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Articolo 634 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Prova scritta

Dispositivo dell'art. 634 Codice di procedura civile

Sono prove scritte(1) idonee a norma del numero 1) dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata [c.c. 1988, 2702 e i telegrammi [c.c. 2705, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile(2).

Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture(3).

Note

(1) La prova scritta, intesa quale condizione di ammissibilità della domanda di ingiunzione, consiste in qualsiasi documento, proveniente dal debitore o da un terzo, che il giudice ritenga meritevole di fede quanto ad autenticità e ad efficacia probatoria.
(2) Accanto alle prove scritte espressamente indicate dall'articolo in commento, ovvero le polizze, le promesse unilaterali ed i telegrammi, vi sono anche delle prove scritte atipiche, idonee ad essere utilizzate per promuovere il procedimento monitorio. Si tratta delle fotocopie di scritture private, telefax, documenti elettronici come le e-mail e il verbale di assemblea condominiale.
(3) Comma così modificato dalla L. 22 maggio 2017, n. 81.

Spiegazione dell'art. 634 Codice di procedura civile

La scelta compiuta dal legislatore nel delineare le caratteristiche del procedimento ingiuntivo è stata quella di escludere dalla fase monitoria la categoria delle prove costituende, sia orali (quali testimonianza, confessione e giuramento) che non (quali ispezione dei luoghi, rendimento dei conti, ecc.), restringendo le fonti di convincimento utilizzabili dal giudice alle sole prove documentali.

Viene accolta una nozione molto ampia di “documento”, in quanto si attribuisce rilevanza probatoria a documenti che in un normale processo a cognizione piena non avrebbero alcun valore dimostrativo dei fatti dedotti.
Infatti, la prova scritta, intesa quale condizione di ammissibilità della domanda di ingiunzione, consiste in qualsiasi documento, proveniente dal debitore o da un terzo, che il giudice ritenga meritevole di fede quanto ad autenticità e ad efficacia probatoria.
Qualunque sia l'accezione di prova che si reputi di poter accogliere, il giudice non deve limitarsi a verificarne in astratto l'esistenza agli atti, ma può e deve spingersi a valutare la sua idoneità a fornire una prova sufficiente dei fatti costitutivi del diritto azionato.

La giurisprudenza ha costantemente ritenuto non tassativa l'elencazione contenuta nella disposizione (ovvero le polizze, le promesse unilaterali ed i telegrammi), osservando che “ai fini della prova richiesta dalla legge per l'emissione del decreto ingiuntivo è sufficiente qualsiasi documento di sicura autenticità, anche non proveniente dal debitore, da cui risulti con certezza l'esistenza del diritto di credito fatto valere in giudizio” (si tratta delle c.d. prove scritte atipiche, quali le fotocopie di scritture private, telefax, documenti elettronici come le e-mail e il verbale di assemblea condominiale).

L'art. 634 non contiene alcun espresso riferimento all'atto pubblico, ma si ritiene non possa sussistere alcun dubbio sulla sua idoneità a fungere da prova scritta per la pronuncia del decreto ingiuntivo ex art. 633, 1° co., n. 1 (si tratta di un documento che è ab origine autentico per sua stessa definizione).
Per quanto concerne i “telegrammi”, la norma conferisce a questi l'idoneità a fungere da prova nella fase monitoria “anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile” per la loro assimilabilità ad una scrittura privata, requisiti che, ex art. 2705 del c.c., consistono alternativamente nella sottoscrizione dell'originale da parte del mittente ovvero nella sua consegna personale all'ufficio postale.
Quindi, anche in assenza di questi elementi qualificanti, il telegramma costituisce prova scritta idonea ad ottenere la pronunzia dell'ingiunzione.

Precisa poi il secondo comma che, nel caso di crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché derivanti da prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono qualificabili come prove scritte idonee:
  1. gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute;
  2. gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture.
A differenza dell'art. 2709 c.c. (che richiama il dato formale delle “imprese soggette a registrazione”), l'art. 634 fa leva sul dato sostanziale dell'attività concretamente esercitata dall'impresa, per cui vi si potranno far rientrare anche i piccoli imprenditori di cui all'art. 2083 del c.c., laddove essi concretamente tengano le scritture di cui all'art. 2214 del c.c. (ferma restando, comunque, l'esclusione degli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del c.c.).

La norma dispone espressamente che l'imprenditore non è tenuto a produrre al giudice l'originale delle scritture contabili da lui tenute, ma può avvalersi di loro «estratti autentici», ossia di una riproduzione dei fogli contenenti le annotazioni relative al credito azionato, la cui autenticità deve essere certificata da un notaio, che attesti anche la regolare tenuta delle scritture da cui proviene la copia.
In questo modo il giudice viene esonerato da ogni accertamento sul punto, che diversamente, in assenza del libro originale ovvero della sua riproduzione integrale, sarebbe concretamente ineseguibile, ferma restando la sua facoltà di chiedere al ricorrente di esibirlo per intero all'occorrenza.

Un'ultima considerazione riguarda le modalità di valutazione delle scritture contabili: la norma in esame dispone che tali scritture “sono ...prove scritte idonee”, il che lascia intendere che al giudice non residui alcun margine di valutazione sulla loro concreta idoneità dimostrativa (a differenza di quanto, ex art. 2710 del c.c., può accadere in un processo ordinario per l'efficacia probatoria pro se delle risultanze delle scritture contabili relative a rapporti tra imprenditori, anche non commerciali).

Va infine ricordato che il procedimento monitorio costituisce lo strumento maggiormente utilizzato dalle amministrazioni condominiali per ottenere il pagamento delle quote dovute dai condomini per le spese di gestione delle cose comuni, nei limiti in cui risultano dallo “stato di ripartizione approvato dall'assemblea” ex art. 63 delle disp. att. c.c..
Quest’ultima norma prevede un trattamento di estremo favore, ponendo in capo al giudice l'obbligo di dichiarare l'immediata esecutività del decreto ingiuntivo.
Al fine di ottenere la pronuncia dell'ingiunzione, il bilancio condominiale approvato dall'assemblea deve contenere l'esplicita indicazione delle somme dovute da ciascun condomino, sia per quote stanziate preventivamente, che per somme da erogare in via consuntiva, qualunque sia la ragione posta a fondamento della ripartizione e qualunque sia il meccanismo assembleare adottato, tra quelli previsti dall'art. 1136 del c.c..
In applicazione del principio generale dettato dall'art. 1421 del c.c., Il giudice della fase monitoria può rilevare d’ufficio eventuali vizi della delibera assembleare solamente quando ne determinino la nullità, mentre sono irrilevanti quei vizi che ne causano la mera annullabilità, e ciò anche se sia stata già proposta l'impugnazione ex art. 1137 del c.c..

Massime relative all'art. 634 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14357/2019

L'art. 102 della legge 7 marzo 1938, n. 141 limita il valore probatorio dell'estratto di saldaconto (costituente documento diverso dagli estratti conto veri e propri) al procedimento monitorio, mentre nel successivo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo siffatto documento può assumere rilievo solo come documento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi ugualmente significativi.

Cass. civ. n. 20843/2013

Al fine di ottenere l'emissione del decreto ingiuntivo in tema di contratti con prestazioni corrispettive, l'istante non è tenuto a fornire la duplice completa dimostrazione dell'esistenza dell'obbligazione di cui invoca il soddisfacimento e dell'avvenuto adempimento dell'obbligazione propria, cui l'esigibilità dell'altra sia subordinata, essendo sufficiente la prova del primo degli indicati effetti, cui si accompagni l'offerta di elementi indiziari in ordine al secondo.

Cass. civ. n. 5071/2009

La fattura è titolo idoneo per l'emissione di un decreto ingiuntivo, in favore di chi la ha emessa, ma nell'eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell'esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall'opposto.

Cass. civ. n. 8038/2006

La mera circostanza che il titolo dedotto a prova del credito sia privo di efficacia cambiaria non vale ad escludere che esso possa essere fatto valere come chirografo, contenente una promessa di pagamento riconducibile alla previsione dell'art. 1988 c.c., e che quindi, come tale, quel titolo sia idoneo ad integrare la prova scritta del credito derivante dal rapporto sottostante tra il traente e il prenditore del titolo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva accolto l'opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di un credito fondato su cambiali, sul presupposto che i titoli erano privi di efficacia cambiaria, in quanto emessi oltre cinque anni prima del ricorso).

Cass. civ. n. 18650/2003

Nei rapporti di conto corrente bancario l'estratto di saldo conto ha efficacia probatoria fino a prova contraria anche nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto per la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche nel giudizio di opposizione allo stesso e in ogni altro procedimento di cognizione, perché ove il debitore principale sia decaduto a norma dell'art. 1832 c.c. dal diritto di impugnare gli estratti di saldo conto, il fideiussore chiamato in giudizio dalla banca medesima per il pagamento della somma dovuta non può sollevare contestazioni in ordine alla definitività di questi estratti.

Cass. civ. n. 8915/2003

Nessuna preclusione si pone alla possibilità, per il creditore il quale disponga di una sentenza di condanna «generica» alla prestazione, di utilizzare la sentenza stessa quale atto scritto idoneo (nel concorso con altri elementi documentali aventi valore «specificante» della pretesa consacrata genericamente in essa sentenza), a fondare la prova del credito dal lui vantato, ai fini dell'acquisizione, in sede monitoria, di un titolo giudiziario idoneo all'azione esecutiva.

Cass. civ. n. 12388/2000

Ai fini dell'emanazione del decreto ingiuntivo, per prova scritta deve intendersi qualsiasi documento che, sebbene privo di efficacia probatoria assoluta, risulti attendibile in ordine all'esistenza del diritto di credito azionato; conseguentemente, ove il credito si fondi su un assegno bancario, è sufficiente — per far presumere la sussistenza di un rapporto obbligatorio e consentire l'emissione del decreto, anche provvisoriamente esecutivo ai sensi dell'art. 642 c.p.c. — la produzione di detto assegno in fotocopia.

Cass. civ. n. 12169/2000

Le risultanze dell'estratto di conto corrente allegate a sostegno della domanda di pagamento del saldi legittimano l'emissione di decreto ingiuntivo e, nell'eventuale giudizio di opposizione, hanno efficacia fino a prova contraria, potendo essere disattese solo in presenza di circostanziate contestazioni, non già attraverso il mero rifiuto del conto o la generica affermazione di nulla dovere; a tal fine, peraltro, è irrilevante che le suddette rilevanze non siano già state stragiudizialmente rese note al correntista, atteso che la produzione in giudizio costituisce «trasmissione» ai sensi dell'art. 1832 c.c., onerando il correntista alle necessarie specifiche contestazioni al fine di superare l'efficacia probatoria della produzione.

Cass. civ. n. 9232/2000

Ai fini della prova richiesta dalla legge per l'emissione del decreto ingiuntivo è sufficiente qualsiasi documento di sicura autenticità, anche non proveniente dal debitore, da cui risulti con certezza l'esistenza del diritto di credito fatto valere in giudizio.

Cass. civ. n. 5086/2000

L'onere del deposito in cancelleria della cambiale di cui all'art. 66, comma terzo, del R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669 non è riconducibile alla categoria dei presupposti processuali ovvero delle condizioni dell'azione, ma attiene ai requisiti per l'esame del merito della domanda e la sua inosservanza è rilevabile solo su eccezione di parte; conseguentemente, e tenuto conto che l'attore può assolvere l'onere fino al momento della precisazione delle conclusioni in primo o in secondo grado, l'omesso deposito delle cambiali non impedisce l'emanazione del decreto ingiuntivo.

Cass. civ. n. 740/2000

La fattura prodotta dall'imprenditore nei confronti del cliente relativa alla fornitura di pezzi di ricambio ha valore, ai fini dell'emissione di un decreto ingiuntivo, solo con riferimento al credito vantato per detta fornitura, non rivestendo efficacia, ai fini della «prova scritta del credito» richiesta ex lege, relativamente a quello per prestazione di servizi. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha precisato che la novella dell'art. 634 secondo comma c.p.c., così come introdotta dalla legge 432/95, nel ritenere idonee le scritture contabili dell'imprenditore anche per i crediti relativi a prestazioni di servizi, contiene una disciplina innovativa, efficace per il futuro e, pertanto, non applicabile ai decreti ingiuntivi emanati, come nel caso di specie, prima della sua entrata in vigore).

Cass. civ. n. 195/1999

L'art. 634, secondo comma c.p.c. che, a seguito della modifica introdotta dall'art. 8, terzo comma del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, conv. nella L. 20 dicembre 1995, n. 534, prevede che costituiscono prova scritta idonea all'emissione del decreto ingiuntivo le scritture contabili dell'imprenditore anche per i crediti relativi alle prestazioni di servizi, ha carattere innovativo e, dunque, ha efficacia solo per il futuro e non è applicabile ai decreti emanati prima della sua entrata in vigore.

Cass. civ. n. 6879/1994

La prova scritta richiesta dall'art. 633 c.p.c. per l'emissione del decreto ingiuntivo può essere costituita da qualsiasi documento, ancorché privo di efficacia probatoria assoluta (quale, avuto riguardo alla sua formulazione unilaterale, la fattura commerciale) da cui risulti il diritto fatto valere a fondamento della richiesta ingiunzione, mentre la completezza o meno della documentazione esibita dal richiedente va accertata nel giudizio di opposizione nel quale egli, per la pienezza di indagine da cui tale giudizio è caratterizzato, ha il potere di fornire nuove prove che integrino con efficacia retroattiva quelle prodotte nella fase monitoria.

Cass. civ. n. 6707/1994

Ai sensi dell'art. 102 della legge bancaria 7 marzo 1938, n. 141 il valore probatorio dell'«estratto dei saldaconti» è limitato al procedimento monitorio, esonerando l'istituto di emissione nonché le banche di interesse nazionale e le Casse di risparmio dalle formalità ordinariamente richieste per l'ottenimento dell'ingiunzione di pagamento in base a documenti provenienti dallo stesso imprenditore istante; mentre non si estende al susseguente procedimento di opposizione ed in genere agli ordinari giudizi di cognizione (ivi compreso quello introdotto da domanda di insinuazione al passivo fallimentare), nei quali il detto documento — diverso dall'estratto conto vero e proprio la cui efficacia probatoria discende dalla specifica previsione dell'art. 1832 c.c. ed è, dall'art. 50 della nuova disciplina della materia, dettata dal D.L.vo 1 settembre 1993, n. 385, richiesta anche agli esposti fini monitori, con conseguente abrogazione della succitata norma di previsione del «saldaconto» — può assumere rilievo solo come elemento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzabile dal giudice, e solo nel contesto di altri elementi ugualmente significativi.

Cass. civ. n. 9512/1993

A norma degli artt. 1832 e 1857 c.c., gli effetti dell'approvazione dell'estratto del conto corrente si producono in relazione a tutte le operazioni bancarie regolate nel conto stesso, con la conseguenza che, anche in relazione al credito derivante da anticipazione su pegno di merci, regolata in conto corrente, una Cassa di risparmio può chiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo sulla base dell'estratto dei propri «saldaconti» redatti a norma dell'art. 102, R.D.L. n. 375 del 1936 e successive modifiche ed integrazioni.

Cass. civ. n. 6660/1982

L'estratto di una scrittura contabile ancorché non soggetta obbligatoriamente a bollatura e vidimazione (nella specie, estratto di conto corrente presso una banca privata), integra prova scritta al fine dell'emanazione di decreto ingiuntivo, a norma dell'art. 634 secondo comma c.p.c., solo quanto detta scrittura sia stata sottoposta a quelle formalità.

Cass. civ. n. 2336/1980

L'art. 102 della legge bancaria (R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375) il quale accorda gli istituti ivi previsti la possibilità di chiedere il decreto ingiuntivo anche in base all'estratto dei loro saldaconti, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti, il quale deve dichiarare che il credito è vero e liquido, ha carattere estensivo e non limitativo delle facoltà degli istituti, i quali, rinunciando ad avvalersi della disposizione speciale, possono sempre produrre a sostegno della domanda di ingiunzione la prova scritta richiesta in via generale e dall'art. 634 c.p.c. (Nella specie la documentazione prodotta a base del ricorso per decreto ingiuntivo comprendeva copie autentiche delle schede originali di conto corrente, con espressa attestazione notarile che le operazioni contabili in esse riportate erano contenute nei libri contabili dell'azienda di credito, regolarmente tenuti e vidimati).

Cass. civ. n. 3261/1979

...Ne consegue che, quando il preteso debitore muove contestazioni sull'an o sul quantum debeatur, le fatture non valgono a dimostrare l'esistenza del credito, né, tanto meno, la sua liquidità ed esigibilità.

Cass. civ. n. 3090/1979

Le fatture commerciali, pur essendo prove idonee ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, hanno tale valore esclusivamente nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di opposizione all'ingiunzione, come in ogni altro giudizio di cognizione, le fatture, essendo documenti formati dalla stessa parte che se ne avvale, non integrano, di per sé, la piena prova del credito in esse indicato e non comportano neppure l'inversione dell'onere della prova in caso di contestazione sull'an o sul quantum del credito vantato in giudizio.

Cass. civ. n. 615/1979

Poiché la prova scritta, ai sensi dell'art. 634 c.p.c., posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, costituisce, di regola, nel giudizio di cognizione successivo all'opposizione dell'ingiunto, un mero indizio, nel caso di contestazione essa deve essere integrata da ulteriori elementi probatori ed il relativo onere incombe sul creditore.

Cass. civ. n. 5304/1978

Se il prenditore di una cambiale, nel chiedere il decreto ingiuntivo contro l'emittente, fa riferimento alla cambiale anche come prova documentale del suo credito, deve ritenersi che egli abbia dedotto in giudizio non solo il credito cambiario, ma anche il sottostante rapporto fondamentale, del quale, ai sensi dell'art. 1988 c.c., non è tenuto a provare l'esistenza. Ne consegue che, anche se l'azione cambiaria sia prescritta, il possessore del chirografo può agire usando il titolo come promessa di pagamento.

Cass. civ. n. 3150/1977

La prova richiesta dalla legge per l'emissione del decreto ingiuntivo è quella che dei fatti costitutivi del vantato diritto può trarsi da qualsiasi documento degno di fede quanto all'autenticità, onde una simile prova può anche non avere efficacia probatoria assoluta, quanto all'esistenza e validità dei fatti giuridici che nel documento si trovano asseriti, restando salvo, peraltro, nel giudizio di opposizione, che è di cognizione piena, lo stabilire la completezza o meno della documentazione fornita dal creditore. La comune ricognizione del debito, agli effetti della procedura monitoria e della relativa prova scritta, prescinde dalla necessità di una dichiarazione formale, potendo essa desumersi implicitamente dal contenuto del documento che la contiene ed, in particolare, anche da un'addizione di cifre datata e sottoscritta senza altre aggiunte, la quale ben può rappresentare una ricognizione debitoria.

Cass. civ. n. 1625/1976

Prova scritta del credito, idonea al rilascio del decreto ingiuntivo, non è soltanto quella costituita da scritture che provengono dal debitore, ma anche quella fornita da scritture provenienti da terzi, quando siano pur esse idonee a dimostrare il diritto fatto valere. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto come prova scritta del credito le bolle di consegna della merce sottoscritte dal socio accomandante di una società in accomandita semplice, nei confronti di quest'ultima. La Suprema Corte ha confermato la decisione enunciando il principio di cui in massima).

Cass. civ. n. 2383/1975

Gli assegni bancari posti a fondamento di un decreto ingiuntivo, quando siano privi dell'indicazione del luogo di emissione e delle altre indicazioni suppletive, sono ex art. 2 ultimo comma, del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, invalidi come tali e valgono unicamente come chirografi, per cui l'azione proposta va qualificata come causale e non cartolare. In tal caso, vertendosi in una ipotesi di cessione del credito qualora il cessionario non abbia notificato al debitore ceduto l'avvenuta cessione (e quest'ultimo, comunque, non ne sia venuto a conoscenza), non si determina lo spostamento del forum destinatae solutionis di cui all'art. 1182, terzo comma, c.c. dal domicilio del cedente a quello del nuovo creditore.

Cass. civ. n. 1588/1972

La prova richiesta dalla legge per l'emissione del decreto ingiuntivo è quella che può trarsi, in ordine ai fatti giuridici costitutivi di un diritto di credito, da qualsiasi documento meritevole di fede quanto all'autenticità; non occorre, quindi, all'uopo una scrittura privata proveniente dal debitore, ma è sufficiente una qualsiasi prova scritta, anche se proveniente da terzi, che sia autentica ed idonea a dimostrare l'esistenza del diritto fatto valere in giudizio. Ciò, con specifico riferimento ai crediti per le contribuzioni cui sono tenuti i condomini, è espressamente sancito dall'art. 63 delle disp. att. c.c., il quale abilita l'amministratore del condominio ad ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sulla base del solo stato di ripartizione approvato dall'assemblea nonostante opposizione. La valutazione del giudice di merito, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, circa l'idoneità del verbale di un'assemblea di condominio a dimostrare nella fase ingiunzionale l'esistenza e la liquidità del credito fatto valere in giudizio si sottrae al sindacato della cassazione se immune da vizi logico-giuridici.

Cass. civ. n. 311/1965

Prove scritte idonee alla concessione del decreto ingiuntivo, ex art. 634, secondo comma c.p.c., sono gli estratti autentici delle scritture contabili di cui all'art. 2214 e ss. c.c., purché bollate e vidimate. L'estratto per copia autentica di un conto corrente bancario, certificato conforme alle scritture contabili della banca da un notaio e non da un dirigente dell'istituto (il quale ultimo soltanto, impegnando la propria responsabilità, può attestare, a norma dell'art. 102 R.D.L. 17 luglio 1938, n. 636, la verità e la liquidità del credito) non può costituire prova scritta idonea alla concessione del predetto provvedimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 634 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. B. chiede
mercoledì 29/01/2020 - Veneto
Gentile Brocardi,
Chiedo una consulenza in merito alla mia vicenda: ho lavorato su un sito web telematicamente, senza contratto, scrivendo i contenuti di un sito web di e-commerce, il proprietario del sito ha chiesto che io aprissi la partita IVA ed io ho aperto la partita IVA a tre mesi dall'inizio del lavoro che è proseguito per altri 9. Il lavoro si è svolto quotidianamente per 7 giorni su 7 per oltre 12 mesi e ho concluso il lavoro nel luglio 2017.
È accaduto che mi sono rivolta ad un primo avvocato per chiedere che fosse fatto un decreto ingiuntivo, ma questo avvocato ha perso tutte le carte che gli avevo dato, quindi ho cambiato avvocato e quest'ultimo ha mandato una raccomandata a / r il 15/6/2018 interruzione della prescrizione chiedendo il pagamento del compenso indicando anche il mio IBAN.
Purtroppo avevo perso l'avviso di ricevimento quindi ho chiesto a poste italiane di darmi il duplicato che però è arrivato senza timbro , quindi sono andata in tutti gli uffici per chiedere che venisse apposto il timbro ma nessuno è riuscito a mettere il timbro del 2018.... A questo punto ho deciso di riprendere in mano la situazione in tempi più sereni. Credevo che la prescrizione fosse di 5 anni ma poi un collega mi ha detto che forse poteva essere triennale e a tutt'oggi non sono riuscita a risolvere l'enigma. Siccome c'è stata la pandemia ho dimenticato proprio la questione credendo di poterla rinviare al 2022 perché avevo alcuni parenti in ospedale.
Poi l'avvocato mi ha detto che siccome io avevo mandato al cliente una fattura proforma, non registrata , non potevo fare il decreto ingiuntivo ma dovevo direttamente andare in causa, cioè dovevo fare la citazione perché in caso di fatture proforma non bisogna più ricorrere col decreto ingiuntivo.
Che ho termine fino al 2022 prima di far valere i crediti di lavoro e a questo punto io chiedo se la prescrizione in questo caso cade dopo 3 anni o dopo 5 e se posso far valere il decreto ingiuntivo o andare in causa. Mi sembra strano infatti andare in causa visto che ho tutte le mail del lavoro svolto poiché era un lavoro telematico direttamente da casa e che si necessiti di registrare la fattura per poter ricorrere al decreto ingiuntivo dal momento che io, facendo delle ricerche nella rete ho potuto appurare che basta una fattura proforma per esercitare il proprio diritto alla riscossione del compenso tramite decreto ingiuntivo.

Consulenza legale i 04/02/2022
Per rispondere al quesito occorre, in primo luogo, distinguere tra prescrizione estintiva, ossia quella correlata al mancato esercizio del diritto per un determinato tempo stabilito dalla legge e prescrizione presuntiva fondata, invece, sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o che si sia estinto per altra causa, nei termini (6 mesi, 1 e 3 anni) indicati dalla legge.
La differenza consiste nel fatto che il secondo tipo di prescrizione si fonda su di una presunzione che può essere vinta dimostrando il contrario.
Il debitore è esonerato dall’onere di provare l’avvenuto adempimento, mentre spetta al creditore allegare che la prestazione non sia stata effettuata.
Per vincere la presunzione non è adducibile qualsiasi mezzo di prova, ma si può ricorrere solo alla confessione giudiziale (art. 2959 c.c.) e al deferimento di giuramento decisorio (art. 2960 c.c.).

Ciò premesso, ai sensi dell’ art. 2956, comma 2, c.c., il diritto del professionista per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle correlative spese si prescrive in 3 anni. In pratica, il professionista ha a disposizione solo un triennio per richiedere al cliente il pagamento del proprio compenso e per agire in tribunale nei suoi confronti. Tale prescrizione presuntiva opera però solo per i contratti conclusi senza formalità, ossia senza accordo scritto. Il termine di prescrizione è più breve rispetto alla prescrizione degli altri crediti di natura contrattuale che, invece, è sempre di dieci anni. Questo perché il compenso del professionisti viene, di solito, richiesto verbalmente e corrisposto nell’immediatezza, senza particolari forme; sicché dopo tanto tempo sarebbe difficile, per il cliente, dimostrare di aver adempiuto.
La prescrizione presuntiva, quindi, non opera se c’è un contratto scritto dove il compenso da erogare al professionista è fissato in modo certo e stabile nella scrittura privata firmata dalle parti.
Come visto, tale prescrizione presuntiva può essere vinta solo con la confessione giudiziale e il giuramento decisorio.

Per quanto riguarda la validità della fattura pro forma ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, nonostante la nozione di prova scritta prevista dall’art. 634 c.p.c. sia certamente estesa, essa non può ricomprendere documenti di formazione esclusivamente unilaterale da parte del creditore - come la fattura pro forma - ad eccezione dei casi in cui espressamente la legge lo consenta (ossia, come nel caso dei compensi degli avvocati, qualora sia accompagnata dal necessario parere dell’associazione professionale).
Invece, l’art. 634 c.p.c. prescrive che per i crediti relativi a prestazioni di servizi fatte da lavoratori autonomi sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture.

In conclusione, è difficile che un giudice accolga il ricorso per decreto ingiuntivo sulla sola base della fattura pro forma (diverso il caso in cui vi siano comunicazioni, anche e-mail, provenienti dal debitore o comunque da esso sottoscritte da cui si possa evincere con chiarezza il compenso pattuito).
Anche qualora dovesse essere emesso il decreto ingiuntivo, il debitore potrebbe fare opposizione proprio eccependo la prescrizione presuntiva di cui si è trattato.