Atti da presentare alla conservatoria per la trascrizione degli acquisti mortis causa
La trascrizione in materia di acquisti
mortis causa, disposta dall'art. 2648, tende a realizzare una esigenza già da lungo tempo sentita e che aveva trovato espressione in tutti i progetti che hanno preceduta l'attuale legge. Vivace del pari è stato pure il dibattito dottrinale. L'opportunità di attuare la pubblicità anche dei trasferimenti
mortis causa non fu mai posta in dubbio. Le difficoltà, pur notevoli, facevano capo alla determina zione dell'atto da presentare all’ufficio delle trascrizioni, e degli effetti da attribuirsi alla pubblicità ovvero all'ufficio grave differenza il problema riguardo rispettivamente alla che per quest'ultima agevolmente potrebbe stabilirsi un surrogato documentale (il testamento) che manca nella successione legittima. Deve anzitutto rilevarsi che non successione testata o intestata. E vero che in un caso vi è un istituto idoneo a esprimere gli estremi dell'aperta successione, sia esso un certificato successorio o la stessa dichiarazione di successione.
Più preciso ancora è il rilievo che non basta la vocazione per fissare l'acquisto ; ma, qualunque nozione se ne dia, occorre anche l'accettazione da parte del chiamato. L'art.
459 del nuovo Codice sancisce esplicitamente il principio che l'eredità si acquista con l'accettazione. L’art. 2648 stabilisce doversi trascrivere l'accettazione dell'eredità: sia dunque che si tratti di successione testata o intestata. Deve subito precisarsi che la trascrizione non è richiesta come presupposto dell'acquisto in se stesso ; ma solo con riguardo agli acquisti immobiliari e per l'esclusivo profilo per cui è predisposta la pubblicità per gli effetti verso i terzi (nel caso, il profilo dell'art.
2650). Viene in considerazione infatti soltanto l'accettazione di eredità che importi acquisto di un diritto reale immobiliare.
La legge dispone altresì che debba trascriversi l'accettazione di eredità allorché questa importi «
liberazione dai medesimi » diritti. La formula non è molto perspicua; ma essa certamente allude alle rinunce incluse nel testamento, per cui si rimane nel concetto lato dell'acquisto; ché tale ai fini della trascrizione è la liberazione da un peso consistente in un altrui diritto limitatore della proprietà : tale è una servitù cui il
de cuius può nel testamento rinunciare a favore d'altri. Questi, erede o legatario, dovrà attuare la trascrizione per la parte che lo riguarda.
La legge prevede anche che l'accettazione risulti implicitamente da atti incompatibili con una volontà contraria (c. d. accettazione tacita). Lo stesso formalismo é richiesto sia che si tratti di dichiarazione espressa di accettazione da parte del chiamato, sia che si tratti di atto da cui risulti indirettamente la volontà di accettare la vendita di cose ereditarie. In ogni caso il requisito essenziale è l'autenticità diretta o indiretta che deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Per l'accettazione indiretta è previsto anche che essa risulti da sentenza, il che ben si spiega pel-caso di possibile controversia circa il diritto dell'erede. Naturalmente in ogni caso dovrà pure presentarsi la documentazione richiesta dall'art.
2660, da cui indubitabilmente apparirà che oggetto della pubblicità è una successione
mortis causa, Naturalmente la trascrizione, perché valga agli effetti dell'art.
2650, dovrà proporsi contro il nome del defunto. Trattandosi di un atto di alienazione da parte dell'erede (implicante le volontà di accettare) la trascrizione al nome dell'erede non sarà produttiva di effetti se non preceda quella al nome del defunto.
Per i legati, in correlazione al principio esplicitamente sancito dall'art.
649 che la proprietà o il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore senza che vi sia bisogno di accettazione da parte del legatario, l'art. 2648 prescrive che la trascrizione dell'acquisto del legato (che abbia oggetto indicato nel primo comma) si opera sulla base di un estratto autentico del testamento.
Efficacia della trascrizione in tale materia. Rinvio
Per ciò infine che riguarda gli effetti della trascrizione in materia di acquisti
mortis causa, la collocazione dell'art. 2648 indica chiaramente che tali effetti non sono quelli normali dell'art.
2644. Né d'altronde avrebbe potuto essere stabilito altrimenti. Infatti neppure è concepibile un conflitto quale previsto dall'art.
2644. Una sola è l'apertura di eredità, un’ solo il successore circa un determinato oggetto, e la qualifica di erede, così come quella di legatario, si ricava integralmente dai principii del diritto successorio. Nel possibile conflitto tra erede vero ed erede apparente, legatario vero e legatario apparente, il diritto è sempre e soltanto dalla parte dell'erede o legatario vero, di colui cioè che risulta effettivamente chiamato all'eredità o al legato al tempo della morte del
de cuius. Uno solo è il successore e la trascrizione non può dunque venire in considerazione per tale riguardo. Così neppure il terzo che contratti con l'erede apparente potrebbe essere tutelato dalla previa trascrizione in conflitto con l'erede vero o suoi aventi causa: dal momento che si tratterebbe di un acquisto non solo a
non domino (com'è il non vero erede) ma altresì di un conflitto per cui la trascrizione non può avere alcun campo d'esplicazione, trattandosi di acquirenti non da uno solo ma da diversi autori. Del pari sono i principii del diritto successorio e non quelli della trascrizione che valgono a dirimere ipotesi di conflitti in materia di legati. Infatti il legato di cosa altrui è nullo (art. 651) e l'alienazione che il testatore faccia della cosa legata revoca il legato (art. 686). La previa trascrizione non varrebbe a far salvo l'acquisto 'del legatario.' Per converso vale ed è sufficiente il principio dell'art.
649, secondo cui il legatario è successore immediato del
de cuius, a farne salvo l'acquisto anche senza trascrizione, nei confronti dei terzi che pretendono di avere acquistato dall'erede l'immobile oggetto del legato : l'erede è infatti un
non dominus rispetto alle cose legate e in nessun momento può considerarsi essere stato
dominus.
Dunque sotto un diverso punto di vista va interpretata la nuova norma che stabilisce la necessità della trascrizione per gli acquisti
causa mortis. Ma, anzitutto, di che necessità si tratta ? La formula dell'articolo 2648 [«
si devono trascrivere... »] sembrerebbe esprimere una necessità assoluta, se non fosse che detto articolo va considerato nel complesso del titolo e, in particolare, coordinato con l'art. 265o. La Relazione dichiara esplicitamente che non si è inteso di subordinare l'acquisto all'adempimento delle forme di pubblicità. D'altronde, ove si fosse inteso, accogliendo la proposta di una certa dottrina, far della trascrizione uno degli elementi della fattispecie acquisitiva dell'eredità del legato, la sede congrua per la relativa disciplina sarebbe stata nel libro delle successioni.
La verità è che la trascrizione degli acquisti
mortis causa è stabilita esclusivamente in vista della attuazione del principio della continuità e la sanzione della mancata pubblicità consiste unicamente come riconosce esplicitamente la Relazione nell’inefficacia di ulteriori trascrizioni o iscrizioni a carico dell'acquirente
mortis causa. Si tratta dunque non già di un interesse di tale acquirente
mortis causa, bensì dell'interesse dei
successi
vi acquirenti.
Né può dirsi che la nuova norma dell'art.
2671 sia sufficiente a garantire i terzi, su i quali in definitiva viene a cadere la sanzione dell'art.
2650, nel caso in cui difetti la trascrizione dell'acquisto dell'autore e questi, nella ipotesi dell'art. 2648, non abbia avuto alcun efficace stimolo ad attuare la trascrizione che in definitiva non riguarda il suo acquisto nei casi normali di rapporti
inter vivos la sanzione dell'art.
2650 c.c. con quella dell'art.
2644, può raggiungere adeguatamente il suo scopo nel caso invece dell'art. 2648 restano ragioni di perplessità che la legge non aiuta a risolvere. Ma su ciò si rinvia alla spiegazione dell'art.
2650.
La trascrizione con riguardo alla collazione
Occorre ora affrontare un quesito connesso col tema ora trattato. Deve trascriversi l'atto con cui si attua il trasferimento in natura degli immobili donati, ai coeredi, nei casi in cui un donatario è tenuto alla collazione ? La dottrina sul vecchio Codice sosteneva la negativa. Oggi invece noi opiniamo per l'affermativa. Non crediamo sia esatto dire che la donazione fu fatta sotto condizione risolutiva sottintesa nella legge quando non sia espressa una contraria volontà del donante. Obbligatoria, infatti, è la collazione; non già il conferimento in natura. Il conferimento in natura (il quale è il solo che attua una cessazione del diritto- del donatario sul bene donato) è un mezzo, uno strumento per attuare la collazione, non è esso stesso la collazione. È sempre possibile («
a scelta » del donatario : art.
746) l'imputazione del valore alla porzione del donatario coerede ; e il sistema d'imputazione è il solo attuabile allorché l'immobile sia stato alienato o ipotecato.
Questo assoluto rispetto dei terzi conferma che iI diritto sul bene donato fu acquistato in maniera definitiva dal donatario e che la collazione non implica una condizione risolutiva
ipso iure, ma un onere ed una obbligazione per il donatario chiamato alla successione nei casi indicati dalla legge (art.
737 e segg.). Quanto al conferimento, esso in sé deve intendersi quale un atto traslativo (l'articolo 746 dice che la collazione di un bene immobile si fa «
col rendere" il bene in natura ; l'art. 1015 del vecchio Codice parlava di «
presentare »). E certo vero che il diritto di pretendere la collazione e di giovarsene è un diritto derivante dalla successione ereditaria, ma non è esatto concludere che i coeredi discendenti diventino comproprietari proprio e soltanto «
in forza del loro diritto ereditario »; per cui
«il titolo del loro acquisto non è che la successione ». Pur ammesso ciò, l'obbligo di trascrizione oggi conseguirebbe del pari in ogni caso, non fosse altro per il nuovo art. 2648 ; ma deve dirsi che la successione
mortis causa è la fonte del potere di chiedere la collazione e correlativo obbligo, non già direttamente della proprietà sull'immobile donato. La titolarità, nei coeredi non può sorgere che in forza dell'atto di conferimento, per il quale un bene passa da una titolarità esclusiva a una contitolarità (vedasi il n. 3 dell'art.
2643). Per cui reputiamo che venga in considerazione anche la norma dell'art. 2644, nel caso che dopo il conferimento in natura il donatario alieni l'immobile o l'ipoteca.