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Articolo 380 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Arresto obbligatorio in flagranza

Dispositivo dell'art. 380 Codice di procedura penale

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza [382] di un delitto non colposo consumato o tentato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.

2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:

  1. a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del Codice Penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
  2. a-bis) delitto di violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti previsto dall'articolo 338 del codice penale(1);
  3. a-ter) delitto di lesioni personali a personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali previsto dall'articolo 583 quater, secondo comma, del codice penale(16);
  4. a-quater) delitto di danneggiamento previsto dall'articolo 635, terzo comma, del codice penale(16);
  5. b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;
  6. c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
  7. d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600 bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600 ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600 quater 1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600 quinquies del codice penale(2);
  8. d.1) delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsti dall’articolo 603 bis, secondo comma, del codice penale(3);
  9. d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609 bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall'articolo 609 octies del codice penale(4);
  10. d-ter) delitto di atti sessuali con minorenne di cui all'articolo 609 quater, primo e secondo comma, del codice penale(5);
  11. e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), nonché 7 bis) del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale(6);
  12. e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624 bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale(7);
  13. f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale;
  14. f-bis) delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale(8);
  15. g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine, nonché di più armi comuni da sparo, escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
  16. h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'articolo 73 del Testo unico stupefacenti approvato con decreto del Presidente della Repubbblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo(9);
  17. i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
  18. l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982 n. 17, [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416 bis comma 2 del codice penale,] delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956 n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 3 comma 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654;
  19. l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione ed organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416 bis del codice penale;
  20. l-ter) delitti di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dagli articoli 387 bis, 572 e 612 bis del Codice Penale(10)(11);
  21. m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma;
  22. m-bis) delitti di fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso previsti dall'articolo 497 bis del codice penale(11);
  23. m-ter) delitti di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini dell'ingresso illegale nel territorio dello Stato, di cui all'articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni(11);
  24. m-quater) delitto di omicidio colposo stradale o nautico previsto dall'articolo 589 bis, secondo e terzo comma, del codice penale, salvo che il conducente si sia immediatamente fermato, adoperandosi per prestare o attivare i soccorsi, e si sia messo immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria(12)(15);
  25. m-quinquies) delitto di resistenza o di violenza contro una nave da guerra, previsto dall'articolo 1100 del codice della navigazione(13) .

3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela e la querela non è contestualmente proposta, quando la persona offesa non è prontamente rintracciabile, l'arresto in flagranza, nei casi di cui ai commi 1 e 2, è eseguito anche in mancanza della querela che può ancora sopravvenire. In questo caso, se la querela non è proposta nel termine di quarantotto ore dall'arresto oppure se l'avente diritto dichiara di rinunciarvi o rimette la querela proposta, l'arrestato è posto immediatamente in libertà. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno proceduto all'arresto effettuano tempestivamente ogni utile ricerca della persona offesa. Quando la persona offesa è presente o è rintracciata ai sensi dei periodi precedenti, la querela può essere proposta anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria, ferma restando la necessità di rendere alla persona offesa, anche con atto successivo, le informazioni di cui all'articolo 90 bis(14).

Note

(1) Lettera inserita dall'art. 2, L. 03/07/2017, n. 105 con decorrenza dal 22/07/2017.
(2) Il riferimento al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 è stato inserito dall’art. 12, comma 1, della l. 6 febbraio 2006, n. 38.
(3) Lettera inserita dall'art. 4, L. 29/10/2016, n. 199 con decorrenza dal 04/11/2016.
(4) Tale lettera è stata inserita dall’art. 2, comma 1, lett. b) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella l. 23 aprile 2009, n. 38.
(5) La lettera d-ter) è stata aggiunta dall'art. 5, comma 1 lett. e), della L. 1 ottobre 2012 n.172.
(6) La presente lettera è stata modificata dall’art. 3, comma 25, lett. a) della l. 15 luglio 2009, n. 94 e poi dall’art. 8, comma 2, del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella l. 15 ottobre 2013, n. 119.
(7) Questa lettera è stata aggiunta dall’art. 10, comma 2, della l. 26 marzo 2001, n. 128.
(8) Tale lettera è stata aggiunta dall’art. 8, comma 2, del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella l. 15 ottobre 2013, n. 119.
(9) Tale lettera è stata così modificata dall’art. 2, comma 1, lett. h), del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito nella l. 21 febbraio 2014, n. 10.
(10) Il riferimento ai maltrattamenti è stato inserito dall’art. 2, comma 1, lett. c), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella l. 15 ottobre 2013, n. 119.
Tale comma è stato modificato dall'art. 2, comma 15, della L. 27 settembre 2021, n. 134.
(11) Tale comma è stato modificato dall'art. 2, comma 15, della L. 27 settembre 2021, n. 134.
(12) La lettera m-bis) è stata aggiunta dall’art. 2, comma 1-ter, lett. a), D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 aprile 2015, n. 43.
La lettera m-ter) è stata aggiunta dall’art. 3-bis, comma 2, D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 aprile 2015, n. 43.
La lettera m-quater) è stata aggiunta dall’art. 1, comma 5, lett. a), L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8, della medesima legge n. 41/2016.
(13) Tale lettera è stata inserita dall'art. 3 bis comma 1 del decreto legge 14 giugno 2019, n. 53.
(14) Comma modificato dalla L. 24 maggio 2023, n. 60.
(15) La lettera m-quater del comma 2 è stata modificata dall'art. 2, comma 1 della L. 26 settembre 2023, n. 138.
(16) Le lettere a-ter) e a-quater) del comma 2 sono state introdotte dall'art. 2, comma 1, lettera a) del D.L. 1 ottobre 2024, n. 137.

Ratio Legis

L'arresto in flagranza di reato soggiace a precise condizioni di legge, che si spiegano in un'ottica garantista.

Spiegazione dell'art. 380 Codice di procedura penale

Le norme sull'arresto e sul fermo, unitamente a quella sull'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, conseguono a quanto disposto dall'art. 13 Cost, secondo cui l'autorità di pubblica sicurezza può adottare misure provvisoriamente limitative della libertà personale, ma solamente in casi eccezionali di necessità ed urgenza, imponendo altresì che tali misure vengano successivamente convalidate dall'autorità giudiziaria entro precisi limiti, pena la revoca e la perdita di efficacia della misura.

Arresto e fermo, al fine di sottolinearne la natura ibrida, vengono tradizionalmente definiti come misure pre-cautelari, e condividono le regole procedurali di cui agli articolo 386 e seguenti, oltre al fatto che sono consentiti solamente per determinati reati (considerati necessari destinatari di differente tutela).

In un'ottica di necessario bilanciamento con la natura pre-cautelare dell'arresto e del fermo, l'art. 385 stabilisce comunque il principio secondo il quale essi non sono consentiti allorché, tenuto conto delle circostanze, appaia che il fatto stato commesso nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità (v. artt. 50 e ss. c.p.).

Per quanto concerne l'arresto in flagranza, titolari del potere sono gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria, che possono omettere o ritardare l'esecuzione dell'arresto solamente in ipotesi eccezionali previste dalla legge (v. ad es. art. 9 comma 6 L. 146/2006), e che provvedono all'arresto anche su disposizione del pubblico ministero, non potendosi escludere tale potere (anche se previsto espressamente solo per il caso di cui all'art. art. 476 del c.p.p. comma 1) nei casi in cui la polizia giudiziaria potrebbe effettuarla di propria iniziativa.

Nei casi previsti dalla presente norma, disciplinante l'arresto obbligatorio, il potere di arresto, se trattasi di delitto perseguibile d'ufficio, spetta a chiunque.

Presupposto principale per proceder all'arresto obbligatorio è che il soggetto sia colto in flagranza di reato, così come definita dall'art. 382.

Deve trattarsi inoltre di un delitto (quindi non una mera contravvenzione) non colposo consumato o tentato (v. art. [[,56cp]] c.p.) per il quale sia prevista una pena edittale per la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, oltre al caso i cui sia previsto l'ergastolo. Al di fuori di tali limiti edittali, per i delitti di cui al comma due si può comunque procedere all'arresto, purché il soggetto sia comunque colto in flagranza.

Da ultimo, ai sensi del comma 3, l'arresto può essere disposto anche per delitto perseguibile a querela, purché la persona offesa non rimetta la querela.

Massime relative all'art. 380 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 700/2014

In tema di convalida dell'arresto, è legittimo che il giudice effettui sulle attestazioni della polizia giudiziaria un sindacato di attendibilità, che, però, va condotto con l'oggetto e gli standard propri della sede, senza, cioè, che vengano sviluppati argomenti e metodi tipici della fase cautelare o di merito e senza soprattutto tener conto di possibili ed eventuali successivi sviluppi istruttori. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato il diniego di convalida di un arresto facoltativo sulla scorta della versione difensiva dell'arrestato e prospettando un eventuale sviluppo istruttorio conseguente la possibilità in futuro di sentire un testimone e di visionare immagini riprese da una telecamera).

Cass. pen. n. 48429/2008

Nel giudizio di convalida dell'arresto facoltativo in flagranza di reato, il controllo non può essere limitato al riscontro dell'osservanza dei requisiti formali dell'arresto, ma deve essere esteso ai presupposti sostanziali per l'adozione della misura limitativa della libertà.

Cass. pen. n. 38911/2008

Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, sulla richiesta di convalida del provvedimento, oltre che sulla eventuale richiesta di applicazione della misura cautelare, il giudice decide nel contraddittorio tra le parti e, nelle more dell'udienza, il pubblico ministero ha competenza esclusiva in ordine ai provvedimenti sulla libertà.

Cass. pen. n. 37099/2007

In caso di accoglimento del ricorso per cassazione del P.M. avverso l'ordinanza di diniego della convalida di arresto, l'annullamento deve essere disposto senza rinvio, poiché il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato degli agenti di P.G., mentre l'eventuale rinvio del provvedimento impugnato solleciterebbe soltanto una pronuncia meramente formale, senza alcuna ricaduta di effetti giuridici.

Cass. pen. n. 8029/2003

In sede dl convalida dell'arresto il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti, allo scopo di stabilire ex post se l'indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p., dovendosi escludere che possa riguardare l'esistenza dei gravi indizi ovvero la responsabilità per il reato contestato, attraverso un'indagine ricostruttiva dell'episodio in tutti i suoi elementi costitutivi, in quanto un tale accertamento è riservato alle successive fasi processuali.

Cass. pen. n. 33470/2001

In tema di avvisi al difensore, deve ritenersi ritualmente informato l'avvocato al quale sia stato trasmesso, via telefax, l'avviso di fissazione dell'udienza di convalida del fermo, in cui non sia indicata e l'ora della comparizione, se tale avviso sia integrato, mediante altro avviso trasmesso con lo stesso mezzo poco prima dell'udienza recante gli elementi mancanti, posto che il destinatario, prestando una minima, doverosa collaborazione, avrebbe potuto informarsi tempestivamente ed attivarsi per essere presente all'incombente.

Cass. pen. n. 413/1999

Il provvedimento con cui il gip respinge la richiesta di convalida di arresto in flagranza per spaccio di sostanza stupefacente (art. 73 D.P.R. 309/90) ravvisando l'ipotesi del fatto lieve di cui al quinto comma del predetto articolo non travalica le attribuzioni del giudice della convalida in quanto si basa su quanto già conoscibile dalla polizia giudiziaria procedente e che doveva costituire oggetto di immediato apprezzamento concernendo i presupposti legittimanti la misura limitativa della libertà personale. (Fattispecie relativa a detenzione di gr. 5,48 di marijuana e di ulteriori gr. 0,43 in altro involucro).

Cass. pen. n. 7153/1998

L'art. 381, quarto comma, c.p.p., con lo stabilire che, in caso di reato per cui è previsto l'arresto facoltativo in flagranza, si procede all'arresto soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità e dalle circostanze del fatto stesso, non impone alla polizia giudiziaria il dovere di indicare le ragioni che hanno determinato la scelta, essendo sufficiente che l'autorità giudiziaria sia posta in grado di verificare dall'integrale contesto descrittivo che precede o segue la coercizione, ovvero da atti ad esso complementari, tutti i presupposti dell'arresto e, quindi, l'osservanza dei parametri indicati dalla detta disposizione, conformemente alla natura non di provvedimento bensì di atto materiale che contrassegna l'operazione della polizia giudiziaria. L'obbligo della motivazione incombe, viceversa, sul giudice delle indagini preliminari, il quale è tenuto ad esplicitare nell'ordinanza di convalida le ragioni della sfavorevole valutazione del fatto e della personalità dell'arrestato.

Cass. pen. n. 1596/1997

In sede di convalida dell'arresto in flagranza, il giudice deve limitarsi a verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria, e cioè se la privazione della libertà del soggetto è stata eseguita nei casi consentiti dalla legge. In altri termini, egli deve verificare se sussiste lo stato di flagranza e se sia ipotizzabile uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p. Detto giudizio, pertanto, non può riguardare la sussistenza, o meno, dell'elemento soggettivo del reato (salvo il caso di difetto ictu oculi di tale elemento), che è oggetto specifico del giudizio di colpevolezza ed è perciò demandato al giudice nelle fasi processuali successive.

Cass. pen. n. 6/1997

L'esercizio del potere-dovere di arresto in flagranza di reato attribuito agli organi di polizia giudiziaria è disciplinato dalle disposizioni dettate dagli artt. 379 e segg. c.p.p., nessuna delle quali prevede che, al momento dell'atto, debbano compiersi particolari formalità, come la pronuncia di formule sacramentali o simili; ne consegue che l'esecuzione dell'arresto si realizza con la materiale apprensione del soggetto colto in flagranza di reato, il quale per effetto di ciò, senza che sia necessaria una formale dichiarazione, perde la sua libertà personale, sicché la redazione del relativo verbale costituisce un adempimento successivo, destinato esclusivamente a documentare le circostanze dell'atto al fine di consentire all'autorità giudiziaria l'esercizio dell'indispensabile controllo di legalità. Fin dal momento dell'esecuzione dell'arresto, pertanto, ed ancor prima della sua formale documentazione, sussiste l'obbligo degli operatori di polizia giudiziaria che vi hanno proceduto di informare immediatamente il difensore dell'interessato a norma dell'art. 386, comma secondo, c.p.p. (Nella specie il difensore dell'arrestato era stato informato solo alcune ore dopo l'esecuzione della misura precautelare; la Corte ha ritenuto sussistere nel fatto l'elemento materiale dei reati di omissione di atti d'ufficio e di abuso d'ufficio, di cui ha tuttavia escluso la configurabilità avendo il giudice di merito congruamente motivato circa l'inesistenza dell'elemento psicologico, ma ha corretto ai sensi dell'art. 619 c.p.p. la motivazione della sentenza di secondo grado nella parte in cui affermava che l'arresto deve presumersi avvenuto al momento della stesura del relativo verbale).

Cass. pen. n. 888/1994

È legittimo l'arresto in flagranza del delitto di maltrattamenti in famiglia, tutte le volte in cui il fatto risulti alla polizia giudiziaria non isolato, ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti. (Nel caso di specie, la corte ha annullato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva ritenuto di non convalidare l'arresto nonostante - secondo quanto risultava dallo stesso provvedimento di diniego di convalida - la polizia giudiziaria fosse intervenuta immediatamente dopo che l'inquisito aveva percosso i figli e la moglie, ricevendo contestualmente dichiarazioni circa la ripetizione di atti di violenza).

In tema di arresto facoltativo in flagranza, alla polizia giudiziaria non incombe un dovere di esplicita motivazione, occorrendo soltanto che attraverso il verbale di arresto vengano forniti al giudice gli elementi sufficienti per controllare la ragionevolezza della misura adottata.

Cass. pen. n. 3089/1994

In tema di arresto facoltativo in flagranza non si richiede, per la legittimità dell'arresto, la presenza congiunta di entrambi i parametri della gravità del fatto e della pericolosità dell'agente desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto, essendo sufficiente — come appare dalla formulazione disgiuntiva della norma — la presenza di uno solo di essi.

Cass. pen. n. 2000/1993

L'arresto in flagranza di reato non è di per sé reso illegittimo dalla circostanza che ad ordinarlo sia stato il pubblico ministero e che la polizia giudiziaria si sia limitata ad eseguire tale ordine, costituendo quest'ultimo piuttosto una garanzia per l'imputato, il quale non ha pertanto alcun interesse a dolersene. (Nella specie si trattava di arresto in flagranza per il reato di cui all'art. 371 bis c.p.).

Cass. pen. n. 1329/1993

In tema di convalida dell'arresto facoltativo in flagranza, il controllo che il giudice per le indagini preliminari è tenuto a compiere circa i presupposti richiesti dalla legge per la privazione dello status libertatis (gravità del fatto e personalità dell'arrestato) non può esorbitare da una verifica di ragionevolezza quanto all'operato della polizia giudiziaria alla quale è istituzionalmente attribuita una sfera discrezionale nell'apprezzamento dei presupposti stessi. Di conseguenza, al fine di consentire l'esercizio del potere di convalida è sufficiente che la polizia giudiziaria — cui non incombe il dovere di una specifica motivazione — ponga in condizione il giudice di verificare se l'atto, in relazione alle concrete circostanze di fatto quali si presentino alla polizia stessa, esprima una ragionevole valutazione dei presupposti indicati dall'art. 381 c.p.p. (Fattispecie in cui la corte ha annullato un provvedimento di diniego di convalida, in quanto il giudice per le indagini preliminari, valutando in astratto la gravità del fatto, si era sostituito alla polizia giudiziaria nel diretto apprezzamento dei presupposti oggettivi della facoltà di arresto).

Cass. pen. n. 1680/1993

Nel procedere all'arresto in flagranza la polizia giudiziaria è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo. Di tale accertamento e della relativa scelta la polizia giudiziaria deve dare puntuale contezza, pur senza procedere ad esporre le motivazioni della scelta effettuata. Sicché è sufficiente l'esposizione degli elementi dai quali i predetti parametri sono stati desunti, così da consentire al giudice, in sede di convalida, di effettuare la verifica di legittimità. Il tutto secondo quanto si desume dal disposto degli artt. 389, secondo comma (che prevede la liberazione dell'arrestato quando risulta evidente che l'arresto è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge), e 385 c.p.p. (che impone il divieto di arresto in presenza di determinate circostanze di non punibilità accertabili dalla stessa polizia giudiziaria).

Cass. pen. n. 2995/1993

In materia di reati concernenti le sostanze stupefacenti, il fatto di lieve entità di cui all'art. 73, quinto comma, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non configura un'ipotesi autonoma di reato ma una circostanza attenuante ad effetto speciale, in quanto gli elementi oggettivi considerati dalla norma si aggiungono alle fattispecie incriminatrici descritte nello stesso art. 73 senza modificarne la struttura ed incidono unicamente sulla gravità dei reati e sulla misura della pena. Il tutto secondo la prescrizione dell'art. 380, secondo comma, lett. h), c.p.p., quale sostituito dall'art. 2 del D.L. 8 agosto 1991, n. 247, convertito dalla L. 5 ottobre 1991, n. 314, con modificazioni, che definisce come «circostanza» la fattispecie prevista dal quinto comma dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990. Di conseguenza, ove concorrano fra loro circostanze di segno opposto, la circostanza attenuante di cui all'ora ricordato art. 73, quinto comma, è soggetta al giudizio di comparazione secondo il disposto dell'art. 69 c.p.

Cass. pen. n. 1555/1991

L'art. 381, ultimo comma del nuovo codice di procedura penale, con lo stabilire che, in caso di reato per cui è previsto l'arresto facoltativo in flagranza, si procede all'arresto soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità e dalle circostanze del fatto, non impone alla polizia giudiziaria il dovere di indicare le ragioni che determinano la scelta, essendo sufficiente che l'autorità giudiziaria venga posta in grado di verificare dall'integrale contesto descrittivo che procede o segue la coercizione ovvero da atti ad esso complementari le ragioni che hanno determinato l'arresto e, quindi, l'osservanza dei parametri indicati da detta disposizione. Il tutto, del resto, conformemente alla natura non di provvedimento ma di atto materiale che contrassegna l'operazione della polizia giudiziaria.

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