AUTORE:
Elena Incampo
ANNO ACCADEMICO: 2022
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Bari
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La ricerca mira a spiegare il modo in cui possono essere applicate le norme sulla responsabilità civile nell’ambito delle fattispecie lesive derivanti dalla pratica di attività sportive e ricreative, in considerazione della presenza del principio dell’accettazione del rischio.
Attraverso un’analisi delle norme dell’ordinamento sportivo e della giurisprudenza, nell’ambito sia del civil law italiano che del common law statunitense, si può osservare come, se inizialmente il principio dell’accettazione del rischio si pone come un ostacolo all’ottenimento del risarcimento del danno richiesto dall’attore danneggiato, successivamente viene individuato un equilibrio tra tale principio e le norme di diritto pubblico.
È chiaro che nell’ambito sportivo, come nell’ambito di qualsiasi attività umana, si va incontro a dei rischi, i quali possono essere dei rischi intrinseci all’attività sportiva esercitata ovvero rischi che dipendono dalla condotta dei partecipanti, ossia dalle modalità attraverso cui questi impiegano sforzi fisici e psichici per raggiungere dei risultati personali o, in ambito agonistico, per aggiudicarsi la competizione.
L’ordinamento sportivo, sia in Italia che negli Stati Uniti, viene considerato un ordinamento autonomo per cui non si ha - se non in casi eccezionali - l’applicazione delle norme di diritto pubblico. Talvolta, è necessario considerare come non sempre l’ordinamento sportivo riesca a rispondere sufficientemente a tutte le esigenze che emergono nell’ambito delle differenti attività sportive e ricreative, tra cui proprio quelle che sorgono con la verificazione di un danno; è proprio in tali circostanze che si presta come necessario un intervento del diritto pubblico. Ciò, però, non avviene con semplicità.
In Italia, è forte la presenza del limite dell’accettazione del rischio, in quanto esso impedisce quasi definitivamente all’attore danneggiato di ottenere il risarcimento del danno a causa del suo consenso, esplicito o meno, ad esercitare quella stessa attività sportiva o ricreativa intrinsecamente pericolosa, sicché è proprio l’atto di esercitare una specifica attività che va ad integrare il suddetto limite, il quale si pone, quindi, come ostacolo ad una eventuale pretesa risarcitoria in sede giudiziaria; infatti, si considera come la partecipazione ad una attività sportiva c.d. pericolosa corrisponda allo stesso consenso (quindi, implicito) dei partecipanti ad accettare i rischi caratterizzanti la stessa e dai quali ne possa derivare un danno. È solo dopo un intervento mirato della giurisprudenza, ossia l’Ordinanza n. 35602 del 19 novembre del 2021 della Corte Suprema, che si riesce a superare questo ostacolo e a porre dei margini di applicazione al suddetto limite, in modo tale da poter effettuare adeguate valutazioni caso per caso, ponendo l’attenzione sia sulla formazione del consenso dell’attore danneggiato - con particolare riferimento all’effettiva conoscenza che esso ha dei rischi che va ad affrontare - sia sull’elemento soggettivo del convenuto, dando, quindi, l’opportunità all’attore di vedere accolte le proprie richieste risarcitorie.
Un intervento significativo della giurisprudenza in tal senso si ha anche nel sistema di common law statunitense. L’ordinamento sportivo degli Stati Uniti risponde in maniera differente alle necessità che si presentano nei contesti sportivi o ricreativi in cui si verifichi un danno ad un partecipante, in quanto, sin dal principio, è previsto che vi possa essere un intervento del diritto pubblico volto a dirimere in maniera più rapida queste situazioni spinose. Difatti, il limite dell’assumption of risk è un limite che opera già nell’ambito della law of torts e, più nello specifico, nel tort of negligence. Tuttavia, in questo ordinamento, più complessa è l’impresa volta a comprendere nel dettaglio non solo l’ambito di applicazione del suddetto limite, ma anche la sua stessa concezione teorica. Infatti, solo dopo più di sessant’anni dalla sua introduzione nell’ambito sportivo, la giurisprudenza chiarisce il modo in cui questo limite debba essere inteso ed applicato; se inizialmente è inteso come un ostacolo all’ottenimento del risarcimento del danno a favore dell’attore leso, successivamente si introducono due principi, ossia il “primary” e il “secondary” assumption of risk, i quali trovano applicazione alternativamente sulla base della sussistenza o meno di un duty of care – ed eventualmente del relativo breach of the duty – in capo al convenuto danneggiante nei cui confronti è avanzata la richiesta il risarcimento del danno sofferto dall’attore. Questo richiede una valutazione caso per caso che si basa, in primo luogo, sulla natura dell’attività sportiva nel cui contesto il danno si verifica e, in secondo luogo, sulla sussistenza di un duty of care in capo al convenuto, il quale costituisce elemento essenziale al fine della considerazione della sua responsabilità ed il quale varia anche sulla base delle differenti attività sportive e ricreative.
Attraverso un’analisi delle norme dell’ordinamento sportivo e della giurisprudenza, nell’ambito sia del civil law italiano che del common law statunitense, si può osservare come, se inizialmente il principio dell’accettazione del rischio si pone come un ostacolo all’ottenimento del risarcimento del danno richiesto dall’attore danneggiato, successivamente viene individuato un equilibrio tra tale principio e le norme di diritto pubblico.
È chiaro che nell’ambito sportivo, come nell’ambito di qualsiasi attività umana, si va incontro a dei rischi, i quali possono essere dei rischi intrinseci all’attività sportiva esercitata ovvero rischi che dipendono dalla condotta dei partecipanti, ossia dalle modalità attraverso cui questi impiegano sforzi fisici e psichici per raggiungere dei risultati personali o, in ambito agonistico, per aggiudicarsi la competizione.
L’ordinamento sportivo, sia in Italia che negli Stati Uniti, viene considerato un ordinamento autonomo per cui non si ha - se non in casi eccezionali - l’applicazione delle norme di diritto pubblico. Talvolta, è necessario considerare come non sempre l’ordinamento sportivo riesca a rispondere sufficientemente a tutte le esigenze che emergono nell’ambito delle differenti attività sportive e ricreative, tra cui proprio quelle che sorgono con la verificazione di un danno; è proprio in tali circostanze che si presta come necessario un intervento del diritto pubblico. Ciò, però, non avviene con semplicità.
In Italia, è forte la presenza del limite dell’accettazione del rischio, in quanto esso impedisce quasi definitivamente all’attore danneggiato di ottenere il risarcimento del danno a causa del suo consenso, esplicito o meno, ad esercitare quella stessa attività sportiva o ricreativa intrinsecamente pericolosa, sicché è proprio l’atto di esercitare una specifica attività che va ad integrare il suddetto limite, il quale si pone, quindi, come ostacolo ad una eventuale pretesa risarcitoria in sede giudiziaria; infatti, si considera come la partecipazione ad una attività sportiva c.d. pericolosa corrisponda allo stesso consenso (quindi, implicito) dei partecipanti ad accettare i rischi caratterizzanti la stessa e dai quali ne possa derivare un danno. È solo dopo un intervento mirato della giurisprudenza, ossia l’Ordinanza n. 35602 del 19 novembre del 2021 della Corte Suprema, che si riesce a superare questo ostacolo e a porre dei margini di applicazione al suddetto limite, in modo tale da poter effettuare adeguate valutazioni caso per caso, ponendo l’attenzione sia sulla formazione del consenso dell’attore danneggiato - con particolare riferimento all’effettiva conoscenza che esso ha dei rischi che va ad affrontare - sia sull’elemento soggettivo del convenuto, dando, quindi, l’opportunità all’attore di vedere accolte le proprie richieste risarcitorie.
Un intervento significativo della giurisprudenza in tal senso si ha anche nel sistema di common law statunitense. L’ordinamento sportivo degli Stati Uniti risponde in maniera differente alle necessità che si presentano nei contesti sportivi o ricreativi in cui si verifichi un danno ad un partecipante, in quanto, sin dal principio, è previsto che vi possa essere un intervento del diritto pubblico volto a dirimere in maniera più rapida queste situazioni spinose. Difatti, il limite dell’assumption of risk è un limite che opera già nell’ambito della law of torts e, più nello specifico, nel tort of negligence. Tuttavia, in questo ordinamento, più complessa è l’impresa volta a comprendere nel dettaglio non solo l’ambito di applicazione del suddetto limite, ma anche la sua stessa concezione teorica. Infatti, solo dopo più di sessant’anni dalla sua introduzione nell’ambito sportivo, la giurisprudenza chiarisce il modo in cui questo limite debba essere inteso ed applicato; se inizialmente è inteso come un ostacolo all’ottenimento del risarcimento del danno a favore dell’attore leso, successivamente si introducono due principi, ossia il “primary” e il “secondary” assumption of risk, i quali trovano applicazione alternativamente sulla base della sussistenza o meno di un duty of care – ed eventualmente del relativo breach of the duty – in capo al convenuto danneggiante nei cui confronti è avanzata la richiesta il risarcimento del danno sofferto dall’attore. Questo richiede una valutazione caso per caso che si basa, in primo luogo, sulla natura dell’attività sportiva nel cui contesto il danno si verifica e, in secondo luogo, sulla sussistenza di un duty of care in capo al convenuto, il quale costituisce elemento essenziale al fine della considerazione della sua responsabilità ed il quale varia anche sulla base delle differenti attività sportive e ricreative.