è riservata al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata – risulti che il rilascio della procura anzidetta è stato anteriore alla presentazione del ricorso in opposizione.
Cass. civ. n. 1006/1985
Poiché la procura alle liti è il presupposto della valida costituzione del rapporto processuale, l'azione intrapresa dal procuratore sfornito di mandato non è suscettibile di ratifica nel corso del procedimento, salva soltanto la possibilità di rilascio della procura medesima con effetto retroattivo nell'unico caso, di cui all'art. 125 comma secondo c.p.c., ma con esclusione del giudizio soggetto al rito del lavoro, in cui la costituzione dell'attore avviene contestualmente al deposito del ricorso.
Cass. civ. n. 5551/1984
In materia di controversie di lavoro, il termine di dieci giorni assegnato al ricorrente per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione al convenuto, ai sensi dell'art. 415, quarto comma, c.p.c., non è perentorio; pertanto, la sua inosservanza non produce alcuna decadenza, né incide sulla validità dell'atto processuale, sempreché siano rispettati i termini di comparizione fissati dal quinto e sesto comma dello stesso articolo.
Cass. civ. n. 2001/1984
Il termine di sessanta giorni (elevato ad ottanta per le notifiche da effettuarsi all'estero), che, nel procedimento per le controversie individuali di lavoro deve intercorrere ai sensi del terzo e dell'ultimo comma dell'art. 415 c.p.c., tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione, è un termine massimo e non minimo, qual è invece quello di trenta giorni (quaranta nel caso di notifiche da effettuarsi all'estero), che, ai sensi del quinto e dell'ultimo comma dello stesso articolo, deve intercorrere tra la notifica del ricorso e del decreto e l'udienza predetta e che è volto ad assicurare al convenuto un adeguato spatium deliberandi.
Cass. civ. n. 1929/1984
Nel rito del lavoro, l'instaurazione del rapporto giuridico processuale viene determinata col deposito del ricorso in cancelleria, il quale perfeziona la costituzione dell'attore come quella dell'appellante, a norma degli artt. 415 e 434 c.p.c.; sicché, depositato tempestivamente il ricorso, l'anormalità della notificazione di esso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione comporta non le conseguenze che l'art. 163, ultimo comma, c.p.c. ricollega all'inosservanza del termine perentorio per la notificazione (configurata come integrativa della citazione), bensì il potere-dovere del giudice, posto dall'art. 421, primo comma, c.p.c., di assegnare alla parte un termine per provvedere ad una regolare notificazione.
Cass. civ. n. 554/1984
In relazione alle controversie, soggette al rito del lavoro (L. 11 agosto 1973, n. 533), l'atto introduttivo della lite, ove compiuta in forma di citazione anziché di ricorso, non è affetto da nullità assoluta ed insanabile bensì da una irregolarità formale, che trova la sua sanatoria negli strumenti ordinatori di cambiamento del rito a norma dell'art. 426 (e 439) c.p.c., senza peraltro incidere sulla validità degli atti, successivi alla citazione, posti in essere prima del provvedimento di cambiamento del rito.
Cass. civ. n. 3121/1979
Il termine di dieci giorni assegnato al ricorrente attore dal nuovo rito del lavoro per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione al convenuto, a norma dell'art. 415 comma quarto c.p.c., non è perentorio. La sua inosservanza, pertanto, non incide sulla validità dell'atto sempreché resti garantito al convenuto un termine di comparizione non inferiore a trenta giorni (quaranta, se all'estero) prima dell'udienza di discussione.
Cass. civ. n. 3868/1978
In materia di controversie individuali di lavoro e di quelle di previdenza e di assistenza obbligatorie, il decreto con il quale il pretore, a norma dell'art. 415 c.p.c., nel nuovo testo fissato dall'art. 1 della L. 11 agosto 1973, n. 533, fissa l'udienza di discussione alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente, ha funzione di vocatio in ius ed oltre alla predetta fissazione dell'udienza non deve contenere né l'invito al convenuto di costituirsi e di comparire in giudizio nei modi e nei termini di legge, né, tantomeno, l'avvertenza circa le eventuali decadenze cui il convenuto stesso andrebbe incontro in caso di omessa o ritardata costituzione.