L'accettazione dell'eredità [1324 c.c.] non si può impugnare se è viziata da errore [482, 1427 ss. c.c.](1).
Tuttavia, se si scopre un testamento [587 c.c.] del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede non è tenuto a soddisfare i legati [649, 662, 663 c.c.] scritti in esso oltre il valore dell'eredità [662, 663 c.c.], o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta [536 ss. c.c.](2). Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già soddisfatti [649 c.c.] per intero, contro di loro è data azione di regresso(3).
L'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede [2697 c.c.].
Note
Discussa è la rilevanza dell'errore ostativo, quello cioè che determina una divergenza tra la volontà e la dichiarazione (es. il chiamato ha accettato per errore nella dichiarazione l'eredità di Tizio in luogo di quella di Sempronio). Secondo alcuni in tali ipotesi l'accettazione sarebbe annullabile ex art. 1433 del c.c., secondo altri sarebbe nulla.
Se l'erede è un legittimario è fatta salva la quota di legittima che gli è dovuta.