La
divisione del testatore ha invece efficacia reale e perciò, a differenza dall’assegno divisionale, evita la formazione della comunione ereditaria. Questa divisione, che, come è detto espressamente nell’art.
734, può riguardare anche la legittima, deve comprendere, sotto pena di nullità, tutti i legittimari e gli eredi istituiti. Secondo il codice precedente, la difficoltà di conciliare la qualità di eredi dei discendenti apporzionati con l’assegnazione di beni determinati doveva superarsi ritenendo che la qualità di eredi dei discendenti dipendesse esclusivamente dalla legge. La stessa spiegazione si deve ancora dare della qualità di eredi dei legittimari apporzionati. Quanto agli apporzionati non legittimari, lo stesso art.
735, sancendo la nullità della divisione in cui non siano compresi gli eredi istituiti, autorizza a ritenere che l’istituzione di erede non dipenda dall’apporzionamento, ma sia il
prius logico dello stesso. In tal modo si ammette, è vero, che, quando vi sia divisione del testatore, sussista un’istituzione di erede svincolata dall’attribuzione di una quota; ma l’evidente eccezionalità dell’istituto, richiamato dalla disposizione che stiamo esaminando, in deroga al principio stabilito nella prima parte della stessa, conferma che per regola non compete al
de cuius la facoltà di comporre la quota legittima con beni determinati.
La divisione può essere impugnata, se vi è lesione della quota di riserva: la lesione può tuttavia essere eliminata dagli altri eredi mediante l'offerta di supplemento.